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scarlet nabi

Episodi visti: 11/11 --- Voto 7
Indagando sul rapporto tra Akechi e Kobayashi, ho trovato questo anime.
Alcune trovate tecniche mi sono piaciute molto, come per esempio usare dei teschi per rappresentare le persone (cattive) o mettere dei kanji al posto degli oggetti. Alcuni personaggi non sono male, anche se non proprio originali, come la professoressa lolita o la anatomopatologa un po' pazza, ma non mi sono piaciuti i riferimenti sessuali un po' troppo espliciti. La storia è un po' intricata, non sono sicura di averla capita bene, e riprende alcuni dei racconti più famosi del grande autore di gialli/mistery Ranpo Edogawa.


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Helena90

Episodi visti: 11/11 --- Voto 3
"Ranpo Kitan: Game of Laplace" è un anime del 2015 di soli undici episodi prodotto dallo studio Lerche e ispirato alle opere dello scrittore Ranpo Edogawa, pertanto rientra nel genere giallo.

La serie parte con il protagonista Kobayashi, un ragazzino delle medie che sembra una femmina, che viene incolpato dell'omicidio del professore il cui corpo è stato fatto a pezzi e riassemblato in maniera particolare. Ad occuparsi del caso sarà il detective Akechi, che lo risolverà rapidamente, cosa che desterà stupore nel nostro protagonista che, insieme all'inutile Hashiba, decide così di affiancare Akechi quale suo assistente per risolvere i casi, in quanto la sua vita da tredicenne è noiosa. Va beh...

Essendo un anime abbastanza breve, la serie si incentra essenzialmente su di un caso, quello di Venti Facce, che è l'ossessione di Akechi senpai. Tutta la serie infatti condurrà i protagonisti allo scontro finale con il solo e unico Venti Facce nella (abbastanza prevedibile in realtà) scoperta della sua vera identità in un episodio (nient'affatto) coinvolgente, in cui viene messa in mezzo la teoria del caos, il demone di Laplace appunto.
Purtroppo tutta questa parte, seppur partendo da un buon presupposto, risulta oltre che fin troppo irrealistica anche e soprattutto astratta e confusionaria, e non coinvolge in alcun modo lo spettatore. Ed è un peccato, perché è proprio il passaggio più importante di tutto l'anime.
Anche se non è male per Venti Facce e Akechi (nonostante la scelta sul finire un po' forzata), il finale sigla definitivamente l'odio provato per il protagonista, che ha una sorta di lieto fine assolutamente non in linea con l'intera serie e che porta lo spettatore, se possibile, ad odiarlo ancora di più. Verso la fine inoltre fanno anche intendere che ci potrebbe essere una seconda stagione, ma credo e spero vivamente che non sarà così.

La storia non è appassionante, con personaggi piattissimi e privi di raziocinio. Come se non bastasse, hanno inserito un personaggio odioso e volgarissimo come la Lucertola Nera, che, veramente, non ha alcun senso ai fini della trama.

Due sono le cose che salvo.
L'aspetto grafico: molto bello il chara design. Personalmente ho trovato carina e originale l'idea di utilizzare dei manichini per i personaggi secondari... poi non so se è un modo per ovviare al basso budget!
L'ending: veramente bella, tra le migliori del 2015! L'opening invece è bocciata senza pietà.
Dispiace per personaggi come Akechi e Venti Facce, che tutto sommato non erano male.


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Frappèall'insalata

Episodi visti: 11/11 --- Voto 3
Mi aspettavo tante cose da quest'anime, ma dal secondo episodio in poi è stato come ricevere in continuazione dei pugni in faccia. Dopo un primo episodio interessante sono iniziate a comparire assurdità indescrivibili.

