Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Lo sport la fa da padrone nell'appuntamento di oggi in cui troviamo solo titoli appartenenti a tale genere: Cross Game (Baseball), Mila e Shiro - Il sogno continua (Pallavolo) e Giant Killing (Calcio).

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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7.0/10
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"Cross road" nasce come manga nel 2005 dalla matita di Mitsuru Adachi, il re degli anime sentimentali a sfondo sportivo, e viene trasposto in forma animata nel 2009 ad opera dello Studio Synergy SP.
Personalmente sono sempre stato un grande estimatore delle opere del maestro, al punto da appassionarmi a sport che non conoscevo affatto (il baseball) e ad altri che conoscevo poco (il nuoto). L'unica pecca che, però, rimproveravo alle sue opere era l'adozione di uno stile grafico forse troppo ripetitivo che, se da un lato ha rappresentato con gli anni il suo marchio di fabbrica, dall'altro rendeva tutti i suoi personaggi un po' troppo simili nell'aspetto.
Con "Cross Game" le variazioni grafiche apportate sono invece più che accettabili: i personaggi mantengono una fisionomia che sa di già visto ma perlomeno non si corre il rischio di confonderli con altri appartenenti ad altre serie; in più, come detto, il tratto grafico che Adachi dà ai suoi personaggi è una sorta di segno distintivo a cui un appassionato non può davvero rinunciare.

Nel suo complesso "Cross Game" è senz'altro un titolo di ottimo livello che però, a mio avviso, deluderà un po' i fans del maestro nipponico a causa di una eccessiva lentezza narrativa la cui finalità non mi è del tutto chiara. Chiariamoci: Adachi ha sempre fatto scorrere molto lentamente la narrazione, ma sapeva mantenerla sempre vivace e interessante grazie anche alla presenza di una nutrita schiera di personaggi secondari le cui vicende personali rappresentavano una vera e propria storia nella storia. In "Cross game", invece, tutta l'attenzione finisce per soffermarsi quasi esclusivamente su Ko e Aoba con rare "intrusioni" di personaggi poco sviluppati - Akane e Yuhei - o mal concepiti (il cugino di Aoba mi spiegate che ruolo ha?). E dato che l'attenzione è concentrata su questa coppia il tirarla così per le lunghe è diventato, spesso, motivo di fastidio.

In realtà un terzo personaggio principale in quest'anime c'è: si tratta di Wakaba, la sorella di Aoba, una bambina che dimostra una maturità di gran lunga superiore ai suoi anni, che fa coppia con Ko durante l'infanzia. Il problema è, però, che la ragazza muore subito nel corso del primo episodio e la sua presenza nei successivi quarantanove episodi sarà paragonabile a quella di un fantasma che aleggia nella vita dei due protagonisti influenzandone le azioni.
L'impostare tutta la trama su questa disgrazia m'è sembrato, a sua volta, un po' esagerato: difficile credere che a sei anni dalla sua scomparsa la sua figura riesca ancora a influenzare così tanto le decisioni dei vari personaggi. Non vorrei essere considerato cinico dicendo questo; è chiaro che il dolore per la scomparsa di una persona cara è difficile da rimarginare. Ma dopo sei anni pensare che il ricordo di questa bambina affolli in modo così ingombrante la mente di questi ragazzi mi sembra un po' utopistico.

Per il resto, invece, Adachi si dimostra, nonostante il passare degli anni, ancora in piena forma e ancora capace di raccontare storie che riescono ad appassionare e a toccare il cuore.
La trama non presenta grandi novità rispetto al passato: racconta le gesta sportive di Ko, un giocatore di baseball delle superiori, e della sua rincorsa al "mitico" Koshien. A lottare insieme a lui ci sarà Aoba, sua amica d'infanzia e grande appassionata di baseball, che afferma di odiare profondamente Ko, reo di averle sottratto le attenzioni della sorella scomparsa. Il rapporto fra i due, ovviamente, sarà destinato a cambiare radicalmente con il tempo.
Ho apprezzato particolarmente il finale in cui, come tradizione, qualcosa viene lasciato in sospeso al fine di permettere allo spettatore di scegliere da solo il futuro che preferisce per i ragazzi. Un finale fatto di gesti e parole che non risolvono tutto ma che risultano essere maledettamente poetici.
La mia valutazione di questo Cross Game è dunque buona; non lo ritengo, però, un lavoro paragonabile agli altri capolavori di sua maestà Mitsuru Adachi, per cui anche il mio voto risulterà essere un po' più basso.



