Riportiamo dal blog di Yupa una recensione su Oyasumi PunPun di Inio Asano:
~ Premessa 1 ~
Di Asano Inio (浅野いにお), per ora, ho letto soltanto, in ordine, Il campo dell'arcobaleno (nell'edizione italiana) e Solanin (nell'edizione originale).
Il primo lo considero un grandissimo fumetto, pur se con un piccolo limite.
Il secondo m'ha lasciato già più freddo: una lettura scorsa via limpida e senza scosse o scossoni, nel bene come nel male. Gli è che ( forse per motivi prettamente personali) fatico a digerire ritagli di vita quotidiana e stili sottotono. Ma anche astraendo dalle idiosincrasie, penso Solanin sia di per sé assai meno intenso e inventivo, soprattutto meno radicale de Il campo dell'arcobaleno.
In ogni caso, tanto basta era per dichiarare le letture pregresse a ciò di cui ora qui parlo.
~ Premessa 2 ~
Non so chi pubblicherà in Italia O-yasumi PunPun (おやすみプンプン), e tantomeno quindi chi lo tradurrà.
Ecco, volevo dire che fosse per me, il titolo... inizialmente immaginavo ci sarebbe stato bene un secco e pulito "Buona notte, PunPun". Ma giunto verso la fine del secondo volume capisco invece che il miglior modo di renderlo è "Buon riposo, PunPun", più morbido, più attento.
Poi, il nome del protagonista: PunPun.
Non ricordo precisamente in quale volume... se nel quinto o nel sesto... mi pare il sesto. A inizio capitolo c'è il nome in caratteri latini. Ed è "PungPung". Ohibò.
Ora, non servirà mai ribadirlo abbastanza: le trascrizioni fatte dai giapponesi lasciano spesso il tempo che trovano.
Però. Però, "pun pun" in giapponese è un'onomatopea, ha un suo significato. Anzi, due:
1) Può indicare rabbia profonda;
2) Oppure odore intenso, spesso cattivo.
Ebbene. Sarà mica che quel "PungPung" riprenda l'inglese "pungent", che significa anche "acro", detto d'odore?
La mia è solo un'ipotesi, ovviamente. Potrei essere totalmente fuori strada. In ogni caso non credo alcun editore italiano andrai mai a ribattezzare il protagonista "Puzzolino" o qualcosa del genere. Anche se sarebbe scelta coraggiosa, audace. Resterà "PunPun", è quasi certo.
E così anch'io lo chiamerò anch'io scrivendone qui. PunPun.
Buon riposo, PunPun.

~ Una famiglia come tante ~
Si piange molto, in PunPun, e qualche volta anche si ride.
Piangono i personaggi, tanto. Ridono i lettori, qualche volta.
Piange soprattutto il protagonista, PunPun.
Forse è piange tanto, costretto da un viso e un corpo dall'espressività strutturalmente limitata. Volendo comunicare i suoi stati d'animo non gli resta che agitare gamba o braccia. Tendere una mano scarna come un rametto d'inverno. O fissare silenzioso chi gli parla, chi lo ignora. O piangere.
PunPun agita gambe e braccia, spesso frenetico, più come un animaletto, o una strana creaturina, che come un essere umano. Già, cos'è PunPun? Una qualche strana bestia? Un essere scivolato nel nostro Mondo da qualche dimensione lontana? Una sorta di spettro? Un individuo condannato a presentarsi sotto una vesta quasi monodimensionale? O è un qualunque normalissimo ragazzino del Giappone metropolitano d'inizio XXI secolo, che la mano dell'autore ha trasfigurato, ridotto ai minimi termini dell'immagine fumettistica?
PunPun lo vediamo così solo noi lettori, per convenzione? O è tale anche agli occhi degli altri personaggi, che pure non trovano affatto anomala questa singolare presenza in un Mondo che Asano peraltro ricrea con la sua consueta liscissima precisione?
