Decimo appuntamento con la rubrica mensile atta a presentare i migliori anime degli ultimi anni secondo l'utenza di AnimeClick.it. Dopo aver ripassato tutto lo scorso decennio, è ora di tornare al presente, con i migliori anime dello scorso anno. A corredo della classifica dei primi 30 titoli verrà presentata una rassegna di recensioni di alcuni dei titoli della classifica, partendo dalle prime tre posizioni del podio e poi a scalare, cercando di evitare i grandi blockbuster che non hanno certo bisogno di pubblicità. In chiusura d'articolo verranno infine presentate brevemente le recensioni apparse in vetrina ad opera dello staff del sito.

Buona lettura!

1 Durarara!! * 8,743
2 Rainbow - Nisha rokubou no shichinin 8,571
3 The Disappearance of Haruhi Suzumiya 8,500
4 Mobile Suit Gundam Unicorn 8,286
5 Shiki 8,227
6 Angel Beats! 8,143
7 The Legend of the Legendary Heroes 8,045
8 K-On!! 2 8,000
8 B gata H kei 8,000
8 One Piece Film: Strong World - Episode 0 8,000
8 Nodame Cantabile: Finale 8,000
12 Baka to Test to Shoukanju 7,938
13 Kuragehime 7,889
14 Arakawa Under the Bridge 7,882
15 Panty & Stocking with Garterbelt 7,875
15 The Tatami Galaxy 7,875
17 Bakuman. 7,857
17 Hime chen! Otogi chikku idol Lilpri 7,857
17 Colorful (2010) 7,857
20 Super Robot taisen OG - The Inspector 7,833
21 Kaichou wa Maid-sama! 7,800
22 Heroman 7,778
23 Fate/stay night - Unlimited Blade Works 7,727
23 Sora no otoshimono: Forte 7,727
25 Katanagari 7,700
26 Hanamaru Youchien 7,667
26 Beelzebub: Hirotta akachan wa daimaou!? 7,667
28 Omamori Himari 7,636
29 Mazinkaizer SKL 7,600
29 Mahou shoujo Lyrical Nanoha the Movie 1st 7,600


* 48° posto assoluto

>>Tutti gli anime del 2010<<



9.0/10
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Il protagonista di questa serie non è una persona o un gruppo di persone, bensì un intero quartiere: è Ikebukuro, situato nella parte nord-occidentale di Tokyo; è lì che decide di trasferirsi Mikado Ryugamine, ragazzo di campagna in cerca d’avventura, su consiglio del suo amico d’infanzia Masaomi Kida, così che i due possano frequentare insieme la scuola superiore.
Mikado si trova quindi circondato da una marea di persone tutte indaffarate e di fretta, nonché da una massa incredibile di altissimi edifici che fanno brillare di luce propria un quartiere che in realtà è una vera e propria città a sé.
La sua preoccupazione aumenta man mano che Masaomi gli dice di non farsi nemico Simon, un russo di colore che lavora in un sushi bar, e di stare attento a Shizuo, un uomo tanto forte da potere lanciare tranquillamente un distributore automatico; gli riferisce inoltre di stare lontano da Izaya e dalla banda dei Dollars; come se non bastasse, lo avverte di una leggenda metropolitana: quella della motociclista senza testa…
Insomma, sembra di essere finiti in un luogo estremamente ostile, dove ognuno pensa per sé, dove non si conosce nessuno, mentre in campagna si è tutti più ospitali e disponibili; in una megalopoli ognuno è solo, e questa solitudine è resa benissimo dal fatto che tutte le altre persone non sono mostrate dettagliatamente, sono solo delle piatte sagome grigie, e quando ce n’è un gran numero non si riesce nemmeno a distinguerne le forme.

Fin dal primo episodio viene introdotto l’elemento soprannaturale, ovvero la motociclista senza testa, che è tutt’altro che una leggenda metropolitana: infatti salva una ragazza che è stata rapita, e riesce a farlo trasformando il fumo nero che le esce dal collo in una falce per tramortire uno dei rapitori.
Questo personaggio è stato ripreso dalla mitologia celtica: esso è un Dullahan, un folletto che corre incessantemente con il suo carro guidato da un cavallo nero, e che porta la sua testa sotto braccio; la poderosa moto di Celty, questo il suo nome, ricorda decisamente un cavallo, sia per l’aggressività che per i particolari suoni che emette.

Il mistero è una delle componenti principali di questo anime: e non solo per gli elementi soprannaturali, ma anche perché inizialmente il passato di tutti i personaggi non è rivelato; con il passare degli episodi si verranno pian piano a scoprire i segreti di ognuno, e naturalmente tutti i legami vecchi e nuovi che si vengono a formare tra le loro vite; come ho detto all’inizio il vero protagonista è il quartiere, perché come si evince dalla sigla iniziale, che mostra uno dopo l’altro numerosi individui, nessuno ha un ruolo più importante di quello degli altri.
Mikado e Masaomi, anche se sono i primi a essere introdotti, non possono essere considerati protagonisti; certo, ci saranno episodi dedicati a loro e al rapporto con Anri Sonohara, occhialuta e tettona compagna di scuola dei due, ma lo stesso si può dire del fortissimo e iracondo Shizuo, o del suo acerrimo nemico Izaya, o del gruppo di Kadota, degno di nota per la presenza di due otaku incalliti che riempiranno ogni frase di citazioni sulle ultime light novel o sugli ultimi manga.

Elemento fondamentale nell’unione di vicende e persone così diverse è internet, che classificherei come secondo protagonista assieme a Ikebukuro: in quasi tutti gli episodi infatti si vede una chat in cui tre persone discutono degli ultimi avvenimenti.
La comunicazione si rivelerà fondamentale in più occasioni, sia essa fatta attraverso dei cellulari ultramoderni che a voce. In quest’ultimo caso è rimarcata l’importanza di non avere segreti con le persone care, perché ciò può portare alla catastrofe.
La rete è anche il luogo in cui è nata la banda dei Dollars, di cui nessuno sa nulla sui suoi membri, perché sono “senza colore”, ovvero non indossano abiti che permettano loro di riconoscersi, come succedeva invece per due bande giovanili che si erano duramente combattute per molto tempo nel quartiere: le Sciarpe Gialle i Fazzoletti Blu.

