Durante i giorni del Lucca Comics & Games 2025, uno dei protagoni più attesi è stato senza dubbio Caparezza, che ha animato il festival con una serie di appuntamenti catalizzando l'attenzione del pubblico. Tra questi, un coinvolgente press café, in cui l'artista si è raccontato con grande generosità rispondendo alle domande della stampa.
Noi di AnimeClick eravamo presenti all'evento e inoltre abbiamo avuto l'opportunità di intervistarlo proprio in occasione del lancio del nuovo album, "Orbit Orbit", uscito il 31 ottobre.
Dopo quattro anni dall'uscita di "Exuvia", "Orbit Orbit" arriva come una nuova tappa del tuo percorso artistico e personale. Come nasce il titolo e in che modo il periodo di assenza dai riflettori ha inciso sul tuo modo di scrivere e di concepire la musica nel 2025?
Dunque, il titolo – lo dico subito – è l'onomatopea che ho utilizzato all'interno fumetto per rappresentare l'immaginazione. Nei fumetti esiste un'onomatopea per tutto, ma non per l'immaginazione: c’è "mumble mumble" per il pensiero, ma non era ciò che cercavo. Ho preferito "Orbit Orbit", che nel fumetto prende forma nel viaggio della navicella: un viaggio immaginario in cui, quando la navicella fluttua nello spazio, sullo sfondo risuona proprio "orbit, orbit, orbit". Ma è anche un gioco sulle due orbite che mi gravitano intorno: quella del fumetto e quella della musica.
Quanto alla mia scrittura, sta continuando a cambiare. Non mi affascinano più come un tempo i mille giochi di parole: sto cercando una forma forse più cantautorale – anche se è un termine ambiguo – che punti a raccontare in modo più diretto le mie sensazioni, senza dover passare sempre dalla giostra delle doppie e triple letture. Ne rimane comunque traccia in alcuni brani, perché è parte di me, ma oggi il mio modo di scrivere si sta trasformando.
Il progetto unisce musica e fumetto con la collaborazione di Sergio Bonelli Editore.
Che significato assume per te questa contaminazione tra forma sonora e forma visiva, e in che modo credi che questo strumento narrativo amplifichi o trasformi il messaggio musicale che vuoi trasmettere?
Per me, immaginare e suonare sono sempre stati processi naturali: quasi tutti i miei pezzi nascono da un immaginario, da un contesto visivo. Di rado parto esclusivamente da musica o testo: ciò che mi guida è la domanda "che cosa voglio raccontare?". Mi immergo in un mondo metaforico che ho creato e inizio a suonarne il tessuto, scrivendo testi che restino pertinenti a quell'immaginario.
Per questo non è stato complesso fondere musica e fumetto: questo approccio lo pratico da tempo. Ho solo dovuto trovare una forma visiva per qualcosa che fino a oggi era prevalentemente acustico.
Nell'album precedente hai toccato l'argomento spazio, che qui risulta molto più approfondimento, sia dal titolo che dal concept grafico. Che rapporto hai con questo tema?
Nel disco precedente il tema era la fuga: lo "spazio" era la foresta in cui mi perdevo, affrontando prove e scelte, fino a uscirne cambiato, lasciando alle mie spalle la vecchia pelle. Da lì è iniziato il mio percorso come sceneggiatore. Ora, invece, mi confronto con lo spazio cosmico, un contenitore immenso da riempire di curiosità, scoperta e spiritualità. Credo che l'afflato spirituale parta proprio da lì. Per me lo spazio è una fascinazione infantile, ma anche un territorio di esplorazione di ciò che sono capace di fare.

In "Io sono il viaggio" dichiari "Io sono il viaggio, sono il bagaglio, sono il distacco, sono il traguardo": parole che sembrano riassumere un manifesto esistenziale più che un semplice ritornello.
Quale identità emerge oggi dietro il nome Caparezza che non smette mai di perdersi per ritrovarsi?
