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DarkSoulRead

Volumi letti: 6/6 --- Voto 8,5
«Che bravo il sole, si presenta sempre tutte le mattine.»
«È perché la Terra gira.»

C’è tutto Sunny in questo breve scambio: la tenerezza disarmante dell’infanzia, la capacità di trovare poesia nel quotidiano, e quel bisogno struggente di certezze, anche quando tutto intorno sembra instabile. Nel microcosmo dell’orfanotrofio Hoshinoko, il sole che torna ogni mattina è forse l’unica promessa mantenuta.

Nel giardino dell’orfanotrofio c’è una macchina rotta e abbandonata, trasformata dai bambini nella loro base segreta. Al suo interno — ribattezzata Sunny, e rigorosamente vietata agli adulti — hanno nascosto giocattoli, riviste sconce e sogni. È una bolla fuori dal tempo, un rifugio dove isolarsi dal mondo e viaggiare con la fantasia: verso la luna, lungo un circuito di Formula Uno, o più semplicemente… verso casa, dai propri genitori.

«Che fai, Haruo? Guarda che ti bagni.»
«Makio mi ha detto che Tokyo è da quella parte. È per questo che a volte invio là il mio pensiero in questo modo. Comunico a mia madre: “fammi uscire presto da qui” con la forza del pensiero.»
«Ti prendi il raffreddore.»
«Mi piace stare qui a bagnarmi con la pioggia. È da duri.»

La nostalgia di casa, il desiderio di tornare a quella normalità che davi per scontata finché non l’hai persa: è tutta negli occhi di Haruo. Sotto la sua maschera da duro, ogni mattina annusa di nascosto la Nivea, perché quel profumo gli ricorda l’odore della mamma. È un rituale muto, fragile, che lo riconnette a un tempo in cui si sentiva amato e al sicuro.

Il realismo magico di Taiyō Matsumoto trova una dimensione intima e struggente nell’infanzia sospesa dei protagonisti di Sunny, dove la fantasia non è fuga, ma l’unico modo possibile per sopravvivere alla realtà. La poetica del sensei, nonostante la gravità delle tematiche, non scivola mai nel melodrammatico; piuttosto, sceglie la via della sottrazione, dell’accenno, del gesto minimo. È nei silenzi, nei dettagli quotidiani, nei piccoli riti privati che si addensano il dolore e la speranza. Matsumoto racconta le ferite dell’anima con pudore, lasciando che siano i personaggi — e non la narrazione — a reclamare attenzione.

Il tratto del sensei è immediatamente riconoscibile: spigoloso, irregolare, a volte quasi grezzo, ma profondamente espressivo. I suoi disegni rifuggono la perfezione formale tipica del manga contemporaneo per abbracciare un’estetica più personale e vibrante, che richiama talvolta il fumetto europeo o l’illustrazione d’autore. Le tavole non gridano, ma sussurrano: ogni linea sembra trattenere un’emozione. C’è una bellezza imperfetta, vissuta, che accompagna il tono malinconico della storia. Le gote rosse dei bambini, che ricordano i tratti semplici e genuini dell’animazione classica — quasi un’eco di Heidi — rievocano una delicatezza perduta, fatta di pudore e intimità.

Non tutti i bambini di Hoshinoko ricevono lo stesso spazio narrativo: mentre Haruo, Sei o Junsuke sono ben delineati, altri restano più sullo sfondo, con motivazioni solo accennate. Questo può rendere l’insieme meno equilibrato, soprattutto nella seconda parte dell’opera. Anche le frequenti citazioni alla musica pop giapponese degli anni ’70, pur creando atmosfera, rischiano di risultare poco immediate per chi non è familiare a quel contesto.

I “figli di casa” — ovvero i bambini che vivono ancora con le loro famiglie — rappresentano per gli ospiti dell’orfanotrofio Hoshinoko una sorta di altrove irraggiungibile. Visti dall’esterno, sono il simbolo di quella normalità perduta o mai conosciuta: hanno genitori che li accompagnano a scuola, una casa con le tende alle finestre, pranzi cucinati in famiglia, litigi che finiscono con un abbraccio.
I bambini dell’orfanotrofio li guardano con un misto di ammirazione, invidia e distanza. Non li odiano, ma li osservano come si osservano i personaggi di una vita parallela — con quel tipo di malinconia che non ha ancora trovato le parole per esprimersi. In alcuni momenti li imitano: nei giochi, nei gesti, nei sogni a voce bassa. In altri, li rifiutano per non soffrire troppo. Sono uno specchio e, allo stesso tempo, una ferita.

