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Originalità non fa necessariamente rima con qualità e la serie qui recensita ne è la prova lampante. Nato come sequel del fortunato Bakemonogatari, Nisemonogatari perde per la strada quasi tutti i pregi del suo predecessore e ne inasprisce i difetti.
Pur con le sue imperfezioni, Bakemonogatari aveva indubbie peculiarità che gli hanno permesso di distinguersi. Parlo innanzitutto dell'ormai inconfondibile regia di Akiyuki Shinbou (Mahou Shoujo Madoka Magica, Maria Holic), della grafica sperimentale e delle quantomeno bislacche interazioni fra il protagonista e le sue comprimarie. Certo, gli elementi citati poc'anzi li ritroviamo anche in Nisemonogatari, ma non sono supportati da una trama degna di nota - ammesso che di trama si possa parlare. Essenzialmente ciò che rende questa serie tanto scadente rispetto al suo prequel è la scellerata scelta di lasciare nell'ombra gli elementi soprannaturali dedicando di contro ampio spazio a quelli ecchi.
Sin dal primo episodio, Nisemonogatari dimostra di aver ben poco da dire. Come il prequel, la serie è tratta dai racconti di Nishio Ishin ed è caratterizzata da due archi narrativi dedicati ognuno a una sorella del giovane Koyomi, le cosiddette 'Fire Sisters'. Le vicende dovrebbero ruotare attorno alle due fanciulle, tuttavia pur essendo queste ultime il motore delle azioni, rimane in ogni caso Koyomi il protagonista indiscusso.
Tutto inizia quando in città giunge un truffatore di nome Kaiki, che sembra essere una vecchia conoscenza di Hitagi. Reputo superfluo svelare altro della trama in quanto, come ho già accennato, le circostanze soprannaturali sono soltanto un mero contorno.

Se la caratterizzazione camaleontica di Koyomi poteva ancora risultare soddisfacente in Bakemonogatari, qui inizia a stancare. E neppure la bravura del suo doppiatore riesce a rendere degno di interesse questo personaggio così affettato e anonimo, il cui peggior difetto sta nel non avere una personalità definita. L'unica certezza sul suo conto è la sua incapacità di tenere a bada le proprie pulsioni - in fin dei conti è il protagonista ideale per un harem e tanto basta. Volgendo lo sguardo verso le "amiche" di Koyomi, il panorama è piatto e avvilente, basta dire che ritroviamo le stesse eroine di Bakemonogatari ma meno vestite.
Persino l'ironica e irriverente Hitagi pare aver perduto il suo smalto, le sue battute non sono più così taglienti e spassose, e pare aver smarrito gran parte del suo carisma.

Nisemonogatari parla di nulla ma con stile, è un anime che bada solo all'estetica, che accontenta il pubblico maschile con fanciulle dal character design aggraziato e inquadrature ammiccanti, caratterizzato da estenuanti dialoghi, bizzarri sì, ma di certo non per questo profondi o portatori di un qualsiasi tipo di messaggio.
Graficamente osa molto meno del suo predecessore, eliminando, ad esempio, le numerose scritte su fondo monocolore, ma risulta gradevole grazie a giochi di luci e ombre che fanno più che degnamente la loro parte, alle architetture surreali delle abitazioni e alla regia come sempre poco convenzionale.

Dunque personaggi anodini e una trama assente. Allora, oltre alle apparenze accattivanti cosa rimane? Tanto fanservice e scene volgarissime. Non che il fanservice non fosse già presente nella prima serie, ma in questo sequel è eccessivo, molesto, seccante. Se il fulcro di Bakemonogatari erano gli assurdi dialoghi simili a pensieri disconnessi, quello di Nisemonogatari sono le scene ecchi.
Una cosa è certa, lo studio Shaft propone, ancora una volta, una serie creata su misura per gli adolescenti appassionati di anime e che pare avere tutte le carte in regola per riuscire a far parlare di sé; seguendo il noto principio "bene o male: l'importante è che se ne parli".
In ultima analisi Nisemonogatari si rivela curatissimo dal punto di vista grafico quanto vuoto dal punto di vista dei contenuti.