I problemi dei giovani sono una tematica importante, affrontata molto dettagliatamente grazie a precise analisi psicologiche: si inizia con il suicidio, con l’incomunicabilità con i genitori, poi si passa al bullismo e ai professori che ingannano povere ragazze che non conoscono ancora il vero significato della parola “amore”.
Il rapporto tra i due sessi è molto ben descritto nelle sue sfaccettature: da quello tra adolescenti alle prese con la pubertà (come il triangolo amoroso tra Mikado, Masaomi e Anri), a quello a senso unico dello stalking, a quello potenziale tra fratello e sorella, a quello apparentemente impossibile tra esseri appartenenti a mondi diversi.

Un grandissimo pregio dell'anime è quello di presentare numerosissimi colpi di scena: nella seconda parte infatti in ogni episodio ci sarà una rivelazione sconcertante.
Consiglio questo anime a chi ha apprezzato la serie Baccano! (di cui ci sono delle citazioni), perché con Durarara!! i realizzatori si sono superati.


10.0/10
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Senza dubbio è un anime che lascia il segno. Ho iniziato a guardarlo senza troppe aspettative, perché temevo fosse un anime in cui le scene di violenza costituissero il "fulcro" della trama. Non è affatto così. Ci sono scene forti, ma sono sempre poste in contrasto con il vero tema portante della storia: l'amicizia. I protagonisti vivono in un Giappone povero (fine anni '50) dove, per molte persone, non ci sono garanzie per condurre vite tranquille o agiate.
I protagonisti di questa storia sono rinchiusi in un riformatorio, hanno commesso "crimini", ma per quale ragione? Per pazzia? Perché sono malvagi? L'anime ci farà scoprire che dietro azioni "illecite" si nascondono "storie di vita", storie che sono narrate sullo sfondo di in una società triste, ingiusta, fatta di oppressi e carnefici. Quale futuro possono avere i ragazzi che finiscono in un riformatorio senza poter contare sulla tutela dei diritti umani? Cosa faranno una volta fuori? Si costruiranno un futuro? Cresceranno nel bene o nel male?
Un futuro felice si può costruire con chi abbiamo vicino, con le persone alle quali siamo disposte a dare la nostra vita. È questo che "Fratellone" insegnerà ai ragazzi della Cella due, Area 6.

Posso dire che ho pianto come una fontana in un mucchio di puntate? Questo cartone riscalda il cuore perché fa vedere come, nonostante tutte le sfortune di questo mondo, se hai un Sostegno (gli Amici), tu puoi credere nella vita e in un futuro migliore. Le ingiustizie e il dolore ci saranno sempre, ma farai di tutto per "vivere" e "proteggere" le persone che vuoi avere accanto. Che bello! Se cercate un anime "formativo" questo è il migliore. Rainbow insegna i valori dell'amicizia e della fratellanza. È un anime veramente commovente e profondo. 10 e lode.


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Film piuttosto lungo che ha un capo ed una coda, il che di per sé è un miracolo trattandosi di un film legato alla serie "La malinconia di...", il punto è semplice però: non è un'opera d'arte e non colma nessuna delle fin troppo vaste lacune che le due serie hanno lasciato. Fa una cosa sola, analizza i personaggi da un'altra prospettiva incentrandosi su uno in particolare: Yuki. Il 7 lo do anche perché l'oggetto osservato è il mio personaggio preferito.

Veniamo alla trama, ma urge una premessa: è strettamente connessa alla trama e ai giochi temporali di quest'ultima, quindi vederlo senza le due serie annesse fa capire la metà delle cose e se non si conosce Haruhi dell'anime non è possibile capire i punti di analisi di Kyon. Detto questo, veniamo alla storia nuda e cruda.
Siamo in un momento non definito dopo gli eventi delle due serie, Haruhi definisce la nuova missione della brigata SOS per Natale, quando... (pathos? Suspance? Dubbi?) la realtà cambia radicalmente! Haruhi non frequenta più la scuola di Kyon, la brigata SOS non è mai stata fondata, nessuna interfaccia umanoide (Yuki) ha mai confidato il segreto su Haruhi a Kyon, nessun Esper (Itsuki Koizumi) gli ha esposto una teoria alternativa sull'essere divinità con potere di influenza globale da parte di Haruhi e nessuna ragazza che viaggia nel tempo (Mikuru Asahina) gli ha esposto la pericolosità di Haruhi.

Insomma, una realtà tutta nuova che sconvolge Kyon, che si dibatte per cercare di ritrovare il suo caotico passato intricato e pieno di problemi legati ad Haruhi. Vediamo l'amante dell'abitudinarietà e del cinismo, cioè Kyon, mettere in discussione il suo punto di vista per cercare di riottenere la passata realtà, ma soprattutto assistiamo ad una Yuki Nagato umana che cerca la sua umanità non solo in una realtà "alternativa", ma anche come interfaccia umanoide che accumula un sostanziale errore: le emozioni.
Che dire, è qualcosa di insolito, che unito ad un tratto del disegno più fine e delineato ed a delle musiche gradevoli porta ad un risultato discreto, ma non eccezionale; semplicemente si esalta il personaggio di Yuki dando agli appassionati della serie una nuova forme di analisi di uno dei personaggi più "tecnici" della situazione, permettendo una visuale umana.
Il problema però è che la serie ha sfoderato altri problemi, per cui non si capisce il senso di questo film così intensamente puntato su un personaggio, in un'analisi fatta bene per carità, ma quando la serie in sé e per sé ha un sacco di buchi e ci sono situazioni in sospeso ovunque, che senso ha?

In conclusione, un 7 se lo porta a casa il film in sé, necessitando la conoscenza delle due serie è ovvio che perde punti, inoltre se questo film è "tanto per" senza che ci sarà un improvement di quello che questo film ha dato, non ne vedo molto il senso, diciamo che speriamo in bene. Questo film dà senza dubbio speranza, quindi non mi sento certo di sconsigliarlo.


