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Grappler Baki, questo il titolo dell’opera diretta da <i>Hitoshi Nanba</i> e ideata da <i>Keisuke Itagaki</i> che andrò ad analizzare.
A questo brand, nato nel 1991, appartengono tre serie manga: oltre appunto alla prima serie omonima, ci sono poi “New Grappler Baki” del 1999 e “Hanma Baki” del 2005, quest’ultima ancora in corso di pubblicazione in patria. Come trasposizioni animate, contiamo: un OAV dal titolo “Ultimate Fighter” del 1998, e le due successive serie “Baki The Grappler” e “Maximum Tournement (Seidai Tournement Hen)”, queste ultime, entrambe prodotte nell’anno 2001. Seppur abbastanza articolato, l’universo Baki è poco famoso nel nostro paese e, a differenza di Inghilterra ed Australia, risulta ancora inedito in tutte le sue forme e derivazioni.
Ciò che mi appresto a recensire è la prima serie animata, la parte di saga in cui lo spettatore fa la conoscenza del mondo violento e ai limiti del disumano in cui i vari personaggi si muoveranno, per un crescendo di rabbia ed emozioni al cardiopalma.

Protagonista indiscusso della storia è <i>Baki Hanma</i>, ragazzino di tredici anni, dall’indole aggressiva e dal passato pieno di interrogativi. Baki vive da solo in una casa fatiscente, egli è bersaglio continuo delle calunnie delle bande del suo quartiere, che vorrebbero vederlo morto a causa dei ripetuti pestaggi a cui spesso questi vengono sottoposti. Baki è un teppista, un amante delle risse, un letale lottatore figlio della strada. Sì, “figlio della strada”, dato che sua madre lo ha lasciato al suo destino di scontri e battaglie, nella speranza che si accenda in lui quella scintilla di demoniaca follia, degna di suo padre: <i>Yujiro Hanma</i>, figura avvolta in un tenebroso mistero.

Nel percorso che lo porterà faccia a faccia con il suo passato, Baki forgerà il suo spirito di guerriero nel sangue, fronteggiando i lottatori più forti ed esperti delle più disparate arti di combattimento. L’obiettivo di Baki è quello di diventare il grappler - ossia, colui che padroneggia diversi stili di lotta - migliore del mondo, di diventare semplicemente invincibile.
I vari personaggi che si frapporranno tra Baki e il suo destino saranno molteplici, tutte personalità spiccate e temibili, ma pochi saranno quelli che si faranno veramente ricordare. Una delle varie pecche di questo anime è quella della quasi totale assenza di approfondimento dei personaggi secondari; tranne in un paio di eccezioni, gli sconfitti da Baki si ritireranno nel dimenticatoio e faranno poche altre apparizioni degne di rilievo.

L’anime di Baki è come un picchiaduro d’altri tempi, in cui il protagonista inanella una serie di vittorie, più o meno difficoltose, prima di giungere al boss finale, con la differenza che quell’ultimo scontro pare non arrivare mai. Nel suo lungo percorso, però, Baki non sarà solo impegnato in addestramenti disumani e in combattimenti mortali, ma troveranno spazio anche tematiche più personali, sentimentali e legate alla sfera affettiva e familiare, il che restituisce all’opera un clima di apparente quotidianità. E’ tutta apparenza, come detto, perché questi momenti di riflessione e rapporti umani durano poco, giusto il tempo di una pausa tra un incontro e l’altro e, come se non bastasse, questi momenti vanno addirittura a nuocere sul climax dell’episodio, essendo mal gestiti e mal posizionati.

Insomma, sono molte le lacune che presenta questa serie animata, forse troppe rispetto ai lati positivi che, però, sono talmente elettrizzanti che mascherano bene gli appena menzionati limiti contenutistici.
Tra i punti a favore di quest’opera vanno di certo annoverate le fantastiche animazioni, i disegni dallo stile marcato e le musiche ficcanti, nonché le svariate citazioni a nomi reali della lotta giapponese; componenti che conferiscono al progetto un resa finale più che sufficiente.
Grappler Baki è un titolo obbligato per gli amanti delle serie di combattimento, astinenza consigliata a chi è in cerca di un capolavoro di completezza.
Voto 7, nel suo genere è da tenere in seria considerazione.