PunPun non è unico, nella sua strana forma. Ci sono i genitori: c'è il padre, riconoscibile per i capelli e un accenno di baffi; e la madre, con due curiose protuberanze frontali da non scambiare per braccia: sono mammelle. Madre, padre, figlio: insieme formano la famiglia Pun'yama (プン山). E poi c'è lo zio: a parte berretto e occhiali, neanch'esso tradisce le fattezze dei parenti. Però, chissà perché, porta nome e cognome integralmente giapponesi: Onodera Yūichi (小野寺雄一).
~ I dolori del giovane PunPun ~
Si può dirlo senza mezzi termini: la vita di PunPun è sostanzialmente una vita di solitudine e incapacità. Forse limitato dalla sua forma, parla assai poco: unico tra tutti i personaggi, le sue frasi non trovano posto nei balloon, ma virgolettate in nere vignette, frasi più simili a pensieri che a espressioni vocali. Possiamo immaginarle pronunciate con una voce bassa bassa, quasi sul punto di non riuscire a farsi sentire. Una voce che si perde nei margini tra una vignetta e l'altra, una voce al margine della socialità umana.
L'incapacità di PunPun. Verso gli ultimi anni delle scuole elementari il nostro si perde per l'elusiva ma intraprendente e piccola Aiko-chan, trasferita da poco in classe. Sono cattiva sorte e inettitudine da parte di PunPun che si alleano per demolire in questa e altre successive occasioni ogni feconda possibilità per un rapporto tra i due; che pure entrambi vorrebbero. La tragedia di PunPun, tragedia minima, enorme, si può riassumere tutta qui; tragedia che si trascina pesante lungo gli anni sino alle superiori e poi oltre, infettando di sé ogni pezzo di vita.
Si aggiungono quelle dei familiari: il padre, arrestato per violenza domestica; la madre: egoista, indifferente al figlio, poi sull'orlo dell'alcoolismo. E infine, menzione d'onore per lo zio: trentenne schiacciato dai sensi di colpa che riesce a farsi risucchiare in una storia assai pericolosa con una ragazza parecchio più giovane di lui, e l'avvoltoiesca madre di lei.

~ Ai confini della surrealtà ~
Vogliamo stupirvi, con storie di vita vera, di vita vissuta, storiacce di sfasci esistenziali e attualità sociale.
Il bullismo, l'isolamento, la violenza in famiglia, il rifugio in strani gruppi religiosi o in relazioni destinate al naufragio, e avanti così...
Ne avevo accennato, sopra, a proposito de Il campo dell'arcobaleno: questo, è questo il grande, grosso limite dell'opera di Asano, un limite che rischia di rinchiuderla nelle esigenze del suo evidente target di riferimento: studenti universitari, giovani aspiranti intellettuali, cultori e coltori della critica sociale. Ma la critica sociale, quando è prevedibile e codificata, quando s'è ridotta a genere canonico e frusto, si svuota da sé della sua volontà programmatica, e il contrasto tra intento e risultato, tra testo e contesto la riducono a guscio vuoto o, peggio ancora, irritante ipocrisia.
PunPun, da questo, si salva. E alla grande.
Non solo per la nota perizia di Asano nel disegno, nella regia, nel montaggio, che fanno guardare più che benignamente ogni possibile caduta retorica.
Si salva soprattutto per l'intuizione geniale di stilizzare il protagonista entro un ambiente iperrealista, e poi, come se non bastasse, popolare quest'ultimo con un'inflazione di scene e situazioni grottesche, e personaggi caricaturali. Caricaturali, eppure solidi, robusti, decisamente tridimensionali, collocati in spazi disegnati altrettanto profondi e concreti, di cui possiamo quasi percepire gli odori, vederne i colori accendersi nelle campiture di bianco e di nero.
Come il protagonista, anche gli altri personaggi si agitano ed esagitano, urlano e si dimenano, senza ragione o interrompendo senza ragione apparente conversazioni comuni; o si congelano in pose fisse, espressioni contratte, volti distorti in maschere immobili d'inquietudine.
