«Posso farti una domanda? Cosa diventa la neve quando si scioglie?»
«Acqua, ovviamente.»
«Bzzzt! Risposta sbagliata! Diventa primavera.»
«Acqua, ovviamente.»
«Bzzzt! Risposta sbagliata! Diventa primavera.»
Ebbene sì, un altro anno è passato e la primavera è tornata. Era l'aprile del 2019 quando l'atteso remake anime di Fruits Basket ha fatto capolino sulle tv giapponesi, e successivamente, anche nel cuore di migliaia di persone in tutto il mondo. Esattamente un anno fa siamo tornati a seguire le avventure di Tohru e della famiglia Sohma, e ora che la primavera è tornata, siamo pronti ad affrontare la stagione finale.
Sembrerà un termine forte, ma "affrontare" è la parola che meglio si addice a una serie come Fruits Basket, perché possiamo certamente goderne, ma ormai abbiamo imparato a stare dalla parte dei nostri protagonisti, a desiderare la loro felicità, e a voler superare insieme a loro tutti gli ostacoli lungo il cammino.
Fruits Basket The Final, serie conclusiva del remake tratto dal manga di Natsuki Takaya, partirà il 4 aprile, ma gli americani, da sempre grandissimi sostenitori dell'opera, hanno potuto godere di un'anteprima, addirittura doppiata in inglese. Per approcciarci al meglio a questa nuova stagione, facciamo un piccolo recap dei punti salienti della serie precedente; gli argomenti da affrontare in questo finale saranno tanti, ma quasi tutti i nostri protagonisti sembrano ormai instradati su percorsi ben precisi.
ATTENZIONE: da qui in poi seguono spoiler sulla seconda stagione!
Akito: la sofferenza di un Dio crudele
Odiare un personaggio come Akito è fin troppo facile, scontato e perché no, anche giusto. Quello che finalmente scopriamo in questa stagione è il suo ruolo all'interno della cerchia dello zodiaco: Akito è il Dio, colui che "comanda le loro anime", un Dio a cui è impossibile opporsi. Sembra farcela Yuki nella prima metà della serie, ma anche affrontandolo, ciò che resta è solo la sofferenza di un legame impossibile da recidere. Ci prova anche Hatsuharu, che per amore di Rin potrebbe affrontare qualsiasi divinità; a modo suo tenta anche la stessa Rin, il cui obiettivo dichiarato è spezzare la maledizione. Qualcun altro resta passivo, qualcuno rassegnato al proprio, infausto, destino, qualcuno prova a manipolare il Dio e questo legame. Chi però sembra riuscire meglio in questa impresa è l'insospettabile, piccolo Momiji, che si erge senza paura a difesa di Tohru. Scopriamo anche che Akito è una donna, ma sostanzialmente la cosa ha poca importanza, serve solo a settare alcune dinamiche interpersonali. Avremmo odiato Akito in qualunque caso, indipendentemente dal suo sesso, perché Akito è crudele, perché Akito ferisce tutti, perché Akito non sa né amare né odiare. E la chiave di lettura del personaggio sta proprio qui, nella sua incapacità di provare i sentimenti in maniera sana, nella sua "mancanza di empatia" che sfocia in un evidente disagio mentale. Non si vuole giustificare Akito, si vuole però capirla, comprendere cosa sia successo nel corpo e nel cuore di una bambina a cui è stato dato un ruolo troppo importante, e sul quale la famiglia che avrebbe dovuto proteggerla, ha plasmato la sua stessa esistenza contorta.
Dopotutto, l'opera della Takaya ci ha proprio insegnato l'importanza della famiglia, dei genitori, della possibilità di crescere bene in un ambiente sano, o al contrario, di far male e farsi male per una vita intera. Ma tutto ciò lo scopriremo per bene in seguito, alla fine della seconda stagione ci troviamo davanti due facce di Akito: un Dio crudele la cui unica ragione di vita è tenere nelle proprie mani le anime dello zodiaco, e una bambina inerme e terrorizzata di fronte all'idea di rimanere da sola. E cosa succederebbe a quel Dio se la maledizione si spezzasse? E alla bambina? Lo abbiamo detto all'inizio, odiare Akito è facile, capire la sua anima, decisamente meno.