Partiamo dai personaggi. Il protagonista, Kobayashi, è un ragazzino fuori di testa con seri problemi a trovare cose interessanti che non siano cadaveri, pluriomicidi o grassoni in cerca di amore. Ufficialmente sembrerebbe essere un maschio, ma fino alla fine ci sono state molte situazioni che hanno fatto sospettare il contrario, tant'è che rimango ancora nel dubbio. Non parliamo poi di Hashiba, il personaggio più inutile della storia dopo la Lucertola Nera, che ha l'unico scopo di farti sospettare del sesso di Kobayashi. Akechi è una delle poche persone, insieme a Kagami, ad essere abbastanza degno di nota, anche se spesso dà l'impressione di essere un drogato che assume per via orale la roba. Gli altri personaggi non hanno un ruolo importante all'interno dell'anime e non fanno altro che tapparsi le orecchie a forza di ascoltare le idiozie della gente che viene arrestata.

La grafica diversa dal solito rovina ancora di più quel poco di buono che era rimasto. I siparietti che spuntano in tutte le puntate quando viene risolto un caso era meglio non metterli.

Insomma, è bello da vedere solo per chi adora scrivere recensioni negative. Non si sa se ridere o piangere dopo aver visto questa serie. Il voto finale è 3. Assolutamente inguardabile.


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Eversor

Episodi visti: 11/11 --- Voto 4
Solitamente Noitamina mi aveva sempre mostrato degli anime interessanti, capaci di coinvolgere e appassionare. Questa volta, però, devo ammettere che con "Rampo Kitan: Game of Laplace" abbia ottenuto essenzialmente un fallimento. Un anime di undici episodi, uscito nella stagione estiva 2015, e classificabile come una serie a sfondo giallo, che cerca di unire la commedia scolastica a un thriller poliziesco ricco di mistero. Beh... obiettivo fallito, a quanto pare.

Una storia, se così possiamo chiamarla, che si articola con angosciante lentezza, incominciando in modo accattivante, ma affondando già dopo la seconda puntata. Kobayashi è il protagonista, un ragazzo dai tratti androgini che si sveglia improvvisamente nella sua stessa classe. E' completamente vuota, tranne una strana scultura posta dietro la cattedra. Una statua macabra, composta con i pezzi smembrati del suo precedente professore. In mano, Kobayashi, sta impugnando una sega. Insomma, tutto sembra far pensare che il povero ragazzo sia il colpevole. Arriva la polizia, e con essa anche Akechi, un detective speciale (ancora liceale) che possiede un intuito particolare. Insieme risolveranno il caso, sollevando così Kobayashi da ogni sospetto. Successivamente, però, il giovane protagonista deciderà di unirsi ad Akechi per risolvere altri possibili misteri, seguito ovviamente dal suo fido amico Hashiba. Verranno così coinvolti in un incredibile serie di casi e omicidi, ignari di star seguendo la strada segnata dal fato. Verso cosa? Chissà.

Inizio la mia critica dalla struttura stessa dei protagonisti, inevitabilmente inesistente. Non solo appaiono assolutamente irrealistici, ma anche poco accattivanti. Kobayashi, nonostante frequenti soltanto le medie, mostra una personalità assolutamente particolare. Si diverte nell'osservare corpi maciullati, e vede questa situazione come un gioco. Insomma, normalmente sarebbe da manicomio.
Akechi, invece, è il classico personaggio capace di risolvere ogni cosa in un battito di ciglia. Con lui non c'è neanche la soddisfazione di poter trovare il colpevole da soli. Tanto si sa tutto fin dall'inizio. Un errore madornale per un anime che, in fin dei conti, dovrebbe essere un giallo. Dall'altra parte, invece, si trova l'onnipresente Hashiba, il cui unico merito, di fatto, è quello di essere presente... e di avere un'infatuazione per Kobayashi. Un carattere molle e debole, che non riuscirà mai a influenzare gli andamenti dell'anime.
Insomma, per quanto riguarda la caratura dei personaggi, direi proprio che non c'è stato alcuno sforzo per riuscire a farceli piacere. E nemmeno la storia, a dire il vero, mostra una trama poi così complessa. Casi semplici e apparentemente disarticolati, privi di fascino, se non per una certa perversione intrinseca. Nessuno riesce a commuovere fino in fondo, nonostante ci siano morti pressoché a ogni puntata. L'unico, forse, ad aver smosso il mio freddo cuore di spettatore è stato l'episodio numero 5: "Il Bruco". Se li avessero fatte tutte così, allora il discorso sarebbe stato senza dubbio differente...

