Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

7.5/10
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Mi piacerebbe, per questa recensione, partire da uno dei proverbi più famosi e storpiati di sempre: “Se la montagna non va da Maometto, Maometto va alla montagna”. Come ben sapete, la montagna simboleggia una cosa che non si può muovere; pertanto, qualunque sforzo si faccia per avvicinarla, il risultato è ovvio: non si sposterà mai e deve essere l'altro ad agire. Ora, in questa sede, giochiamo di fantasia e immaginiamo che io sia la montagna e Maometto sia “Demon Slayer”. Per nessuna ragione al mondo, mi sarei mosso per andare incontro all’opera più discussa e controversa degli ultimi anni, che molti definiscono un capolavoro, mentre altri un vero flop. Sarà per i giudizi negativi che ho sentito al riguardo, sarà perché le serie “mainstream” non mi attirano, ma io mi sono sempre rifiutato di guardare “Demon Slayer”. Però, come dice il proverbio, se la montagna non va da Maometto, allora è Maometto a muoversi. Dunque, con delle dinamiche che ancora non mi spiego, mi sono ritrovato a stringere un patto con un mio amico: io lo avrei obbligato a guardare una serie a mio piacimento, e lui avrebbe fatto lo stesso con me. (S)fortuna vuole che il mio carissimo amico mi abbia consigliato proprio “Demon Slayer”, meglio conosciuto in patria come “Kimetsu no Yaiba”. Ed eccoci qui a recensirlo.

Ora, non vi nascondo di essere un tipo molto schematico, ma, quando scrivo, di solito, mi lascio trasportare dai pensieri, così come si palesano in quel momento, ma oggi voglio cambiare registro. Trattandosi di una delle opere, inspiegabilmente, più amate dai Giapponesi, ho deciso di operare una vera e proprio vivisezione dell’anime in questione, come solo un bravo medico legale saprebbe fare. Mai come oggi sarò oggettivo e, lì dove ce ne sarà bisogno, spietato.

Dunque, tratterò l’anime punto per punto, senza tralasciare nulla.

E il punto di partenza di ogni opera che si rispetti è la trama. Protagonista della storia è Kamado Tanjiro, il primogenito di una numerosa famiglia orfana di padre, che vive in una isolata casa di montagna trai boschi. Un giorno, dopo una fitta nevicata, il ragazzo si reca da solo in città per vendere del carbone. Purtroppo, però, non riesce a far ritorno a casa prima dell'imbrunire e un amico di famiglia lo esorta a passare la notte da lui ai piedi della montagna, sconsigliandogli di addentarsi nel bosco di notte, per via di una voce riguardante la presenza di demoni notturni in zona. Il caso vuole che la storia raccontata dal signore sia vera, infatti, quando Tanjiro il mattino seguente torna a casa, assiste a una scena straziante: tutta la sua famiglia è stata divorata, tranne sua sorella Nezuko, che è diventata un demone. Da qui parte l’avventura alla ricerca di una cura per far tornare umana Nezuko e, nel farlo, Tanjiro dovrà allenarsi duramente per unirsi ai cacciatori di demoni.
Come ogni shonen che si rispetti, la storia si basa sul mitico viaggio dell’eroe. Un protagonista con un obiettivo in mente che, per raggiungerlo, deve superare numerose peripezie. Da questo punto di vista, la trama non potrebbe essere più banale di come si presenta. L’idea dei demoni è carina, ma di certo non brilla per originalità, ma forse questo è il punto meno dolente. La trama è fortemente ripetitiva, con un susseguirsi di scontri all’ultimo sangue, interrotti da brevi e sporadici momenti di pausa. Essendo uno shonen, i combattimenti sono il punto centrale dell’opera; nonostante ciò, la storia procede in modo spedito, bilanciando bene tempo della storia e tempo del racconto. Gli scontri sono belli, soprattutto graficamente (su questo ci torneremo dopo) e sia i buoni che i cattivi mettono in gioco un repertorio molto vasto di abilità e poteri speciali. Peccato, però, che gli esiti delle battaglie siano scontati come i prodotti alimentari del discount sotto casa. L’opera, anche e soprattutto nella sua crudezza e violenza, vuole assomigliare molto a uno shonen che ha fatto storia, “Attack on Titan”, fallendo miseramente. Perché lì dove nell’opera di Isayama la tensione ti logora da dentro, soprattutto nelle prime stagioni, in “Demon Slayer” è proprio il pathos a venire meno, e questo, di certo, non invoglia lo spettatore ad andare avanti nella storia. Nel complesso la considero una trama discreta, con pochi alti e qualche basso di troppo, che non spicca per originalità, ma che, tutto sommato, si lascia guardare.