8.0/10
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Mi sono avvicinato a questo anime dopo aver letto i primi tre numeri del manga che sono usciti in questi mesi in Italia con la curiosità di vedere in che modo avrebbero reso l'ottima storia e l'atmosfera inquietante che si respira in ogni pagina, ma devo ammettere che con la serie animata hanno superato se stessi.
L'anime di Shi-Ki si presenta come un prodotto molto più inquietante, che mette molta più ansia, a volte con un briciolo di paura, e che, negli ultimi episodi in particolare, raggiunge l'apice dell'orrore e della violenza non lasciando niente alla fantasia ma mostrando di tutto e di più.
Finora solo Higurashi No Naku Koro Ni mi aveva saputo trasmettere un'inquietudine tale da lasciare il segno anche dopo la fine della serie, ma Shi-Ki è la prova che quando pensi che non ci possa essere niente di peggio, trovi ciò che smentisce il tutto.

Ma vediamo il tutto nei particolari.
Trama: nonostante la storia di fondo sia incentrata sui vampiri (e anche l'animazione giapponese, come tutto il resto, ha sfornato tonnellate di opere su questo tema), vediamo sin da subito che c'è qualcosa fuori dal comune.
Già dal primo episodio si respira un'atmosfera pesante, oserei dire "di morte", che accompagnerà lo spettatore per tutta la durata della serie senza mai saltare un episodio.
Molti i colpi di scena che terranno lo spettatore incollato allo schermo per tutta la durata della serie e non daranno tempo ai momenti "lenti" di annoiare il pubblico.
Narrazione abbastanza fluida con molti flashback che però sono sempre accompagnati dalla data, grazie alla quale lo spettatore non si perde nel fiume di eventi che si susseguono.
Interessante e ben strutturata la scelta di non far capire fino alla fine il vero protagonista della vicenda: infatti a partire dal primo episodio tutti i personaggi che lo spettatore individuerà come protagonisti si riveleranno essere tutto il contrario (evito di fare spoiler).

I caratteri psicologici sono la cosa che più mi ha sorpreso: purtroppo devo ammettere che mi hanno abbastanza deluso. Sono piatti, non ce n'è uno che spicca sugli altri: forse l'unica che mi ha un po' colpito è Sunako per la sua innocenza nonostante tutti gli eventi di cui è artefice.
Tutti gli altri sono impotenti, non perché non c'è niente che possano fare, ma perché non lo vogliono fare e, nonostante tutto, non vogliono avere a che fare con la verità.
Il dottor Ozaki è un mistero: nonostante abbia tutte le prove per sostenere la verità, lascia morire un saccio di gente pur di seguire il suo piano.
Anche Natsuno, che nella "prima parte" della serie è uno dei protagonisti, nella "seconda" passa improvvisamente in terzo piano e il suo ruolo diventa molto marginale, se non inutile.

Disegni molto particolari, come del resto il manga, ma fluidità un po' scadente.
Musiche molto belle, sia l'opening che l'ending che quelle inserite nei vari episodi, che aumentano il senso di ansia che pervade la storia. Doppiaggio molto molto buono, che contribuisce ad aumentare il terrore delle scene.
Nota a parte va fatta per i due special da vedere dopo le puntate 20 e 21 (special 20.5 e 21.5). In questi il tasso di violenza, orrore e disperazione trova il suo apice, tanto da sconvolgere anche lo spettatore più forte.

Veniamo ora ai due lati negativi che ho riscontrato nella serie. Primo, il finale troppo aperto, tanto che sembra quasi tagliato e che lascia l'amaro in bocca. Secondo, violenza gratuita e scene splatter esagerate, soprattutto negli ultimi episodi, degne di uno zombi movie di serie C.

Concludo dicendo che nonostante tutto questa serie mi è molto piaciuta e la consiglio soprattutto a chi non si lascia impressionare troppo e a chi cerca un anime horror fuori dal comune.


7.0/10
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L’uomo non è più quello di una volta? I tempi sono davvero cambiati per noi del cosiddetto sesso forte sempre più alle prese con donne determinate e aggressive?
A guardare l’anime B gata H kei sembrerebbe proprio di sì!
Pur basato su un plot cotto e stracotto negli ultimi anni come quello dell’harem d’ambientazione scolastica, questo titolo del 2010 ha in sé una profonda originalità dovuta al fatto che la protagonista femminile non è la solita inerme fanciulla pudica e vergognosa bensì una rampante teenager degli anni duemila, il cui unico scopo, una volta entrata nell’età adolescenziale, è quello di farsi quante più esperienze sessuali possibili. Niente amore, niente sentimenti, considerati come fuori moda e sfigati, bensì solo sesso in tutte le sue possibili varianti.

Yamada, questo è il nome della nostra eroina, è uno spasso! E’ la vera figlia dei tempi moderni dove tutte le esperienze vanno consumate velocemente e senza soffermarci troppo sul loro significato sulle loro conseguenze. Il sesso a cui lei mira è qualcosa d'indefinito poiché recepito solo attraverso i giornali e la televisione, da qui la sua esilarante "imbranataggine" dovuta alla sua totale mancanza di esperienza. Come un moderno kamikaze però la ragazza non si lascia mai scoraggiare e affronta tutte le incredibili vicissitudini che si interpongono al raggiungimento del suo obiettivo, con nipponico coraggio.
E l’uomo? Ovvio, è lo sfigato di turno, completamente impreparato davanti all’esuberanza e alle aspettative della protagonista ma dal cuore d’oro tanto da indurre un’impietosa tenerezza nello spettatore. Ruoli completamente invertiti quindi, e aggiungiamoci che Yamada non si sottrae alla moda del momento: lo tsundere!

L’anime si dipana in 13 episodi esilaranti nonostante l’ambientazione e la struttura narrativa non siano certo un esempio di originalità e le figure di contorno non riescano a superare i classici stereotipi. Tra festival scolastici, san valentini, gite e notti di natale a rendere la visione divertente e in alcuni punti davvero brillante sono i continui fraintendimenti e l’esplosivo carattere della protagonista - dovuto anche a una intelligenza non eccelsa a dire il vero -, senza parlare dell’entrata in scena degli Erogami, le divinità del sesso con le fattezze chibi dei personaggi che proteggono con il preciso compito di condurli lungo la difficile strada della maturità sessuale. Spassosissimo.

