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8.5/10
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Abbiamo mai fatto una promessa a noi stessi? Di certo sarà capitato a tutti. Promesse che possono riguardare sia quello che noi vorremmo fare in un determinato futuro ma anche segreti che ci hanno portato a nascondere parte di quello che non vogliamo far vedere nemmeno a noi stessi. Nell’opera chiamata “Kakushigoto” predomina questo tema della “promessa”, che si rivela essere il fulcro generatore dell’intera storia. Tratto dal manga di Koji Kumeta, la storia (ambientata in un quartiere di Tokyo chiamato Nakameguro) racconta le vicende del padre e della sua bambina dopo che essi hanno perduto la madre in un incidente. Nella loro relazione però è presente un fatto abbastanza insolito: il padre, per non rivelare la sua professione di mangaka, mente ogni giorno alla figlia mascherandosi da “padre perfetto”, in modo che essa possa crescere in un ambiente salubre. Questo perché il protagonista disegna manga di un “certo calibro” che parlano di situazioni sconce ed erotiche, un genere che potrebbe in fondo altamente turbare una bambina.

Nel complesso è un’opera che contrappone la comicità alla serietà, cercando di rendere meno monotone quelle vicende che riprendono la vita del protagonista, intento a svolgere le sue solite mansioni di padre e artista. Un espediente che inizialmente non parte bene, a causa di una presenza, troppo grossolana, di scene eccessivamente comiche, che però poi tendono a bilanciarsi con elementi drammatici e misteriosi, man mano che la serie ingrana. Il protagonista è alla fine una persona come tutte le altre, con i suoi difetti, i quali vengono messi in evidenza specialmente in quelle vicende che mettono in mostra il suo lavoro e i dialoghi che ha con i suoi colleghi. Il rapporto con questi è del tutto diverso; difatti non ha bisogno di nascondere quei sentimenti che cela ogniqualvolta cerca di mantenere il suo segreto di fronte alla figlia. Nelle varie scene, quindi, la comicità viene levigata da un certo senso di fatica e di preoccupazioni che il protagonista affronterà, pur di non rimanerne schiacciato.

Lo stile non è di certo canonico e riflette anch’esso la spensieratezza di quella vita normale che facciamo tutti i giorni. Minimalista ed essenziale, il disegno si presenta poco dettagliato nei volti e negli ambienti, con una presenza abbastanza minima di scene mozzafiato che rendono indimenticabili i luoghi rappresentati. Ciononostante il colore svolge un azione importante, cioè quella di comunicarci l’essenza dell’opera, presentandosi, quasi mai, né troppo acceso e né molto spento. Anche il colore ci vuole far entrare in un mondo comune, calmo, con un accenno insolito alla nostalgia. Oltretutto anche i giochi di ombre e luci si fanno valere molto in questa serie, rappresentando in pochi istanti quello che possiamo chiamare “la maschera dell’individuo”. Affrontare il dolore di una perdita e allo stesso tempo allevare una figlia senza farle mancare niente sia d’amore che di necessità è un’impresa ardua per una sola persona. La contrapposizione tra desiderio e necessità è inevitabilmente un altro tema fondamentale che si può scovare vedendo l’anime.

Apprezzo anche le musiche che si adattano sufficientemente al contesto. Azzeccata soprattutto nella sua musicalità e nelle parole l’opening dei Flumpool “Chiisana Hibi”, che parla del fatto di dover sempre cercare un modo per raggiungere i nostri desideri, nonostante le problematiche legate alle nostre scelte attuate nel passato.

Come considerazione finale, posso dire che “Kakushioto” sia un anime che riesce con efficacia a lasciare traccia nei nostri cuori delle tematiche trattate. Si poteva fare di meglio? Forse, ma almeno resta vivido il ricordo di aver convissuto, in qualche modo, con le problematiche “reali” di questi protagonisti, le quali possono assomigliare a quelle con cui noi stessi conviviamo nel nostro mondo.

Desideri, amori indissolubili, speranze in un futuro migliore, la felicità nell’essere vivi. Questo è quello che troveremo in “Kakushigoto”.