Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

8.5/10
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Diciamocelo chiaramente, la stagione invernale che si è appena conclusa non è stata ‘sto granché. Già di suo, il palinsesto non offriva grandi titoli, fatta eccezione per quel capolavoro che è “Vinland Saga”, a ciò si sono aggiunte, poi, le numerose interruzioni causa “covid”, che hanno ritardato la conclusione di diversi anime, come “Kubo Won’t Let Me Invisible” e “NieR:Automata”. Se penso alla stagione autunnale, mi duole dirlo, il divario è stato stratosferico. Eppure, in tutto questo marasma, qualche anime è riuscito a spiccare più di altri e tra questi c’è anche “Blue Lock”. L’opera, tratta dall’omonimo manga acclamatissimo in terra nipponica, è riuscito a catturare appieno la mia attenzione e, fatto ancor più eccezionale, mi ha fatto riscoprire la bellezza di vivere uno spokon.

La storia è ambientata all’indomani dell'eliminazione del Giappone ai Mondiali di calcio del 2018. La federazione calcistica giapponese si decide, così, a creare un programma in cui scovare giovani e promettenti atleti e prepararli per i mondiali del 2022. Isagi Yōichi, un attaccante, riceve l'invito per partecipare a questo programma, subito dopo che la sua squadra ha perso la possibilità di accedere alle nazionali a causa sua, che nel momento decisivo ha preferito passare la palla a un compagno meno esperto, piuttosto che tentare di calciare egli stesso. L'allenatore del programma sarà Ego Jinpachi, il cui obiettivo è quello di "distruggere il calcio perdente giapponese" con un metodo rivoluzionario: isolare 300 giovani e promettenti attaccanti, in una struttura simile a una prigione, chiamata "Blue Lock" e sottoporli a un rigoroso allenamento volto a creare "l'attaccante più egoista e migliore del mondo".

L’obiettivo del programma “Blue Lock” è chiaro fin da subito e concettualmente credo non esista cosa più sbagliata al mondo. Nel modo di pensare di chi, come me, ha praticato sport di squadra per tanti anni, la collettività viene prima di tutto, soprattutto in uno sport come il calcio. Per questa ragione, il mio primo pensiero, al termine della puntata pilot, fu che non sarei mai stato d’accordo con il concept di questa serie. D’altronde, per quasi dieci anni ho praticato la pallanuoto e non sport individuali, come la boxe. Potete immaginare, dunque, la mia reticenza nel continuare questo anime. Eppure, in tutto ciò, c’era qualcosa che mi incuriosiva e spingeva ad andare avanti, oltre alla mia fervida passione per il calcio. Probabilmente, la grande fama di cui gode in patria ha avuto il suo peso e, alla fine, credo proprio di aver fatto la scelta giusta, perché una volta superate le remore iniziali e le palesi incongruenze tra gli intenti dichiarati del progetto e la scoperta incredibile, già alla terza puntata, che con il gioco di squadra si vince più facilmente, l’anime spicca il volo. Isagi, che all’inizio della sua esperienza al “Blue Lock” è considerato alla stregua di un calciatore mediocre, fa la conoscenza di giocatori incredibilmente dotati, il che gli dà la determinazione giusta a spingersi oltre e cercare di fare sempre meglio. Con il proseguire delle puntate, l’anime diventa un’escalation di colpi di scena imprevedibili e partite mozzafiato, che tengono lo spettatore piantato dinanzi allo schermo. Ad un certo punto, era diventato difficile anche aspettare una singola settimana per sapere cosa sarebbe successo, complice, però, il fatto che in alcune puntate si parla leggermente troppo e si gioca meno. Ad ogni personaggio viene dedicato il giusto tempo e, di ognuno di essi, o almeno quelli principali, si racconta la storia che li ha portati al “Blue Lock”. Empatizzare diventa inevitabile e, per questa ragione, la storia riesce ad imprimersi a fondo nella memoria dello spettatore. Da buon spokon che si rispetti, inoltre, io ci ho visto qualche riferimento sparso ad “Inazuma Eleven” e “Holly & Benji”, ma forse è stata solo la mia immaginazione.