La grafica è piuttosto strana. Colori molto altisonanti, un gioco di contrasti che dovrebbe suscitare emozioni contrastanti. La gestione dello spazio e del tempo è abbastanza libera, e le molteplici interruzioni, create apposta per alleggerire la tensione, non fanno altro che stonare rispetto al contesto generale.
I disegni sono mediocri, e non posso dire di aver apprezzato fino in fondo la realizzazione dei personaggi, fin troppo infantili e stereotipati. Buono il doppiaggio, mentre la regia avrebbe potuto sicuramente svolgere un lavoro migliore.

Al termine della serie, quando ho dovuto tirare le considerazioni finali, mi sono trovato di fronte a un'opera assolutamente inadatta. Le undici puntate hanno annoiato moltissimo e ci è voluto uno sforzo inaudito per completarla. L'ultima fase è stata un pochino più emozionante, ma credo che sia stato fin troppo tardi per cercare di ritornare sui binari giusti. La teoria del caos? Formule matematiche straordinariamente complicate? Forse era meglio rimanere al tempo in cui, per uccidere, bastava qualche tranello, seppur complesso.

Voto finale: 4


 4
selene90

Episodi visti: 11/11 --- Voto 4
"Ranpo Kitan" è un anime davvero difficile da recensire. Non perché sia troppo complesso a livello di trama o di psicologia dei personaggi, al contrario, perché non si capisce se sia un'opera da prendere sul serio o meno.

La trama gira attorno a Kobayashi, un giovanissimo ragazzo (maschio?) che, svegliatosi in una classe in cui è appena avvenuto un omicidio, con l'arma del delitto in mano, è ritenuto il sospettato numero uno. Vi aspettate che vada nel panico? Magari! No, lui si diverte, ha trovato qualcosa di divertente da fare, nella sua vita incredibilmente noiosa, cioè dimostrare la propria innocenza e trovare il vero killer e il movente. Da qui in poi, dato che l'avventura non gli è bastata, Kobayashi diventa l'assistente del giovane e talentuoso Akechi, un ragazzo che collabora con la polizia per risolvere i casi più complessi.

Di anime gialli/thriller ne ho visti diversi ed ero già pronta a considerare la presenza di quindicenni o diciassettenne capaci di ragionare come adulti; ero pronta anche a tenere in considerazione qualche falla nella trama o nei ragionamenti, ma di sicuro sono rimasta totalmente spiazzata dal prodotto finale. "Ranpo kitan" non è altro che un continuo susseguirsi di fallimenti, falle, ragionamenti sconclusionati e casi inverosimili. A cominciare dal primo, che viene risolto con un ragionamento che persino io, dieci anni fa, avrei saputo criticare.
Tutto sommato, mi son detta che, se i primi episodi autoconclusivi erano stati una totale frana, forse l'opera sarebbe potuta migliorare con la comparsa del vero e proprio antagonista: Venti Facce. Niente di più sbagliato. Non soltanto l'entrata in gioco di altri personaggi ha reso il tutto ancora più squallido, vista la loro totale inutilità o inverosimiglianza, ma anche la storia che circonda Venti Facce, e che poteva essere l'unico buono spunto di tutta l'opera, cade miseramente nell'oblio dopo pochi passaggi.
Personaggi senza emozioni (ah no, ricordiamo che Kobayashi si diverte a trovare cadaveri, bombe legate ai suoi amici, bambine rapite o stuprate...), trama fallimentare e casi pessimi, con moventi pessimi, killer pessimi e spiegazioni pessime.

