Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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Amo il pattinaggio sul ghiaccio ma, se mi avessero detto che un giorno mi sarei messa a guardare un anime sul tema, mi sarei messa a ridere. E invece eccomi qua.

Per tutti i fan di questa affascinante disciplina è certamente un must watch. Le musiche utilizzate durante le varie esibizioni sono splendide e le performance dei personaggi animate con grande cura (grazie MAPPA, ancora una volta). Nella seconda metà della serie si notano maggiormente scene un po' ridondanti sulle coreografie, ma nel complesso rimangono molto fluide e godibili e, anzi, ammetto senza vergogna di essermi emozionata in diverse occasioni.

La colonna sonora è a dir poco sublime, da sola varrebbe la visione dell'anime. Oltre alla bellissima opening, “History Maker”, scritta e interpretata da Dean Fujioka, sono da segnalare “Shall We Skate” di Matsushiba Taku, e l'omonima "Yuri on ICE" di Umebayashi Taro, una meravigliosa composizione al pianoforte che accompagna il programma libero di Yūri.

La trama è lineare e senza grandi pretese, e narra la storia di Yūri Katsuki, pattinatore giapponese di ventitré anni, che dopo una stagione costellata di pesanti sconfitte entra in una profonda crisi circa il suo futuro agonistico. Per una serie di vicissitudini che non vi svelo deciderà invece di rimettersi in gioco al Gran Prix dell'anno successivo, grazie all'incontro con altri due pattinatori russi, Yuri Plisetsky, giovane promessa appena quindicenne, e Victor Nikiforov, il suo idolo di sempre, nonché pluricampione del mondo e genio indiscusso del pattinaggio. In particolare il rapporto con quest'ultimo sarà il punto di svolta nella vita del nostro protagonista. Non ho trovato fonti che lo confermino ufficialmente, ma chi conosce un po' questo sport non potrà non notare come la figura di Victor sia molto probabilmente ispirata al mitico Evgeni Plushenko.

L'anime è catalogato come spokon, ma è presente anche una sottotrama romantica. Dico sottotrama perché, per quanto evidente che Yūri e Victor sviluppino via via dei sentimenti reciproci, la loro relazione viene trattata in modo delicato ed evasivo, come i Giapponesi sanno fare molto bene, e rimane sempre un elemento marginale. “Yuri!!! on Ice” non è una storia d'amore. O meglio, in realtà lo è, ma va ben oltre l'amore romantico. L'amore nelle sue molteplici forme e sfaccettature è infatti il filo conduttore della storia di Yūri Katsuki, che proprio grazie alla scoperta di questo sentimento - ai suoi occhi fino a poco prima oscuro e incompreso - riuscirà a portare a compimento la sua rinascita personale e professionale. È l'amore per sé stessi prima di tutto, avere fiducia nelle proprie capacità anche quando tutto sembra esserti avverso. È l'amore della propria famiglia e degli amici di sempre, troppo spesso dato per scontato ma, alla fine, l'unico rifugio sicuro dove tornare, e da dove ripartire. È l'amore della persona che ha creduto in te anche quando eri tu il primo a non vedere le tue possibilità.

Passando alle note meno positive, ho trovato alcuni personaggi eccessivamente stereotipati in alcune situazioni e, a parte i due protagonisti, gli altri risultano essere molto di contorno, ma forse con soli dodici episodi non si poteva fare molto di più. Tranne brevi flashback sulla vita di alcuni di loro, rimangono profili abbastanza abbozzati. Fa eccezione solo Yuri Plisetsky, soprannominato Yurio, dal carattere scontroso e aggressivo, che fa da alter ego allo Yūri giapponese, inizialmente impacciato e remissivo. Yurio si presenta fin da subito come piuttosto arrogante e sicuro di sé e, nonostante la sua giovanissima età, si pone in feroce competizione con il suo omonimo giapponese, andando a creare un'accesa sfida tra i due che si protrarrà fino alla fine dell'anime. Un maggiore approfondimento degli altri personaggi sarebbe risultato forse superfluo, dato che la narrazione è fortemente incentrata fin da subito sulla vita di Yūri Katsuki, dunque tutto considerato è una scelta giustificata. Una curiosità interessante: quasi tutti i personaggi di “Yuri!!! on Ice”, pattinatori e non, sono ispirati a persone reali (qui trovate un articolo in merito: https://anime.stackexchange.com/questions/39081/are-the-ice-skaters-in-yuri-on-ice-based-on-real-life-counterparts). Se devo essere completamente onesta, l'unica cosa che avrei veramente voluto vedere era una maggiore introspezione anche per il personaggio di Victor, che, eccezion fatta per alcuni brevi momenti verso il finale dell'anime, rimane tratteggiato in modo piuttosto vago.