Ognuno vive e affronta la maledizione dello zodiaco a modo suo, ma sarà mai possibile staccarsi da un legame che è tanto odiato quanto al contempo sentito come un bisogno innato?
Dopotutto, l'opera della Takaya ci ha proprio insegnato l'importanza della famiglia, dei genitori, della possibilità di crescere bene in un ambiente sano, o al contrario, di far male e farsi male per una vita intera. Ma tutto ciò lo scopriremo per bene in seguito, alla fine della seconda stagione ci troviamo davanti due facce di Akito: un Dio crudele la cui unica ragione di vita è tenere nelle proprie mani le anime dello zodiaco, e una bambina inerme e terrorizzata di fronte all'idea di rimanere da sola. E cosa succederebbe a quel Dio se la maledizione si spezzasse? E alla bambina? Lo abbiamo detto all'inizio, odiare Akito è facile, capire la sua anima, decisamente meno.
Ognuno vive e affronta la maledizione dello zodiaco a modo suo, ma sarà mai possibile staccarsi da un legame che è tanto odiato quanto al contempo sentito come un bisogno innato?
Yuki e Kureno: i poli opposti di una vita sacrificata
Per quanto Furuba continui ad essere un'opera corale, la seconda stagione ha dato ampio spazio a due personaggi cruciali: Yuki e Kureno. Se è vero che avevamo imparato a conoscere Yuki nella prima stagione, Kureno è un personaggio inedito la cui presenza silenziosa potrebbe però sconvolgere tutto.
Se facciamo qualche passo indietro e ripensiamo allo Yuki Sohma conosciuto a inizio della prima stagione, non ci apparirà come il miglior personaggio possibile. Cogliamo subito la sua sofferenza e il suo valore come persona, ma Yuki non è certo un concentrato di simpatia, anzi, il suo fare principesco e distaccato risulta quasi stucchevole e forzato... e in effetti lo è. Nella seconda stagione, Yuki prende il coraggio a piene mani e affronta chiunque: suo fratello, la madre, Akito, ma soprattutto se stesso, i suoi sentimenti, la sua infanzia negata, il suo vero io nascosto dietro una maschera. Lo scontro con Akito non sembra dare buoni frutti, Yuki pare non riuscire a liberarsi dal giogo del suo Dio, ma in quella notte di stelle cadenti, il suo pianto liberatorio tra le braccia di Tohru ha probabilmente alleggerito il suo cuore per la prima volta, dandogli la forza di provare a rinascere. Abbiamo una lunga sequela di episodi a lui dedicati, i quali ci permettono di scoprire il suo vero volto, il suo desiderio di stringere legami veri ma soprattutto la sua capacità nel farlo; l'invidia verso Kyo non passa, ma Yuki trova finalmente il modo di essere se stesso e di essere amato per ciò che è, e questo avviene anche soprattutto grazie all'esperienza nel consiglio studentesco. Yuki conosce nuove persone che ampliano il suo mondo e ciò gli permette di esprimere i suoi sentimenti, anche quelli che aveva mascherato, anche l'amore quasi filiale nei confronti di Tohru.