Insomma, non riesco a salvare niente, neanche la sigla, che stona totalmente con le scene che la precedono e la seguono. Non parliamo di animazione e comparto tecnico: far vedere personaggi secondari come semplici sagome grigie mi stava già di per sé innervosendo, se si unisce il fatto che a diventare semplici sagome sono anche quelli che poi potrebbero rivelarsi i killer...
In conclusione, "Venti Facce" poteva essere l'unica cosa decente in un mare di cliché e fallimenti, con la sua idea di Giustizia che ricalca vagamente quella di V, in "V per vendetta".
Assolutamente non consigliato.


 5
NickyFlowers

Episodi visti: 11/11 --- Voto 4
"Ranpo Kitan: Game of Laplace", un anime sui misteri da risolvere, in cui il mistero più grande è se quest'opera voglia essere presa sul serio oppure no. Fin troppe volte mi è balenato in testa questo dubbio, a cui anche adesso che ho terminato la visione non ho trovato soluzione.

Tutto inizia quando Kobayashi, uno studente delle medie (aspetta, davvero quella è un maschio?), si ritrova nel bel mezzo di una scena del crimine con l'arma del delitto in mano. Arriva la polizia a tentare di risolvere il caso di omicidio assieme allo studente prodigio Akechi, che collabora alle indagini. Kobayashi non rimane scioccato dal fatto che sia accusato di omicidio come farebbero tutte le persone normali, anzi ne rimane affascinato, tanto che deciderà di assistere Akechi per la soluzione del caso.

Ebbene, la trama non è così malvagia. Il genere che vuole trattare, il giallo, è uno dei miei preferiti. Perfino il titolo promette qualcosa di interessante, citando lo scrittore di gialli Ranpo Edogawa e il matematico Pierre Simon Laplace. Questi sono stati i tre fattori che mi hanno convinto a dare credito a quest'anime; peccato che tutti e tre i fattori vadano scemando sempre di più col procedere della visione. E' questo il problema maggiore di "Ranpo Kitan: Game of Laplace": non mantiene le promesse iniziali.

I casi da risolvere, se all'inizio possono risultare interessanti, quando si giunge alla loro soluzione viene il dubbio se farci sopra una grande risata o un grosso facepalm, vista l'inverosimiglianza. Inverosimiglianza che si trova anche nell'atteggiamento dei personaggi, a partire dallo stesso Kobayashi, che anche quando viene rapito o è in procinto di morire pensa soltanto a dire quanto si stia divertendo (?).

A questo punto parliamo dei personaggi: ce ne fosse uno con un minimo di buonsenso. I protagonisti non riescono ad avere il carisma necessario per far sì che lo spettatore si affezioni a loro. Sono fin troppo finti, non presentano mai delle reazioni umane: hanno la stessa personalità di una sedia (visto che siamo in tema), senza offesa per le sedie. Di Kobayashi già ho parlato abbastanza. Del suo amico non importa a nessuno: è così inutile che non mi ricordo neanche il suo nome. Akechi, invece, sembra essere il vero protagonista della storia e tenta in qualche modo di essere interessante, ma fallisce sempre e comunque. I personaggi di contorno sono solo fastidiosi, a partire dalla dottoressa che si occupa delle autopsie, che vuole essere stravagante assieme al suo fantoccio/Baymax, ma che in verità risulta essere un pugno in un occhio. Segue a ruota la Lucertola Nera, di cui non si vede l'utilità, se non quella di far vomitare allo spettatore persino l'anima. Gli unici che mi sento di salvare sono l'ispettore Kagami, il quale è protagonista dell'unica puntata veramente bella della serie, assieme al personaggio di Venti Facce, un tizio affetto dalla "sindrome di Light Yagami" attorno al quale si muovono tutti i casi da risolvere.