Il disegno e il chara design sono di quelli classici, senza fronzoli, comunque funzionali alla storia che viene raccontata, mentre la vera sorpresa sono le canzoni, un'opening e un'ending frizzanti capaci di infondere da subito l’energia e il brio a cui una serie del genere mira.
Che dire insomma di B gata H kei? E’ un simpatico passatempo per tutti ma, paradossalmente, non per chi cerca scene spinte e scollacciate. Se amate gli ecchi, il fanservice esagerato o qualcosa di più erotico, ebbene qui non c’è trippa per gatti. Tutte le scene di nudo sono infatti censurate dal fantomatico sigillo demoniaco, che vi lascerà come Yamada: a bocca asciutta!


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“Arakawa Under the Bridge” non è un capolavoro. Non è un'opera che rivoluzionerà per sempre l'animazione giapponese: non inventa nulla di nuovo e non è piena di dettagli che si notano soltanto dopo ripetute visioni. Assolutamente no.
“Arakawa Under the Bridge” non è un capolavoro. Ma non è nemmeno una schifezza immonda. E' un'opera onesta, che non si prende troppo sul serio, con un comparto tecnico che svolge bene il suo sporco lavoro e, tra una gag e l'altra, c'è anche un buon messaggio di fondo. Tutte queste cose non sono per niente scontate. Ma guardiamole nei dettagli.

“Non essere mai in debito con nessuno”. Questo è il motto dell'Ichinomiya, grandissima azienda a conduzione familiare. Il protagonista dell'anime è Kou, figlio del magnate dell'impresa. Siccome un giorno spetterà a lui assumere la guida della compagnia, per tutta la sua vita ha sempre osservato fervidamente l'adagio di casa. Ma, si dice, la strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni, e lo stesso si può dire di ciò che capita al povero Kou. Per colpa di uno scherzo degenerato, infatti, il giovane rischia di annegare e viene salvato da una ragazza, Nino, che abita tra le rive del fiume Arakawa.
Per quanto la situazione sia drammatica è comunque un'infrazione al comandamento, e per questo il nostro è disposto a tutto per sdebitarsi. All'apparenza Nino non sembra avere niente che desideri. Sollecitata da Kou, però, arriva a una decisione: vorrebbe che quest'ultimo diventasse il suo fidanzato.
Il ragazzo accetta volentieri, tanta è l'urgenza di riparare al danno. A mente fredda, però, i nodi vengono al pettine: tanto per cominciare il nostro dovrà lasciare la sua comoda vita alle spalle per trasferirsi sotto al ponte. Dopodiché dovrà fare la conoscenza con gli altri abitanti del fiume, compito piuttosto difficile perché si tratta di gente quantomeno eccentrica, per non dir di peggio. Tanto per farvi qualche esempio: il “sindaco” è un kappa che dà nomi strani a tutti quelli che vivono sotto il ponte; il “cappellano” è un omaccione con un passato di veterano di guerra, si fa chiamare Sister e distribuisce - tra una minaccia e l'altra - dolcetti a tutti; un compassato uomo d'affari ha abbandonato moglie e figli solamente per tracciare linee bianche su cui camminare; la stessa Nino, poi, crede di venire dal pianeta Venere. Sdebitarsi è quindi un compito più complesso del previsto per il nostro Kou.

Questa è la sinossi di “Arakawa under the Bridge”: una trama simpatica, a suo modo originale, ma con un grande difetto di fondo: che in realtà non è una trama. Infatti tutto quello che si ottiene è una miscela disomogenea e non molto organizzata di varie situazioni, con l'antefatto sopraccitato come unico collante. La struttura stessa degli episodi non aiuta: non sono - come di norma negli anime - un blocco compatto narrante una sola storia, bensì sono suddivisi in tanti piccoli blocchi narrativi. A volte questi pezzi hanno un filo conduttore che li unisce, ma capita anche che non sia così, spiazzando lo spettatore. Di certo quest'ultimo non si annoia: se per disgrazia non dovesse apprezzare un blocco può sempre sperare in quello successivo, senza contare che è senza dubbio un metodo piuttosto originale, a cui una volta abituatisi non è nemmeno così male. Personalmente, però, avrei preferito un assetto più canonico, perché così si pone ancora di più l'accento sulla disomogeneità della trama principale.

Essendo “Arakawa” una serie fondata principalmente sulle gag (ne riparleremo più tardi) non è un grande problema, ma come mai nessuno obietta alla decisione di Kou di trasferirsi, o quantomeno non si chiede le ragioni di una simile mossa? In alcuni episodi successivi, a dire il vero, c'è una risposta al quesito, ma quest'ultima serve soltanto per aprire altri interrogativi.
Altro giro, altra domanda, su cui poggia tutta l'impalcatura della trama: perché Nino vuole che Kou diventi il suo fidanzato? Lei, si scopre in seguito, non sa nemmeno in cosa consista avere una relazione, e i corteggiatori non le mancano di certo. Perché ha scelto proprio lui, quindi?
Per quanto riguarda le gag non dovete aspettarvi raffinata ironia inglese, ma nemmeno robaccia simile ai nostri cinepanettoni. Direi che l'ironia di “Arakawa” sia in mezzo a queste due categorie: nella sua semplicità, però, funziona alla perfezione. Probabilmente è proprio questo che ha fatto avere alla serie tutto quel successo: i personaggi sono uno più pazzo dell'altro, e le loro reciproche follie si scontrano e s'incontrano dando vita a situazioni le une più assurde delle altre. Ovviamente non si può parlare di verosimiglianza o realismo, ma dubito fortemente che qualcuno scelga di guardarsi questo anime aspettandosi chissà quale verità assoluta o colpo di scena.

Anche per questo nell'introduzione ho detto che “Arakawa” è una serie onesta: a differenza di altre opere non ha nessuna pretesa se non quella d'intrattenere lo spettatore. E l'obiettivo è centrato in pieno. La presenza di tanti momenti leggeri, però, non pregiudica l'introspezione psicologica, qui a dei livelli più che dignitosi. Com'è ovvio, chi ne beneficia di più sono i due protagonisti, Kou e Nino. Il primo, nonostante si attacchi con tutte le sue forze al suo passato tranquillo (e anche un filino noioso), non riuscirà a evitare di essere contagiato dalla follia sotto il ponte Arakawa, e nel corso degli episodi si affezionerà alla sua “fidanzata” e agli altri abitanti. D'altro canto la ragazza imparerà tante cose stando con Kou, e nel corso della serie i due svilupperanno dei sentimenti reciproci e una relazione stabile, anche se ovviamente a modo loro.
Anche altri personaggi, però, godono di una caratterizzazione buona: tra i secondari, ad esempio, spicca Takai Terumasa, un segretario di Kou che nutre una profonda venerazione per lui. In generale, comunque, tutto il cast ha un'introspezione psicologica molto buona: peccato soltanto che si sia dato più peso al lato comico delle vicende e non a quello più emozionale.