Se facciamo qualche passo indietro e ripensiamo allo Yuki Sohma conosciuto a inizio della prima stagione, non ci apparirà come il miglior personaggio possibile. Cogliamo subito la sua sofferenza e il suo valore come persona, ma Yuki non è certo un concentrato di simpatia, anzi, il suo fare principesco e distaccato risulta quasi stucchevole e forzato... e in effetti lo è. Nella seconda stagione, Yuki prende il coraggio a piene mani e affronta chiunque: suo fratello, la madre, Akito, ma soprattutto se stesso, i suoi sentimenti, la sua infanzia negata, il suo vero io nascosto dietro una maschera. Lo scontro con Akito non sembra dare buoni frutti, Yuki pare non riuscire a liberarsi dal giogo del suo Dio, ma in quella notte di stelle cadenti, il suo pianto liberatorio tra le braccia di Tohru ha probabilmente alleggerito il suo cuore per la prima volta, dandogli la forza di provare a rinascere. Abbiamo una lunga sequela di episodi a lui dedicati, i quali ci permettono di scoprire il suo vero volto, il suo desiderio di stringere legami veri ma soprattutto la sua capacità nel farlo; l'invidia verso Kyo non passa, ma Yuki trova finalmente il modo di essere se stesso e di essere amato per ciò che è, e questo avviene anche soprattutto grazie all'esperienza nel consiglio studentesco. Yuki conosce nuove persone che ampliano il suo mondo e ciò gli permette di esprimere i suoi sentimenti, anche quelli che aveva mascherato, anche l'amore quasi filiale nei confronti di Tohru.
«Mi ha sostenuto. E' stata al mio fianco. Ha ascoltato questi miei racconti senza mai disgustarsi o sgridarmi. E l'ha fatto ancora e ancora. Infinite volte lei mi ha accettato. Come il cielo, lei è tanto vicina quanto lontana. Io le voglio un bene profondo... proprio come una madre.»
Esprimendolo a parole, il sentimento che Yuki prova per Tohru prende finalmente forma, riconducendoci ancora una volta a quello che è il fulcro di questa storia.
Il ragazzo ha quindi iniziato a percorrere davvero la sua strada, affidandosi alla tenerezza e al calore donatogli da Tohru, ma pronto comunque a seguire una sua via che potrebbe portarlo in un mondo nuovo, lontano da ciò che finora lo aveva oppresso.
A fare da contraltare al topo abbiamo Kureno, il gallo, perché se il primo sta lottando con tutte le sue forze per potersi appropriare della propria vita, il secondo sembra averci rinunciato. Anche in questo caso, uno sguardo superficiale potrebbe farci additare Kureno come un pusillanime, un codardo, una persona che non ha fatto le scelte giuste e che ha deciso di vivere come un martire per il bene di una persona che non merita alcuna vicinanza. Se Kureno fosse davvero questo, probabilmente ci troveremmo in un qualunque, banalissimo shojo che esalta la bellezza dell'essere crocerossini, ma anche in questo caso, la Takaya non è stata superficiale. Kureno è il caso più particolare degli animali dello zodiaco: cavalier servente di Akito, annullatosi per il bene di qualcuno che non può vivere senza di lui, è l'emblema della forza della maledizione, che anche se spezzata, riesce a tenerlo ancorato ad Akito, ma non grazie ad una potenza soprannaturale, ma tramite l'affetto, la carità, l'empatia, il senso di colpa verso tutta la sua famiglia, sentimenti che di fantastico e soprannaturale non hanno nulla, ma che anzi lo avvicinano più di tutti a un normale essere umano.
Anche quando trova uno spiraglio di vita oltre il recinto dello zodiaco, Kureno rinuncia alla sua esistenza, così come è costretta a fare tutta la famiglia Sohma.

Le sue scelte possono certamente essere discutibili, ma sono tristemente sensate nel contesto in cui egli è cresciuto e ha visto crescere tutta la sua famiglia. Quanto può essere difficile lasciare andare qualcosa che è stata parte di noi? Quanto possiamo permetterci di essere felici mentre le persone che abbiamo intorno soffrono? Quanto possiamo essere egoisti? Quanto abbiamo il diritto di vivere la nostra vita mentre ad altri non è concesso? E se questi altri avessero bisogno di noi fino a morire per il nostro abbandono? La condizione apparentemente vantaggiosa di Kureno va vista in un contesto più ampio e strettamente legato ai personaggi e alla trama.
Kyo, Kagura, Hatsuharu, Rin: l'amore può davvero salvarci?