Taiyō Matsumoto restituisce questo sguardo senza retorica, con enorme delicatezza. Sunny è un’opera agrodolce, che mostra il reale omaggiando la fantasia, riuscendo a parlare dei bambini come se fossero i bambini stessi a farlo.


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Irene Tempesta

Volumi letti: 6/6 --- Voto 7,5
Taiyō Matsumoto è un autore eccezionale, Tekkonkinkreet è tutt'ora uno dei manga più belli che abbia letto.
Sunny è un'altra sua opera assai affascinante, tuttavia, per me non raggiunge la bellezza di Tekkonkinkreet.
L'autore porta spesso nelle sue opere bambini segnati dall'abbandono, scegliendo così uno stile autobiografico.
A differenza delle precedenti opere, il tratto qui è più delicato, con amplio uso di acquerelli, la narrazione è soavemente nostalgica e contemplativa.
La trama si svolge negli anni ‘70 presso l’Hoshinoko, un istituto che accoglie bambini e adolescenti orfani o abbandonati dalle famiglie per vari motivi.
I protagonisti sono molti, ma l'autenticità con cui vengono descritti conferisce a quest'opera un valore altissimo.
Il titolo Sunny si riferisce a un'auto ormai in disuso all'istituto, dove però i bambini si rifugiano per evadere con la fantasia e condividere momenti giocosi.
Haruo è senz'altro uno dei protagonisti più dettagliati, il ragazzino ribelle e dinamico dai capelli bianchi; Sei, il nuovo arrivato, molto più diligente, nostalgico ; Junsuke con il suo immancabile ombrello rosso che considera come una casa, le sue unghie lunghe pronto a portare innumerevoli quadrifogli alla madre malata nella speranza che lo riaccolga; e i fratelli Kenji e Asako, adolescenti rassegnati di fronte al divorzio dei genitori e all'alcolismo e all'inaffidabilità del padre.
Taiyō Matsumoto descrive con grande abilità la quotidianità di questi ragazzini creando un quadro intenso ed emozionante: traspare dalle tavole la gioia e l'ironia tipica dei bimbi, ma anche il loro essere ormai disincantati di fronte alla realtà dell'abbandono, alla vergogna a volte di sentirsi "parte dell'istituto" rispetto a chi una famiglia ce l'ha.
L'autore ne narra gli stati d'animo, i ricordi, le amicizie, le ansie descrivendoli in modo limpido, sincero e nostalgico.
La J-Pop ha creato un'edizione di pregio con volumi grandi, pagine a colori, ottima qualità della carta.
Taiyō Matsumoto è stato inoltre premiato nel 2016 con il Gran Guinigi come miglior serie al Lucca Comics & Games, e nel 2017 è stato portato in Italia per la prima volta a Lucca grazie a questa splendida casa editrice.
Il mio voto è 7,5 perchè a tratti si è sceso troppo in momenti morti, di routine quotidiana non troppo interessante, quando avrei preferito più scene emozionanti. Tuttavia è un'opera di alto livello narrativo, capace di dare forti emozioni e commuovere.
Ne consiglio vivamente la lettura.


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bob71

Volumi letti: 6/6 --- Voto 10
Serializzato per la prima volta sulla rivista giapponese Ikki, Sunny è un manga scritto e illustrato da Taiyō Matsumoto. Nominato nel 2015 come miglior fumetto all'Angoulême International Comics Festival, l’opera si è aggiudicata nel 2016 lo Shogakukan Manga Award e il premio Gran Guinigi come miglior serie al Lucca Comics & Games, mentre quest'anno ha ottenuto il premio Micheluzzi al Napoli Comicon.
Prima di quest’ultima fatica, il talentuoso autore aveva già lasciato il segno con alcuni titoli interessanti, tra i quali ci piace ricordare: Tekkonkinkreet, allucinante parabola di due orfani di strada alle prese con la giungla di una moderna baraccopoli; Ping Pong, atipico spokon incentrato sull’esasperato antagonismo di una coppia di tennisti da tavolo; e Takemitsu Zamurai, che ripercorre le vicende storiche di un maestro d’arme nel Giappone feudale.

Il primo aspetto che colpisce di questa nuova opera in sei volumi è l’evoluzione stilistica maturata da Taiyō Matsumoto, che qui sembra addolcire l’asprezza e la febbrile inquietudine dei suoi precedenti lavori in favore di una narratologia più misurata, nostalgica e contemplativa. Il soggetto di Sunny attinge direttamente alle esperienze reali vissute dal mangaka che trasfigura la sua fervida immaginazione filtrandola attraverso i ricordi personali. Questo afflato autobiografico dona all’opera un’aura di autenticità e ci restituisce un affresco intimista incredibilmente vivido, affettuoso e straziante, in cui la verità emerge quasi segretamente dalle pieghe degli episodi romanzati.