Il comparto tecnico è, come al solito oggigiorno, molto buono. Il character design di Nobuhiro Sugiyama non fa gridare al miracolo, ma è gradevole e funzionale alla storia. La fotografia è costituita da un'illuminazione dai toni accesi, ma che non danno fastidio all'occhio; la regia di Akiyuki Shinbo, poi, è particolare e sempre adatta alla sceneggiatura. Le musiche sono leggermente sottotono: pensate, non riesco a ricordarmene neanche una. Giudizio sospeso. L'opening “Venus to Jesus”, invece, me la ricordo: è una canzone molto orecchiabile, peccato soltanto per la voce inesistente della cantante; l'ending, al contrario, è perfettamente trascurabile.
Infine, il doppiaggio: ben fatto e molto azzeccato per tutti i personaggi. Tutti gli interpreti sono molto bravi, ma in particolare Maaya Sakamoto nel ruolo di Nino e Chiwa Saito nei panni della piccola Stella spiccano sugli altri per espressività e versatilità.
Nel caso non lo aveste capito, “Arakawa Under the Bridge” non è un capolavoro. Ma questo non significa che non sia un'opera da vedere.


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È da diverso tempo che in casa Gainax una nuova personalità ha scalzato dal ruolo di protagonista Hideaki Anno (che prima di andarsene e fondare lo Studio Khara ha assunto ruoli via via sempre più marginali, anche a causa del notevole impegno riposto nella produzione di live-action): il suo nome è Hiroyuki Imaishi, geniale animatore il cui stile fresco e spettacolare ha influenzato pesantemente tutta la produzione Gainax da <i>FLCL</i> in poi, fino al successo planetario di <i>Gurren Lagann</i>, nel quale egli compare anche in veste di regista. Nel 2010 Imaishi e gran parte dello staff di <i>Gurren Lagann</i> si rimettono all'opera su di un progetto alquanto particolare, che già dal titolo e dai promo scatena accese discussioni tra chi non ripone più alcuna speranza nella Gainax e chi invece attende con trepidazione la nuova serie di punta dello studio: <i>Panty & Stocking with Garterbelt</i>.

A prima vista, effettivamente gli input non sembrano particolarmente significativi, tra il titolo goliardico e la trama scarna e approssimativa, tutta incentrata sulle imprese di Panty e Stocking, due angeli cacciati sulla Terra per via del loro atteggiamento non esattamente ortodosso, e costrette a combattere contro stravaganti spiriti chiamati Ghosts per poter tornare in Paradiso. I motivi di interesse sono però ben altri: <i>P&S</i> non è infatti né un ecchi né un majokko, bensì un divertissment nel quale gli autori si sono sbizzarriti in un gioco di parodie e citazioni sfrenato, rivolto non solo all'animazione giapponese, ma anche e soprattutto ai cartoons americani e alla cultura occidentale in generale. Chi pensa che gli anime non possano essere un prodotto eclettico, in quanto troppo legati alle tradizioni culturali giapponesi, probabilmente rimarrà stupito di fronte a questo mix vulcanico in grado di fondere insieme gli stereotipi e le ultime tendenze della japanimation, lo stile geometrizzante e impercettibilmente progressista di Genndy Tartakovsy, nume tutelare di Cartoon Network, l'indecente humour di <i>Ren e Stimpy</i> e una valanga di citazioni più o meno colte dalla cinematografia statunitense, coordinate sapientemente amalgamate dal tocco esplosivo e imprevedibile di Imaishi.

Un'eco molto evidente delle serie americane la si può notare anche nella struttura degli episodi: <i>P&S</i> è infatti una serie piuttosto breve, che si fa valere più per le singole puntate che per un'organicità di fondo (comunque presente): in altre parole, non bisogna aspettarsi una vicenda complessa e approfondita, ma una sequenza di mini-episodi (circa due a puntata) dalla trama semplice e immediata, e che puntano tutto sul ritmo, sulle gag e sullo stile visivo. Su quest'ultimo punto, il lavoro svolto dallo staff Gainax è da lodare, sia per quanto riguarda i disegni, curatissimi nella loro essenzialità, e per le animazioni, capaci di variare senza problemi da fluidità pazzesca a frizzante legnosità quando il contesto lo chiede - il particolare che ho trovato più esaltante è l'abilità con il quale Imaishi riesce a destreggiarsi tra numerosi timbri registici: si passa da momenti onirici di lynchiana memoria, a soluzioni sperimentali che omaggiano lo stile dello Studio 4°C, fino a scene d'azione spericolata e sequenze one-shot, cioè con una sola inquadratura.

Un'altra caratteristica peculiare di <i>P&S</i>, quella che ha generato più dissensi nei suoi confronti, è l'umorismo diretto e senza contenuti (non si sta certo facendo satira!), quando non assolutamente volgare presente in tutta la serie. La sceneggiatura farcita di dialoghi contagiosamente scurrili, con una valanga riferimenti sessuali per nulla velati e numerose incursioni nello splatter e nel toilet humour sono di per loro un facile bersaglio di chi solitamente chiede qualcosa di più moderato e aborrisce il fanservice (anche se qui parlare di fanservice è fuori luogo). In verità, questi elementi non sono affatto nuovi nello stile di Imaishi, che anzi ha sempre fatto di una miscela scoppiettante di azione, erotismo e comicità screanzata il suo cavallo di battaglia, basti pensare a <i>Dead Leaves</i> (realizzato con la Production I.G) o allo stesso <i>Gurren Lagann</i>: non ci troviamo di fronte a nulla di nuovo, è semplicemente un aspetto già presente in passato e soltanto più marcato, e che comunque deve essere inteso solo nella fattispecie dell'intrattenimento spensierato offerto dalla serie. Questo è <i>P&S</i>, prendere o lasciare.