E poi ci sono i sogni, le visioni: PunPun per primo, ma anche altri, nelle loro giornate di pura quotidianità, subiscono le epifanie esplosive di divinità ora salvifiche, ora moleste, ora persecutrici, ora quasi giocose, le più volte enigmatiche e del tutto estemporanee; immagini simboliche di tormenti interiori? voli di fantasia dei personaggi? vera effrazione di una realtà già altamente destabilizzata? Non ci sono risposte, ed è giusto così, perché in PunPun Asano va a giocare proprio coi limiti e le potenzialità della letteratura disegnata, intrecciando nodi continuo tra discorso palese, metafore, simboli, irrealtà, surrealtà e realtà, nodi che non sono fatti per essere sciolti, ma per imprigionare e sorprendere.
La tragedia, bifronte, rovescia continuamente il suo volto nella commedia, commedia di ironia amara e, a tratti, quasi sublime, e le copiose lacrime di PunPun si mescolano con le risate del lettore, dove le prime non sono più distinguibili dalle seconde e viceversa.
E chissà se la trasfigurazione primaria di PunPun in creatura minimale, e il teatro dell'assurdo inscenato dai personaggi non raccontano quasi il pudore dell'autore d'esprimere con troppa enfasi un'intimità tanto profonda quanto timorosa d'esibirsi sotto una luce troppo chiara: da qui le maschere grottesche, le scene paradossali, il ricorso allo sclero. Ma è proprio questo costante gioco tra surreale e iperreale a rendere ancora più vividi e credibili, immediatamente condivisibili perché depurati d'ogni eccessiva individualità, i dolori del giovane PunPun.
~ La metamorfosi ~
In Giappone, di PunPun, è appena uscito il settimo volume. Non l'ho ancora letto, sono arrivato solo al sesto.
A che punto siamo, dunque? Quanti volumi mancheranno? La conclusione è vicina o lontanissima?
Ecco, in verità per come è messa ora la storia potrebbe anche andare avanti all'infinito. In sei volumi, a volte quasi minuto per minuto, a volte con balzi di due o tre anni, abbiamo seguito la vicende di PunPun dalla fine delle elementari sino al termine delle superiori. La storia, nonostante qualche notevole flashback, o dettagli che tornano, e che l'autore gestisce sempre con gran controllo, è tutto sommato molto lineare. Non c'è lo stratificato meccanismo a orologeria che sovrintendeva l'intreccio de Il campo dell'arcobaleno.
Per quel che ne sappiamo, la storia potrebbe andare avanti seguendo tutta la vita di PunPun, anche sino alla pensione, anche sino alla morte. Lo facesse, sarebbe di certo un manga assai innovativo.
Asano non ha alcuna fretta, si prende tutto il tempo che vuole, senza che nessuno gli corra dietro.
L'impressione, forte, è che non abbia nemmeno un piano narrativo preciso, che si lasci trasportare dagli eventi così come si generano da sé mentre il racconto procede.
Sarà anche per questo che in soli sei volumi il fumetto si trasforma, e non poco. Prendo in mano il sesto, lo confronto col primo, e i cambiamenti che lungo la lettura erano impercettibili, ora esplodono devastanti. Non si tratta delle consuete variazioni stilistiche tipiche nei fumetti giapponesi di più lunga durata, differenze a volte flagranti, specie nello stile grafico, nelle capacità dell'autore. Anzi, in PunPun la mano dell'autore rimane sostanzialmente coerente nella sua cura certosina, nella sua precisione millimetrica. Piuttosto, è qualcos'altro che cambia, che sembra quasi portarci da un fumetto a un altro, non fosse che per il titolo.
Nei primi volumi compresenza e contrasto tra quotidianità fotografica e libera visionarietà, tra iperrealismo e surrealismo, erano portati agli estremi. Oltre all'originalità, il gioco aveva, come spiegato, una sua logica, andando a dar linfa e spessore potenti a vicende che, identiche ma nelle mani di altri autori, sarebbero risultate scipite e banali.
Con l'avanzar dei volumi il ritmo rallenta, ma soprattutto il surrealismo va diluendosi e infine quasi svanisce, esce di scena, se non per qualche rientro occasionale, quasi un po' forzato nella sua estemporaneità. Non fosse che per l'aspetto punpunesco di protagonista e parenti, PunPun quasi sembrerebbe una nuova versione del semplice realismo di Solanin. E per quanto si possa apprezzare quest'ultimo, non è il massimo vederlo tornare in un fumetto, PunPun, che invece si propone fin dall'inizio di far cocci e non repliche.