L'ultimo personaggio citato, in particolare, introduce una tematica che se sviluppata nel modo giusto poteva essere davvero bella e accattivante. La tematica della leggenda metropolitana, di come possa radicarsi velocemente nella mente delle persone e di come i media siano capaci di incrementarne il processo di diffusione risulta essere molto avvincente, tanto che mi ha ricordato per certi aspetti la serie di "Paranoia Agent", sebbene quest'ultima sia di tutt'altro livello. Peccato che questa tematica venga ridotta a un'equazione definita "teoria del caos" e ad una serie di 'spiegoni' da parte di Akechi e di Venti Facce da cui lo spettatore esce solo confuso, cosa che rappresenta l'errore più grande, soprattutto in un giallo.

Neanche il comparto tecnico è riuscito a rendere la visione più piacevole: lo Studio Lerche, che conoscevo solo per anime dalla qualità discutibile come "Danganronpa", offre delle animazioni piuttosto scarse e dei disegni che personalmente non mi fanno impazzire. Hanno voluto adottare la tecnica del rappresentare le comparse come se fossero delle semplici sagome: tale tecnica non mi dispiacerebbe, se non fosse che in certe scene i protagonisti parlano con queste sagome per minuti (a questo punto disegnare due occhi, un naso e una bocca non faceva male a nessuno). Le OST, ad eccezione di una, sono tutte dimenticabili. L'ending risulta essere molto carina, forse pure più carina di tutto l'anime in sé. L'opening, invece, mi ha affascinata non tanto per la musica, ma per le sequenze animate che vi sono sopra: vengono fatti vedere tutti i personaggi prima diciamo in "modalità normale", poi con la maschera di Venti Facce, come se si volesse dire che tutti noi siamo Venti Facce e, anche se spesso lo mascheriamo, noi vogliamo avere la nostra giustizia. Insomma, ho trovato più contenuti interessanti in una canzone di un minuto e mezzo piuttosto che in undici puntate da venti minuti l'una.

In conclusione, "Ranpo Kitan: Game of Laplace" è un anime che ha voluto osare. Per carità, non mi dispiace quando si vuole cercare di essere un po' audaci, ma quando si ha solo la pretesa di essere innovativi senza esserlo veramente, non vi è nessuna scusa che tenga: per me è bocciato.

skull945

Episodi visti: 11/11 --- Voto 2
Dopo questo fallimentare "Ranpo Kitan: Game of Laplace", il buon Laplace si starà rivoltando nella tomba. Pensare che il suo nome tanto prezioso per la matematica, la probabilità, l'astronomia e chi più ne ha più ne metta verrà ricordato anche per questo anime è veramente difficile da sopportare. Per di più, per oltre metà serie, non sarà nemmeno ben chiaro il motivo per cui venga citato nel titolo, ma il dubbio verrà scongiurato verso la fine, quando spunteranno deliri di determinismo e ostentate e pretenziose rappresentazioni di ciò che viene comunemente chiamato "demone di Laplace", con annessi superamenti, tramite equazione (ancora mi chiedo come sia possibile), dei problemi introdotti dalla teoria del caos, sfacciatamente citata più volte e raffigurata da farfalle che rimandano - sorpresa, sorpresa - all'effetto farfalla.
Forse gli autori erano convinti bastasse parlare in maniera estremamente approssimativa di simili argomenti e inserire due integrali su un pezzo di carta per far credere si trattasse di un anime geniale, e quindi accalappiare una buona fetta di pubblico. Non si sono affatto resi conto che, al contrario, questa superficialità ha oggettivamente peggiorato ancor più la qualità a priori infima del prodotto e lo ha reso uno dei più desolanti del 2015. Già, perché qui, da salvare, c'è solo qualche OST. Il resto è tutto sbagliato, persino il genere! Infatti, "Ranpo Kitan" vuole rientrare nella categoria giallo, ma l'unico giallo sono la sua esistenza e lo smarrimento della sceneggiatura. Si assiste al caso, solitamente un omicidio commesso dallo psicopatico scriteriato di turno, e si passa direttamente alla risoluzione di esso. Mancano quasi tutti gli elementi fondamentali del genere, come il dispiegarsi di idee e intuizioni e la progressiva ricerca di indizi, spesso utili ad aumentare la dose di coinvolgimento dello spettatore che, invece, qui si ritrova a seguire gli avvenimenti con l'entusiasmo di un elettroencefalogramma piatto.