Nel complesso l'anime risulta ben condotto, con qualche sporadico calo ampiamente tamponato da alcuni picchi di virtuosismo degni di nota (come la puntata in cui compaiono le Sorelle Demoniache). Non ho particolarmente gradito la colonna sonora, tutta incentrata su brevi nenie dal gusto techno-dance, azzeccate se utilizzate in funzione descrittiva ma comunque non significative (in particolare la sigla iniziale, tra le più brutte che mi sia capitato di sentire); altro punto a prima vista dolente è la conclusione, visto che proprio all'ultimo momento, quando tutto sembrava risolto, viene introdotto un nuovo corpus narrativo, con alcune rivelazioni che forse lasceranno basiti gli spettatori. In verità, quest'inserimento così precipitoso di una nuova linea narrativa in coda all'episodio finale è un altro stilema preso a prestito dall'animazione americana, il cosiddetto "finale cliff-hanger", che funge da preludio alle vicende di una seconda stagione - in effetti l'ultimo fotogramma lascia intendere che la serie sarà accompagnata da un seguito, staremo a vedere se si tratta di un progetto reale o dell'ennesima, geniale burla degli autori.

Che dire? <i>P&S</i> è in effetti un prodotto controverso, che non sempre va incontro ai gusti dei più, ma che consiglio caldamente a tutti gli estimatori della Gainax e di Hiroyuki Imaishi, che dimostra di essere ancora in forma (anche se l'ho preferito con <i>Dead Leaves</i> e <i>Gurren Lagann</i>), nonché a chi cerca qualcosa di sfizioso e insolito. Un provocatorio inno al sincretismo culturale e al divertimento più epidermico e disimpegnato, che di certo non fa male ogni tanto.


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Se avessi la possibilità di rivivere ogni volta una realtà diversa, riusciresti a fare le scelte giuste e distinguere - e conquistarti - ciò che è davvero importante?

Yojou-han Shinwa Taikei alias The Tatami Galaxy è una serie breve, realizzata da un regista e da uno studio di animazione (Yuuasa e Madhouse rispettivamente) accomunati da uno stile particolare e una certa voglia di uscire dagli schemi.
Se espedienti di animazione e stile insoliti, uniti a molto dialogo (decisamente il fatto che la fonte originale sia un romanzo si nota), non vi scoraggiano a priori, la visione di questa serie è consigliatissima.

Yojouhan presenta il protagonista Watashi (traducibile come "Io"), matricola universitaria che sogna una vita al college "tinta di rosa", e la sua stanza da 4 tatami e 1/2, specchio della sua realtà ristretta, il suo microcosmo (ovvero, titolo e sigla di chiusura docet, una galassia di 4,5 tatami).
Il suo viaggio surreale da una realtà parallela all'altra, o meglio da una variante di una stessa giornata all'altra (ma non è l'Endless Eight di Haruhi, tranquilli) comincia quando in una bella sera stellata la divinità delle coppie (o piuttosto un senpai eternamente fuoricorso?) appare al protagonista che sta mangiando al classico baracchino del ramen, rivelandogli che presto verrà deciso se 'abbinare' una certa ragazza al detto protagonista o piuttosto al suo migliore amico Ozu, simpaticamente etichettato 'oni' da Watashi per il suo modo di fare e il viso non esattamente rassicurante, e che Watashi considera un po' la sua nemesi.

Dopo questo fatidico incontro notturno ogni episodio vede l'Io/Watashi protagonista alle prese con una versione del suo piccolo mondo e di una stessa piccola cerchia di persone (vedi sigla di apertura), dove nonostante le infinite variazioni e imprese e desideri più o meno velleitari, ogni giorno termina con l'insoddisfazione di Watashi. Il giorno successivo quindi diventa un reset di quello precedente. Il perché e il per come è tutto da scoprire, e risolvere il nesso tra tutte le giornate coinciderà con la catarsi del protagonista e la sua realizzazione personale e sentimentale.
Il tutto è arricchito da una grafica coloratissima e pattern decorativi (pensate a Gankutsuou/Montecristo o a Mononoke), con anche l'aggiunta di foto e filmati dal vero.
Tra le serie realizzate da Yuuasa&Madhouse (Kemono-zume, Kaiba, The Tatami Galaxy e il film animato Mind Game), Tatami rimane la più accessibile ed equilibrata per disegni e sceneggiatura. È uno slice-of-life surreale, ha una conclusione organica e soddisfacente ed è bilanciato, senza scossoni o guizzi bizzarri come nelle serie precedenti. Il problema se mai può essere tenere il passo con la velocità dei dialoghi, sono tutti delle mitragliette! La natura inizialmente episodica di Tatami potrebbe poi annoiare qualcuno o indurre il sospetto di episodi fini a se stessi, ma niente paura, i conti tornano il finale giustifica retroattivamente la visione della serie completa.

Il voto è un 8 e 1/2 per l'equilibrio, l'originalità ma anche piacevolezza grafica, e il bel finale. Ho trovato Kaiba complessivamente più coinvolgente e persino più accattivante pur nella peculiare grafica anche se meno bilanciato, per cui se il voto sul sito è 9 per entrambi, Kaiba lo metto un gradino sopra. Ma davvero è uno scarto di gusto personale, non di merito.

Recensione in inglese sul messaggio di fondo della serie:
(attenzione agli SPOILER del finale) http://guriguriblog.wordpress.com/2010/07/03/yojo-han-shinwa-taikei-letting-your-inner-moths-out-of-tatami-galaxy/


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Che accadrebbe se dormiste? E se, mentre state dormendo, sognaste? E se, nel vostro sogno, vi ritrovaste in paradiso e coglieste uno strano e bellissimo fiore? E se, quando vi sveglierete, vi ritrovaste quel fiore tra le mani? Che cosa fareste allora? [S. T. Coleridge]

Colpevole di un peccato di cui non ricorda più nulla, stanco della vita mondana, uno spirito giunge in un luogo buio e dai colori spenti. Assieme a lui ci sono molti altri viaggiatori: sono in fila davanti a un botteghino e stanno acquistando un biglietto. Lenti e apatici, i possessori di quel lasciapassare si dirigono verso una porta oltre la quale c'è solo il buio. È ciò che desidera. L'oscurità, la notte eterna. Fa per mettersi in coda anche lui assieme agli altri, ma un ragazzino lo ferma. Gli dice che ha vinto una specie di lotteria e il premio è potere avere un'altra occasione, un'altra vita sulla Terra.
"Rifiuto il premio" gli dice lo spirito. "Né tu né io possiamo rifiutare."