Chissà se ciò è indice del limite raggiunto dall'autore, nel mantenere sempre viva la follia sbrigliata dei primi volumi; follia che, si sa, sulla lunga distanza è difficile da alimentare, mantenere credibile, efficace. C'è il rischio di scadere nella ripetitività. O, forse peggio, tentar di salvarla con ingombranti e bulimiche escalation, col rischio del cattivo gusto sempre in agguato, o che il giocattolo sovraccarico finisce per rompersi.
E quindi PunPun ha intrapreso una strada deflattiva.
Ma forse è una scelta precisa, l'obiettivo è significare la crescita di PunPun, non più un bimbo solitario perso in sogni e visioni insensati e vibranti, ma ormai sempre più immerso, quasi incastrato, nel mosaico grigio della vita dei giovani adulti... ancora solo, ma ormai privo persino del conforto della fantasia, o di assurde speranze, ma sempre speranze...
Buon riposo, PunPun.

Di Asano Inio (浅野いにお), per ora, ho letto soltanto, in ordine, Il campo dell'arcobaleno (nell'edizione italiana) e Solanin (nell'edizione originale).
Il primo lo considero un grandissimo fumetto, pur se con un piccolo limite.
Il secondo m'ha lasciato già più freddo: una lettura scorsa via limpida e senza scosse o scossoni, nel bene come nel male. Gli è che ( forse per motivi prettamente personali) fatico a digerire ritagli di vita quotidiana e stili sottotono. Ma anche astraendo dalle idiosincrasie, penso Solanin sia di per sé assai meno intenso e inventivo, soprattutto meno radicale de Il campo dell'arcobaleno.
In ogni caso, tanto basta era per dichiarare le letture pregresse a ciò di cui ora qui parlo.
~ Premessa 2 ~
Non so chi pubblicherà in Italia O-yasumi PunPun (おやすみプンプン), e tantomeno quindi chi lo tradurrà.
Ecco, volevo dire che fosse per me, il titolo... inizialmente immaginavo ci sarebbe stato bene un secco e pulito "Buona notte, PunPun". Ma giunto verso la fine del secondo volume capisco invece che il miglior modo di renderlo è "Buon riposo, PunPun", più morbido, più attento.
Poi, il nome del protagonista: PunPun.
Non ricordo precisamente in quale volume... se nel quinto o nel sesto... mi pare il sesto. A inizio capitolo c'è il nome in caratteri latini. Ed è "PungPung". Ohibò.
Ora, non servirà mai ribadirlo abbastanza: le trascrizioni fatte dai giapponesi lasciano spesso il tempo che trovano.
Però. Però, "pun pun" in giapponese è un'onomatopea, ha un suo significato. Anzi, due:
1) Può indicare rabbia profonda;
2) Oppure odore intenso, spesso cattivo.
Ebbene. Sarà mica che quel "PungPung" riprenda l'inglese "pungent", che significa anche "acro", detto d'odore?
La mia è solo un'ipotesi, ovviamente. Potrei essere totalmente fuori strada. In ogni caso non credo alcun editore italiano andrai mai a ribattezzare il protagonista "Puzzolino" o qualcosa del genere. Anche se sarebbe scelta coraggiosa, audace. Resterà "PunPun", è quasi certo.
E così anch'io lo chiamerò anch'io scrivendone qui. PunPun.
Buon riposo, PunPun.

~ Una famiglia come tante ~
Si piange molto, in PunPun, e qualche volta anche si ride.
Piangono i personaggi, tanto. Ridono i lettori, qualche volta.
Piange soprattutto il protagonista, PunPun.
Forse è piange tanto, costretto da un viso e un corpo dall'espressività strutturalmente limitata. Volendo comunicare i suoi stati d'animo non gli resta che agitare gamba o braccia. Tendere una mano scarna come un rametto d'inverno. O fissare silenzioso chi gli parla, chi lo ignora. O piangere.