La seconda stagione di Furuba ci ha permesso di conoscere meglio Hatsuharu, nonché Rin, la sua bellissima amata. I destini di Haru e Rin (e no, non parliamo di Free!) si legano al doppio filo dell'amore e della famiglia, unendo i due in un modo particolare rispetto al resto dei Sohma. Scopriamo la sofferenza di Rin, il dolore per una famiglia che l'ha crudelmente rifiutata, l'incapacità di tornare a fidarsi della gentilezza altrui, il desiderio di spezzare la maledizione a costo di rinunciare a ciò che più ama al mondo.
Alla fine però, non è solo l'amore del suo Haru che le permette di rimettersi in piedi, ma un po' come nel caso di Yuki, è Tohru che diventa motore di una rinascita emotiva a lungo desiderata ma soppressa, e anche stavolta in termini quasi materni. Quello di Tohru come figura materna è un tema che ricorre, ma su questo aspetto sarà meglio soffermarsi una volta terminata la stagione finale.
«Lei è quel tipo di persona. Quel tipo di persona che mi fa sentire così. Anche quella volta... ho sentito un forte desiderio di piangere. Volevo correre da lei, appoggiare la testa sulle sue ginocchia e affidarle il mio cuore. Come una bambina che torna dalla mamma piangendo. Le avrei raccontato tutte le mie sofferenze, le mie debolezze. E finalmente sarei stata perdonata. Lei mi avrebbe accettata. Ma questo è chiedere troppo, sarebbe stato crudele. Le persone gentili vengono sfruttate e risucchiate della loro energia da persone come me. Ecco perché non voglio più averci a che fare. Preferisco continuare a correre da sola.»
Anche l'energica Kagura compie dei passi avanti, anche se per lei l'atto del procedere coincide con il lasciare andare Kyo, chiudere per sempre una relazione nata sotto il peso del rimorso e del senso di colpa. Kagura, che apparentemente sembrerebbe un personaggio frivolo e superficiale, mostra le sfumature dell'amore e le conseguenze delle proprie azioni, ma soprattutto mette in luce quanto un personaggio con un dato carattere possa in realtà nascondere nei meandri del suo cuore.
E Kyo? Cosa fa il nostro mikan preferito in questa stagione?
Alla fine della prima serie lo avevamo lasciato in buona forma, conscio dell'affetto di Tohru e per Tohru e sempre più motivato a diventare un degno figlio del suo maestro. Purtroppo però, nonostante questi bei progressi, il destino di Kyo sembra essere segnato e il duro confronto con Akito non fa altro che distruggere le poche speranze serbate ancora in fondo al cuore, e anzi, il capofamiglia non fa altro che far riemergere il senso di colpa del gatto per la morte della madre, inducendolo a pensare che la stessa sorte toccherebbe, sempre per mano sua, alla stessa Tohru. Il peso della morte della madre non ha mai abbandonato Kyo, che si vede costretto a rinnegare il suo amore per cercare di proteggere una delle poche cose importanti della sua vita.
La sofferenza di Kyo è palpabile, così come i suoi sentimenti per Tohru, la quale a sua volta, seppur ancora in maniera inconscia, mostra sempre di più un interesse speciale per il ragazzo, regalandoci tanti momenti dolcissimi. Nonostante l'amore che serba nel cuore, Kyo diventa una figura sempre più distaccata, ormai rassegnato ad un destino di reclusione e isolamento.

E Kyo? Cosa fa il nostro mikan preferito in questa stagione?
Alla fine della prima serie lo avevamo lasciato in buona forma, conscio dell'affetto di Tohru e per Tohru e sempre più motivato a diventare un degno figlio del suo maestro. Purtroppo però, nonostante questi bei progressi, il destino di Kyo sembra essere segnato e il duro confronto con Akito non fa altro che distruggere le poche speranze serbate ancora in fondo al cuore, e anzi, il capofamiglia non fa altro che far riemergere il senso di colpa del gatto per la morte della madre, inducendolo a pensare che la stessa sorte toccherebbe, sempre per mano sua, alla stessa Tohru. Il peso della morte della madre non ha mai abbandonato Kyo, che si vede costretto a rinnegare il suo amore per cercare di proteggere una delle poche cose importanti della sua vita.