Emergono la volontà di andare avanti e di sperimentare nuove soluzioni, per alimentare il mio fuoco creativo. Non riesco a tornare indietro: ho bisogno di andare avanti, di aderire all'età che ho, di fare dischi diversi dai precedenti, di stimoli, di soddisfare le mie curiosità. Senza tutto questo sarei un uomo morto. Lo dico anche in un brano: un uomo senza curiosità è già un uomo morto.
Nel singolo si intrecciano citazioni letterarie e fumettistiche – da Il Piccolo Principe a Il Giro del Mondo in 80 Giorni, da Il Giovane Holden a Moby Dick, passando per Corto Maltese.
Quali sono state le tue fonti d'ispirazione principali per questo percorso, e come le hai integrate nella narrazione dell'intero disco/fumetto?
Il fumetto, senza dubbio, è stato la fonte principale: quello degli altri e il mio. Quest'opera è anche un ringraziamento al mondo del fumetto, che cito ampiamente, includendo riferimenti anche a opere meno note per chi non legge abitualmente. Le ho inserite nei brani come forma di divulgazione. In questo c'è un po' l'approccio di "Museica": se lì erano i quadri e la storia dell'arte a permeare i pezzi, qui lo fa il fumetto.
Stavolta i suoni di "Orbit Orbit" virano verso l'elettronica, con un ritornello – il primo singolo – che esplode in una synthwave dal sapore quasi rétro-futurista. È una scelta nata dal desiderio di esplorare nuove "orbite" sonore o dal bisogno di costruire un universo musicale coerente con l'immagine del progetto?
La synthwave – o comunque la musica realizzata coi sintetizzatori – attinge dalla fine degli anni '70 e da quello che io continuo a chiamare "space music", anche se non so se sia corretto. È un genere con un alone romantico, che definirei rétro perché richiama il mondo della mia infanzia di 52enne, tra il '78 e l'82.
Il progetto vede la pubblicazione di diverse edizioni, tra vinile, CD e versione con fumetto allegato. Quanto è importante per te che la musica torni a essere anche un oggetto fisico e narrativo, qualcosa da toccare e da "sfogliare", e non solo da ascoltare in digitale?
Amo il supporto fisico, pur non demonizzando lo streaming. Compro spesso dischi, ma capisco che per questioni economiche, di spazio o semplicemente per comodità sia più facile affidarsi ai servizi digitali. Lo streaming ha enorme potenziale, ma sembra inespresso: ciò che avrebbe dovuto fare – consegnarci la musica del mondo – resta una missione incompleta, perché ci si accontenta delle playlist, delegando la scoperta all'algoritmo.
Nel corso del press café dedicato a "Orbit Orbit", Caparezza ha ripercorso i quattro anni che lo hanno condotto al nuovo progetto, ricordando l'ultima volta in cui aveva calcato gli spazi del Lucca Comics & Games, nel 2021. Da allora, racconta, la sua vita creativa ha trovato nuova linfa proprio nel mondo fumetto.
"Ora che sono immerso nel fumetto, ho ritrovato il buon umore?", si è chiesto davanti alla stampa, individuando due motivazioni precise: "Prima di tutto ho sempre amato il fumetto: è stato il mio primo amore. Da bambino, quando mi chiedevano cosa volessi fare da grande, rispondevo sempre il fumettista. E poi, nel fumetto non c’è ancora il business che aleggia nel mondo della musica. Quando si lavora a un fumetto si lavora per amore, perché nella maggior parte dei casi hai tutto da perdere. Quando parlo con i disegnatori sento solo passione, e questo per me è ciò che dovrebbe essere anche la musica. Quando lavoro, faccio musica mossa dalla passione".

Entrando nel merito del disco, l'artista ha spiegato la scelta di aprire l'album con un brano volutamente più minimalista, per poi chiuderlo – dopo quattordici canzoni e altrettanti capitoli del fumetto – con un pezzo realizzato anche grazie a un'orchestra di 64 elementi. Un gesto estetico e simbolico: "Volevo dare peso all'umanità e concludere questo disco con una grande dimostrazione di quanto gli esseri umani, messi tutti insieme, siano capaci di fare cose belle e non solo crudeli".