PunPun agita gambe e braccia, spesso frenetico, più come un animaletto, o una strana creaturina, che come un essere umano. Già, cos'è PunPun? Una qualche strana bestia? Un essere scivolato nel nostro Mondo da qualche dimensione lontana? Una sorta di spettro? Un individuo condannato a presentarsi sotto una vesta quasi monodimensionale? O è un qualunque normalissimo ragazzino del Giappone metropolitano d'inizio XXI secolo, che la mano dell'autore ha trasfigurato, ridotto ai minimi termini dell'immagine fumettistica?
PunPun lo vediamo così solo noi lettori, per convenzione? O è tale anche agli occhi degli altri personaggi, che pure non trovano affatto anomala questa singolare presenza in un Mondo che Asano peraltro ricrea con la sua consueta liscissima precisione?
PunPun non è unico, nella sua strana forma. Ci sono i genitori: c'è il padre, riconoscibile per i capelli e un accenno di baffi; e la madre, con due curiose protuberanze frontali da non scambiare per braccia: sono mammelle. Madre, padre, figlio: insieme formano la famiglia Pun'yama (プン山). E poi c'è lo zio: a parte berretto e occhiali, neanch'esso tradisce le fattezze dei parenti. Però, chissà perché, porta nome e cognome integralmente giapponesi: Onodera Yūichi (小野寺雄一).
~ I dolori del giovane PunPun ~
Si può dirlo senza mezzi termini: la vita di PunPun è sostanzialmente una vita di solitudine e incapacità. Forse limitato dalla sua forma, parla assai poco: unico tra tutti i personaggi, le sue frasi non trovano posto nei balloon, ma virgolettate in nere vignette, frasi più simili a pensieri che a espressioni vocali. Possiamo immaginarle pronunciate con una voce bassa bassa, quasi sul punto di non riuscire a farsi sentire. Una voce che si perde nei margini tra una vignetta e l'altra, una voce al margine della socialità umana.
L'incapacità di PunPun. Verso gli ultimi anni delle scuole elementari il nostro si perde per l'elusiva ma intraprendente e piccola Aiko-chan, trasferita da poco in classe. Sono cattiva sorte e inettitudine da parte di PunPun che si alleano per demolire in questa e altre successive occasioni ogni feconda possibilità per un rapporto tra i due; che pure entrambi vorrebbero. La tragedia di PunPun, tragedia minima, enorme, si può riassumere tutta qui; tragedia che si trascina pesante lungo gli anni sino alle superiori e poi oltre, infettando di sé ogni pezzo di vita.
Si aggiungono quelle dei familiari: il padre, arrestato per violenza domestica; la madre: egoista, indifferente al figlio, poi sull'orlo dell'alcoolismo. E infine, menzione d'onore per lo zio: trentenne schiacciato dai sensi di colpa che riesce a farsi risucchiare in una storia assai pericolosa con una ragazza parecchio più giovane di lui, e l'avvoltoiesca madre di lei.

~ Ai confini della surrealtà ~
Vogliamo stupirvi, con storie di vita vera, di vita vissuta, storiacce di sfasci esistenziali e attualità sociale.
Il bullismo, l'isolamento, la violenza in famiglia, il rifugio in strani gruppi religiosi o in relazioni destinate al naufragio, e avanti così...
Ne avevo accennato, sopra, a proposito de Il campo dell'arcobaleno: questo, è questo il grande, grosso limite dell'opera di Asano, un limite che rischia di rinchiuderla nelle esigenze del suo evidente target di riferimento: studenti universitari, giovani aspiranti intellettuali, cultori e coltori della critica sociale. Ma la critica sociale, quando è prevedibile e codificata, quando s'è ridotta a genere canonico e frusto, si svuota da sé della sua volontà programmatica, e il contrasto tra intento e risultato, tra testo e contesto la riducono a guscio vuoto o, peggio ancora, irritante ipocrisia.
PunPun, da questo, si salva. E alla grande.
Non solo per la nota perizia di Asano nel disegno, nella regia, nel montaggio, che fanno guardare più che benignamente ogni possibile caduta retorica.