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Ho sempre avuto un certo timore quando sono andato a guardare seguiti di opere, per qualche motivo, famose. Ma l'esempio più calzante è forse quello delle commedie italiane degli anni '80: titoli come "L'Allenatore nel pallone" o "Febbre da Cavallo", specchi di un'epoca, riproposti con dei seguiti dopo venti o più anni con attori invecchiati e ormai passati ad altro o senza i vecchi autori, sicché il risultato che ne usciva fuori era al massimo ai livelli di decenza, ma di sicuro privo dell'energia dell'epoca.
Un paragone, se vogliamo, calzante anche con questa nuova serie dedicata a Mila e Shiro, la grande coppia di cuori nella pallavolo (anche se Shiro si vedeva poco) che spadroneggiava nei pomeriggi a cartoni negli anni '90.
La nuova serie (in origine "New Attacker You!") porta stavolta come sottotitolo all'edizione italiana l'affermazione "Il sogno continua". Sarà vero? E soprattutto, sarà davvero un sogno? Scopriamolo...

Al passo con i tempi che cambiano, il centro della storia è ora spostato in Cina, così come la produzione, che è solo in parte giapponese, e qui seguiremo la squadra delle Dragon Ladies che, sotto la guida dell'ex-stella Ming Yang, intraprende un cammino/epopea che parte dalle paludi della serie A2 puntando non meno in alto se non alla vittoria del mondiale per club. Come ci colleghiamo allora con il passato?
La Yang si porta dietro Shiro come allenatore e Nami come giocatrice. Mila è in Giappone reduce da un infortunio, ma si riprenderà e finirà nelle Dragon. Automaticamente si aggregherà Kaori, e così il vecchio terzetto è ricomposto. Rivedremo anche i vecchi coach Daimond e Mitamura - ora divenuto il galoppino del primo!? - e la famiglia di Mila, con Sammy che non pare minimamente cresciuto neanche ad anni di distanza.
Si chiude qui l'elenco delle vecchie glorie. Ce ne saranno di nuove? Beh, sicuramente la Yang e poi quella che dovrebbe essere la nuova protagonista, Glin Wong, un allegra ragazza di campagna che dal kung fu, disciplina in cui è esperta, decide di avventurarsi nella pallavolo professionistica. Alleati, compagne e avversari sono già sulla strada per incontrare i nostri eroi.

Ora, per analizzare quest'anime, meglio cominciare togliendosi le spine dai piedi. Partiamo quindi dalle animazioni, e bastano due parole: un disastro. Se nella prima parte non ci sono particolari problemi, con l'avanzare degli episodi i problemi arrivano eccome: animazioni legnose (il minimo), computer grafica mascherata che è un pugno nell'occhio, distanze che vengono completamente perse per via dei movimenti. In un episodio della parte centrale si tocca il fondo: basti dire che in questo caso è possibile vedere la palla spostarsi sullo schermo semplicemente traslata senza che cambi dimensione per prospettive o altro. Per fortuna dopo il fondo non si inizia a scavare e andando verso il finale la situazione migliora, anche se arriva solo a un livello a malapena sufficiente.
Con la grafica non siamo messi così male, ma anche qui, dall'inizio alla fine, assistiamo a un sensibile peggioramento - eppure non eravamo partiti neanche malissimo. Tutto ciò per i personaggi perché gli sfondi invece... diciamo che il pubblico nei palazzetti è "un opera d'arte moderna".

Ma ciò che fa maggiormente scadere il livello di qualità è una serie di errori di cui è costellato l'anime lungo un po' tutto il suo corso: giocatrici che lasciano la squadra o che escono infortunate, ma che rivediamo in campo subito dopo; all'inverso, in certi momenti vediamo in campo giocatrici ancora non presentate come personaggi. Vediamo poi talune azioni elementari violare le più basilari regole della pallavolo (invasioni di campo, ma anche quattro tocchi!). Sono errori inutili che denotano solo poca attenzione in ciò che si realizza.
Una certa confusione nei dialoghi si denota anche quando il discorso va a parare sulle Olimpiadi, spesso confuse con i mondiali, ma anche in strani passaggi su nazionali e squadre di club. Si potrebbe pensar male degli adattatori italiani, ma visto il risultato sulla tecnica dell'anime è lecito aspettarsi di tutto.

