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Ci troviamo in un mondo e una dimensione diversa dalla nostra, catapultati dentro ad alcune delle più famose fiabe. Qui infatti l’universo è diviso in Story Zone, ovvero aree dove abitano e si muovono persone facenti parte di una determinata storia, sempre la stessa (c’è la zona Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Momotaro,…), e ogni persona che vive in quell’area assume un determinato ruolo, che può essere di comparsa, personaggio secondario, aiuto, sfondo, antagonista e, ovviamente, personaggio principale attorno alla cui vicenda ruota l’esistenza stessa della zona. Queste aree sono governate ognuna da un narratore di storie che assegna una parte definita e particolareggiata a chiunque. Infatti ogni abitante di questo mondo riceve alla nascita un libro, chiamato Libro Del Destino, leggibile solo al possessore dove viene raccontata e descritta nel dettaglio la propria vita sapendo esattamente tutto ciò che li aspetta. Aspettate… abbiamo detto chiunque?
Beh in verità no, perché il nostro protagonista, Ex, è un libro bianco (che sembra un po’ il fianco bianco di My little pony, ma vita natural durante), termine che indica coloro il cui tomo presenta solo pagine intonse. Non ha un fato e per questo viene tenuto a distanza anche dalla famiglia, scansato e nessuno sa come comportarsi, nemmeno lui stesso.
Tuttavia la risposta ai suoi dubbi giunge nella forma di altri tre giovani come lui, (l’ex principessa golosa Reina, il vivace e forte Tao e l’affettuosa e canzonatoria Shane) provenienti da diverse Story Zone, anch’essi con un libro del destino bianco. Essi si muovono nelle varie storie per trovare e sconfiggere i Chaos Teller, diaboliche creature nate dal desiderio di alcuni personaggi autoctoni e in grado di distorcere i libri del fato altrui, trasformando i personaggi in mostri, alterando lo story telling gravemente e provocando il collasso della storia e talvolta la sua distruzione. Solo coloro che non hanno un destino scritto possono combatterli, non subendone l’influenza malefica e potendo sincronizzarsi con i personaggi principali più adeguati per assumerne le sembianze, utilizzarne i poteri e combattere il nemico. Da qui partirà l’avventura di questo quartetto al salvataggio del mondo.

Devo dire che l’idea mi è piaciuta, sia perché apprezzo un anime ambientato nel mondo fiabesco, sia perché è sempre piacevole veder trasposto attraverso gli occhi di altri l’immagine e le vicende dei personaggi letti in tutto il mondo e conoscere la storia anche negli aspetti meno piacevoli per vederli affrontati in prima persona (alcune fiabe non finiscono solo nel modo lieto e zuccheroso che noi tutti conosciamo e alcuni protagonisti sono meno dolci o molto più bastonati dal rio fato di quanto ci sia giunto) scontrandosi con un’unica incrollabile e spesso iniqua verità, “The story must go on” non importa cosa si desideri. I nostri infatti dovranno affrontare fantasmi del passato, pregiudizi, paure, destini preconfezionati per un personaggio, ma non una persona, mutando prospettive e prendendo coscienza di essere dei reietti e al contempo degli eroi proprio in virtù della loro capacità di determinare sé stessi e il loro cammino, di decidere, muovendosi su binari che nessun’altro ha disegnato, liberi dalla prigione di un destino già scritto e che continua a ripetersi inesorabile, unici a poter portare nei mondi che visitano novità e imprevisto poiché, ovviamente, il loro arrivo non è mai annunciato dalla storia.

Lo stile grafico mi piace, lo trovo meno esagerato anche nelle proporzioni e più accattivante di altri prodotti dell’animazione orientale, che pure apprezzo. Le ambientazioni e i character design sono a tratti coloratissimi, a tratti piatti e sembrano spesso un’unione casuale ma non troppo personale, ma non in modo disarmonico. Salvo gusti personali non ci sono personaggi inutili, sebbene non sia raro che la storia cerchi quasi di giustificarci la presenza di Shane e Tao, spesso in modo affatto disprezzabile (del tipo, so che cosa stai facendo ma sono contento che stia accadendo perché volevo il focus su di loro) in quanto palesemente i due protagonisti veri sono Ex e Reina, soprattutto Ex.

E qui arriva il vero punto dolente. Tutta la storia decantata fin qui è un incipit interessante, talvolta con fortunati spunti, ma per nulla approfondita. I personaggi sono macchiettistici e molto spesso i pro sono stati più su ciò che volevo vedere e interpretavo che sull’effettiva trasmissione efficace dell’intenzione narrativa. Sin dall’inizio Ex è non solo il personaggio da cui noi prendiamo il via, ma è quello che ha da subito un potenziale superiore agli altri, che si sintonizza con il più ambito dei personaggi, che ha il segnalibro magico più raro, che viene sempre coinvolto ed è quello che, ultimo arrivato, decide cosa si fa. Certo è un tontolone imbranato anche se un fine osservatore coraggioso e trascinatore come piace negli ultimi tempi, ma è palese che i riflettori seguano lui e Reina, vera leader del gruppo, unica che può ripristinare, sconfitto il chaos teller, lo story telling e cancellare la sua venuta. Gli altri due sono più spalle, hanno i loro momenti di gloria ma più legati a esperienze di vita e desiderio di aiutare gli altri perché a loro volta conoscono bene quella solitudine e quei dolori. Nell’intenzione, immagino, ciò li farebbe risultare coloro che davvero vogliono portare del bene nel mondo, ma si rendono conto dell’iniquità di ciò che accade e di ciò che fanno sia i chaos teller che i narratori. Capiscono che il mondo scritto non è sempre bello, ma i metodi del nemico non tengono conto di altri che i propri desideri e devono essere fermati. Reina sembra farlo più per ripicca personale e rigidità di regola, pur talvolta scontrandosi anche lei con le dure conseguenze delle norme che difende. Tutto ciò che ho detto però è molto accennato, abbozzato e più immaginato che reso, in un “spiegheremo meglio più avanti” che non arriva mai.
È una prima stagione in cui capisci già dove si sta andando a parare, (ometto per non fare spoiler) che globalmente mi sarebbe potuta piacere in quanto, salvo rari casi, io non mi focalizzo mai troppo su aspetti tecnici ma sulle emozioni che un ‘opera e dei personaggi mi suscitano poiché credo sia l’aspetto principale assieme ad una buona sceneggiatura, purtroppo alcuni errori di caratterizzazione ed alcune asimmetrie troppo scontate, trite e telefonate disarmonizzano e fanno storcere la bocca in un epoca satura di cliché che potrebbero pure starci (Apuleio scriveva che ormai è stato scritto tutto ciò che di nuovo poteva essere inventato) ma vanno integrate e usate sapientemente, ma soprattutto personalizzati e camuffati un po'. Insomma, noi sappiamo che c’è la medicina nel budino, ma almeno mescolate in modo che non si senta troppo.