Si salva soprattutto per l'intuizione geniale di stilizzare il protagonista entro un ambiente iperrealista, e poi, come se non bastasse, popolare quest'ultimo con un'inflazione di scene e situazioni grottesche, e personaggi caricaturali. Caricaturali, eppure solidi, robusti, decisamente tridimensionali, collocati in spazi disegnati altrettanto profondi e concreti, di cui possiamo quasi percepire gli odori, vederne i colori accendersi nelle campiture di bianco e di nero.
Come il protagonista, anche gli altri personaggi si agitano ed esagitano, urlano e si dimenano, senza ragione o interrompendo senza ragione apparente conversazioni comuni; o si congelano in pose fisse, espressioni contratte, volti distorti in maschere immobili d'inquietudine.
E poi ci sono i sogni, le visioni: PunPun per primo, ma anche altri, nelle loro giornate di pura quotidianità, subiscono le epifanie esplosive di divinità ora salvifiche, ora moleste, ora persecutrici, ora quasi giocose, le più volte enigmatiche e del tutto estemporanee; immagini simboliche di tormenti interiori? voli di fantasia dei personaggi? vera effrazione di una realtà già altamente destabilizzata? Non ci sono risposte, ed è giusto così, perché in PunPun Asano va a giocare proprio coi limiti e le potenzialità della letteratura disegnata, intrecciando nodi continuo tra discorso palese, metafore, simboli, irrealtà, surrealtà e realtà, nodi che non sono fatti per essere sciolti, ma per imprigionare e sorprendere.
La tragedia, bifronte, rovescia continuamente il suo volto nella commedia, commedia di ironia amara e, a tratti, quasi sublime, e le copiose lacrime di PunPun si mescolano con le risate del lettore, dove le prime non sono più distinguibili dalle seconde e viceversa.
E chissà se la trasfigurazione primaria di PunPun in creatura minimale, e il teatro dell'assurdo inscenato dai personaggi non raccontano quasi il pudore dell'autore d'esprimere con troppa enfasi un'intimità tanto profonda quanto timorosa d'esibirsi sotto una luce troppo chiara: da qui le maschere grottesche, le scene paradossali, il ricorso allo sclero. Ma è proprio questo costante gioco tra surreale e iperreale a rendere ancora più vividi e credibili, immediatamente condivisibili perché depurati d'ogni eccessiva individualità, i dolori del giovane PunPun.
~ La metamorfosi ~

A che punto siamo, dunque? Quanti volumi mancheranno? La conclusione è vicina o lontanissima?
Ecco, in verità per come è messa ora la storia potrebbe anche andare avanti all'infinito. In sei volumi, a volte quasi minuto per minuto, a volte con balzi di due o tre anni, abbiamo seguito la vicende di PunPun dalla fine delle elementari sino al termine delle superiori. La storia, nonostante qualche notevole flashback, o dettagli che tornano, e che l'autore gestisce sempre con gran controllo, è tutto sommato molto lineare. Non c'è lo stratificato meccanismo a orologeria che sovrintendeva l'intreccio de Il campo dell'arcobaleno.
Per quel che ne sappiamo, la storia potrebbe andare avanti seguendo tutta la vita di PunPun, anche sino alla pensione, anche sino alla morte. Lo facesse, sarebbe di certo un manga assai innovativo.
Asano non ha alcuna fretta, si prende tutto il tempo che vuole, senza che nessuno gli corra dietro.
L'impressione, forte, è che non abbia nemmeno un piano narrativo preciso, che si lasci trasportare dagli eventi così come si generano da sé mentre il racconto procede.
Sarà anche per questo che in soli sei volumi il fumetto si trasforma, e non poco. Prendo in mano il sesto, lo confronto col primo, e i cambiamenti che lungo la lettura erano impercettibili, ora esplodono devastanti. Non si tratta delle consuete variazioni stilistiche tipiche nei fumetti giapponesi di più lunga durata, differenze a volte flagranti, specie nello stile grafico, nelle capacità dell'autore. Anzi, in PunPun la mano dell'autore rimane sostanzialmente coerente nella sua cura certosina, nella sua precisione millimetrica. Piuttosto, è qualcos'altro che cambia, che sembra quasi portarci da un fumetto a un altro, non fosse che per il titolo.
