Nel pomeriggio di domenica 21 maggio 2023 ha avuto luogo nella Sala Fumetto del Salone del Libro di Torino un attesissimo panel sulla figura dirompente e rivoluzionaria di Tatsuki Fujimoto, autore del fresco di stampa Goodbye, Eri, edito da Star Comics. Hanno preso parte alla discussione Cristian Posocco, Publishing Manager di Star ComicsAlessandro Falciatore di Animeclick.it, la giornalista Mara Famularo e Maria Roberta Novielli, docente di cinema e letteratura giapponese presso l'Università Ca’ Foscari di Venezia.

Di seguito vi riportiamo i discorsi avvenuti durante il secondo incontro torinese a cui AnimeClick ha preso parte. Il primo, ricordiamo, era incentrato sul fumetto e l'inclusività assieme al duo filosofico TLON.

 



Cristian P.: Alcuni hanno paragonato Tatsuki Fujimoto a Osamu Tezuka perché entrambi hanno ripreso molti elementi dal cinema per innovare il fumetto. Non sta a noi dire se sia corretto o meno, forse è un po’ ardito, ma potremmo parlarne tra un po’ di anni. Però il semplice fatto che ci sia stato questo paragone è uno spunto per questo panel sulle inferenze tra cinema e Giappone.

Prof. Novielli: Adoro Tezuka e amo Fujimoto, il paragone mi piace un sacco. Tezuka muove i primi passi a partire dal Takarazuka (teatro femminile giapponese) e l’animazione, perché grazie a Momotarou no shinpei gli arriva subito addosso il linguaggio animato, e non una versione internazionale, bensì autoctona. Tutto ciò che lui apporta lo crea da zero. Fujimoto invece giunge alla fine del periodo del media-mix e per lui il cinema è già tessuto connettivo di ogni organo. Però riesce a portarlo ulteriormente avanti e lo fa con questioni generazionali, non come Tezuka.

Alessandro F.: Sono titubante con questi paragoni, ad esempio si dice sempre che qualcuno è "il nuovo Hayao Miyazaki", ma ognuno è se stesso, ognuno è figlio della propria epoca. Che ne pensa professoressa Novielli?

Prof. Novielli: Ognuno è figlio della propria epoca e trae ispirazione da momenti differenti. Soprattutto Fujimoto, a differenza di Miyazaki è figlio del cinema live, non animato.

Alessandro F.: Con Cristian Posocco abbiamo spesso parlato di Fujimoto e ci siamo accorti di quanto non ci sia solo il cinema nel suo fumetto, bensì è ricco di altri particolari. Quali?

Cristian P.: Fujimoto non è l’unico mangaka a trasferire sul fumetto l'impatto ricevuto dal cinema live-action o dall’animazione. Ad esempio Masamune Shirow era un patito di serie televisive live-action americane, ed è lo stesso Shirow che ha ribaltato il fumetto giapponese. Quando un nuovo medium invade un territorio lo arricchisce e lo smuove. Fujimoto dichiara spessissimo di amare il cinema e si nota come in generale se si parla di cinema viene messa in scena sia la fruizione che la creazione dell'opera artistica. E non si limita al cinema, prendiamo un esempio dalle Short Stories in cui la protagonista è una sorella maggiore, e da qui è nato quello che poi divenne Look Back, che è un manga in cui si parla di fare manga. Il lato creativo è quindi molto importante in lui come autore.
 

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Alessandro F.: Ho notato che è un autore che polarizza: c'è chi lo adora e chi no. Magari non a tutti piace ma sicuramente non arriveranno ad odiarlo. Nella vostra esperienza come vi siete approcciati, cosa vi è piaciuto?

Mara F.: Fa un effetto strano: ti aspetti un tipo di storia e lui ti sorprende. Ho cercato alcune sue interviste e ho letto del suo sogno di disegnare manga su Shonen Jump. Le storie che venivano pubblicate lì, però, ruotavano attorno ad amicizia, impegno e vittoria; Fujimoto non voleva pubblicare una storia che fosse la fotocopia delle altre. Dichiara quindi di essersi ispirato ad un film coreano in cui l'eroe deve inseguire un rivale e ce la fa nella prima mezz'ora. Ma il film durava quasi due ore. Cosa sarebbe accaduto nel resto del film? Leggere Fujimoto dà proprio questo tipo di esperienza, mi aspetto una cosa ed è tutt’altro. L’eroe è poi un pazzo totale, ma anche in quanto antieroe ha valori molto ligi. Secondo me questo viene poco fuori quando si presenta Fujimoto.
Forse molti hanno letto i racconti brevi in cui riversa aneddoti autobiografici ma non possiamo sapere cosa sia vero o meno, ma possiamo già riconoscere i suoi eroi. Sono tutti eroi bizzarri: ad un certo punto racconta di quando era giovane e povero e voleva fare il mangaka. Assieme alla sua ragazza avevano preso un pesciolino come animale domestico ma purtroppo muore; la compagna allora gli chiede di seppellirlo e lui lo porta al parco. Non riesce a scavare una buca per un motivo o per l'altro, quindi lo lascia lì, sul prato. Nemmeno a dirlo che le formiche iniziano a ricoprirlo e mangiarselo. Esattamente come i suoi eroi, Fujimoto racconta di questo momento surreale in cui, preso dai sensi di colpa e incapace di lasciarlo divorare dagli insetti, lo prende e se lo mangia, rimettendoci "solo" una gastroenterite. Sarà vero? Non si sa, ma i suoi eroi sono fatti così.