I personaggi potrebbero generare dei sussulti, ma gli stati d'animo ad essi associati rispondono esclusivamente ai nomi di odio, fastidio, disgusto. Per provare tutto questo basterebbe solo il protagonista Kobayashi, il classico "maschio che sembra una femmina", annoiato dalla propria monotona vita, incosciente, ingenuo e sprezzante del pericolo, motivi che lo porteranno a fare domanda per collaborare alle indagini dei vari, si fa per dire, casi. Rischiare la vita per lui sarà un gioco, gli omicidi saranno un gioco, qualsiasi avvenimento verrà in realtà considerato un gioco. L'amico Hashiba proverà più volte a fargli notare l'errore, ma, essendo totalmente inutile nel corso dell'intera serie, ovviamente non ci riuscirà e sarà ricordato, nostro malgrado, per le solite famigerate scene indirizzate al fanservice yaoi. Il detective Akechi è un personaggio quasi accettabile, non si fa notare, si limita a fare il detective e imbottirsi di medicinali per qualche ragione. Poi c'è una serie di personaggi secondari superflui, tra i quali spicca Lucertola Nera, che dà guerra al temibile Kobayashi nella lotta tra titani per l'award di "personaggio più odioso del 2015". Le interazioni tra questo agglomerato di geni sono nulle, la loro evoluzione psicologica o emotiva non percepibile... Insomma, un disastro!

Anche a livello tecnico in "Ranpo Kitan" vige la mediocrità, manco fosse una regola prescritta. Se almeno nel reparto musicale è facilmente salvabile qualche OST, lo stesso non si può dire per quello artistico, dove, forse per dare un'impronta particolare, forse per problemi di low budget, è stato adottato uno stile insolito, o quantomeno non comune, e portato avanti con coerenza e costanza. Volendo essere più precisi, si può perciò dire che la realizzazione tecnica risulterà gradevole o sgradevole a seconda del soggetto, è difficile dare una valutazione oggettiva.

Per tutto il resto è assolutamente innegabile che "Ranpo Kitan" sia un anime davvero mal pensato e mal realizzato, nonché degno del minimo dei voti.


 4
SahelMelis

Episodi visti: 11/11 --- Voto 8
Questo anime è passato praticamente inosservato nel palinsesto di quest'estate ed è un vero peccato, per cui ho deciso di recensirlo io. E con un voto alto, perché ho visto in giro tanti commenti negativi di chi si è fermato ai primi tre episodi.

"Game of Laplace" è un anime ispirato ai romanzi di Rampo Edogawa, la serie vuole essere un omaggio allo scrittore scomparso cinquant'anni fa. Ranpo Edogawa forse non è molto conosciuto, ma è sicuramente stato influente - e, per citare un esempio famoso, è stato l'ispirazione anche della fortunatissima serie di "Conan" (Shinichi 'Conan' Edogawa appunto). Non si tratta di una trasposizione, ma proprio un tentativo di ricollegare o citare opere completamente diverse tra loro come "Il sognatore ad occhi aperti" , "Il mistero dell'isola Panorama", "Il bruco", etc. Già con queste premesse l'anime è comunque degno di rispetto, ma veniamo alla trama: Kobayashi, uno studente brillante di quattordici anni, viene accusato di omicidio e comincia finalmente a provare interesse per la sua vita, la risoluzione degli enigmi e gli omicidi in generale; si affianca a un detective prodigio, Akechi, che indaga su svariati casi, tra cui quello di Venti Facce, una sorta di V per Vendetta usato da dei vigilantes come firma per punire criminali rilasciati dalla giustizia. L'ossessione di Akechi per l'eliminazione di Venti Facce però nasconde un segreto...