Nei primi volumi compresenza e contrasto tra quotidianità fotografica e libera visionarietà, tra iperrealismo e surrealismo, erano portati agli estremi. Oltre all'originalità, il gioco aveva, come spiegato, una sua logica, andando a dar linfa e spessore potenti a vicende che, identiche ma nelle mani di altri autori, sarebbero risultate scipite e banali.
Con l'avanzar dei volumi il ritmo rallenta, ma soprattutto il surrealismo va diluendosi e infine quasi svanisce, esce di scena, se non per qualche rientro occasionale, quasi un po' forzato nella sua estemporaneità. Non fosse che per l'aspetto punpunesco di protagonista e parenti, PunPun quasi sembrerebbe una nuova versione del semplice realismo di Solanin. E per quanto si possa apprezzare quest'ultimo, non è il massimo vederlo tornare in un fumetto, PunPun, che invece si propone fin dall'inizio di far cocci e non repliche.
Chissà se ciò è indice del limite raggiunto dall'autore, nel mantenere sempre viva la follia sbrigliata dei primi volumi; follia che, si sa, sulla lunga distanza è difficile da alimentare, mantenere credibile, efficace. C'è il rischio di scadere nella ripetitività. O, forse peggio, tentar di salvarla con ingombranti e bulimiche escalation, col rischio del cattivo gusto sempre in agguato, o che il giocattolo sovraccarico finisce per rompersi.
E quindi PunPun ha intrapreso una strada deflattiva.
Ma forse è una scelta precisa, l'obiettivo è significare la crescita di PunPun, non più un bimbo solitario perso in sogni e visioni insensati e vibranti, ma ormai sempre più immerso, quasi incastrato, nel mosaico grigio della vita dei giovani adulti... ancora solo, ma ormai privo persino del conforto della fantasia, o di assurde speranze, ma sempre speranze...
Buon riposo, PunPun.
Le riflessioni di Yupa però sono sempre interessantissime, di qualsiasi cosa si tratti mi fa sempre un gran piacere leggerle, complimenti!
Comunque io finora non ho letto nulla di Asano, e ho idea di continuare così, perchè le sue storie non rientrano nel genere che preferisco.
Comunque questo mi sembra un titolo difficile, se dovesse arrivare in italia, aspettatevi un prezzo alto
Certo è che ultimamente stà crescendo un grande "hype" attorno a questo autore.
L'opera in questione sembrerebbe interessante e ben disegnata ma...chi la pubblicherà da noi? A che prezzo? e quante uscite saranno? Interrogativi importanti ^__^'
Al 99% è Panini, al Romics dissero che avevano preso tutto quello che c'era di disponibile di Asano.
Sicuramente non faccio parte del target di Asano di giovani aspiranti intellettuali. Del resto ho trovato anche "Solanin" insopportabile, per i motivi evidenziati anche da Yupa (complimenti per l'onesta').
Pensavo forresro pochi volumi ma a quanto pare è un'opera ancora in corso, il che mi fà davvero piacere! Speriamo in bene! Ottima recensione comunque davvero ben fatta, Complimenti!
E spero arrivi in Italia con un prezzo abbordabile, senza nascondersi nella solita scusa del pubblico di nicchia.
Da quel che ho potuto apprendere delle opere di questo autore ne ho dedotto che non sono assolutamente il mio genere e onestamente manco mi interessano. Aggiungiamoci che l'editore che le dovrebbe curare (e già le cura) è il "famigerato" che sparerà un edizione costosa pure con la carta giallastra e un eventuale interesse di colmare la non-conoscenza si azzera completamente.
Buon per chi ci sguazza...
Recensione esauriente ma (sin troppo) sitlosa e pomposa, si abusa anche troppo del grassetto.
Andiamoci piano a confrontare Asano con Urasawa, che sono autori diversissimi. Urasawa non e' depresso! Di Urasawa ho letto Monster, 20 Century Boys e Pluto e sono tutti lavori eccezionali. Di Asano ho letto solo Solanin ma mi e' bastato.