Ma che cosa sarebbe la trama senza dei personaggi che si rispettino? Partiamo, dunque, da quello più maltrattato di tutti ma, sotto diversi punti di vista, il migliore, Nezuko Kamado. La sorella di Tanjiro che, per una serie di sfortunati eventi, si è ritrovata con il corpo di un demone. La sua presenza è sporadica nel corso della serie, nonostante sia la persona più vicina al protagonista. Questo perché, essendo un demone e non potendo vedere la luce del sole, è costretta in un baule di legno che il fratello porta sulle spalle. Fin qui, nessuna falla nel sistema. Peccato però che durante i numerosi combattimenti contro i demoni che, per la stessa ragione citata sopra, avvengono di notte, la povera Nezuko rimanga quasi sempre dentro quella maledettissima scatola, costringendo, per di più, il fratello a combattere con una zavorra sulle spalle. Il senso di questa scelta, onestamente, mi rifiuto di capirlo. Nonostante ciò, resta uno dei personaggi più validi della storia, con una bella ‘lore’ e che si lascia apprezzare più degli altri per un semplice motivo: avendo il pezzo di bambù tra i denti, non può parlare, quindi, non può dire banalità. E, parlando di banalità, arriviamo all’amorevole fratello, Kamado Tanjiro. Classico protagonista shonen, che si fa un mazzo quadrato per allenarsi e diventare il più forte spadaccino della Terra, fino a quando non incontra un nemico più forte di lui, che lo obbliga a cercare un nuovo potere dentro di sé, in grado di sconfiggere chiunque. Il tutto condito con le solite frasi motivazionali sulla vita, sul doversi fare forza e non arrendersi mai, e bla bla bla. I discorsi più noiosi dell’anime vengono proprio dalla sua bocca, ma anche a questo ci si fa l’abitudine. L’unica cosa, invece, a cui le mie orecchie non si abitueranno mai sono le urla di Zen’Itsu, la linea comica dell’anime, su cui, palesemente, non hanno investito molto tempo. Un inetto in tutto e per tutto, un fifone nato che scappa davanti alla prima difficoltà ma che nasconde un potere fortissimo, forse addirittura superiore a quello del protagonista. Il grande problema di questo personaggio è che dovrebbe far ridere, invece, con le sue continue grida, non fa altro che rompere i timpani e pure qualcos’altro. In tutto questo laghetto di putridume, però, c’è anche del buono, e mi riferisco a Inosuke. Lo spadaccino che si comporta da animale e sembra ignorare molte cose del mondo che lo circonda. Il motivo per cui sia diventato così è ancora sconosciuto, ma mi incuriosisce molto. È uno che pensa poco e agisce molto. Irruento e casinista, dà un po’ di pepe alla serie. Però, anche lui, urla maledettamente troppo. Infine, l’antagonista, il demone dei demoni, su cui in realtà si sa ancora molto poco, ma di cui sicuramente si scoprirà di più andando avanti nella storia, Kibutsuji Muzan. A dirla tutta, uno dei pochi antagonisti shonen che apprezzo veramente. Spietato e incredibilmente forte, tanto che il suo sangue, dato da bere ai demoni, fa miracoli. Quasi quasi, passo al lato oscuro.

I personaggi, come è giusto che sia, devono anche essere doppiati e, se siete dei sostenitori del “guardo gli anime solo in lingua originale”, vi prego di abbandonare la recensione, perché in Italia abbiamo dei doppiatori validissimi, ma, non si sa per quale arcano motivo, ci rifiutiamo di riconoscerlo. Da questo punto di vista, il lavoro è stato egregio e non poteva essere altrimenti. Tra i tanti nomi spiccano sicuramente quello di Renato Novara e Claudio Moneta. Il primo ha dato la voce a personaggi iconici come Mark Evans di “Inazuma Eleven”, Edward Elric di “Fullmetal Alchemist” e al buon vecchio Ted Mosby, protagonista di “How i Met Your Mother”, la celebre sitcom americana, che tra i suoi comprimari vede anche un certo Barney Stinson, doppiato dallo stesso Claudio Moneta. Insomma, un cast eccellente, che ha svolto un lavoro altrettanto eccellente.

Infine, per non tirarla troppo per le lunghe, arriviamo al vero punto di forza della serie, su cui converranno anche i suoi più acerrimi nemici, il comparto grafico e musicale. Il lavoro svolto da Ufotable è pregevole, nelle animazioni, nelle ambientazioni, nei fondali, insomma, in tutto. Non un errore, non una sbavatura. Uno studio d’animazione di eccellenza, per una serie che di certo non ha puntato al risparmio e a cui si aggiunge il grande lavoro svolto da Aniplex nella produzione delle musiche. Il tutto introdotto, in ogni puntata, da una opening di grande livello, come “Gurenge” di Lisa.