E che dire della trama? Io l'ho trovata apprezzabile, molto simile al film "V per Vendetta" forse, e capisco che il fatto che non venga narrata come in un anime convenzionale l'abbia penalizzata tantissimo agli occhi del pubblico: se guardate "Game of Laplace" vi sembrerà un anime diverso, perché non c'è un climax sensazionale sin dal primo episodio, ma i primi tre sono spesi in maniera autoconclusiva, la trama entra veramente nel vivo solo verso metà dell'opera, al quarto episodio, quando finalmente si cominciano le vere e proprie indagini su Venti Facce. E' un anime che fa quello che vuole, racconta la sua storia come vuole raccontarla e non come verrebbe altrimenti canonizzata per un format anime che ultimamente sta diventando ripetitivo.
Alcuni nessi logici, inoltre, potrebbero apparire come dei buchi di trama (ad esempio l'ostinazione del Venti Facce originale, dovuta a ragioni tipicamente giapponesi), ma io ho particolarmente apprezzato il fatto che tutti i crimini fossero imperfetti, così come le ragioni che spingevano gli assassini a compierli non fossero quasi mai condivisibili - non c'è la ricerca del sensazionale, della sospensione di incredulità nello spettatore o appunto del classico motivo esagerato che giustifica l'assassino a priori.

I personaggi invece potrebbero piacere e non piacere.
Kobayashi, il protagonista, è un ragazzo effemminato dal carattere serafico e imperturbabile: sembra non provare mai emozioni, paura o buon senso in generale - ed è in alcuni casi parecchio irritante. Lo stesso si può dire di Akechi, il detective, un genio praticamente asociale sulle cui debolezze però gli ultimi episodi faranno luce, rendendolo un personaggio più normale. Seguono una serie di personaggi più o meno credibili (nota di demerito totale alla Black Lizard) che, per rientrare nei gusti dei fruitori di anime e manga, sono stati spesso ricondotti a uno stereotipo (il poliziotto col complesso della sorella minore, tanto per citarne uno) e rispetto a chi erano ispirati perdono un po' di tono... ma cosa pretendiamo da una serie di soli undici episodi? L'introspezione può essere fatta bene su uno, due personaggi, non di più. Secondo me si è puntato su quelli giusti: Akechi e Namikoshi, non i protagonisti forse, ma quelli intorno a cui ruota l'intera trama.
Una cosa che ho apprezzato molto, oltre al personaggio di Namikoshi, è stato il fatto che è molto suggerita una relazione omosessuale tra i protagonisti e, in parallelo, una altrettanto ambigua tra Akechi e Namikoshi, tutto questo però senza scadere in fanservice, scene fuori luogo o in generale cliché da serie yaoi - non c'è accento su questo rapporto, che appare così come una cosa normale, naturale.

Infine, le musiche e il comparto grafico: di questa serie si sono occupate le stesse persone che hanno curato "Psycho Pass", per cui, chi lo conosce, sa più o meno cosa aspettarsi. Simbolismi sparsi qua e là, citazioni all'autore (che chi ha letto potrà riconoscere), scelte stilistiche particolari per quanto riguarda i casi. Al di là delle antipatiche esagerazioni dei "tre minuti di orrore" che ho trovato grottesche e senza senso, proprio da stereotipo dell'anime con i pazzi, tutte le scene con i manichini o con le maschere di Venti Facce le ho trovate molto gradevoli e vagamente inquietanti.
La sigla di apertura è la più bella che abbia visto e sentito in questa stagione assieme a quella di "Overlord", e in generale tutto il comparto audio è molto bello.