Cristian P.: C’è anche una sorta di meta-narrazione: quello che sta accadendo sta avvenendo nella storia oppure no? È difficile da separare. Ho riflettuto su queste cose e sono giunto alla conclusione che Fujimoto utilizza una tecnica narrativa che anticipa i punti di svolta; in sostanza re-interpreta il kishotenketsu in kitenshoketsu, quindi la svolta arriva subito dopo l'introduzione, all’inizio, e lo sviluppo arriva dopo la svolta.

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Specchietto esplicativo del Kishotenketsu, forma narrativa giapponese divisa in quattro atti: Introduzione (Ki), Sviluppo (Sho), Svolta (Ten) e Conclusione (Ketsu). Notiamo come la svolta qui arrivi prima della conclusione.

Prof. Noviello.: Sono d'accordo. E questa short story conferma anche un altro elemento ricorrente che è quello animale. Anzi, insetti e animali. Oppure, importantissimo, l'uso narrativo dello Sliding doors*, perché a seconda del percorso che prendi puoi cambiare il corso della tua vita. Senza fare spoiler in Goodbye Eri i media sono esattamente quella porta: da una parte c’è una verità, dall’altra ce n’è un’altra. Fujimoto ha detto nell’intervista che non è particolarmente interessato a questi discorsi, ma ha più volte ammesso di adorare i personaggi femminili forti. Mi sento di dire che nelle sue storie lo sliding doors avvenga in maniera autobiografica, tramite l’immedesimazione dei personaggi maschili e femminili che lui mette in scena.

Cristian P.: A conti fatti assieme al lutto, la confusione d’identità e genere è decisamente presente nelle sue opere, soprattutto nelle storie brevi dove appaiono diverse rappresentazioni di questi personaggi. Per esempio Togata in Fire Punch è un uomo nel corpo di una donna. Togata ama il cinema, lo mostra al protagonista, come poi accade in Goodbye, Eri ed è un personaggio che parla di cinema in un fumetto che usa delle tecniche cinematografiche. Togata è in qualche modo Fujimoto stesso.

Cristian P.: I media sono l'occhio della persona che gli sta dietro; sono l’occhio interno, mostrano un mondo con una visione soggettiva e prospettica. Lui ci descrive la sua realtà con metafore e meta-narrazioni ma il lettore non può sapere mai quale sia la verità, finisce sempre con un'esplosione. Ma secondo voi cosa ne pensa dei media?

Prof. Novielli: Penso che sia un grande conoscitore delle tecniche cinematografiche. Tant'è che ci pone difronte ad un video e tutto ciò che cinematograficamente ne può significare: riprende Rashomon di Kurosawa, quando i personaggi sono sul divano come se fossero pronti a venire giudicati. Conosce talmente bene queste tecniche che le tradisce di continuo. Nelle tavole iniziali di Goodbye, Eri, il protagonista vuole suicidarsi; poi incontra Eri che lo porta nella catapecchia. Noi vediamo che la segue a pochi passi per le prime tavole, dopodiché lei è già in fondo. Vediamo il mondo in soggettiva. Conosce anche la legge dei 180 gradi**, lui la tradisce ma nel farlo ha comunque una certa coerenza. Oppure aggiunge lo sguardo fisso in macchina, cosa che nel manga non si fa.

Alessandro F.: Tutti abbiano notato come riprenda il movimento della camera del cellulare oscillatorio e disturbante. Può essere rischioso per un mangaka.

Prof. Novielli: Per quello dico che conosce bene il cinema. È molto influenzato da Takashi Miike***, è un autore che dialoga molto nelle sue opere.

Cristian P.: Si diverte a trasgredire le regole. C'è un personaggio che sta imparando a fare cinema e si mette a guardare in camera: non si fa mai, è un errore!
 