Bene, siamo arrivati alla fine, quindi bisogna tirare le somme. Graficamente è una delle cose migliori che potrete mai vedere in vita vostra. Riconosco, però, che la maggior parte della gente non si interessa a questo, piuttosto cerca una trama originale in grado di catturarlo. Quindi, se per voi quest’ultimo requisito è fondamentale, vi sconsiglio “Demon Slayer”. Se, invece, siete fanatici delle animazioni curate e ben fatte o, come me, ormai non badate più all’originalità dell‘opera, allora potete anche fare questo sforzo.

4.0/10
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Un ragazzino vituperato dalla famiglia adottiva viene preso in affidamento da un investigatore privato che si rivela essere un "mostro". Il ragazzino stesso è un "mostro", e assieme alla compagnia di altri bambini "mostri" combatte certi "mostri", stando attenti a una compagine rivale di "mostri".
Una serie sui bambini "mostri", dove l'adulto più responsabile manda dei dodicenni nelle fogne a rischiare l'osso del collo e dove nessuno si stupisce che siano dei bambini a risolvere casi affidati alla polizia.
Siamo nel regno delle favole, dove anche la figura più antagonistica, una kitsune rivale del nostro investigatore dell'occulto, si rivela in fondo giocosa e poco ostile. Ovviamente invierà alle calcagna dei nostri bambini mostri i *suoi* bambini mostri. Conflitto fra asili mostruosi.

Dopo un primo episodio che faceva intendere una storia dai risvolti misteriosi e seri, la serie decade in uno shonen underaged dove perfino una bambina di otto anni viene sessualizzata per il divertimento di tutti.
Il tono è quello di una vicenda innocua, e intendo qualcosa tipo "Pokémon", nella quale il nostro protagonista deve (ancora una volta, come tutte le volte) picchiare i mostri coi suoi terribili cazzotti magici. Fatto curioso: non può morire, quindi indovinate dove va tutta la tensione. Ah, si trasforma pure cambiando colore dei capelli, perché sia mai che un autore giapponese rischi di fare qualcosa di originale (a volte lo fanno, ma quando si deve fare cassa no).

Se avete più di dieci anni e questa storia vi è piaciuta molto, dovreste forse riflettere sul fatto che vi mancano alcuni pezzi che vi facciano maturare nel gusto. Non è il vostro target.
Detto questo, la serie oltre che inutilmente tenera e semplicistica è anche piuttosto banale. Ogni personaggio ha dei problemi con la famiglia (ovvio, anche il pubblico infantile deve ancora risolvere i trascorsi familiari, di più non ha). Quindi, quasi tutto l'impianto narrativo si basa sul risolvere rapporti con genitori assenti, fratelli maggiori e sorelline.
Il tutto sotto l'egida di uno zio investigatore buono e una zia kitsune dispettosa (la "donna incomprensibile" che nei bambini rappresenta il misterico femminile). Non ci sono i papà, i papà rappresentano la "regola", la legge che ogni bambino affronta soltanto in adolescenza piena. Quindi, nessun papà per nessuno. Tutti morti.
Il protagonista farà immancabilmente "innamorare" di sé ogni bambina nel raggio di cento metri, si farà tutti amici, non perderà mai la propria innocenza e otterrà una posizione di vantaggio in ogni circostanza. Questo perché un bambino non ha ancora la materia esperienziale per apprezzare il torbido umano, e vuole immedesimarsi nell'eroe che vince sempre. Nessun bambino vuole perdere.

Peraltro, ci sono buchi di sceneggiatura abnormi e comportamenti illogici che ovviamente a dieci anni non ti fregano, già a undici li noti e ti chiedi: "Ma perché il personaggio X ha fatto quella cosa inutile?" - e la risposta, amico mio, è che ai bambini non frega come è fatto il dolce, basta che sia colorato.
Credo di aver ripetuto la parola "bambino" almeno cento volte, quindi dovrebbe essere chiaro ormai: è un kodomo, qualcosa per bambini come potrebbero esserlo "Doraemon" o "Pokémon".
L'animazione è banalotta, semplice, non ha grandi sorprese da offrire. Tutto basato sul presentare caratterizzazioni estreme per puro intento ruffiano ("Ah ah ah, la bambina sexy! Ah ah ah, il bambino gay che si fa i selfie!").

Perché il voto basso? Perché dovevano avvertirmi prima. La serie inizia con un ottimo incipit misterioso, per poi marcire come un vasetto di yogurt aperto al sole.
Ripeto: se avete più di dieci anni e questa serie vi dà i brividi di piacere, è l'equivalente di vedere mio nonno che si esalta per un sonaglino Chicco, uno dei due elementi non dovrebbe essere là.
C'è troppo "giapponismo" che falsa i giudizi: questa è una serie pomeridiana per bambini e nemmeno troppo bella, non è per voi. Voi siete più grandi.