Molto buone le animazioni. Eccezionali in alcuni frangenti, soprattutto quelli che vedono Isagi protagonista assoluto della scena, leggermente sottotono in altri, quando si lascia troppo spazio alla CGI. Le prime, unite a delle musiche da paura, sono riuscite a creare delle scene meritevoli di entrare nell’olimpo del genere spokon.

A serie conclusa posso dire di essere rimasto notevolmente soddisfatto da “Blue Lock”, di cui aspetto trepidante la seconda stagione, che, tra l’altro, è stata anche già annunciata.

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"SK8 the Infinity" è una serie d'animazione giapponese andata in onda durante la stagione invernale del 2021 e prodotta dallo studio "Bones". Si tratta di un'opera originale, composta da dodici episodi più uno riassuntivo, e la trama vede come protagonista Reki, un ragazzo che ama lo skateboard e che man mano s'immerge nel mondo delle gare clandestine, le quali diventeranno sempre più pericolose. Un altro protagonista è Langa, che diventerà il migliore amico di Reki.

Oltre a questi due personaggi, vi sono Miya, Shadow, Cherry e Joe, che man mano si avvicineranno ai due protagonisti, mentre come "antagonista" vi è solamente Adam che, per quanto sia considerato tale, è un bel personaggio (accostato sempre ad ottime OST, il che ha aiutato a farmelo apprezzare ancor più) e davvero molto coerente, cosa che ho adorato. Anche gli altri personaggi sono facilmente apprezzabili, anche perché sono tutti ben caratterizzati e in ognuno di loro vi è un dosa perfetta sia di serietà che di simpatia.
Comunque, nella serie vi sono numerose gare, durante le quali si apriranno o si chiuderanno amicizie e rapporti; infatti, durante le gare, spesso vi saranno anche delle introspezioni dei personaggi.

Oltre a questo perfetto equilibrio tra gare e dialoghi, un altro punto a favore è dato dall'alternanza di momenti seri in cui si alza moltissimo la tensione e di altri, invece, parecchio divertenti e comici.
Nonostante ciò, vi sono alcuni piccoli difetti come la presenza di situazioni troppo forzate, soprattutto nel momento in cui bisogna inserire un personaggio o quando si necessita l'uscita di scena di uno di loro o ancora durante qualche complesso mentale al quale i personaggi vanno incontro (soprattutto Reki, i cui ragionamenti e azioni risultano, a volte, forzati e illogici).
Il comparto tecnico è ottimo: il character design è ben realizzato per ogni personaggio e le animazioni sono davvero ottime; quest'alta qualità si nota soprattutto durante le gare. Per quel che riguarda il comparto musicale, anche questo riesce ad elevare la serie: l'opening "Paradise" di Rude-α riesce a caricare lo spettatore e a "prepararlo" all'episodio che si sta guardando, mentre l'ending "Infinty" di Yūri allenta parecchio la pressione di alcuni episodi. In più le OST, così come l'opening e l'ending, sono sempre azzeccatissime (ho adorato l'accoppiata Beethoven-Adam).

In conclusione, si tratta di una serie con qualche piccolo difettuccio, ma che si apprezza fin da subito. La conclusione costituisce l'apice della pazzia che caratterizza ogni singola gara e, per quanto la conclusione sia un po' scontata, spesso la serie non lo è per nulla. Anzi, è una serie ricca di colpi di scena, di gare entusiasmanti e di personaggi che maturano e crescono durante il suo corso. Consigliatissima, ovviamente, a tutti gli amanti dello skateboard (come me!), ma anche a chi è interessato a una storia ben narrata e avvincente!

Voto: 8,5/10

7.5/10
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“Grappler Baki”. Devo ammettere che ho conosciuto Baki solo dalla controparte animata su Netflix. Indagando ho scoperto che non solo il fumetto è inedito in Italia, ma anche che ce ne sono svariati. Quindi, dopo aver letto il primo, "Grappler Baki", mi accingo a recensirlo.

