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“Litchi Hikari Club”, manga di Usumaru Furuya, prende spunto da una produzione teatrale del Tokyo Gran Guignol alla quale l’autore assistette in gioventù e che, per chi non lo sapesse, è una produzione che mette in scena racconti horror, macabri e violenti. Il manga, riportando in auge la tradizione di questo teatro, la rimescola con la cultura pop giapponese, in un mix frenetico e disturbante.

Andiamo con ordine per descrivere i motivi per cui questo manga risulta incredibilmente forte (in senso positivo) e interessante da leggere, pur essendo così breve. La trama prende vita in una città fuligginosa e industriale, e in particolare in una sorta di fabbrica abbandonata dove alcuni adolescenti fondano appunto il cosiddetto "Hikari Club", il club della luce. In una città oscura, che rende le tavole del manga composte prevalentemente dal nero, questi ragazzi sono sul punto di coronare i propri sogni: da un lato, il costruire un automa umanoide che possa rapire belle ragazze; dall’altro, il sopraggiungere della definitiva consapevolezza di voler restare giovani e belli per sempre, in uno stile molto diverso da quello già usato in passato da Wilde.

I vari contrasti tra luce e ombra, tra età puberale ed età adulta, trovano il loro apice nella metafora che sta al centro dell’opera: il rifiuto di crescere, il rifiuto di veder corrotto il proprio corpo, con l’ovvia conseguenza del divenire un adulto. I membri dell’Hikari Club, in un crescendo di follia, identificano la giovinezza con la “luce”, e il crescere con “l’oscurità e la bruttezza” (iconica la scena iniziale della tortura alla loro stessa professoressa, che viene denudata e mostrata come “brutta” perché ha un corpo adulto e, probabilmente, corrotto).

La trama prende quindi il suo avvio con la nascita dell’automa, una specie di nuovo mostro di Frankenstein, il cui carburante è costituito dai Litchi. Scelta interessante questa, perché si ricollega a una famosa leggenda sulla figura di Yaang Kuei Fei, di cui si dice che avesse ottenuto l’eterna giovinezza cibandosi di questo frutto. Dopo primi tentativi andati male, l’automa rapisce la giovane (e bellissima) Kanon; anche questo nome è interessante, dal momento che in alcune religioni esso è l’incarnazione della compassione.
Già questa prima metà della trama è di per sè interessante: lo smarrimento della ragione, legato a un desiderio di mantenere il proprio status, viene tradotto nella nascita di un’organizzazione nazistoide che vorrebbe distruggere completamente il mondo degli adulti, ottenendo per sé il potere assoluto. Ognuno dei personaggi eccentrici che ci vengono presentati è la personificazione di un diverso sentimento represso che porta a una distorta visione strumentale della sessualità e della bellezza.

A dominare la scena, primo fra tutti, è Zera, il carismatico leader del gruppo che si perde, fin alle prime pagine, nel proprio delirio di onnipotenza e che, con discorsi melliflui e folli, convince gli altri membri delle proprie ragioni. Tra gli altri, una nota di merito vanno a Litchi (l’automa) e Kanon. Come personificazione della compassione, sarà proprio la bellissima ragazza a far nascere, in primis, i primi contrasti tra i membri del club, e poi a cercare di umanizzare il robot, insegnandogli i sentimenti. Oltre ad una fortissima e carismatica caratterizzazione dei personaggi, che colpisce lo spettatore, i punti forti dell’opera sono la messa in scena dell’umana follia in ogni sua manifestazione e la capacità con cui l’autore riesce a creare la giusta dose di suspense su quale sarà la sorte dei personaggi, fino al climax finale. Anche la metafora racchiusa nel finale è interessante: il confronto con l’automa Litchi rende chiaro come l’uomo, qui rappresentato dai membri del club, non sia altro che una macchina che viene sfruttata da qualcuno, come avviene in questo caso dal leader dell’Hikari.

A qualche anno di distanza è uscito, in due volumi, "Bokura no Hikari Club", un prequel della storia che mostra come il club è nato e come i suoi membri sono evoluti fino a diventare quelli incontrati nel manga principale.