8.5/10
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Avete presente i film dell'orrore? Sì, quei film in cui un'allegra famigliola di campagna compra una casa nuova con un fottio di stanze, e dopo due giorni iniziano a succedere cose che per un qualche ancestrale motivo si manifestano esclusivamente nella fascia oraria notturna, e poi c'è sempre una cantina da cui arrivano strani rumori, e allora succede che i nuovi arrivati siano inesorabilmente attrattati da essi al suo interno; e intanto te sei lì davanti allo schermo e sfotti lo scemo di turno che, scendendo le scale, va incontro ad una morte miserabile, richiamato da solo lui sa cosa. Ecco, "Shadows House" è, più o meno, questo. Una maledettissima casa infestata.

Questo perché la Shadows House è affascinante, esattamente come quelle case infestate dove, in un modo o nell'altro - che cavolo! -, vuoi solo vedere cosa si nasconde dietro quella fottuta porta, indipendentemente da quante sberle emotive (e fisiche) prenderai sul tuo muso da ficcanaso, non importa se dietro ci sia un fantasma o una torta al cioccolato, vuoi solo sapere. Quel che ti attira lentamente ma inesorabilmente all'interno delle sue mura è la perfetta alchimia che intercorre tra l'innocenza (e ignoranza) dei protagonisti e l'inquietudine che avvolge la casa e chi la abita. Vuoi sapere, sei chiamato a curiosare, perché tutto quello che ti circonda è tutta una roba assurda, tanto assurda che il rischio che si corre nell'andare alla scoperta di tutti i segreti che la casa nasconde vale assolutamente la candela.

Ci sono questi membri della famiglia Shadow, che, nomen omen, sono letteralmente delle ombre, delle persone completamente nere, e di conseguenza prive di volto. E quindi ci sono anche le Bambole viventi, delle "persone" normali (ma finte), che hanno il compito di svolgere il ruolo di "corpo", ognuna della propria Ombra. Veniamo quindi all'Ombra Kate-sama e alla sua Bambola Emiliko, che, assieme ad altre new entry della tenebrosa (capito il gioco di parole?) famiglia, ci accompagneranno alla scoperta dei molti misteri che avvolgono questa stramaledetta casa. E il fatto che abbiamo anche delle Ombre dalla nostra parte non significa che saremo avvantaggiati nell'avventurarci in questo districato labirinto, no no, per nulla, anzi, loro ne sanno meno che noi. E infatti le giovani Ombre sono pure condannate a studiare costantemente, per prepararsi a quello che sembra essere un esame di ammissione (?) alla famiglia Shadow; una prova che dovranno superare assieme alle loro Bambole (di cui nel frattempo faremo conoscenza), per poter restare in famiglia. E questa prova sembra essere tutt'altro che semplice.

D'altra parte, oltre alla misteriosa storia, "Shadows House" ha avuto il pregio di mettere insieme un'autentica coppia d'oro che Holly e Benji devono solo spostarsi. Kate-sama, elegante, intelligente, composta, gentile (e chi più ne ha più ne metta), e Emiliko, sbadata, casinista, disadattata, formano un duo che raramente si ha avuto il piacere di ammirare nel panorama animato giapponese (e non solo). Nel corso del tempo che le separa dal fantomatico Debutto (che sarebbe la suddetta prova da superare), non solo ci accompagnano alla scoperta della casa, ma anche e soprattutto alla scoperta di loro stesse, due caratteri così diversi per due anime così simili, definite fino all'ultima cellula da un autentico eccesso di gentilezza, l'una verso l'altra, e entrambe verso gli altri. E avranno modo di dimostrarcelo a più riprese che la gentilezza (l'amicizia ormai è un cliché) vince sempre. Loro due sono il filo conduttore, sono l'eccezione alla regola, sono tutto. Tutto nel senso che possono essere tutto, se sono insieme, insieme non hanno limite alcuno. Sono unite, da un'unione di quelle che fanno la forza, di quelle che si formano tra litigi e perdoni, tra urla e carezze. Sono genio e sregolatezza. Sono semplicemente stupende, ecco tutto.

In un universo narrativo tutto da scoprire, quel che ci è per adesso concesso sapere è un miserabile assaggio. Un assaggio, però, di quello che ha tutta l'aria di essere un meraviglioso e gustosissimo bombolone alla crema, e la crème de la crème sono ovviamente loro due, Kate e la sua Emiliko.

P.S. "Shadows House", oltre alla bella storiella da raccontare, ha avuto la gentilezza di regalarci "Nai Nai", una delle ending più belle che abbia mai ascoltato.