Avrei usato con più parsimonia invece gli sketch comici/demenziali, soprattutto nella prima metà della serie, che in alcuni momenti tendono a smorzare un po' troppo i toni di pathos e drammaticità. Probabilmente quello era proprio l'intento, ma qui siamo nel labile campo del puro gusto personale, dunque prendete questo commento con le pinze.

Un'altra cosa che ho apprezzato particolarmente è lo spazio visivo che viene dedicato ai luoghi. Non solo quelli giapponesi. Quasi in ogni episodio ci troviamo infatti catapultati in una parte del mondo diversa per seguire le tappe del Gran Prix, e non mancano scorci di ponti, edifici, spiagge e aeroporti che riproducono fedelmente gli originali. L'unica località fittizia è la città natale del protagonista, Hasetsu, ma solo nel nome, perché in realtà è plasmata sulla città castello di Karatsu, situata nella prefettura di Saga, a nord del Kyushu. Dentro questo castello c'è un museo sui ninja, dove tra l'altro ho realizzato di esserci pure stata nel 2019.

Il mio voto è 8, perché per le storie "leggere" difficilmente riesco ad andare più in alto, a meno che non si tratti di autentici capolavori. “Yuri!!! on Ice” è una visione leggera, ma è in grado di divertire ed emozionare e ti lascia la voglia di riguardarlo. Missione compiuta.

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“Captain Tsubasa” è il remake della serie originale del 1983 “Holly e Benji - Due fuoriclasse” che a sua volta era la trasposizione animata del manga di Yoichi Takahashi del 1981. Premetto fin da subito che della serie originale vidi solo alcuni episodi, di conseguenza, il mio giudizio non è influenzato in nessun modo da confronti tra le due serie. Posso invece giudicare la serie in quanto trasposizione, visto che qualche anno fa lessi il manga che oltretutto mi piacque molto.

I 52 episodi comunque non sono una trasposizione completa, ma si limitano a adattare i primi due archi narrativi del manga. Inoltre, non si tratta di un remake fedele al 100% visto che la serie è ambientata ai giorni nostri e non negli anni Ottanta. Partirei analizzando proprio questo punto che secondo me può essere visto in modo sia positivo che negativo. Da un lato si può dire che aver ambientato la serie nell’epoca degli smartphone e computer ha in parte ringiovanito un prodotto che in alternativa sarebbe stato un po’ anacronistico. Inoltre, credo sia stata una precisa scelta per cercare di raggiungere più facilmente il pubblico giovane. Dall’altro però in questo modo è in parte venuto meno lo spirito dell’opera originale. Nel manga si percepisce che la storia è ambientata in un’epoca in cui il calcio era poco seguito in Giappone e quindi i protagonisti con il loro talento rappresentavano una svolta nel panorama sportivo nipponico. Ma oggi il calcio (probabilmente proprio grazie a Tsubasa e compagni) anche in Giappone è molto popolare, quindi a mio avviso si è un po’ persa la carica innovativa del prodotto originale. Senza contare che probabilmente questo potrebbe essere stato uno dei fattori decisivi per non produrre la parte successiva della storia del manga, dove i protagonisti affrontano avversari di livello internazionale chiaramente ispirati ai calciatori dell’epoca. Vedere Tsubasa competere contro avversari chiaramente ispirati a Platini o Maradona nel nostro presente non avrebbe avuto molto senso, o quantomeno avrebbe generato un effetto strano. A tal proposito, anche alcuni risvolti narrativi hanno perso credibilità, in particolare la scelta di Tsubasa di andare in Brasile. Non sono un esperto di storia del calcio, quindi non so quanto fosse competitivo il campionato brasiliano nei primi anni Ottanta. Però oggi non ha molto senso che un giovane calciatore abbia come sogno quello di trasferirsi in Brasile per far carriera, ma piuttosto quello di venire in Europa visto che ormai la differenza tra i campionati europei e sudamericani è abissale. Anche qui naturalmente è la prospettiva ad essere cambiata. Magari per un bambino giapponese del 1981 anche andare in Brasile poteva essere un mito, visto che all’epoca in Giappone non esisteva neanche un campionato professionistico. Ma oggi le cose sono troppo cambiate.

