Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

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Personalmente non conoscevo il mondo di "Rage of Bahamuth" se non marginalmente per qualche cosa carpita un po' qua e un po' là. Alla fine però non ho voluto mancare all'appuntamento con questo "Manaria Friends" (o "Mysteria Friends" che dir si voglia). Il motivo di ispirazione è presto detto: c'era una buona concentrazione di belle bishoujo, una certa dose di fanservice e una venatura di yuri. Sarà stata tradita questa prima impressione?

"Manaria Friends" ci offre uno spaccato di vita nell'omonima accademia, collocata in uno dei regni presenti in "Rage of Bahamuth", ove vengono istruite le giovani leve di quello e di altri reami. In particolare l'attenzione va su Anne e Grea, due principesse, la prima del regno dove ha sede l'accademia, la seconda di uno più lontano e popolato dai draghi e lei stessa - infatti, è nata dall'unione di un'umana e di un drago. Anne è una tipa allegra e brillante, fortissima nella magia e adorata dai più; Grea è invece più timida e riservata ma comunque buona e generosa. Le due ragazze sono già care amiche e la storia ci parla di alcuni episodi della loro vita scolastica, e più in generale dello sviluppo della loro amicizia.

La serie è sorprendentemente ben curata. Disegni puliti, colori vividi e ambientazioni molto ben realizzate accompagnano tutti i dieci "midi-episodi" (cioè non brevi come un mini-episodio ma neanche lunghi come uno normale) che compongono la serie.
Vitalità è data anche dal cast che dà voce ai personaggi: c'è, ad esempio, Yoko Hisaka che dà la voce ad Anne (ma forse era meglio che le facessero fare Grea), ma c'è anche Nana Mizuki che dà voce alla studentessa presidente Hanna e dà pure sfoggio delle sue doti canore in una certa occasione.
Assistere agli episodi di "Manaria Friends" è stato gradevole. Divertente nelle situazioni più allegre come la "prova cosplay" o l'episodio in spiaggia che non poteva mancare. Affettuoso, diciamo pure "moe", nei frangenti più sentimentali. Alle volte, magari, la cosa diventa un pochino lagnosetta, tuttavia, a pensarci un attimo, può anche essere un modo per esprimere l'adolescenza delle due protagoniste.
Anne e Grea sono comunque una coppia bella e ben assortita. A quanto ho avuto modo di capire, è una coppia molto in vista fra il fandom di questo universo, e questa serie è stata anche la buona occasione per "canonizzarla", oltre che per vendere un po' di codici per "GranBlue Fantasy" insieme ai Blu-ray giapponesi, eh, eh...

Per chi la guarda da fuori, resta lo stesso una buona visione, agile, rilassante e piacevole.

5.5/10
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Che dire? Un fiero appartenente alla categoria "premesse abbastanza buone, pessima realizzazione". Come purtroppo gran parte degli anime tratti da videogiochi.

Siamo in un universo dove è possibile, in modi che non vengono mai spiegati chiaramente, "rendere umane" le armi da fuoco facendole diventare "Moschettieri". E per favore ditemi che non sono l'unica ad aver pensato al franchise "Touken Ranbu", che se non sbaglio è precedente a questa serie.

L'idea di base è la seguente: in seguito a una guerra nucleare avvenuta non si sa bene quando, il mondo è caduto sotto il controllo del crudele e dispotico "Impero del Mondo" (fantasia portami via), che governa con il pugno di ferro. Sorge quindi un gruppo di resistenza che come uniche armi ha pistole e fucili risalenti a minimo due secoli fa, e bisogna mettersi l'animo in pace nel vedere certe anticaglie battere alla grande le armi moderne.

Partendo da queste premesse, non mi aspettavo di certo chissà quale capolavoro, ma, avendo visto in precedenza "Katsugeki/Touken Ranbu" (avessi visto anche "Touken Ranbu Hanamaru", mi sarei fatta meno illusioni, ma peggio per me), speravo almeno che i personaggi tenessero su l'opera. La storia infatti, perlomeno all'inizio, si concentra principalmente su un gruppo di quattro reclute (passatemi il termine) da poco risvegliate alla forma umana, e, se si fossero limitati a loro e diciamo al massimo altri quattro o cinque comprimari, secondo me sarebbe potuta venire fuori una cosa anche carina.