La trama ha come protagonista Baki Hanma, genio delle arti marziali, e del suo viaggio per migliorarsi per poter battere suo padre Yujiro Hanma, riconosciuto e temuto come "la creatura più forte del mondo". Mi fermo qui con la trama, ma solo e unicamente perché la storia è satura di combattimenti, e tentare di raccontare qualunque altra cosa sarebbe un po’ come spoilerare la crescita del personaggio.

La storia è fluida seppur con qualche piccola dispersione (a mio avviso evitabile, ma che comunque non cambia il risultato finale) e alcuni lievi flashback per farci conoscere meglio i personaggi. Le tematiche trattate, con mia grande sorpresa, saranno più che semplici lezioni sull'impegno dei combattenti, rispetto dell'avversario e cose simili. Verranno affrontati temi come il lutto, la paura, la vendetta e in alcuni casi mi è sembrato di percepire come se l'autore volesse evidenziare le ossessioni umane, come la ricerca della forza. La violenza è brutale, quasi insana in alcuni combattimenti, oltre lo sport, spesso vedremmo dei veri e propri massacri. I personaggi dell'opera spesso sono ispirati a personaggi e sportivi reali. Anche se ce ne sono a bizzeffe, molti di loro ci daranno un senso di visto e rivisto, senza mai emozionarci più di tanto. Anche se comunque è apprezzabile lo sforzo dell'autore di cercare di riunire tanti atleti di tante discipline e cercare di incastrarli in maniera adeguata con il contesto e fra di loro. Per spiegarmi meglio, fare combattere il campione di grappling contro quello di striking, oppure far scontrare due combattenti che adottano stili completamente opposti, tipo un combattente molto rigido che si basa sulla forza bruta e un altro che invece sfrutta la forza dell'avversario per sferrare i suoi corpi e via discorrendo.

Nota positiva per l'autore che in alcuni casi ci mostra i personaggi molto più umani, con le loro paure, insicurezze e timori. Una sorta di ordinarietà di controparte alla straordinarietà della loro forza erculea. Probabilmente il personaggio che più ho apprezzato è stato Yujiro Hanma, il suo sadismo, la sua cattiveria e, a tratti, pazzia sono degni di nota.

Artisticamente forse è stato il punto meno riuscito, ovviamente dal mio punto di vista. Le proporzioni dei personaggi a volte mi è sembrato che cambino di scena in scena, forse per cercare di enfatizzare lo scontro, a mo' di "Davide contro Golia". Spesso ho trovato alcune scene poco chiare, e in alcune (specialmente quelle di lotta o prese) ho fatto molta fatica a capire come i personaggi fossero intrecciati. Ovviamente bisogna anche tenere conto che la grafica è comunque di un fumetto iniziato nel ‘91. In conclusione “Grappler Baki” è un manga che mira a essere coatto, e ci riesce!

Ci sarà sempre un Tizio che sarà fortissimo, che in un secondo momento verrà battuto da un Caio ancora più forte che in un terzo momento ancora verrà umiliato da un Sempronio e così via discorrendo. I personaggi di questo mondo sono combattenti violenti e disposti a tutto pur di vincere. La violenza in quest'opera credo sia la base del suo successo.

Vedremo mutilazioni, denti e ossa rotte di continuo, tecniche omicide, sadismo, sangue a secchiate e così via. I personaggi dovrebbero essere umani anche se eccedono, quasi tutti, le caratteristiche umane, quasi come se dei moderni semidei si dessero battaglia senza esclusione di colpi. Di contro comunque spesso mi sono trovato a vedere una scena pensando "se va beh..." partendo dalla forza sovrumana di quasi tutti i combattenti, passando per alcune tecniche e caratteristiche fisiche davvero impossibili e finendo con tentativi di spiegazioni alquanto arrancate, ma che comunque s'incastrano bene una volta capito il mondo dell'autore.

Consiglierei questa serie a tutti i lettori appassionati di arti marziali che cercano una lettura senza particolari pretese, caciarone e che fa della "coattaggine" il suo cavallo di battaglia.