In definitiva: consigliato? Sì, ma solo se arrivate fino alla fine.
Se decidete di guardare "Ranpo Kitan", prendetevi il rischio per tutte e undici le puntate, prima di dire: "No, fa schifo, è una perdita di tempo!" E poi Edogawa è sempre Edogawa.


 4
Niccolò

Episodi visti: 11/11 --- Voto 3
Capitano delle volte in cui ci si aspettano grandi cose da un anime, ma si finisce per rimanere delusi, altre in cui si inizia a visionare qualcosa quasi per caso trovandosi invece un piccolo gioiello davanti agli occhi.
Il caso di "Ranpo Kitan: Game of Laplace" appartiene, per quanto mi riguarda, alla prima categoria. Ma andiamo per gradi, tanto per giustificare in qualche modo un voto così basso.

"Ranpo Kitan" è una serie TV anime composta da undici episodi appartenente alla stagione estiva 2015, basata sulle opere di Ranpo Edogawa, scrittore giapponese di gialli. Il genere indicato, ovvero giallo/thriller, aveva subito attirato la mia attenzione, essendo io un grande estimatore di questo genere di prodotti. Sin dal primo episodio, però, ho notato subito che qualcosa non mi convinceva, a partire dal protagonista, Kobayashi, e dai personaggi di cui egli era accerchiato. Ho voluto comunque continuare a dar fiducia con la speranza di trovare qualcosa che mi piacesse, ma purtroppo non è andata così.
Unico pregio dell'opera, se pregio può essere definito, è la presenza di OST abbastanza interessanti. Il resto, a partire dai personaggi fino alle storie e alle loro rispettive risoluzioni, non mi ha per nulla convinto.

La trama si intreccia per undici episodi in cui il nostro tredicenne protagonista Kobayashi rimane impressionato dal detective Akechi e gli chiede di diventare suo assistente per risolvere numerosi casi di criminalità. A questo ragazzino piace invischiarsi nelle faccende e nei lavori della polizia senza avere nessun timore, senza mai mostrare emozioni di paura nonostante gli evidenti pericoli, ma soltanto un sorrisetto compiaciuto quasi stesse trascorrendo una giornata in gita. Cosa ancor più irrazionale è che è la stessa polizia ad accettare il suo servizio senza nemmeno pensarci su due volte.
L'amico di Kobayashi, Hashiba, palesemente preso dal protagonista, si oppone spesso all'idea che Kobayashi possa immischiarsi nelle investigazioni. Non che l'attrazione di Hashiba mi crei disturbo, affatto; il problema sta proprio nel carattere stesso di ogni personaggio, incapace di trasmettere emozioni positive. A tal proposito, uno dei personaggi più irritanti e fastidiosi, pur non essendo un personaggio principale, è la tizia in carcere. La cosiddetta "Lucertola Nera", una donna sadica che offre evitabilissime scene di discutibile volgarità.

I casi che ci vengono propinati li ho trovati insensati, non tanto per l'idea iniziale, quanto per la soluzione finale. Il primo forse è quello che ho trovato più assurdo e irreale. L'anime, infatti, si propone come un giallo, ma non riesce mai nel suo intento di mantenere viva la suspense, come dovrebbe fare un'opera di questo tipo.

Carino il design, ma niente di eccezionale, non mi è piaciuta nemmeno la scelta di adottare figure nere per i personaggi di contorno.
Anche il finale non mi ha entusiasmato, piuttosto mi ha soltanto creato maggiori dubbi. Dopo quell'episodio, cosa voleva davvero trasmettere l'autore? Per quanto mi riguarda, in ambito di messaggi o emozioni finali sono rimasto a bocca asciutta.

In conclusione, un totale disastro sia per i casi assurdi che ci vengono proposti assieme alle loro pessime risoluzioni sia per i personaggi che non solo non riescono ad emozionare positivamente, ma rendono soltanto la visione più pesante con i loro atteggiamenti poco realistici.
Bocciato e dunque sconsigliato.