"Mila e Shiro", così come gli anime sportivi che si rispettino, ci ha abituato a delle sfide non solo sul campo sportivo, ma anche fra caratteri e personalità dei giocatori. Da questo punto di vista come siamo messi in questo sequel? Ahimè non molto bene.
Paradossalmente se non avessimo già conosciuto Mila, Nami e Kaori qui le prenderemmo quasi come delle sconosciute, perché su di loro scopriremo ben poco. In generale non c'è molto spazio per conoscere passato e carattere delle giocatrici, quasi che in un'ottica (forse un punto di vista cinese?) di dedizione stacanovista non ci sia altro che il campo e l'allenamento. Parziale eccezione è Glin, ma anche lei rientra ben presto nei ranghi.
Ci sarebbe da aprire un discorso sulla rivale per antonomasia delle eroine - qualcuno la definirebbe "uberpower"... Prima il ruolo era di Kaori, e qui? Qui abbiamo tale Tan Tan Chung, una spilungona, ostinata come la piovra di "Final Fantasy VI", la cui specialità principale però pare essere solo quella di lanciare occhiatacce da dietro la rete, tra l'altro andando avanti con la storia la sua figura non è che acquisti poi tutta quest'importanza.

Non è un bel contesto, insomma. Che fare allora? Invertire il proprio punto di vista e iniziare a divertirsi con gli svarioni tecnici e con le assurdità che si vedono in campo, e allora sì che le soddisfazioni arrivano. In più, se conoscete o siete degli ammiratori dei Cavalieri dello Zodiaco (aka "Saint Seiya"), troverete succose, ma probabilmente involontarie, citazioni che vi stuzzicheranno non poco.
Altre gioie? Mah, a seconda dei punti di vista si potrebbero avere delle soddisfazioni dal doppiaggio, che vanta un cast con ottime voci del panorama milanese: Karpoff e Magnaghi su tutte, ma c'è anche la Pacotto e il duo De Bortoli/Guerrieri mantenuti sulla coppia Mila/Shiro.

In definitiva sul piano tecnico e realizzativo possiamo dire che il sequel di Mila e Shiro è, come anime, insufficiente, ma, invertendo la curva della valutazione e buttandola sull'ilarità e sui suoi paradossi, "Il sogno continua" diviene un anime che dà grandi soddisfazioni. Io ho fatto così e posso dire di non essermene pentito.
Sarei anche tentato di dargli un voto più che positivo, ma sarebbe ingiusto verso opere di pari valutazione fatte decisamente meglio. Mi limito dunque a un 6 di stima. Stima che resta immutata per la serie degli anni '90, bell'esempio di storia sportiva in animazione, che tuttora consiglio caldamente.



6.0/10
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'Giant Killing 'ha un grosso problema: non invoglia lo spettatore a guardarlo. Personalmente quella di 'Giant Killing' è stata una visione travagliata, ho ricominciato quest'anime per ben due volte, ma non sono mai arrivato oltre la sesta puntata, e anche quando l'ho ricominciato la terza volta arrivare alla conclusione non è stato molto facile. Sia chiaro, non è noioso, anzi, è un prodotto originale per molti aspetti, solamente non si pone un obiettivo, manca quel "perché" che ti spinga a continuarne la visione, per fare una parallelismo con il mondo dei videogame, è un po' come un gestionale, ci giochi, ti diverti, ma non arrivi mai al "succo".

I punti in comune con i gestionali non si fermano però a questa mia personale - ma, per quanto mi riguarda, efficace - analogia, in quanto 'Giant Killing' è un anime calcistico che dà una discreta importanza alla figura dell'allenatore. Impossibile, almeno per me, non associare Takeshi Tatsumi al famoso allenatore portoghese Mourinho, vuoi per il comportamento fuori dalle righe, vuoi per la figura carismatica, vuoi per il rapporto con i media.

L'anime riesce comunque a mantenere un certo equilibrio tra le scene in campo e quelle in panchina, i calciatori dell'East Tokyo United non sono offuscati troppo dalla figura dell'allenatore, al contrario vengono approfonditi bene, e durante le varie puntate la telecamera si concentrerà su qualcuno di loro per mostrarcene la crescita psicologica, e molto spesso sembra quasi che il lato sportivo venga messo da parte. Il comparto tecnico è valido e più che sufficiente, e le animazioni rendono le azioni molto fluide e piacevoli da guardare.

Ma purtroppo, il difetto del "ritmo" è troppo grande, arriverete a tre puntate dal finale e vi chiederete ancora "e quindi?". Per portare una partita importante alla conclusione o per preparare un colpo di scena vengono spese troppe puntate, lasciando spesso lo spettatore con l'amaro in bocca. La giornalista free-lance che decide di seguire la squadra, il confronto generazionale tra ultras della vecchia e nuova scuola, l'allenatore della nazionale giapponese, tutti questi elementi fanno sembrare quasi queste 26 puntate come la prima stagione di un progetto più ampio, che ora come ora non accenna ad avere un seguito.