Riportiamo dal blog di Yupa una recensione su Oyasumi PunPun di Inio Asano:

PunPun Cover 3~ Premessa 1 ~

Di Asano Inio (浅野いにお), per ora, ho letto soltanto, in ordine, Il campo dell'arcobaleno (nell'edizione italiana) e Solanin (nell'edizione originale).
Il primo lo considero un grandissimo fumetto, pur se con un piccolo limite.
Il secondo m'ha lasciato già più freddo: una lettura scorsa via limpida e senza scosse o scossoni, nel bene come nel male. Gli è che ( forse per motivi prettamente personali) fatico a digerire ritagli di vita quotidiana e stili sottotono. Ma anche astraendo dalle idiosincrasie, penso Solanin sia di per sé assai meno intenso e inventivo, soprattutto meno radicale de Il campo dell'arcobaleno.
In ogni caso, tanto basta era per dichiarare le letture pregresse a ciò di cui ora qui parlo.


~ Premessa 2 ~

Non so chi pubblicherà in Italia O-yasumi PunPun (おやすみプンプン), e tantomeno quindi chi lo tradurrà.
Ecco, volevo dire che fosse per me, il titolo... inizialmente immaginavo ci sarebbe stato bene un secco e pulito "Buona notte, PunPun". Ma giunto verso la fine del secondo volume capisco invece che il miglior modo di renderlo è "Buon riposo, PunPun", più morbido, più attento.
Poi, il nome del protagonista: PunPun.
Non ricordo precisamente in quale volume... se nel quinto o nel sesto... mi pare il sesto. A inizio capitolo c'è il nome in caratteri latini. Ed è "PungPung". Ohibò.
Ora, non servirà mai ribadirlo abbastanza: le trascrizioni fatte dai giapponesi lasciano spesso il tempo che trovano.
Però. Però, "pun pun" in giapponese è un'onomatopea, ha un suo significato. Anzi, due:
1) Può indicare rabbia profonda;
2) Oppure odore intenso, spesso cattivo.
Ebbene. Sarà mica che quel "PungPung" riprenda l'inglese "pungent", che significa anche "acro", detto d'odore?
La mia è solo un'ipotesi, ovviamente. Potrei essere totalmente fuori strada. In ogni caso non credo alcun editore italiano andrai mai a ribattezzare il protagonista "Puzzolino" o qualcosa del genere. Anche se sarebbe scelta coraggiosa, audace. Resterà "PunPun", è quasi certo.
E così anch'io lo chiamerò anch'io scrivendone qui. PunPun.
Buon riposo, PunPun.


PunPun 10


~ Una famiglia come tante ~

Si piange molto, in PunPun, e qualche volta anche si ride.
Piangono i personaggi, tanto. Ridono i lettori, qualche volta.
Piange soprattutto il protagonista, PunPun.
Forse è piange tanto, costretto da un viso e un corpo dall'espressività strutturalmente limitata. Volendo comunicare i suoi stati d'animo non gli resta che agitare gamba o braccia. Tendere una mano scarna come un rametto d'inverno. O fissare silenzioso chi gli parla, chi lo ignora. O piangere.

PunPun agita gambe e braccia, spesso frenetico, più come un animaletto, o una strana creaturina, che come un essere umano. Già, cos'è PunPun? Una qualche strana bestia? Un essere scivolato nel nostro Mondo da qualche dimensione lontana? Una sorta di spettro? Un individuo condannato a presentarsi sotto una vesta quasi monodimensionale? O è un qualunque normalissimo ragazzino del Giappone metropolitano d'inizio XXI secolo, che la mano dell'autore ha trasfigurato, ridotto ai minimi termini dell'immagine fumettistica?
PunPun lo vediamo così solo noi lettori, per convenzione? O è tale anche agli occhi degli altri personaggi, che pure non trovano affatto anomala questa singolare presenza in un Mondo che Asano peraltro ricrea con la sua consueta liscissima precisione?
PunPun non è unico, nella sua strana forma. Ci sono i genitori: c'è il padre, riconoscibile per i capelli e un accenno di baffi; e la madre, con due curiose protuberanze frontali da non scambiare per braccia: sono mammelle. Madre, padre, figlio: insieme formano la famiglia Pun'yama (プン山). E poi c'è lo zio: a parte berretto e occhiali, neanch'esso tradisce le fattezze dei parenti. Però, chissà perché, porta nome e cognome integralmente giapponesi: Onodera Yūichi (小野寺雄一).