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Alessandro F.: Quanto cinema occidentale e orientale c’è in Fujimoto?

Prof. Novielli: La mistura cinematografica tra occidente e oriente è già avvenuta negli anni '80, c'è molto occidente nella cultura giapponese, e viceversa. Ci sono moti registi occidentali cui ha dichiarato di essersi ispirato. Però ci sono anche grandi come Takeshi Kitano, che ha nominato quando ha parlato dell'ambiguità dei personaggi, ma secondo me lo usa anche per altro: i freeze frames, ad esempio, che riprendono molto quelli di Kitano. E Kitano è a sua volta influenzato dagli occidentali.

Alessandro F.: Spesso viene paragonato a Tarantino, che ricordiamo essere influenzato dalla cultura italiana e giapponese. Si chiude un po’ il cerchio.

Cristian P.: Noto anche somiglianze con il cinema dei fratelli Cohen come sicuramente l'ha colpito Il grande Lebovsky. Ci sono molte opere che hanno fatto della mistura dei generi e mezzi un loro punto di forza. In Chainsaw Man sono evidenti le interazioni che riprendono Il grande Lebovsky, che è stato un film molto innovativo nel presentare gli antieroi. Forse il paragone con l'Occidente andrebbe fatto proprio con i Cohen.

Prof. Novielli: Il tema del doppio è molto simile a come lo tratta Stanley Kubrik, da cui prende la fotografia.

Alessandro F.: È più bravo nelle storie brevi o lunghe? La domanda ormai è di rito.

Mara F.: Penso che Fujimoto crei un mondo in cui tutte le storie comunicano bene tra di loro, non vedo grandi differenze tra le due lunghezze, non mancano mai la voglia di sorprendere e la follia. Lui è sempre lo stesso, dissacrante in egual maniera. Nelle saghe lunghe lui si mette di più alla prova, ad esempio mentre leggevo Chainsaw-man ho saltato qualche giorno tra una lettura e l’altra, mi sono persa ma è normale perché è proprio lui a voler sempre spiazzare. Ammetto però che forse il racconto breve si riduce al momento spiazzante, nelle saghe lunghe lui deve riuscire a spiazzare in maniera continuativa.

Alessandro F.: Ci sono momenti nella storia di anime e manga in cui un autore arriva e plasma tutto con la sua visione. Succederà con Fujimoto? Lui prende gli eroi di Jump e cambia le carte in regola, mi ricorda in qualche modo Evangelion che all’inizio sembra uno shonen e poi si avvia verso tutt'altro. Secondo voi rivoluzionerà il settore?

Mara F.: I bravi fanno questo, adattano lo schema al loro mondo e creano la novità. Secondo me con Fullmetal Alchemist anche Hiromu Arakawa ha fatto un'operazione simile: ha preso lo shonen e l'ha trasformato in una storia che ne ha tutti gli elementi ma non sono mai delle forzature, è tutto molto naturale. Fujimoto prende e stravolge gli stilemi delle storie di Jump. Spero che apra una nuova corrente nel manga shonen per ricordare agli altri autori che si può fare anche così, senza sottostare ai gusti e ai sondaggi dei lettori che influenzano la creatività. Forse gli editori si sveglieranno a capire che le cose strane vanno bene. A tal proposito, Fire Punch venne pubblicato sulla versione digitale e sperimentale di Shonen Jump, dove sarebbe stato più facile cancellarlo, ma poi è andato su carta: ha ricevuto un significativo riconoscimento editoriale.

Alessandro F.: Il pubblico manga è un gran conservatore e Fujimoto non funziona così: ti spinge ad affezionarti ai personaggi e, se lo fai, cadi in un grossissimo errore. Oppure molti lettori vanno alla ricerca delle belle ragazze, della waifu, e puntualmente si rivela una pazza infame.
 

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Cristian P.: Fujimoto ha già lasciato un'impronta che ha creato dei nuovi autori rimasti affascinati da lui, e questa nuova corrente ha già fatto opere molto interessanti. Con trent’anni e quattro opere in croce ha già lasciato un segno. Dev’essere uno molto interessante con cui dialogare; chissà che rapporti ha con il suo editor.
Lo sapete, amo i fumetti che emozionano: Fujimoto riesce ad essere profondamente delicato e appassionato anche quando mette in scena le peggio brutalità dell’uomo. In Goodbye, Eri c’è una delicatezza nelle creazioni del protagonista. In Chainsaw-man porta sempre in scena la profondità di chi rappresenta. In Look Back racconta lo sliding doors e lo fa con una finezza tecnica e meta-narrativa che affida allo spettatore il compito di interpretare ciò che è messo in scena. E attenzione, non è una cifra stilistica come in Goodybe, Eri, è uno strumento che crea una voragine emotiva nel lettore.