Aldilà di questo discorso, la serie è comunque apprezzabile. Sicuramente riesce a intrattenere visto che le partite risultano molto godibili e spettacolari. Alcuni personaggi sono abbastanza memorabili, altri invece sono tremendi e qui purtroppo non posso fare a meno di notare quanto sia ridicolo il ruolo di tutti i personaggi femminili di questa serie. Dal punto di vista tecnico invece la serie è stata realizzata a dovere. Disegni e animazioni sono a posto. Gli effetti sonori sono veramente ottimi, specie durante alcune mosse speciali.

Per tutto il resto, direi che “Captain Tsubasa” è una serie divertente e godibile che riesce ad esaltare lo spettatore con facilità. Di contro non c’è dubbio che l’operazione di remake, anche se ha svecchiato il prodotto e ha permesso al pubblico internazionale di avere una versione con i dialoghi fedeli all’originale, ha perso parte dello spirito che contraddistingueva una storia che doveva appassionare un pubblico poco interessato ad uno sport che invece oggi è molto seguito anche in Giappone.

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Cos'è la corsa? Un inutile spreco di tempo? Un buon modo per buttar giù qualche chiletto? O forse un tentativo di fuga dai problemi di tutti i giorni?

Haiji Kiyose, un giovane studente universitario, vuole scoprire il vero significato di questa sua passione profonda e inestinguibile, e per trovare le risposte che cerca è disposto a rivoltare da cima a fondo il mondo che lo circonda. A tal fine "incastrerà" con ingegnosi ed esilaranti stratagemmi nove povere anime dell'Università Kansei che, un po' per obbligo, un po' per curiosità e un po' perché trascinati dall'irresistibile fervore di Haiji, si ritroveranno a puntare "alle montagne più ripide del mondo"; in altre parole alla gara a staffetta più importante dell'ambiente universitario giapponese, la Ekiden di Hakone. Dopo quattro lunghi anni di segreto lavoro, Haiji ha raggruppato i primi otto uomini, del tutto inconsapevoli degli ambiziosi piani del ragazzo. La vicenda si apre con l'incontro del destino fra Haiji e "il decimo uomo", Kurahara Kakeru, corridore talentuosissimo tormentato da un oscuro passato.

Quella di "Run With The Wind" è una storia completa e strutturata meticolosamente, dove niente viene lasciato al caso. Una storia che sa della vita stessa per il suo essere intessuta di gioie e dolori, di soddisfazioni e cadute, per il suo essere sempre in bilico fra l'entusiasmo e lo sconforto, fra l'ambizione alla vittoria e la paura del fallimento.
Una storia che racconta l'incontro di dieci teste, dieci cuori, dieci modi di vedere la realtà e dieci atteggiamenti verso la vita, raccontandone la difficoltà nel raggiungere la coesione, ma anche l'impagabile arricchimento personale che ne deriva. L'impegno per un obiettivo comune ti costringe a sacrificare l'egoismo, ma, in cambio, ti fa scoprire la meraviglia della condivisione e dell'amicizia.