Raccontando invece la genesi del fumetto, l'artista ha raccontato che inizialmente non aveva individuato i disegnatori, ma aveva ben chiaro il tipo di immaginario che desiderava proporre: voleva riportare sulla pagina le atmosfere delle letture della sua infanzia, rendendo l'opera accessibile anche a chi solitamente non si avvicina ai fumetti, mentre il coinvolgimento degli autori è avvenuto sulla base degli ambienti narrativi, grazie anche alla collaborazione con Sergio Bonelli Editore: "Ho voluto ringraziare il mondo del fumetto con quest'opera e desideravo che fosse facilmente leggibile. Alcuni disegnatori li ho suggeriti io, altri li ha proposti Bonelli".
Il fumetto si sviluppa su due livelli narrativi: uno realistico e uno astrale-fantascientifico, destinati a contaminarsi fino alla loro ricomposizione. Al centro, una doppia versione di sé: il cantante ignaro della sua identità e l'altro, desideroso di libertà: "Alla fine le due figure si riuniscono: trovo una pacificazione con me stesso. Ed è esattamente ciò che è accaduto nella realtà", ha confidato. "Oggi sono qui a parlarne serenamente, quasi sorprendentemente".
Riflettendo, infine, sul rapporto con il proprio passato artistico, Caparezza ha affrontato una delle richieste più frequenti da parte dei fan, ovvero il ritorno al sound di "Verità Supposte". La risposta è netta: "Quando mi chiedono se tornerò a fare quei pezzi, dico: mai. Perché li ho già fatti, e devo andare in altre direzioni. Ho la necessità di andare avanti". Tuttavia, rassicura, la leggerezza non è scomparsa; si sta semplicemente trasformando insieme al suo linguaggio creativo.
Noi di AnimeClick eravamo presenti all'evento e inoltre abbiamo avuto l'opportunità di intervistarlo proprio in occasione del lancio del nuovo album, "Orbit Orbit", uscito il 31 ottobre.
Intervista
Dopo quattro anni dall'uscita di "Exuvia", "Orbit Orbit" arriva come una nuova tappa del tuo percorso artistico e personale. Come nasce il titolo e in che modo il periodo di assenza dai riflettori ha inciso sul tuo modo di scrivere e di concepire la musica nel 2025?
Dunque, il titolo – lo dico subito – è l'onomatopea che ho utilizzato all'interno fumetto per rappresentare l'immaginazione. Nei fumetti esiste un'onomatopea per tutto, ma non per l'immaginazione: c’è "mumble mumble" per il pensiero, ma non era ciò che cercavo. Ho preferito "Orbit Orbit", che nel fumetto prende forma nel viaggio della navicella: un viaggio immaginario in cui, quando la navicella fluttua nello spazio, sullo sfondo risuona proprio "orbit, orbit, orbit". Ma è anche un gioco sulle due orbite che mi gravitano intorno: quella del fumetto e quella della musica.
Quanto alla mia scrittura, sta continuando a cambiare. Non mi affascinano più come un tempo i mille giochi di parole: sto cercando una forma forse più cantautorale – anche se è un termine ambiguo – che punti a raccontare in modo più diretto le mie sensazioni, senza dover passare sempre dalla giostra delle doppie e triple letture. Ne rimane comunque traccia in alcuni brani, perché è parte di me, ma oggi il mio modo di scrivere si sta trasformando.
Il progetto unisce musica e fumetto con la collaborazione di Sergio Bonelli Editore.
Che significato assume per te questa contaminazione tra forma sonora e forma visiva, e in che modo credi che questo strumento narrativo amplifichi o trasformi il messaggio musicale che vuoi trasmettere?
Per me, immaginare e suonare sono sempre stati processi naturali: quasi tutti i miei pezzi nascono da un immaginario, da un contesto visivo. Di rado parto esclusivamente da musica o testo: ciò che mi guida è la domanda "che cosa voglio raccontare?". Mi immergo in un mondo metaforico che ho creato e inizio a suonarne il tessuto, scrivendo testi che restino pertinenti a quell'immaginario.