Alessandro F.: Che futuro avrà?

Prof. Novielli: Penso che sarà grande nel gekiga. Ora è in una fase importante e riesce a parlare ad una certa generazione, ma ha ormai trent’anni e tra poco non conoscerà più le dinamiche delle generazioni più giovani. Ci sarà uno slittamento, passerà ad altri turbamenti. Noto che rispetto ad altri autori di shonen manga è meno ironico: la maturità se lo sta già portando via. E sarà molto grande in questo senso.

Alessandro F.: Nelle sue opere che significato hanno i personaggi che guardano film?

Mara F.: Prima volevo dire che lui sfida chi lo legge e porta a provare empatia con i personaggi, non permette che ci si addormenti. Ma c'è un contrasto: nelle sue opere ci sono dei personaggi che guardano film per ore, come faceva Tezuka. In genere sono i più pazzi a ritrovare la pace nel vedere film, o come in Goodbye, Eri cercano di riscrivere la loro storia in maniera pacifica attraverso il cinema. Quando inserisce il cinema, oltre il lato tecnico in cui non mi addentro, è pieno di citazioni o personaggi che sono a loro volta spettatori di altre opere: è come se ribadisse che nel cinema tutto torna, mentre nella quotidianità folle dei suoi eroi ogni cosa è in preda al caos. In sostanza se vogliamo che tutto vada bene ci guardiamo un film, altrimenti torniamo a vivere le nostre vite allucinanti. Noi leggiamo e guardiamo qualcosa per risolvere la nostra vita e forse per prenderci una pausa da essa. Mi ha colpito questo modo paradossale, poetico, in cui suggerisce qualcosa di risaputo e lo dice in maniera sua, con personaggi con cui è difficile identificarsi, ad esempio Denji e Maikima.
 

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Cristian P.: Roberta (Novielli) sono in parziale disaccordo sulla questione dell’ironia: è amara quella di Fujimoto.

Prof. Novielli: Un’ironia adulta. Pensate a Satoshi Kon: è un artista molto legato ai live-action, tanto che è stato direttore artistico di uno dei pochi film dal vivo girati da Katsuhiro Otomo, World Apartment Horror. Ha una prospettiva molto più adulta ma trovo il suo realismo molto affine a Fujimoto. Satoshi Kon per quanto folli fossero le situazioni da mettere in scena, riusciva a renderle molto realistiche anche nei dettagli. Ma Fujimoto non è ancora a quel livello, i suoi fondali sono ancora su un piano di astrazione.

Alessandro F.: Amo vedere film con le persone che amo. Il cinema è anche un punto di contatto, un modo di vivere l’amore, l'affetto e la vicinanza. Forse è anche per questo che molti suoi personaggi guardano film insieme.



Alla fine del panel viene lasciato un piccolo spazio per le domande del folto pubblico che ha completamente riempito la Sala Fumetto, lasciando anche degli spettatori in piedi in fondo e ai lati della stanza.

La prima domanda è di un ragazzo che vuole condividere il suo pensiero sull'autore:

Secondo me nelle sue storie racconta molto di se stesso. In Look Back racconta l’intero il processo per creare un manga e i personaggi rischiano anche la vita per poterlo fare. Critica la dinamica del mangaka che deve raggiungere l’obiettivo senza considerare la sua storia e la sua vita privata, tanto che la divide in due finali: ma in nessuno dei due porta al raggiungimento concreto dell'obiettivo.

Prof. Novielli: Ricordo male o in Look Back il primo manga di Fujino ha il titolo di una delle prime storie di Fujimoto stesso? Mi sembra che si sia autocitato.

Cristian P.: C''è un personaggio di Chainsaw-man che viene citato nelle opere di Fujino.

Alessandro F.: Anche in Chainsaw-man viene citato Goodbye, Eri. Queste meccaniche piacevano molto alla Gainax.

La seconda domanda è per la professoressa Maria Roberta Novielli:

Prima ha parlato della futura evoluzione di Fujimoto, non ho capito la sua idea. Pensa che passerà a qualche rivista seinen?

Prof. Novielli: A trent’anni non può crescere ancora sullo shonen. Spero che voglia fare anche altre sperimentazioni, come passare alla macchina da presa: il mediamix giapponese ora apre le porte a realtà variegate. L’unico genere in cui non lo vedo è il videogame, ma penso che negli altri sarebbe strepitoso.