Peccato che il gruppo della resistenza sia composto da almeno trenta Moschettieri e tutti, ma proprio tutti, devono avere i loro cinque minuti di gloria, con il risultato più che prevedibile di mandare lo sviluppo dei personaggi nel dimenticatoio, per non dire altrove: salvo il quartetto protagonista e qualcun altro che compare più frequentemente, degli altri si sa poco più dei nomi e, arrivati a metà serie, è un'impresa ricordare chi è chi, se non li indicano chiaramente. Dal punto di vista caratteriale, si possono tutti bene o male raggruppare in tre categorie: quelli seriosi, quelli più rilassati e quelli impulsivi/testardi come muli (o entrambe le cose).

Non che con i nemici vada molto meglio: per tutta la prima metà della serie si vedono solo anonimi soldati, fatti letteralmente con lo stampino, visto che le loro uniformi li coprono da testa a piedi, e anche quando finalmente compaiono i Moschettieri dell'Impero, rigorosamente dotati di maschere antigas, che sia mai i nemici li vedano in faccia, fanno una figura ben misera, nonostante abbiano a disposizione mitragliatori e altre armi automatiche. Il massimo che riescono a fare è ferire uno dei ribelli, e neanche in maniera tanto grave, rischiando di restarci secchi a loro volta. Insomma, una delusione.

Veniamo poi alla modalità "Nobiltà Assoluta", vera piaga della serie secondo me: una specie di power-up che in teoria tutti i Moschettieri hanno la capacità di ottenere e che permette loro di sparare colpi a raffica senza preoccuparsi di ricaricare, il che è anche utile, considerato che sono quasi tutte armi ad avancarica, e all'occorrenza evocarne alcune decine sotto forma di ologrammi luminosi dotati di una potenza di fuoco capace di far saltare in aria un carrarmato; si limitasse a questo, non sarebbe un problema, ma la cosa veramente aberrante, oltre all'aura dorata che li circonda in puro stile Super Saiyan, è che spesso sparano agitando le armi neanche fossero bastoni da majorette, e fanno pure centro! Senza contare poi che l'input per attivare questa modalità varia da persona a persona, quindi alla fine è una cosa random che serve solo a inserire la character song del personaggio di turno, e grazie al cielo solo come sottofondo.

Tolti questi elementi negativi, la storia in sé non è neanche malvagia: lo scopo principale della resistenza è, ovviamente, liberare le città sotto il controllo dell'Impero, sabotare i convogli che trasportano i rifornimenti e occasionalmente recuperare altre armi antiquate per aumentare le proprie fila; gli episodi ruotano quindi attorno a questi temi, unendo tentativi di caratterizzare i personaggi non molto riusciti: non dico restare coinvolti, ma un po' di curiosità per cosa faranno c'è. Poi, arrivati all'ultimo episodio, gli autori o chi per loro hanno deciso di dare una svolta "drammatica" alla situazione, ponendo i protagonisti davanti a una minaccia apparentemente insormontabile che viene risolta in quattro e quattr'otto con l'espediente più banale e prevedibile che potessero inventarsi, e dando il colpo di grazia alla serie, che resta a finale aperto (com'era d'altronde prevedibile).

L'animazione è ottima, non per niente è frutto della TMS Entertainment ("D.Gray-Man", "Detective Conan", "Kamisama Hajimemashita", "Dr. Stone", "Fruits Basket 2019", tanto per dire alcuni titoli), e le scene di combattimento sono chiare e godibili, anche se lasciano raramente con il fiato sospeso: per quanto ci provino, la tensione non sale mai oltre un certo livello e, anche quando sembra tutto perduto, ecco arrivare i rinforzi senza un secondo di ritardo (e spesso senza che nessuno li abbia chiamati, ma dettagli).

Per quanto riguarda le musiche, l'opening è cantata dai doppiatori del quartetto protagonista, e non è nulla di che, mentre l'ending è già più accattivante; delle OST sinceramente non ho memoria, ma non mi sembra fossero nulla di che, l'unica cosa degna di nota sono appunto le character song dei personaggi quando usano per la prima volta la "Nobiltà Assoluta", ma, essendo solo di sottofondo, non risaltano più di tanto.