"Colourful" è la storia di un'anima, la storia della sua redenzione. Un film delicato che racconta la battaglia per la vita del protagonista e gli innumerevoli ostacoli che, minacciosi e apparentemente insormontabili, incombono su di lui a ogni passo. La trama in effetti ricorda per diversi aspetti "Un cielo radioso" di Jiro Taniguchi, anche se le condizioni in cui si ritrova a dovere vivere Makoto, questo il nome del ragazzo in cui lo spirito rinascerà, sono molto più estreme. Niente amici, pessimi voti a scuola, la ragazza di cui è segretamente innamorato che non è poi così pura, il tradimento della madre e infine il tentato suicidio. E nondimeno il tutto è presentato in maniera realistica, senza eccessive esagerazioni o buonismo di sorta, senonché il finale poteva essere gestito un po' meglio. Certo era piuttosto palese che la vicenda sarebbe andata a finire in una maniera del genere - anche solo leggendo il titolo lo si capisce - eppure una leggera insoddisfazione per un finale così "classico" non ne vuole sapere di abbandonarmi, specialmente dopo il magnifico incipit con cui il lungometraggio era iniziato.

Con questo non voglio assolutamente dire che sia forzato, tutt'altro. Ogni personaggio che compare sullo schermo è caratterizzato in maniera credibile e per questo non sorprende che la piega degli eventi prenda una determinata direzione. Insomma non aspettatevi sorprese da questo versante perché non ne avrete. E tuttavia durante la visione non se ne sente alcun bisogno. Tutti gli attori di questa commedia sanno recitare il ruolo alla perfezione e, seppure per l'intera durata del film il ruolo di protagonista non venga mai sottratto a Makoto, in certi momenti alcuni comprimari risultano davvero notevoli. Basti pensare alla madre del ragazzo, tormentata e distrutta dal senso di colpa, oppure alla sua insolita guida, misteriosa e oltremodo indisponente.

Dal punto di vista tecnico "Colourful" è realizzato magnificamente, alcuni fondali sono una vera gioia per gli occhi, le animazioni molto fluide e i disegni più che buoni. Nella parte centrale, che tratta dell'antica linea ferroviaria Shibuya-Futako-Tamagawa, sono inoltre state inserite delle foto del vecchio convoglio. Oltre a inserirsi perfettamente tra narrazione e scene animate, riuscendo nell'impresa di creare un'atmosfera molto suggestiva, queste ultime mettono in risalto anche il tema del viaggio, da lungo tempo diventato una metafora del cammino attraverso la vita e in questo caso particolare anche il punto di svolta dell'intera vicenda.
Se è vero questo bisogna però anche dire che la colonna sonora non fa molto per sottolineare i momenti salienti della storia e risulta, fatta eccezione per pochi brani, piuttosto anonima.

In conclusione "Colourful" si rivela essere un ottimo slice of life, che sa trattare temi profondi in maniera delicata e allo stesso tempo essere leggero e spensierato. E' una storia di formazione, come se ne vedono tante, eppure in grado di ammaliare lo spettatore, di farsi vedere fino alla fine senza mai annoiare. Una meravigliosa celebrazione del lirismo della quotidianità.


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Se cercate un buono shoujo divertente e romantico quanto basta, non vi può di certo sfuggire questo titolo.
La protagonista indiscussa è Misaki, studentessa modello, presidentessa del consiglio studentesco, forte ed esperta di arti marziali. L’obiettivo della ragazza è quello di migliorare la reputazione della scuola, ex liceo maschile, ora aperto ad ambo i sessi, che però negli anni si è fatto il brutto nome di un covo di teppisti. La realtà non si allontana tanto dalle voci e la nostra Misaki deve lottare duramente per portare l’ordine e difendere la poche ragazze spaurite che frequentano l’istituto. Quest'aria di rinnovamento non sta bene a molti, così nel corso delle serie la ragazza avrà vari antagonisti, difatti già nella prima puntata tre teppisti cercano di aizzarle contro il temutissimo Usui. Il ragazzo s'interessa alla protagonista e invece di osteggiarla ne rimane colpito e comincerà a dimostrarlo in un modo tutto suo. Pedinando la ragazza scopre, che essa cela un segreto, dietro all’alone di perfezione che si è creata intorno a sé: Misaki è una maid, lavora in un maidcafè. Ed ecco che arriva sul piatto d’argento la possibilità per Usui di ricattare e punzecchiare la malcapitata, ma non si tratta che di una scusa per passare del tempo con la determinata e cocciuta Misaki.

È l’inizio di un amore? Non proprio, perché a causa di un trauma famigliare la ragazza odia il genere maschile e proprio a causa di questo trauma e delle conseguenze economiche che ne sono derivate, è stata costretta a trovare un lavoro ben remunerativo. Quindi se pensate che la componente maid sia di fan service, vi sbagliate, non è questo il caso, il lavoro di cameriera è una scelta obbligata, imposta dal bisogno e per questo il lavoro inizialmente è disprezzato da Misaki, considerato come una cosa di cui vergognarsi e da nascondere. L’incontro tra Usui e Misaki è propizio poiché permette a entrambi d'intraprendere un percorso in cui possono sorreggersi a vicenda e migliorare lati molto spigolosi della propria personalità; l’una comincia a fidarsi del genere maschile e l’altro trova l’affetto e l’amore che gli sono sempre stati negati. In verità di Usui non sappiamo moltissimo, rimane avvolto nel mistero; questo probabilmente è dovuto al fatto che il manga, da cui è tratto l’anime, è ancora in corso, ed è plausibile pensare che certe carte verranno scoperte solo più in là nella narrazione.