Perché l'autore mi fa paura... il modo con cui racconta la vita di punpun fa venire una tristezza nel cuore...
se uscirà in italia lo prenderò solo se il finale mi soddisfa...
Se arrivasse da noi si, prepariamoci alla schicchera... Molto probabilmente lo prenderebbe la Planet Manga per lanciare ogni numero al modico prezzo di 14.90€...
Devo dire che i disegni non mi piacciono molto. Comunque conplimenti per la bellissima recenzione
Leggetelo.
Mi piace molto la scelta di un protagonista limitato, mi piace assai.
Non vorrei iniziare una rissa (NON è mia intenzione) ma potresti darci qualche motivazione?
Peccato, avrei voluto godere di quei bellissimi disegni...
<i>Oyasumi PunPun</i> sembra comunque un'opera profondamente diversa dalle precedenti, sia per la stilizzazione grafica del protagonista sia per l'idea di volerne seguire la crescita e le vicende per tutta la vita o, almeno, una parte di essa.
Panini probabilmente lo pubblicherà tra un paio di mesi, visto che a febbraio uscirà <i>La fine del mondo e prima dell'alba</i> sarebbe ragionevole aspettarsi <i>PunPun</i> per aprile; se il prezzo non sarà eccessivo acquisterò con piacere anche quest'opera di Asano.
@evolution: slanzard mi ha tolto le parole di bocca. WaWW e solanin sono incentrate proprio su quel passo avanti, quell'uscita di condizione che ci muta ma che al contempo ci può rendere migliori..
@micheles: senza offesa ma spero (forse vanamente) che il lettore medio italiano abbia gusti totalmente differenti dai tuoi.
@swordman "si abusa anche troppo del grassetto"
in effetti a primo acchitto pareva così anche a me, ma prova a ripercorrere la recensione tralasciando le parti non grassettate, diventa quasi un sunto, si potrebbe leggere anche solo il grassetto. La cosa è utile per una lettura veloce, magari se l'argomento non interessa particolarmente. Se è effettivamente questa la logica, ossia quella non di sottolineare ma di ridurre all'essenziale, mi sembra una trovata piuttosto intelligente..
ora,in realtà non ho letto la recensione perchè preferisco farlo solo dopo aver letto l'opera.
comunque ho letto il campo dell'arcobaleno,la città della luce e poi solanin (in questo ordine) e sempre in questo ordine li elencherei per gradimento...vorrei dire che solanin l'ho apprezzato comunque ma, nonostante si parli di noia,incertezza,vita piatta,ect... il manga mi è parso un po troppo piatto mentre gli altri due,forse anche perchè ogni personaggio ha un suo lato oscuro (e come minimo ha ucciso qualcuno
aspetto comunque non impazienza qualsiasi opera di Asano
devo dire che la storia è davvero pesante...
non c'è molto ottimismo, anzi, sembra un "beautiful" versione (parecchio) negativa....
non so, mi fa sentire davvero...con il cuore appesantito, come se il mondo fosse solo pieno di illusioni, cuori rotti, relazioni forti quanto un grissino.....
non so, è davvero pessimistica come opera.
ma, alla fine penso...
forse, è vero.
di storie così ne sentiamo ogni giorno nei telefilm, nei TG, ecc...
però, rispetto a OPP, almeno i telefilm trasmettono valori positivi, eventi positivi, e simili...
il manga invece, è su una unica linea. negativa.
ma, detto ciò, non voglio dare un brutto voto al manga, semplicemente non è un manga per chi ha il cuore diviso tra positivismo e pessimismo. può far barcollare pesantemente i sentimenti di chi legge verso un' ottica pessimistica della vita, quindi lo consiglio solo a chi ha un carattere forte e pieno di vita. perchè secondo me fa riflettere e non poco sulle cose di tutti i giorni.
personalmente, è pesante davvero.
se devo dar un voto, penso di dare (imparzialmente parlando, per il coraggio di mettere su un manga in un unico filone di pessimismo) almeno un 7 e mezzo...perchè a me non piace molto, ma ad altri potrebbe essere anche utile, magari nel vederlo e capire cosa NON fare nella vita.
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