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esseci

Episodi visti: 1/1 --- Voto 6,5
Attenzione: la recensione contiene spoiler

Se dobbiamo farci insegnare come si cerca la felicità da una IA...

Forse, a forza di vedere film e serie che sono uno specchio che riflette l’angoscia e la rovina esistenziale attuale (forse per la mia inclinazione ad apprezzare particolarmente questo tipo di opere), "Sing a Bit of Harmony" ("Ai no Utagoe o Kikasete" lett. "Let Me Hear You Sing of Love" ma traducibile come "Canta un po' di armonia") mi è sembrato come "una boccata d’aria fresca" e spensierata, offrendo una trama di una ormai rara e disarmante semplicità. Anche le rom-com scolastiche spesso oscillano tra la stupidità più fastidiosa e il meditabondo/drammatico più surreale ed estremo hanno spesso dimenticato come il mondo degli adolescenti non sia così contorto o stupido come l'hanno voluto dipingere.

Ed è proprio in questo contesto che si innesta questo film di animazione uscito in Giappone a ottobre 2021, scritto e diretto da Yasuhiro Yoshiura (già noto "Patema Inverted", "Pale cocoon" e "Time of EVE"), che sfrutta l'ambientazione di un possibile prossimo futuro con le IA in cui, invece di di proporre una trama cupa e le complessa per le questioni morali relative alle interazioni tra umani e robot, offre al pubblico una storia alla "vecchia maniera" dei cartoni animati con il solito scopo di incantare gli spettatori con temi "elementari" quali la ricerca della felicità, dell'amore e della vera amicizia attraverso anche la semplice armonia musicale e le immagini molto curate.

Di sicuro non mi è sembrato un film il cui tema principale sia tanto rappresentato dallo svisceramento dei rapporti tra esseri umani e IA quanto queste ultime siano considerate dagli adulti come uno "strumento" di cui liberamente disporre, al pari dei ragazzi e dei bambini che si devono uniformare alle disposizioni dei grandi per non creare disturbo o criticità al normale e pianificato corso degli eventi: in questo senso "Sing a bit of harmony" descrive anche le frustrazioni delle generazioni più giovani nei confronti del mondo adulto in tutte le sue espressioni.

E proprio su quest'ultimo aspetto che prima l'androide protagonista del film, Shion, e poi il gruppo di amici (Satomi, Toma, Gocchan, Aya e Thunder) che apprezzeranno man mano il suo candore ingenuo, esuberante e coinvolgente sulla ricerca della felicità, si ritroveranno uniti contro il "sistema" degli adulti per trasmettere un messaggio "puro" e positivo sulla fattibilità della convivenza serena e costruttiva tra IA e umani.

L'inizio del film mi aveva spiazzato: abbiamo una studentessa delle scuole superiori, Satomi, solitaria e ignorata dai suoi compagni di classe e da sua madre, una sviluppatrice di intelligenza artificiale. Un giorno, il progetto di sua madre, un'intelligenza artificiale androide di nome Shion, si unisce alla sua classe e tra canzoni (tipo musical di disneyana memoria) e situazioni surreali e piuttosto frivole si scopre che Shion ha una missione che sembra esulare da quella dell'esperimento: render felice Satomi. E se all'inizio sembra una "boutade" fiabesca e superficiale per bambini, durante lo svolgimento della trama si scopriranno le reali motivazioni sottese all'atteggiamento di Shion...

Per assurdo, tra tutti i personaggi di "Sing a Bit of Harmony", quello che sembra ricevere una certa introspezione e un development in tutto il film sembra proprio Shion: il suo percorso di autoapprendimento, capacità decisionale autonoma, ma anche di dimostrazione di quanto tenesse al gruppetto di quelli che poi diventeranno i suoi amici è apprezzabile e in un certo senso toccante. Shion, nella sua continua richiesta se Satomi fosse felice anche in situazioni in cui piangeva per la felicità la rendono una bambina che aspira a crescere, a capire ciò che la circonda oltre a valutare se la sua missione sia completa o meno... Poi passa ad elaborare situazioni ancora più complesse affinché anche i suoi amici siano felici e in questo senso è significativa la scena sul tetto della scuola sotto la pioggia in cui cantando riesce a favorire la dichiarazione di Aya nei confronti di Gocchan, oppure quando riesce a ricostruire in un parco fotovoltaico la scena di un cartone animato tanto amato da Satomi per creare l'atmosfera giusta per lei e Toma per dichiararsi...

Ma non mancano anche gli aspetti più comici e leggeri: al di là della sua "ingenuità" energica e spensierata di base, Shion sembra umana, ma è comunque un robot e quando va in tilt fa sorridere il modo in cui una parte dei suoi apparati esce in modo dal suo ventre disattivandosi e restando bloccata come un manichino.

L'IA fa paura? Forse no... ma...

In un mondo rappresentato come molto simile al nostro in cui le IA vengono utilizzate per pulire, coltivare e persino per praticare sport, resta comunque il disagio e il terrore di fondo che queste possano ribellarsi agli ordini degli umani e che possano costituire un pericolo per l'uomo.
E in questo senso va letta la retata della società che aveva progettato e realizzato il prototipo di Shion. Al di là della circostanza che c'erano anche trame e intrighi interni per penalizzare la madre di Satomi, "Sing a bit of harmony" sembra che voglia anche trasmettere il messaggio che l'IA come entità senziente possa realmente interagire con gli umani in modo costruttivo e, forse, paritario. Il finale, ovviamente positivo per tutti, trasmette la sensazione che in fondo sono gli umani ad avere problemi relazionali con l'IA e le sue sfaccettature, tanto da costringere Shiori a migrare dal corpo umanoide ad un satellite per nascondersi dalle brame dei tecnici che avevano interesse a limitarla e costringerla entro confini più ristretti a scopo di lucro.

In conclusione: "Sing a bit of harmony" è un film leggero, carino, orecchiabile e visivamente molto curato. Dove resta un po' troppo leggero e superficiale è a riguardo dei temi legati allo sviluppo dell IA e alle interazioni con gli umani. Tuttavia, pur non rappresentando una pietra miliare dell'animazione nel genere "cyberpunk", affronta il tutto con una leggerezza e positività un po' "fanciullesca" e "fiabesca" che costringe lo spettatore a tornare indietro negli anni e ritornare a vedere e valutare ciò che rappresenta qualcosa di ignoto come un'opportunità e non sempre e sistematicamente come un pericolo... insomma come affermava un famoso comico qualche anno fa "voglio tornar bambino" (G. Cirilli).

In fondo, ogni tanto sono necessari anche film come questo che rappresentano una sorta di ritorno ai sentimenti più semplici e puri in una realtà che poi, una volta cresciuti, tende a far dimenticare il gusto per questo tipo di sentimenti.