La sofferenza di Kyo è palpabile, così come i suoi sentimenti per Tohru, la quale a sua volta, seppur ancora in maniera inconscia, mostra sempre di più un interesse speciale per il ragazzo, regalandoci tanti momenti dolcissimi. Nonostante l'amore che serba nel cuore, Kyo diventa una figura sempre più distaccata, ormai rassegnato ad un destino di reclusione e isolamento.

Il destino di tutti i personaggi è nelle mani della prossima stagione, che dovrà ancora dirci molto su tanti dei suoi protagonisti. Alcuni si sono messi in moto attivamente, altri hanno perso la speranza, altri tramano alle spalle e altri ancora vagano nel limbo. Rin è più decisa che mai, vuole sciogliere la maledizione, e in questo trova l'appoggio di Tohru. Ma sarà davvero fattibile? Ci sarà abbastanza tempo? In che modo sarà mai possibile spezzare una maledizione che vive nel sangue e nell'anima di chi la subisce?
Il remake di Fruits Basket si avvia quindi verso la fine, e nella speranza che il numero di episodi sia anche stavolta giusto, così da poter coprire davvero tutta la storia, prepariamoci a questa nuova stagione. In qualunque modo la serie terminerà, è comunque arrivato il momento di salutare Tohru, Kyo e tutti i membri dello zodiaco cinese.
Il remake di Fruits Basket si avvia quindi verso la fine, e nella speranza che il numero di episodi sia anche stavolta giusto, così da poter coprire davvero tutta la storia, prepariamoci a questa nuova stagione. In qualunque modo la serie terminerà, è comunque arrivato il momento di salutare Tohru, Kyo e tutti i membri dello zodiaco cinese.

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Poi tra le coppie, non dimentichiamo la bellissima professoressa (faccio il tifo per lei e hatori) e risa con kureno
Concordo inoltre con chi asserisce che la seconda stagione è stata senza ombra di dubbio migliore della prima, visto che di alcuni personaggi hanno subito una rivalutazione considerevole, figlia di una caratterizzazione che nella prima stagione era stata 'velata', così da preparare quello che a tutti gli effetti si può considerare un plot twist.
Nonostante qualche calo tecnico qua e là, si è presentata come una delle migliori produzioni non solo della stagione, ma anche dell'anno imho.
Non vedo l'ora di visionare la stagione finale.
Grazie mille
La galleria di immagini è meravigliosa, grazie per averle messe tutte ^^
e poi c'è Machi..................................
opera bellissima comunque
ognuno è libero di sperare, sempre, che è sempre una bella cosa
però è molto palese Kyo dove sta guardando.....
non ho capito da dove salti fuori la codardia di Kureno.... e che scelte sbagliate avrebbe fatto? addirittura martire... ho visto un altro anime
Se hai compreso quello che ho scritto, non è il mio pensiero, ma quello che superficialmente viene percepito di Kureno. Conosco Fruits Basket da quando il manga è approdato per la prima volta in Italia e ho avuto modo di parlarne con molte persone. Con sommo dispiacere ho spesso constatato che Kureno è uno dei personaggi più fraintesi della serie, perché chi guarda solo la superficie vede un povero cretino o un pusillanime.
Scusate.... MA DOV'è LA TERZA STAGIONE?????? Macccchecccavolo!!!!!
Con 'pesante' non intendo che mi ha dato fastidio, né che non abbia apprezzato l'ottovolante degli argomenti e dei sentimenti sviscerati, bensì proprio che secondo me è stata in grado di "buttar fuori" tutto quel che aveva da dire con, a volte, una schiettezza quasi disarmante, e pertanto la 'pesantezza' dei cuori dei personaggi che così facendo si sono alleggeriti l'ho sentita davvero forte, così forte che a volte è stato "troppo" e prima di "affrontare" (come giustamente afferma Arashi84 in questo bellissimo dossier di raccordo) l'episodio successivo ho dovuto guardarmi dentro per capire se fossi pronta a visionarlo. Pur conoscendo già tutti i dettagli della storia, ovvio, o forse proprio per il timore di sapere già a cosa sarei andata incontro.