Alessandro F.: Abbiamo visto come un mangaka famoso si è cimentato per la prima volta alla regia di un film con The First Slam DunkTakehiko Inoue è stato eccezionale. Siamo in un momento storico in cui i target sono molto relativi, legati al mondo giapponese delle riviste. A noi italiani poco importa, dovremmo concentrarci sulla storia e cosa vuole dire l’autore. Il tipo di shonen che lui fa è poi una sua reinterpretazione.

Cristian P.: Non fa testo dove pubblicherà. Lui fa fumetto alla sua maniera indipendentemente dal target della rivista. Anzi, si diverte a destrutturare e rimaneggiare il suo pubblico.

Alessandro F.: Mi viene in mente Don Bluth, lui era un animatore disneyano che alla Disney non faceva minimante film secondo gli standard. La sua visione porterà Fujimoto a fare molte evoluzioni. Lo vedo bene dietro la macchina da presa e forse ci sta già pensando.
 

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La terza domanda riprende il discorso sulle storie lunghe e brevi di Fujimoto:

Prima si parlava di short stories e serie lunghe: l’aspetto cinematografico nelle one-shot secondo me si nota di più soprattutto in quelle più lunghe come Goodbye, EriLook Back. Ma nelle serie lunghe e quelle molto brevi non emerge così tanto. Cosa ne pensate voi?

Alessandro F.: La serie lunga è più diluita ma è innegabile che ci siano delle scene apertamente cinematografiche. Anche l’anime ha ricalcato l'aspetto cinematografico ma è stato molto criticato. Goodbye, Eri poi parla esattamente di questo, quindi è una citazione dall’inizio alla fine. È una meta-narrazione.

Prof. Novielli: Ricordiamoci la differenza abissale tra lungo e cortometraggio. Il corto non ha quasi uno sviluppo, non ne ha il tempo. Quindi, sul breve, Fujimoto, è costretto inconsciamente a riversarvi il linguaggio cinematografico. Nel lungo invece si diverte a ribaltarlo.

Alessandro F.: Lui decostruisce. Un parolone degno del Salone del Libro.

L'ultima domanda arriva a pochi minuti dalla fine e si rivela una voragine tematica su cui si potrebbe stare a discutere per ore:

Ci sono dei sottogeneri del cinema a cui Fujimoto prende ispirazione? Ad esempio in Chainsaw-man ho notato dei momenti che sembrano ripresi da Sonatine (Film di Takeshi Kitano del 1993quando la narrazione rallenta e si focalizza sulla psicologia di personaggi. Non si capisce bene quanto tempo passa ma si vive intensamente. In altre scene, per la sporcizia dei tagli ad esempio, ho visto molto Tetsuo: The iron man (film horror del 1989 di Shin'ya Tsukamoto), come la sequenza di trasformazione e deformazione del corpo. Ci sono ispirazioni dichiaratamente influenti?

Prof. Novielli: Ora ci fermiamo io e lui a parlare per otto ore. Certo! Poi Tetsuo è anche icona di un messaggio adolescenziale: prendi ad esempio Look Back, in cui abbiamo il passaggio da una scuola all’altra, o l’estate che è un periodo di sospensione. Ci vedo anche anche Battle Royale, Audition di Miike, e non finiamo qui…

Cristian P.: Ci vedo anche The Evil Dead 2 e L'armata delle tenebre****, Il gemello occidentale di Tetsuo. È un'opera horror che ha influenzato anche Junji Itō e il body horror.

E così finisce il corposo panel su uno dei mangaka del momento.

Note:
*Elemento narrativo assolutamente imprevedibile capace di cambiare radicalmente le sorti di una situazione o di una vita. Un effetto del "cosa sarebbe successo se...".
**Regola registica secondo la quale, una volta stabilita la linea dell'azione, è necessario decidere da quale lato della linea posizionare ogni successiva configurazione della videocamera in modo tale da creare coerenza ed evitare "scavalcamenti di campo".
***Regista giapponese di live-action. Con Fujimoto condivide il gusto per la violenza e il bizzarro, ma rimane molto attento alle questioni drammatiche, umane e familiari.
****Due pietre miliari del genere horror create dal regista americano Sam Raimi con Bruce Campbell nei panni del personaggio principale. In "L'armate delle tenebre", il protagonista, nemmeno a dirlo, ha una motosega al posto di un braccio.


Fonti consultate:
Randy Finch (2012) in Animation Obsessive (2021);
Marco dalla Gassa e Dario Tomasi (2010), Il cinema dell'Estremo Oriente. Cina, Corea del Sud, Giappone, Hong Kong, Taiwan dagli anni Ottanta a oggi