La squadra protagonista e i suoi componenti sono la punta di diamante della serie: perfettamente caratterizzati con le loro peculiarità, i loro punti di forza e i loro limiti. Personaggi vitali le cui anime pulsanti giungono dritte al cuore dello spettatore, il quale difficilmente potrà astenersi da un tifo sfegatato per la loro vittoria.
Tutti i personaggi sono validi e tridimensionali, ma non posso non fare una menzione d'onore al personaggio di Haiji: carismatico, poliedrico, ispirante e indimenticabile, il capitano del club di atletica della Kansei è un vero fenomeno. È un tipo ambizioso, uno che sogna davvero in grande, ma anche uno che impiega ogni briciola della sua linfa vitale per realizzare le sue grandi aspirazioni; sentimentale e istintivo nel buttarsi a capofitto nella sua grande passione, ma freddo calcolatore nel concepire piani (a volte un po' subdoli) per raggiungere i suoi obiettivi; un po' egoista nel trascinare tutti i personaggi nel suo sogno, ma sempre pronto a dare tutto sé stesso per i suoi compagni, così sincero nell'affetto che prova per loro, così attento ad ogni piccolo impercettibile cambiamento nel loro comportamento, sempre pronto a sostenerli se si sentono turbati e a complimentarsi con loro se fanno del loro meglio; è giovane ma saggio, equilibrato e affidabile come un grande capitano.
Il viaggio in cui si incammineranno tirerà fuori la loro energia e grinta, ma metterà in evidenza anche le loro incapacità e debolezze. È questo che li farà crescere e maturare come atleti, ma soprattutto come esseri umani.

Oltre a tutto questo, "Run With The Wind" ha molto altro da offrire allo spettatore. Da una parte la serie è incredibilmente divertente con la sua comicità che promette grasse risate anche agli spettatori più pretenziosi. Dall'altra la componente sportiva è anch'essa efficace e interessante, in perfetto equilibro e sintonia con la componente "slice of life" di vita quotidiana. La serie punta molto sulla verosimiglianza, ma non mancano forzature ed elementi inverosimili. Infatti, a parte rare eccezioni, tutti i componenti della squadra partono da zero con l'atletica (o con lo sport in generale) e in pochi mesi hanno margini di crescita talmente ampi e risultati così brillanti, da risultare abbastanza improbabili. Sottolineare l'incredibile costanza e intensità degli allenamenti semplifica l'accettazione di elementi irrealistici, ma essi potrebbero comunque disturbare gli spettatori più fiscali.
Tuttavia, anche se ritengo giusto farlo presente, la mia è solo una constatazione e non una vera e propria critica. Penso che il non realismo sia un difetto quando banalizza o sminuisce il valore delle situazioni narrate. Ma in "Run With The Wind" ciò non può accadere, in quanto, come già accennato, la crescita come atleta (che è la parte un po' più inverosimile) è assolutamente secondaria rispetto alla crescita come persona. Ciò che resta a fine serie non è una squadra di atletica che ha partecipato a una gara ottenendo determinati risultati, ma un gruppo di ragazzi che grazie a un esperienza di vita sono cresciuti, maturati e sono persone diverse e migliori di quelle che erano prima di buttarsi in questa folle impresa. Perciò, se la storia riesce con successo a passare i suoi messaggi e riesce a coinvolgere ed emozionare come in effetti fa, ritengo che gli elementi inverosimili non siano che dettagli trascurabili.

Anche l'aspetto tecnico visivo e sonoro è piacevole e curato, perciò serie promossa sotto ogni punto di vista.

E dunque, dopo questo mio discorso certamente prolisso ma doveroso, voglio premiare i più perseveranti fra voi che sono giunti fino a qui con una conclusione rapida e indolore che riassuma perfettamente quanto detto fin ad ora: correte subito a vedere "Run With The Wind"!