La storia è ambientata negli anni ‘70 presso l’Hoshinoko Gakuen, casa famiglia che ospita una piccola comunità di bambini, orfani, abbandonati o semplicemente strappati ai loro genitori dalle vicissitudini della vita. Il titolo si riferisce ad una vecchia automobile in disuso, la Nissan Datsun Sunny 1200 parcheggiata nel giardino dell’istituto, nella quale i ragazzi trovano una specie di base segreta, un rifugio/confessionale precluso agli adulti dove possono rintanarsi e fuggire con la fantasia, in compagnia di riviste sconce e vecchi giocattoli. Capitolo dopo capitolo, illustrando piccoli episodi di vita ordinaria, l’autore ci introduce in punta di piedi nel microcosmo di ogni singolo bambino, scrutandone con discrezione i sentimenti e gli stati d'animo, e narrandone i ricordi, le amicizie, i primi amori, le ansie e le speranze per il futuro.

In una dissonante coralità, grazie al tocco delicato di Taiyō Matsumoto, ogni personaggio viene accuratamente tratteggiato ed è a suo modo protagonista: Haruo è lo scontroso ribelle dai capelli bianchi a cui la mamma ha lasciato un barattolo di crema idratante e tanta solitudine; in qualche modo emerge su tutti con la sua insofferenza e le sue bravate che lo pongono sempre al centro dell'attenzione. Sei, di contro, è un ometto dimesso, compito e diligente, appena arrivato all'istituto, accetta suo malgrado il trasferimento lontano da casa con un’aria di malinconica impotenza. Il capriccioso Junsuke e il suo fratellino più piccolo Shosuke, aspettano solo il momento di fare visita alla loro madre ricoverata in ospedale con le tasche traboccanti di quadrifogli portafortuna. Le piccole Kiiko e Megumu si adoperano per stringere legami con i “bambini di casa”, forse per assaporare qualche briciola di normalità. I ragazzi più grandi, Kenji e Asako, sono adolescenti che si affacciano con rassegnato disincanto al mondo esterno. Infine Taro, il ragazzone che, con la sua presenza rassicurante e la sua canzone ripetuta all'infinito, fa un po' da nume tutelare alla Hoshinoko.

Bisogna lasciarsi avvolgere dalle spire del fumetto per riuscire ad intravedere, oltre il gusto raffinato per l’acquerello e le composizioni insolite, il cuore pulsante di un dolore primordiale, di una solitudine non voluta ma quasi rivendicata, di un'adolescenza sperduta, perpetrata nelle intenzioni degli adulti ma assente dai loro cuori. Ma su tutto c'è la vitalità dei sentimenti incorrotti e incorruttibili che solo gli adolescenti che conoscono il dolore sanno esprimere senza riserve e senza compromessi. Le loro fughe immaginarie, non tanto dalla realtà ma piuttosto verso una realtà diversa, consentono la libertà di soffrire per poi sconfiggere quella sofferenza con la vicinanza di chi condivide un sogno.

Sunny è anche una storia di maturazione che da un mondo limitato e limitante porta ad un'esplorazione progressiva di una realtà esterna fatta di piccoli spazi, di eroi del quotidiano, di incontri inaspettati, di avventure apparentemente insignificanti ma che fanno crescere un po' alla volta. Quello esterno è anche il mondo dei sentimenti, spesso distorti ma liberatori, e dei codici sociali che tengono insieme la piccola ma solidale comunità della Hoshinoko.

Cadenzati da sparuti voli nel regno della fantasia, gli episodi nascono da spunti di vita vera, micro storie che procedono senza una direzione precisa imposta dall’autore e con un’architettura minimale costruita sulla routine quotidiana e sulla poesia delle piccole cose. Si passa dalle avventure immaginarie alle reminiscenze dolorosamente personali (come può esserla quella di un padre alcolizzato), il tutto visto con lo sguardo lucido e incandescente di un bambino.