Per questo non è stato complesso fondere musica e fumetto: questo approccio lo pratico da tempo. Ho solo dovuto trovare una forma visiva per qualcosa che fino a oggi era prevalentemente acustico.
Nell'album precedente hai toccato l'argomento spazio, che qui risulta molto più approfondimento, sia dal titolo che dal concept grafico. Che rapporto hai con questo tema?
Nel disco precedente il tema era la fuga: lo "spazio" era la foresta in cui mi perdevo, affrontando prove e scelte, fino a uscirne cambiato, lasciando alle mie spalle la vecchia pelle. Da lì è iniziato il mio percorso come sceneggiatore. Ora, invece, mi confronto con lo spazio cosmico, un contenitore immenso da riempire di curiosità, scoperta e spiritualità. Credo che l'afflato spirituale parta proprio da lì. Per me lo spazio è una fascinazione infantile, ma anche un territorio di esplorazione di ciò che sono capace di fare.

In "Io sono il viaggio" dichiari "Io sono il viaggio, sono il bagaglio, sono il distacco, sono il traguardo": parole che sembrano riassumere un manifesto esistenziale più che un semplice ritornello.
Quale identità emerge oggi dietro il nome Caparezza che non smette mai di perdersi per ritrovarsi?
Emergono la volontà di andare avanti e di sperimentare nuove soluzioni, per alimentare il mio fuoco creativo. Non riesco a tornare indietro: ho bisogno di andare avanti, di aderire all'età che ho, di fare dischi diversi dai precedenti, di stimoli, di soddisfare le mie curiosità. Senza tutto questo sarei un uomo morto. Lo dico anche in un brano: un uomo senza curiosità è già un uomo morto.
Nel singolo si intrecciano citazioni letterarie e fumettistiche – da Il Piccolo Principe a Il Giro del Mondo in 80 Giorni, da Il Giovane Holden a Moby Dick, passando per Corto Maltese.
Quali sono state le tue fonti d'ispirazione principali per questo percorso, e come le hai integrate nella narrazione dell'intero disco/fumetto?
Il fumetto, senza dubbio, è stato la fonte principale: quello degli altri e il mio. Quest'opera è anche un ringraziamento al mondo del fumetto, che cito ampiamente, includendo riferimenti anche a opere meno note per chi non legge abitualmente. Le ho inserite nei brani come forma di divulgazione. In questo c'è un po' l'approccio di "Museica": se lì erano i quadri e la storia dell'arte a permeare i pezzi, qui lo fa il fumetto.
Stavolta i suoni di "Orbit Orbit" virano verso l'elettronica, con un ritornello – il primo singolo – che esplode in una synthwave dal sapore quasi rétro-futurista. È una scelta nata dal desiderio di esplorare nuove "orbite" sonore o dal bisogno di costruire un universo musicale coerente con l'immagine del progetto?
La synthwave – o comunque la musica realizzata coi sintetizzatori – attinge dalla fine degli anni '70 e da quello che io continuo a chiamare "space music", anche se non so se sia corretto. È un genere con un alone romantico, che definirei rétro perché richiama il mondo della mia infanzia di 52enne, tra il '78 e l'82.
Il progetto vede la pubblicazione di diverse edizioni, tra vinile, CD e versione con fumetto allegato. Quanto è importante per te che la musica torni a essere anche un oggetto fisico e narrativo, qualcosa da toccare e da "sfogliare", e non solo da ascoltare in digitale?
Amo il supporto fisico, pur non demonizzando lo streaming. Compro spesso dischi, ma capisco che per questioni economiche, di spazio o semplicemente per comodità sia più facile affidarsi ai servizi digitali. Lo streaming ha enorme potenziale, ma sembra inespresso: ciò che avrebbe dovuto fare – consegnarci la musica del mondo – resta una missione incompleta, perché ci si accontenta delle playlist, delegando la scoperta all'algoritmo.
