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E' inutile introdurre per filo e per segno "Sword Art Online" (da qui in poi SAO). Siamo in fondo dinnanzi a uno dei più recenti fenomeni mediatici che hanno saputo guadagnarsi una notorietà incredibile.

Le premesse sono alquanto allettanti: ci viene raccontata la storia di un ragazzo rimasto intrappolato in una realtà virtuale. I giocatori, senza possibilità di uscire dall'MMORPG Aincrad, dovranno riuscire a completare tutti i piani. Vige però una terribile regola: la morte nel gioco equivale alla fine anche della vita reale.
Sorge quindi spontanea una domanda: se la trama iniziale è allettante, se le musiche hanno venduto un bel po', se la grafica è curata dal rinomatissimo studio A-1 Pictures, come fa la media dei voti a non raggiunger nemmeno quota sette? La cosa che in realtà deve lasciare stupiti è che di questo sei rimarrebbero scandalizzati centinaia di fan sfegatati della serie. C'è una vera e propria folla di giovani adolescenti che idolatrano l'opera e la considerano modello da seguire e da imitare.

Ma cosa ha portato questa serie all'apice del successo? La risposta è una sola, purtroppo: sentimentalismo da fotoromanzo. Che si voglia tentare di negare o che lo si accolga come un'innovazione, l'elemento cardine di SAO questo è e questo rimane.
Il caro Kirito si avventurerà infatti tra i piani di Aincrad facendo strage di cuori. Ogni ragazza che lo incontrerà rimarrà affascinata dalla sua forza e dal suo lato dark. Ma il rubacuori vuole solo una cosa: riportare in vita una sua cara "amica" (e potrei mettere molte più virgolette). Il caso vuole però che d'improvviso il fanciullo cambierà life-style immergendosi nel rapporto con la vera e unica Kirito-girl. Dopo l'inizio della relazione tra i due saremo posti d'innanzi a una serie di episodi che rasentano il ridicolo. Purtroppo però le fanciulle che bramano romanticismo melenso e spicciolo sono rimaste ammaliate da questa love-story. Segue poi ad Aincrad una seconda saga, ma di questo ne riparliamo dopo.

La narrazione è, per i primi quattordici episodi, composta di cicli autoconclusivi da una a tre puntate. Ogni ciclo, come visto anche in "Bakemonogatari", introduce una fanciulla o ne evolve il rapporto. Schema classico da harem insomma.
La trama ha insomma uno svolgersi vuoto e si conclude con un espediente buttato lì proprio per tirare le somme il prima possibile. La grafica rimane per tutti gli episodi straordinaria e le musiche buone.
Ma allora che cos'è che porta SAO da un quattro a un sei che è quasi un sette? Semplice: il secondo arco narrativo. Infatti la seconda parte dell'opera, denominata Fairy Dance, si risparmia i tanti episodi autoconclusivi presentando una trama che si distende per il restante blocco di dieci episodi.
In questa seconda saga Kirito assumerà finalmente un comportamento del tutto coerente, mentre sarà affiancato da una nuova ragazza che, avendo molti più episodi per essere caratterizzata, sarà ben definita come Asuna. I combattimenti si faranno un po' meno fighi, ma in compenso saranno più contestualizzati e spesso più originali. Musiche e quant'altro restano quindi in linea con la prima season, fornendo una nuova narrazione abbastanza avvincente e eccelsamente animata.

Tirando le somme, come si può definire in poco SAO?
"Sword Art Online" è un anime dalla grafica ottima e dalle musiche piuttosto azzeccate. A una prima parte decisamente poco brillante segue un secondo tempo decisamente più degno del primo, che risolleva il voto da una grave insufficienza. Sarà dura per un navigato del settore riuscire a superare i primi quattordici episodi, mentre gli adolescenti in cerca di storie piene di pathos un po' spicciolo (ma non si può mica chiedere la luna ai tredicenni!) lo troveranno decisamente interessante.