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7.0/10
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"Winspector", del 1990, è una delle ultime serie live action giapponesi ad essere state trasmesse sulle reti televisive italiane. Narra le vicende di un'unità speciale della polizia giapponese, composta da due robot-androidi (Walter e Bickle) e da un umano (l'agente Ryuma Kagawa) che potenzia le proprie capacità indossando un'armatura che lo rende simile a un cyborg (prendendo il nome in codice "Fire"), e dei loro colleghi. Il genere quindi si può sì definire "fantascientifico", ma rispetto ad altre serie come "Megaloman" l'uso degli effetti speciali è più limitato, e l'aspetto robotico è calato in una realtà urbana simile a quella quotidiana e in un contesto poliziesco, similmente a quanto negli stessi anni avveniva con "Patlabor" nel campo dell'animazione.
La analogie con altre serie animate non si fermano qui: per Ryuma utilizzare l'armatura provoca una grande fatica fisica, e il suo uso prolungato lo metterebbe in serio pericolo di vita: un'evidente analogia con la trasformazione di Joji/George in "Tekkaman".
Le sceneggiature di alcuni episodi appaiono molto ingenue, anche per gli standard del 1990, ad esempio quando si dice che il costruttore di uno dei robot aveva volutamente scelto lo schema di un impianto elettronico meno perfetto di quello progettato inizialmente perché altrimenti il robot "non avrebbe avuto un cuore". Tuttavia, in altre puntate si sono toccati argomenti "sensibili", che potevano portare il pubblico giapponese a porsi delle domande: è il caso di una critica neanche tanto velata alla pena di morte, comunemente accettata in Giappone, quando Masaki, l'ufficiale di polizia a capo della squadra Winspector, si rallegra del fatto di aver risparmiato la vita a uno spietato criminale, o quando l'agente Fujino vive una situazione di pre-morte e i suoi amici e colleghi si disperano per lei.
Il finale dell'ultimo episodio rimane aperto per un'altra stagione, che non è stata realizzata.
"Winspector" è probabilmente, tra le serie "tokusatsu", una di quelle maggiormente interessanti e che hanno retto meglio il passaggio del tempo, anche perché ne è trascorso di meno dalla sua trasmissione.