La differenza sta proprio lì: molto spesso si entrava in un negozio di dischi senza neanche sapere cosa acquistare, guardando solamente le copertine e dire: "Ma che cos'è questa roba", che è quello che mi succede ancora oggi quando vado per esempio alle fiere del vinile: ad esempio, il brano "Canthology" nasce proprio dopo aver comprato alla cieca un album dei Droogs. Di conseguenza, in attesa che questa rivoluzione si compia, mi concentro sul disco fisico.

Il tour di "Orbit Orbit" prenderà il via nel 2026: come stai immaginando la traduzione di questo nuovo universo nella dimensione live? Ci sono già idee o confronti in corso su come tradurre dal vivo il concept e l'estetica di un progetto che segna il tuo ritorno?
Sì, ci stiamo lavorando, anche se non posso ancora svelare nulla. Posso dire che negli anni ho creato un linguaggio scenico personale: non fatto di led wall o di mera spettacolarità, ma di scenografie artigianali, che per me sono come grandi giocattoli che entrano in scena e interagiscono con te. Devo solo trattenermi un po', perché tendo a strafare, ma il concerto rimane per me una performance anche teatrale. Continuerò quindi in questa direzione.
Per concludere, essendo in ambito Lucca Comics & Games, quanto è sentita la tua passione per anime e manga, hai qualche titolo del cuore?
Sono del '73, quindi ho vissuto in pieno la rivoluzione degli anime, che ha dato impulso alle TV locali. Ricordo Heidi, Mazinga Z, Vicky il vichingo, poi sono arrivati i "robottoni", spesso trasmessi da emittenti minori, cui davamo ascolti enormi. E c'era tutto l'indotto delle sigle, che collezionavo in 45 giri.
Al manga mi sono avvicinato, invece, più tardi, quando ero già più grande: il primo credo sia stato Dr. Slump e Arale di Akira Toriyama. Tra gli autori che porto nel cuore, Leiji Matsumoto – presente anche in "Orbit Orbit" – e Shigeru Mizuki di Kitaro dei Cimiteri: adoro quelle atmosfere, gli yokai, il mondo dei fantasmi. Mi piacciono molto i fumetti oscuri, motivo per cui amavo molto Bonvi: Cattivik era costantemente immerso nelle fogne, in quell'oscurità.
Tra gli anime, Galaxy Express 999 resta un titolo che adoro tantissimo ancora oggi, se pur molto triste, e Conan – Il ragazzo del futuro di Hayao Miyazaki.
Grazie mille.
Grazie a voi.

Il tour di "Orbit Orbit" prenderà il via nel 2026: come stai immaginando la traduzione di questo nuovo universo nella dimensione live? Ci sono già idee o confronti in corso su come tradurre dal vivo il concept e l'estetica di un progetto che segna il tuo ritorno?
Sì, ci stiamo lavorando, anche se non posso ancora svelare nulla. Posso dire che negli anni ho creato un linguaggio scenico personale: non fatto di led wall o di mera spettacolarità, ma di scenografie artigianali, che per me sono come grandi giocattoli che entrano in scena e interagiscono con te. Devo solo trattenermi un po', perché tendo a strafare, ma il concerto rimane per me una performance anche teatrale. Continuerò quindi in questa direzione.
Per concludere, essendo in ambito Lucca Comics & Games, quanto è sentita la tua passione per anime e manga, hai qualche titolo del cuore?
Sono del '73, quindi ho vissuto in pieno la rivoluzione degli anime, che ha dato impulso alle TV locali. Ricordo Heidi, Mazinga Z, Vicky il vichingo, poi sono arrivati i "robottoni", spesso trasmessi da emittenti minori, cui davamo ascolti enormi. E c'era tutto l'indotto delle sigle, che collezionavo in 45 giri.