Come che sia, trovo a tutt'oggi straordinario che una storia sia capace di 'vomitare' i disagi del cuore e dell'animo così, ed è per questo e mille altri motivi che una storia come Furuba invecchiare non potrà mai: è sempre attuale, sempre complessa, sempre meravigliosamente sfaccettata attraverso ciascuno dei suoi tanti personaggi, ognuno capace di ritagliarsi un proprio adeguato spazio.
Così alla fine, che importa se "il mio preferito" sia Hatsuharu, se poi si finisce per amare pure l'evoluzione di Yuki, che non ho mai amato, arrivando ad adorare Kakeru e Machi, en passant, che entrano nella storia proprio grazie "all'ampliamento di sé" che Yuki compie, finalmente consapevole.
E poi soffrire e patire, per ciò che vediamo di Kureno e anche quello che non vediamo, ma che sa farci capire. E così via.
Yuki e Kureno, già. Due personaggi che non annovero tra i miei preferiti, eppure per me a "salvare" una seconda stagione fortemente complessa (e complessata da pecche tecniche notevoli) sono soprattutto loro due, su tutti gli altri: di Kureno non ho amato per niente la trasposizione grafica in animazione che della sua essenza, a mio avviso, perde molto. Di contro ho percepito ancora più forte i "tiranti" della sua complicatissima condizione, e se il manga mi ha sempre restituito la sensazione che Kureno fosse condannato a sentirsi troppo 'distaccato' dalla vita e dal sentire, l'anime è stato capace di ribaltarmi la percezione in certi momenti dedicati a lui, in una maniera che assolutamente non mi aspettavo; questo mi è piaciuto tanto, davvero tanto.
Mi permetto di quotare questo passaggio perché lo trovo potentissimo:
"non grazie ad una potenza soprannaturale, ma tramite l'affetto, la carità, l'empatia, il senso di colpa verso tutta la sua famiglia, sentimenti che di fantastico e soprannaturale non hanno nulla, ma che anzi lo avvicinano più di tutti a un normale essere umano."
E già solo con questo potremo dire chapeau, alla Takaya e ai suoi personaggi, a Kureno e alla sua storia e a tutte quelle che a lui, ai dodici e ai comprimari sono correlate.
Su Haru e Rin, e anche Kyo e Tohru, voglio dire soltanto che l'anime, partito malissimo a livello grafico, in alcuni momenti dedicati a loro ci ha donato delle immagini di una intensità pazzesca e di una bellezza sconfinata, su tutti Rin in grembo a Tohru su quella scalinata che digrada su Tokyo, che non riesco proprio a togliermela dalla testa, nemmeno adesso... per non parlare di Kyo a Kyoto. Affreschi che nel manga della Takaya si erano visti sui personaggi ma senza una collocazione spazio/ambientale precisa nei fondali: nell'anime ho spalancato occhi e cuore, a vedere quanto fosse bello vedere Kyo litigare con la micia all'interno della quieta sacralità di un santuario, santo cielo çOç
Ultima, ma non ultima affatto, la sigla finale che ci è stata donata, e che non mi aspettavo di rivedere qui per intero collocata come gallery♥♥♥
Illustrazioni splendide che non sono soltanto belle, ma che in certi casi regalano invece una molteplicità di significati a chi li può o vuol cogliere... proprio com'è l'essenza di Furuba.
Furuba è tutto questo, è meravigliosamente questo, e personalmente è con un po' di timore reverenziale che affronterò l'ultima stagione... perché come tutte le cose che più amo nel profondo, non vedo l'ora di rivederle, ma non vorrei che finissero mai ♥
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