Tirando le somme, gli elementi per arrivare alla sufficienza piena c'erano tutti, sarebbe bastato anche solo sfoltire il numero dei personaggi per concentrarsi su quella decina che fa effettivamente qualcosa per più dell'episodio in cui viene presentata, ma al netto dei fatti non me la sento di promuoverlo né lo consiglierei a qualcuno che non sia follemente appassionato del genere "anime tratto da videogioco".

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Partiamo da ciò che io ho amaramente scoperto solo dopo aver visto l'ultima puntata, ovvero che l'intera serie non è che un prologo di un videogioco.
Questo significa che tutto quello che ci verrà mostrato non è che un gettare le basi per la "storia vera" che verrà solo dopo (se mai ci sarà una seconda stagione).

A sua parziale discolpa, c'è da dire che la serie copre un arco ben preciso e ha una sua chiusura, quindi sarebbe potenzialmente godibile di per sé, ma il problema è che fare di un prologo (che spesso ha pochi punti salienti essenziali, essendo una base di world building per la storia principale) un'intera serie di dodici episodi significa spesso allungare parecchio il brodo, e questo è quello che succede qui.

Inoltre un prologo, essendo parte del passato della storia, di solito non è concepito con lo stesso ritmo e dettaglio di una storia vera, e infatti, volendo, si potrebbe riassumere l'intera vicenda narrata in "Shironeko Project: Zero Cronicle" in al massimo quattro o cinque righe, senza tralasciare granché di importante.

La regia della serie non aiuta, concentrando tutti i "veri" eventi della storia nelle prime tre puntate e poi nelle ultime due. In mezzo c'è solo un lungo slice of life con poco-nulla a livello di trama reale, in cui lo spettatore non fa altro che chiedersi: "Ok, carino... ma quindi? Quand'è che succede quello che tutti si aspettano?!"

Quel lungo pezzo di approfondimento dei personaggi e delle loro relazioni sarebbe potuto andare bene per una serie con almeno ventiquattro episodi (o meglio ancora quarantotto), in cui quelle relazioni vengono poi messe a frutto in una lunga storia successiva, mentre invece a seguire il lungo slice-of-life ci sono solo due intense puntate conclusive che chiudono le vicende legate ai personaggi, rendendo "sprecato" tutto il tempo passato a conoscerne la vita quotidiana, con molti di essi che rimangono appena accennati e che contribuiscono assai poco ad arricchire la storia.

La grafica sarebbe anche bella, ed è carino il chiaro distinguo tra i colori brillanti e luminosi del regno di White e i colori smorti e bigi del regno di Black, ma sul character design dei personaggi secondari si è andati parecchio al risparmio (non so se sia una caratteristica del videogioco, o se sia stato fatto così perché il canovaccio del prologo prevedeva poche figure chiave e non si è voluto introdurre personaggi non menzionati).
A parte una decina di individui, quasi tutto il resto del mondo è popolato da facce tutte uguali (vedi soldati di Black o maghe di White) o di gente con la stessa armatura dotata di elmo, quindi facilmente copia-incollabile.

Gli eventi sono spesso estremamente forzati e poco realistici, come quando la Regina di White assiste a un malinteso/ingiustizia che può pregiudicare gravemente i rapporti tra i due regni e lei, pur sapendo perfettamente che quello che sta accadendo di fronte a lei è sbagliato, si limita a balbettare incoerentemente e lasciare che tutto venga portato a termine (anche ore dopo), quando basterebbe una sua singola parola per risolvere il tutto.

Molti personaggi sono macchiette stereotipate, ed espedienti narrativi assurdi (tipo che il Re di Black possa controllare tutto e tutti a distanza a piacimento, rendendolo simile a un dio onnisciente, ma decida di farlo solo in alcuni casi e in altri no) vengono usati per forzare la trama ad andare nel binario previsto dal canovaccio del prologo in maniera del tutto forzosa.

Potrei cambiare idea e arrivare ad una sufficienza (6, perché in fondo la serie in sé si lascia guardare), se mai ci fosse una seconda serie e se questa richiamasse a questo prologo in maniera sufficiente a giustificare il tempo speso a guardarla, ma, presa singolarmente e a giudicare dalla piega che sembra prendere la storia dopo l'epilogo, mi sento di classificare quest'opera una perdita totale di tempo e quindi di sconsigliarne la visione a chiunque non pensi poi di giocare al videogioco.