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Quando mi cimentai nella recensione di “Steel Ball Run”, ricordo molto bene la necessità che sentivo dentro di me di buttare giù qualche – parecchie, in realtà – riga sull’opera che avevo appena letto, per capire quale voto finale assegnargli. Il dubbio mi attanagliava, l’indecisione mi logorava dall’interno, il non sapere cominciava a produrre effetti negativi sulla mia psiche di per sé alquanto instabile – ovviamente, si scherza. Con mio grande stupore, posso dire che adesso mi trovo nella medesima situazione di qualche mese addietro. Questa volta, però, nell’approcciarmi alla recensione di “Jojolion” voglio intraprendere un cammino leggermente diverso: proporre sin da subito una valutazione, per poi analizzare il manga nella sua interezza e capire, soltanto alla fine, se ci ho preso o meno. Il voto che mi sento attualmente di dare a “Jojolion”, l’ottava serie del manga “Le Bizzarre Avventure di JoJo” di Hirohiko Araki pubblicata mensilmente e a capitoli da maggio 2011 ad agosto 2021 sulla rivista Ultra Jump di Shūeisha, è un onestissimo otto, dato nella convinzione che questa serie sia una spanna sotto al suo predecessore, ovvero “Steel Ball Run”.

Ci troviamo a Morio-Cho, una tranquilla città di mare, nel 2011. In seguito al "grande terremoto del Giappone orientale" sono spuntate dal sottosuolo, a un centinaio di metri dalle coste della città, delle guglie di terra denominate dagli abitanti "Wall Eyes". Con grande stupore di tutta la popolazione, queste muraglie preservano tutto ciò che l'uomo ha costruito, dalle autostrade alle abitazioni, mantenendole sulla loro superficie. Un giorno, una ragazza di nome Yasuho Hirose trova e soccorre un giovane mezzo sepolto dalla terra ai piedi di una di queste protrusioni, con indosso solo un cappello da marinaio. Il ragazzo è confuso e pare aver perso la memoria. Ha una voglia a forma di stella sulla spalla sinistra, circondata da quello che sembra essere un morso umano, ancora sanguinante. Chi è il giovane? Che ci fa lì senza vestiti né memoria? E qual è la natura del suo potere consistente in strane bolle che fuoriescono dalla sua voglia a forma di stella? Ha così inizio la più classica e folle delle avventure del sensei Araki.

Ambientando la storia in quel di Morio-Cho, cittadina già presente nella quarta serie de “Le Bizzarre Avventure di Jojo”, ovvero “Diamond is Unbreakable”, Araki gioca la partita di nome “Jojolion” in casa propria. Questa scelta, infatti, ha il merito di catturare i lettori e fan più accaniti della serie, che percepiscono, sin da subito, un’avvolgente e piacevole aria di casa. A corroborare questa sensazione si aggiunge la presenza di nomi e cognomi alquanto familiari, su tutti quelli di Jousuke Higashikata e Kira Yoshikage, due dei grandi protagonisti della quarta serie di “Jojo”. Personalmente, considerato il mio legame con “Diamond is Unbreakable”, quando ho letto questi nomi il mio cuore è esploso di gioia e nostalgia. Oltre a ciò, il manga è pieno zeppo di riferimenti, sparsi un po’ ovunque, alla serie precedente: “Steel Ball Run”. Non soltanto compaiono nomi, sia di persone che di luoghi – come la famigerata Mano del Demonio –, già sentiti e conosciuti, ma addirittura si fa riferimento ad eventi che hanno avuto luogo proprio nel capitolo precedente della saga, a cui pure sono molto legato e che reputo uno dei migliori in assoluto scritti dal sensei Araki. Così combinati, questi due fattori danno una grande spinta a “Jojolion” che, detto senza problemi, vive leggermente troppo dei fasti del passato. D’altronde, quando il presente è incerto e il futuro spaventa, i giorni andati sono un ottimo luogo in cui cercare rifugio.

Neanche a dirlo, il Jousuke Higashikata e il Kira Yoshikage che compaiono in questa serie sono completamente differenti dai protagonisti di “Diamond is Unbreakable”. Intorno a loro, il sensei Araki costruisce un roster di personaggi del tutto inedito e che, personalmente, ho trovato poco entusiasmante. A partire dal protagonista, che ho comunque apprezzato in una certa misura – anche se l’ho trovato privo di quel carisma che, per esempio, hanno Jotaro e J. Lo Zeppeli –, tutti i personaggi della storia sono leggermente fiacchi, privi di quel qualcosa che consenta loro di entrare nel cuore del lettore. Giunto alla fine del manga, infatti, mi duole ammettere di non sentirmi legato a nessun personaggio in particolare di “Jojolion” che, a dispetto delle serie precedenti, manca anche di un villain degno di questo nome. Su questo punto, però, voglio essere estremamente chiaro: lo Stand, preso singolarmente, lo considero oltremodo geniale, anche se parecchio sbroccato – tant’è che lo stesso Araki ha dovuto escogitare degli espedienti più bizzarri del solito per sconfiggerlo –, mentre ciò che critico è il villain in sé, inteso come mero personaggio, manchevole della caratura di un Dio Brando ma anche, banalmente, di un Padre Pucci. Da questo punto di vista, sono certo che il sensei potesse fare di meglio.

Per il resto, siamo davanti al solito “Jojo”. Combattimenti incredibili, mai come questa volta estremamente limpidi e piacevoli da leggere, per quanto non siano mancati alcuni bassi da parte del sensei Araki. D’altronde, nessuno è perfetto, neanche quest’uomo che sembra aver scoperto la chiave per l’eterna giovinezza. Poteri Stand geniali, come quello della Strada delle Estorsioni, il cui nome da solo dovrebbe bastare a mettervi addosso una curiosità sconfinata. Gare clandestine tra cervi volanti, per cui il sensei Araki dovrebbe chiedere un brevetto. Alleanze inedite ed inaspettate. Segreti e misteri da svelare. Spiegazioni intricate e, mi duole ammetterlo, talvolta anche poco efficaci, usate da Araki per dare una spiegazione a ciò che, nei fatti, una spiegazione non necessita di averla. Un finale in linea con il resto della serie, che lascia soddisfatti e appagati. Tutti elementi che, combinati assieme, fanno di “Jojolion” una lettura molto piacevole, che ho iniziato e terminato senza problemi nel giro di circa un mese, senza che capitasse mai quel giorno in cui mi dovevo costringere a leggere perché magari non ne avevo voglia.

Rispetto a tutte le altre, però, questa serie, incredibile a dirsi, mi ha spinto alla riflessione. Mi spiego meglio. “Le Bizzarre Avventure di Jojo” di Hirohiko Araki nasce come manga irriverente e sostanzialmente meme, che si prende molto poco sul serio. Per tale ragione, io non ho mai cercato in esso della filosofia, né mai mi sono sognato che potesse spingermi a considerazioni di chissà quale importanza. Ecco, questa volta è successo ciò che mai mi sarei aspettato. Suonerà strano, ma la condizione di Jousuke Higashikata, ragazzo che ha perduto la memoria ed è costantemente alla ricerca di sé stesso, mi ha portato a pormi questa domanda: “ma io chi sono veramente?”. E, in tutta onestà, una risposta non l’ho trovata, non ancora per lo meno.

Dunque, alla fine di tutto, resta un solo nodo da sciogliere, quello relativo alla valutazione finale. E, al netto di quanto scritto fin qui, credo proprio che il voto dato ad inizio recensione ben si adatti alla lettura di “Jojolion”.