~ I dolori del giovane PunPun ~

Si può dirlo senza mezzi termini: la vita di PunPun è sostanzialmente una vita di solitudine e incapacità. Forse limitato dalla sua forma, parla assai poco: unico tra tutti i personaggi, le sue frasi non trovano posto nei balloon, ma virgolettate in nere vignette, frasi più simili a pensieri che a espressioni vocali. Possiamo immaginarle pronunciate con una voce bassa bassa, quasi sul punto di non riuscire a farsi sentire. Una voce che si perde nei margini tra una vignetta e l'altra, una voce al margine della socialità umana.
L'incapacità di PunPun. Verso gli ultimi anni delle scuole elementari il nostro si perde per l'elusiva ma intraprendente e piccola Aiko-chan, trasferita da poco in classe. Sono cattiva sorte e inettitudine da parte di PunPun che si alleano per demolire in questa e altre successive occasioni ogni feconda possibilità per un rapporto tra i due; che pure entrambi vorrebbero. La tragedia di PunPun, tragedia minima, enorme, si può riassumere tutta qui; tragedia che si trascina pesante lungo gli anni sino alle superiori e poi oltre, infettando di sé ogni pezzo di vita.
Si aggiungono quelle dei familiari: il padre, arrestato per violenza domestica; la madre: egoista, indifferente al figlio, poi sull'orlo dell'alcoolismo. E infine, menzione d'onore per lo zio: trentenne schiacciato dai sensi di colpa che riesce a farsi risucchiare in una storia assai pericolosa con una ragazza parecchio più giovane di lui, e l'avvoltoiesca madre di lei.

PunPun

~ Ai confini della surrealtà ~

Vogliamo stupirvi, con storie di vita vera, di vita vissuta, storiacce di sfasci esistenziali e attualità sociale.
Il bullismo, l'isolamento, la violenza in famiglia, il rifugio in strani gruppi religiosi o in relazioni destinate al naufragio, e avanti così...
Ne avevo accennato, sopra, a proposito de Il campo dell'arcobaleno: questo, è questo il grande, grosso limite dell'opera di Asano, un limite che rischia di rinchiuderla nelle esigenze del suo evidente target di riferimento: studenti universitari, giovani aspiranti intellettuali, cultori e coltori della critica sociale. Ma la critica sociale, quando è prevedibile e codificata, quando s'è ridotta a genere canonico e frusto, si svuota da sé della sua volontà programmatica, e il contrasto tra intento e risultato, tra testo e contesto la riducono a guscio vuoto o, peggio ancora, irritante ipocrisia.
PunPun, da questo, si salva. E alla grande.
Non solo per la nota perizia di Asano nel disegno, nella regia, nel montaggio, che fanno guardare più che benignamente ogni possibile caduta retorica.
Si salva soprattutto per l'intuizione geniale di stilizzare il protagonista entro un ambiente iperrealista, e poi, come se non bastasse, popolare quest'ultimo con un'inflazione di scene e situazioni grottesche, e personaggi caricaturali. Caricaturali, eppure solidi, robusti, decisamente tridimensionali, collocati in spazi disegnati altrettanto profondi e concreti, di cui possiamo quasi percepire gli odori, vederne i colori accendersi nelle campiture di bianco e di nero.
Come il protagonista, anche gli altri personaggi si agitano ed esagitano, urlano e si dimenano, senza ragione o interrompendo senza ragione apparente conversazioni comuni; o si congelano in pose fisse, espressioni contratte, volti distorti in maschere immobili d'inquietudine.
E poi ci sono i sogni, le visioni: PunPun per primo, ma anche altri, nelle loro giornate di pura quotidianità, subiscono le epifanie esplosive di divinità ora salvifiche, ora moleste, ora persecutrici, ora quasi giocose, le più volte enigmatiche e del tutto estemporanee; immagini simboliche di tormenti interiori? voli di fantasia dei personaggi? vera effrazione di una realtà già altamente destabilizzata? Non ci sono risposte, ed è giusto così, perché in PunPun Asano va a giocare proprio coi limiti e le potenzialità della letteratura disegnata, intrecciando nodi continuo tra discorso palese, metafore, simboli, irrealtà, surrealtà e realtà, nodi che non sono fatti per essere sciolti, ma per imprigionare e sorprendere.
La tragedia, bifronte, rovescia continuamente il suo volto nella commedia, commedia di ironia amara e, a tratti, quasi sublime, e le copiose lacrime di PunPun si mescolano con le risate del lettore, dove le prime non sono più distinguibili dalle seconde e viceversa.
E chissà se la trasfigurazione primaria di PunPun in creatura minimale, e il teatro dell'assurdo inscenato dai personaggi non raccontano quasi il pudore dell'autore d'esprimere con troppa enfasi un'intimità tanto profonda quanto timorosa d'esibirsi sotto una luce troppo chiara: da qui le maschere grottesche, le scene paradossali, il ricorso allo sclero. Ma è proprio questo costante gioco tra surreale e iperreale a rendere ancora più vividi e credibili, immediatamente condivisibili perché depurati d'ogni eccessiva individualità, i dolori del giovane PunPun.