Al manga mi sono avvicinato, invece, più tardi, quando ero già più grande: il primo credo sia stato Dr. Slump e Arale di Akira Toriyama. Tra gli autori che porto nel cuore, Leiji Matsumoto – presente anche in "Orbit Orbit" – e Shigeru Mizuki di Kitaro dei Cimiteri: adoro quelle atmosfere, gli yokai, il mondo dei fantasmi. Mi piacciono molto i fumetti oscuri, motivo per cui amavo molto Bonvi: Cattivik era costantemente immerso nelle fogne, in quell'oscurità.
Tra gli anime, Galaxy Express 999 resta un titolo che adoro tantissimo ancora oggi, se pur molto triste, e Conan – Il ragazzo del futuro di Hayao Miyazaki.
Grazie mille.
Grazie a voi.
Press cafè
Nel corso del press café dedicato a "Orbit Orbit", Caparezza ha ripercorso i quattro anni che lo hanno condotto al nuovo progetto, ricordando l'ultima volta in cui aveva calcato gli spazi del Lucca Comics & Games, nel 2021. Da allora, racconta, la sua vita creativa ha trovato nuova linfa proprio nel mondo fumetto.
"Ora che sono immerso nel fumetto, ho ritrovato il buon umore?", si è chiesto davanti alla stampa, individuando due motivazioni precise: "Prima di tutto ho sempre amato il fumetto: è stato il mio primo amore. Da bambino, quando mi chiedevano cosa volessi fare da grande, rispondevo sempre il fumettista. E poi, nel fumetto non c’è ancora il business che aleggia nel mondo della musica. Quando si lavora a un fumetto si lavora per amore, perché nella maggior parte dei casi hai tutto da perdere. Quando parlo con i disegnatori sento solo passione, e questo per me è ciò che dovrebbe essere anche la musica. Quando lavoro, faccio musica mossa dalla passione".

Entrando nel merito del disco, l'artista ha spiegato la scelta di aprire l'album con un brano volutamente più minimalista, per poi chiuderlo – dopo quattordici canzoni e altrettanti capitoli del fumetto – con un pezzo realizzato anche grazie a un'orchestra di 64 elementi. Un gesto estetico e simbolico: "Volevo dare peso all'umanità e concludere questo disco con una grande dimostrazione di quanto gli esseri umani, messi tutti insieme, siano capaci di fare cose belle e non solo crudeli".
Raccontando invece la genesi del fumetto, l'artista ha raccontato che inizialmente non aveva individuato i disegnatori, ma aveva ben chiaro il tipo di immaginario che desiderava proporre: voleva riportare sulla pagina le atmosfere delle letture della sua infanzia, rendendo l'opera accessibile anche a chi solitamente non si avvicina ai fumetti, mentre il coinvolgimento degli autori è avvenuto sulla base degli ambienti narrativi, grazie anche alla collaborazione con Sergio Bonelli Editore: "Ho voluto ringraziare il mondo del fumetto con quest'opera e desideravo che fosse facilmente leggibile. Alcuni disegnatori li ho suggeriti io, altri li ha proposti Bonelli".
Il fumetto si sviluppa su due livelli narrativi: uno realistico e uno astrale-fantascientifico, destinati a contaminarsi fino alla loro ricomposizione. Al centro, una doppia versione di sé: il cantante ignaro della sua identità e l'altro, desideroso di libertà: "Alla fine le due figure si riuniscono: trovo una pacificazione con me stesso. Ed è esattamente ciò che è accaduto nella realtà", ha confidato. "Oggi sono qui a parlarne serenamente, quasi sorprendentemente".
Riflettendo, infine, sul rapporto con il proprio passato artistico, Caparezza ha affrontato una delle richieste più frequenti da parte dei fan, ovvero il ritorno al sound di "Verità Supposte". La risposta è netta: "Quando mi chiedono se tornerò a fare quei pezzi, dico: mai. Perché li ho già fatti, e devo andare in altre direzioni. Ho la necessità di andare avanti". Tuttavia, rassicura, la leggerezza non è scomparsa; si sta semplicemente trasformando insieme al suo linguaggio creativo.
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patrimonio dell'unesco
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