La gestazione di Sunny è stata sofferta per l'autore che in più due decenni ha ripreso e poi accantonato il progetto più volte prima di decidere di pubblicarlo definitivamente. La sua principale preoccupazione è stata quella di condividere questa storia nel modo più corretto e rispettoso verso i suoi “compagni di viaggio”, e bisogna riconoscergli un naturale talento nel dipingere i piccoli protagonisti - si ricordino anche Kuro e Shiro di Tekkonkinreet. I suoi personaggi non si limitano semplicemente a recitare un ruolo, essi sono descritti in modo così limpido e sincero che la loro autenticità, non priva di una buona dose di nostalgia, risulta commovente.

Coadiuvato dalla sua assistente, illustratrice e coniuge, Saho Tono, Taiyō Matsumoto è in grado di sprigionare una forza espressiva dirompente con le matite in mano. Le sue tavole mostrano soluzioni formali che si spingono ben oltre i codici visivi del manga a cui siamo abituati. Bisogna ricordare che l’autore ha vissuto per alcuni anni in Francia dove ha sviluppato uno stile del tutto unico e peculiare. Contaminato dall’estetica del fumetto europeo, e in particolare influenzato da Moebius, il suo linguaggio, solo apparentemente grezzo e istintivo, è chiaro, evocativo e denso di dettagli.

Nel testo fanno capolino inflessioni dialettali e un’infinità di allusioni alla cultura pop degli anni ‘70: canzoni (una vera e propria colonna sonora con le hit radiofoniche più in voga in quel momento storico), trasmissioni televisive, riviste di manga, slang e giochi di parole che rimandano in modo diretto alla temperie nipponica dell'epoca; peccato che qualche sfumatura di questo patchwork di riferimenti si perda inevitabilmente nella traduzione.
Per via della sua struttura narrativa a briglia sciolta, Sunny sarebbe potuto durare indefinitamente, ma l'autore ha deciso di chiudere la storia dopo soli sei volumi cercando di distillare l’intensità emotiva e mantenere alta la qualità complessiva del suo lavoro.

In ultima analisi, Sunny può essere considerato come un’affettuosa galleria di ritratti che sfilano e si intrecciano in un crogiolo emozionale. Un’affascinante testimonianza del potere silenzioso della meraviglia in un mondo che spesso delude e tradisce i suoi giovani. Non si può non affezionarsi a questi personaggi così vivi e reali, i cui gesti minimi ci appaiono incredibilmente vicini e familiari.
Nella sua suggestiva interpretazione del mondo infantile Sunny trascende la stragrande maggioranza dei manga slice of life. Leggerlo equivale a entrare in un mondo a parte, popolato da creature fragili, ai margini di una società distratta alle loro problematiche, ma che è difficile non amare dalla prima all’ultima pagina. Lasciatevi tentare dalla lettura!


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Nobuo

Volumi letti: 2/6 --- Voto 9
"Sunny" opera del maestro Matsumoto è quel seinen che porta il lettore a viaggiare attraverso le emozioni dei protagonisti, emozioni davvero reali e autentiche. L'opera in questione narra le vite dei bambini che vivono nella casa-famiglia Hoshinoko, dall'irriverente Haruo fino al "secchione" Sei. I personaggi, tutti ben caratterizzati dall'autore, son credibili e riescono a (a parer mio) a trovare un filo diretto con il lettore. Alcune scene, quasi a farli sembrare piccoli adulti, son davvero toccanti. La scena dove Megumu che trova un gatto morto abbandonato e impaurita spera di non far la stessa fine l'ho trovata toccante. Siamo di fronte ad una storia che non vuole assolutamente essere strappalacrime, anzi i bambini sembrano ben accuditi e coccolati all'Hoshinoko, ma farci riflettere su quanto gli errori degli adulti possano riversarsi inesorabilmente sulle vite di questi bambini in orfanotrofio. Tant'è che la "Sunny", la vecchia auto abbandonata nel cortile della casa-famiglia diventa un luogo dove i bambini riescono a dissociarsi dalla realtà. Personalmente trovo davvero toccanti le scene tra Haruo e la madre nel secondo volume, dove lei appare più una morta vivente senza anima che chiede al figlio di chiamarla per nome. Nell'attesa che Jpop prosegua la serializzazione mi sento di consigliare quest'opera a chi cerca una tematica reale, emozionale e davvero meravigliosa dal punto di vista grafico.
I disegni, a partire dalle pagine a colori in questa edizione Jpop fedele all'originale, sono spettacolari. Il disegno di Matsumoto è lontano da quello mainstream e lo definirei quasi cinematografico. Specie nelle scene in auto. L'edizione, come già detto è ottima, fedele all'originale. Nella speranza che venga pubblicato altro materiale del pluripremiato Matsumoto, ritengo Sunny un must have nel panorama dei Seinen Manga.