~ La metamorfosi ~

PunPun Cover 6In Giappone, di PunPun, è appena uscito il settimo volume. Non l'ho ancora letto, sono arrivato solo al sesto.
A che punto siamo, dunque? Quanti volumi mancheranno? La conclusione è vicina o lontanissima?
Ecco, in verità per come è messa ora la storia potrebbe anche andare avanti all'infinito. In sei volumi, a volte quasi minuto per minuto, a volte con balzi di due o tre anni, abbiamo seguito la vicende di PunPun dalla fine delle elementari sino al termine delle superiori. La storia, nonostante qualche notevole flashback, o dettagli che tornano, e che l'autore gestisce sempre con gran controllo, è tutto sommato molto lineare. Non c'è lo stratificato meccanismo a orologeria che sovrintendeva l'intreccio de Il campo dell'arcobaleno.
Per quel che ne sappiamo, la storia potrebbe andare avanti seguendo tutta la vita di PunPun, anche sino alla pensione, anche sino alla morte. Lo facesse, sarebbe di certo un manga assai innovativo.
Asano non ha alcuna fretta, si prende tutto il tempo che vuole, senza che nessuno gli corra dietro.
L'impressione, forte, è che non abbia nemmeno un piano narrativo preciso, che si lasci trasportare dagli eventi così come si generano da sé mentre il racconto procede.
Sarà anche per questo che in soli sei volumi il fumetto si trasforma, e non poco. Prendo in mano il sesto, lo confronto col primo, e i cambiamenti che lungo la lettura erano impercettibili, ora esplodono devastanti. Non si tratta delle consuete variazioni stilistiche tipiche nei fumetti giapponesi di più lunga durata, differenze a volte flagranti, specie nello stile grafico, nelle capacità dell'autore. Anzi, in PunPun la mano dell'autore rimane sostanzialmente coerente nella sua cura certosina, nella sua precisione millimetrica. Piuttosto, è qualcos'altro che cambia, che sembra quasi portarci da un fumetto a un altro, non fosse che per il titolo.
Nei primi volumi compresenza e contrasto tra quotidianità fotografica e libera visionarietà, tra iperrealismo e surrealismo, erano portati agli estremi. Oltre all'originalità, il gioco aveva, come spiegato, una sua logica, andando a dar linfa e spessore potenti a vicende che, identiche ma nelle mani di altri autori, sarebbero risultate scipite e banali.
Con l'avanzar dei volumi il ritmo rallenta, ma soprattutto il surrealismo va diluendosi e infine quasi svanisce, esce di scena, se non per qualche rientro occasionale, quasi un po' forzato nella sua estemporaneità. Non fosse che per l'aspetto punpunesco di protagonista e parenti, PunPun quasi sembrerebbe una nuova versione del semplice realismo di Solanin. E per quanto si possa apprezzare quest'ultimo, non è il massimo vederlo tornare in un fumetto, PunPun, che invece si propone fin dall'inizio di far cocci e non repliche.
Chissà se ciò è indice del limite raggiunto dall'autore, nel mantenere sempre viva la follia sbrigliata dei primi volumi; follia che, si sa, sulla lunga distanza è difficile da alimentare, mantenere credibile, efficace. C'è il rischio di scadere nella ripetitività. O, forse peggio, tentar di salvarla con ingombranti e bulimiche escalation, col rischio del cattivo gusto sempre in agguato, o che il giocattolo sovraccarico finisce per rompersi.
E quindi PunPun ha intrapreso una strada deflattiva.
Ma forse è una scelta precisa, l'obiettivo è significare la crescita di PunPun, non più un bimbo solitario perso in sogni e visioni insensati e vibranti, ma ormai sempre più immerso, quasi incastrato, nel mosaico grigio della vita dei giovani adulti... ancora solo, ma ormai privo persino del conforto della fantasia, o di assurde speranze, ma sempre speranze...
Buon riposo, PunPun.