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Sottovalutai tremendamente "Kamisama Dolls" a causa della poca fama che si era fatto e per lo scoraggiante voto nelle classifiche annuali di diversi portali legati all'animazione giapponese, probabilmente svalutato e sbattuto vicino a grandi opere quali "Ben-to" e "Freezing" a causa di un fandom che, vedendo l'anime catalogato come "azione/drammatico", si aspettava forse un carismatico leader che guida un'armata di demoni verso epiche battaglie, mirabolanti avventure fra linee temporali che lasciano ogni episodio lo spettatore senza fiato, qualche vago riferimento shounen-ai per scrivere delle fanfict (cosa che va di moda nelle ultime opere) o una serie costruita ad hoc solo per far commuovere lo spettatore. Fandom deluso dal fatto che nessuno di questi elementi fosse presente all'interno della serie e che il protagonista non combatte per tutti gli episodi, criticandola poiché troppo prolissa viste la poca quantità di combattimenti presenti e la possibilità di riassumere grossomodo gli eventi in circa 3-4 episodi. L'errore più grande che si può commettere visionando "Kamisama Dolls" è appunto la possibilità di confondere l'analisi dei rapporti fra i personaggi e delle loro caratteristiche con delle semplici gag utilizzate per allungare il brodo e fare cassa.
Solo l'opening e l'ending di Chiaki Ishikawa sono riuscite a convincermi a dargli una possibilità.
"Kamisama Dolls" non è quindi uno shounen, non è uno strappalacrime, e nemmeno un seinen psicologico (dato che osservando qualche screen potrebbe ricondurre vagamente a "Narutaru"), ma un anime sentimentale, modestamente profondo e senza troppe pretese, che si concentra sulla presentazione della trama, dei personaggi e del rapporto che hanno con il villaggio; probabile quindi una seconda serie concentrata sugli scontri.

Un piccolo villaggio immerso nella natura tramanda da generazioni un misterioso potere: delle bambole chiamate "Dei" in grado di sprigionare un enorme potere possono essere controllate dagli umani connettendoli all'animo di un individuo, prescelto al loro controllo dal villaggio, scelto in base a una pura discriminazione genealogica che ne fa un luogo pieno di disagi e contrasti fra le varie famiglie, ricordando quasi un piccolo feudo indipendente che non ha risentito del progresso tecnologico e culturale. Questi individui sono chiamati Seki e rappresentano uno dei ranghi più alti della gerarchia del villaggio. Il protagonista, un seki, decide però di andarsene dal villaggio e di tagliare ogni legame con esso, spaventato dal potere che queste bambole possono sprigionare e dal proprio animo ormai ricco di odio, temendo la reazione del Dio, a causa dei disagi che il comportamento barbaro e antico del villaggio ha portato a lui e alle persone a cui era legato. La bambola viene quindi affidata alla sua sorellina, Utao, bambina costretta a sostituire il fratello come seki e incaricata al completamento di una missione decisamente pericolosa: catturare Aki, un assassino precedente amico del protagonista che ha sterminato innumerevoli membri del villaggio ed è fuggito di prigione. La situazione corrente finisce inevitabile per coinvolgere nuovamente il fratello di Utao, accorgendosi che il villaggio non permette a nessuno che sia nato lì di fuggire dalle proprie responsabilità, facendo diventare le aspirazioni del protagonista di farsi una nuova vita e di trovare un nuovo amore ardue a realizzarsi.

Da questo punto sono presenti alcuni spoiler!
Un punto a favore di questa serie va a mio parere ai personaggi. Anche se a prima vista possono sembrare ordinari e già visti, con l'aumentare degli episodi ci si accorge di come siano diversi rispetto a quelli che solitamente si incontrano: un protagonista che originariamente era il più forte e che non vuole più utilizzare le proprie capacità, fuggendo dal proprio passato e dai propri sentimenti; un falso antagonista arrogante e sicuro di sé che in realtà ha delle capacità di combattimento nella media e che mantiene un tale atteggiamento per l'isolamento a cui è stato sottoposto; una sorella definibile "loli" particolarmente emotiva e impacciata, che si sforza di apparire forte e sicura di sé agli occhi degli altri, personaggio che stranamente non ho trovato irritante; a differenza di diverse altre serie mi è sembrato che fosse nella scena per essere una bambina sul campo di battaglia, e non una loli messa tanto per far vedere qualche mutandina come nella stragrande maggioranza delle serie recenti.

Potrei dilungarmi analizzando episodio per episodio "Kamisama Dolls" per smentire la diceria degli episodi pompati in modo da mostrare che al contrario 13 episodi non potevano calzare meglio che così, per quanto sia vera la presenza di alcune scene ironiche o gag, ma come si sa è un elemento presente in qualsiasi anime, per alcuni un flagello e per altri un'occasione per rendere la visione più scorrevole, dove solo alcuni seinen psicologici non ne sono colpiti.

Ho parlato fin troppo bene di quest'anime per dargli un 8, uno dei voti più alti che in genere do a una serie, ma bisogna ammettere che la serie ha una grandissima emotività dei personaggi. Per quanto ciò sia giustificabile con quelli più piccoli, può risultare ridicolo vedere scontri fra una ragazzina e tutti i principali Seki del villaggio per il solo fatto che lei è gelosa e si sente ignorata. Posso capire quindi se i puristi dello shounen si siano messi le mani dei capelli scoprendo che gli unici scontri presenti sono fra "alleati" un po' troppo sensibili.