Ci sono molti personaggi di contorno: i tre teppisti che poi diventano fan della maid Misa-chan, assidui frequentatori del caffè; le due compagne di classe di Misaki, una seriosa e l’altra sempre con la testa tra le nuvole, pronta sempre a innamorarsi di ragazzacci; la sorellina di Misaki con una fortuna sfacciata che vince sempre a concorsi del supermercato e a estrazioni varie; i membri del consiglio studentesco, tra cui spicca il vicepresidente, che viene sempre scambiato per una ragazza. E venendo alle altre maid e a chi gira intorno al caffè spicca il personaggio di Aoi, un ragazzino che ama travestirsi da donna, e il suo travestimento è così riuscito da procurargli/le uno stuolo di ammiratori. Aoi inizialmente non sopporta Misaki, poiché ritiene che la ragazza non metta ben in luce la sua femminilità, lei che è donna veramente, si mortifica in vestiti maschili ed è sciatta: chi ha il pane non hai denti.
Kaichou wa Maid-sama!, l’hanno visto anche dei miei amici di sesso maschile, gradendolo, non è uno di quegli shoujo adatti solo a palati femminili, difatti è un anime brillante, divertente, leggero che scorre con piacere e ci dona anche un bel finale, quindi do 8.


7.0/10
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Un bisticcio verbale traducibile come "storie di spade", "Katanagatari" è una serie episodica a cadenza mensile composta da capitoli da cinquanta minuti l'uno, caratterizzata da un deciso sperimentalismo grafico.
Subito attirato dall'aspetto tecnico molto piacevole e innovativo, il pubblico avrà però modo di constatare che i pregi dell'opera non risiedono unicamente in quest'ambito. E' infatti necessario dare merito all'anime dell'aver saputo giostrarsi mirabilmente bene nel proprio campo, ottenendo un ottimo grado d'intrattenimento senza dover elaborare funambolismi narrativi né appesantire l'intreccio di arzigogoli.
Tale lavoro infatti si presenta come un'opera leggera, che non si prende eccessivamente sul serio e proprio per questo suo carattere può permettersi errori e sviste pur notevoli, sui quali non sarebbe altrimenti possibile soprassedere se l'anime puntasse a toni più elevati.
La componente che maggiormente valorizza "Katanagatari" è sicuramente, oltre all'appagante e ben congegnato aspetto tecnico, l'insieme dei personaggi, i quali risultano molto caratteristici e affascinanti, dote enfatizzata dalla narrazione discretamente ripartita tra i vari gruppi secondari che prendono parte alla vicenda.

La storia vede il viaggio di due particolari individui attraverso il Giappone attorno al XVIII secolo: un'autodichiarata stratega, Togame, detentrice di un'elevata carica militare presso lo shogunato e uno spadaccino che non usa spade, Yasuri Shichika, uomo leale e ingenuo, che darà inizio a una peculiare decostruzione del concetto di tale arma.
I due si muoveranno per l'intero territorio nipponico alla ricerca delle dodici lame create nell'era Sengoku da un fabbro prodigioso, Shikizaki Kiki, il quale forgiò questi mirabili oggetti dai temibili poteri.
Detta così, la trama scoraggerebbe anche i più arditi a visionare la serie, ma nonostante la banalità con cui si dà l'avvio agli eventi che seguiranno, l'opera risulterà da subito piacevole sfruttando massimamente la componente caratteristica e accattivante dei diversi attori che saliranno in scena, senza focalizzarsi né sulla trama propria né sui combattimenti che prenderanno luogo, che verranno spesso svolti rapidamente senza gravare sul ritmo della narrazione, andando a "decostruire" il genere a cui la serie s'ispira.
L'intreccio si arricchirà poi con i piccoli giochi di politica e diplomazia che Togame intreccerà con coloro che si pareranno sul suo cammino, come pure questi ultimi li sfrutteranno vicendevolmente fra loro per perseguire i propri obiettivi.

Proprio per la sua scarsa pretenziosità, la serie riesce a eludere qualsiasi accusa di scarsa o nulla analisi di temi cruciali per la stessa, quali l'amore e la morte, in quanto nell'alterità del tutto le psicologie dei personaggi risultano sin dall'inizio posticce, tali da non dar adito agli spettatori di potere tacciare l'opera di scarso realismo, ma al contempo risultando adatte all'atmosfera che loro stesse animano.
La semplicità con cui viene trattato l'amore è la stessa con cui Shichika esterna il proprio sentimento sin dal primo episodio e con un tale inizio si comprende bene come i realizzatori non vogliano alzare troppo il tiro né farsi prendere dall'ambizione.
Nonostante tutto la componente emotiva troverà i propri giusti spazi, senza mai risultare impertinente ma sapendosi enfatizzare in giusta misura nel finale, conciliando l'intreccio senza forzarlo.
Lo stesso sviluppo degli eventi non risulterà forzato a dispetto degli stratagemmi utilizzati per guidarlo e ciò in virtù sia della voluta superficialità dell'opera sia della buona impostazione registica datale, coadiuvata da una meritevole e rapida sceneggiatura.

Una nota è ora necessario porre sul finale, il quale non può che riscontrare la mia approvazione: quest'ultimo risulta più duro del corpo principale della serie, accelerando d'improvviso l'ascesa a una maggiore serietà che si era intuita durante tutta l'opera.
Ora, già dal penultimo episodio, il regista volta pagina e cambia tono, prendendo il coraggio di non acconsentire alle tacite richieste del grande pubblico, scrivendo una conclusione nella quale le tinte fosche non si celeranno e i colpi non verranno più trattenuti, la quale troverà il favore solo degli spettatori controcorrente ed esigenti quali il sottoscritto.
Il finale non si può considerare strettamente tragico, tuttavia è lodevole l'impegno dei realizzatori nel non ritornare sui propri passi e rovesciare uno scenario che si prospettava fortemente negativo, cosa che puntualmente invece avviene a causa dell'assoluta necessità da parte del grande pubblico di ricevere il suo solito e forzato lieto fine.

L'aspetto tecnico è eccellente in quanto a fluidità dei movimenti e quant'altro, mentre l'aspetto grafico che fortemente distingue la serie, per quanto possa non incontrare il gusto di alcuni, è innegabilmente interessante nelle sue lunghe e piatte pennellate e nei suoi luminosi e vivaci cromatismi, perfettamente adattato, per quanto contrastante, con l'atmosfera tipicamente orientale che si va a evocare.

In conclusione, "Katanagatari" si presenta come un'opera leggera ma comunque in grado d'intrattenere piacevolmente senza annoiare, evitando di scadere in soluzioni narrative banali e riservando anzi diversi sviluppi inattesi. Troverà un buon seguito fra chi, come me, apprezza gli sperimentalismi tecnici, assicurando comunque ben più che un semplice intrattenimento grafico.


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