Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi ci dedichiamo a titoli d'azione, col manga Pineapple Army e gli anime Sword Art Online e Btooom!.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.


-

Unica opera lasciata incompiuta da Naoki Urasawa, e per giunta pubblicata in soli tre volumi dalla Granata, Pineapple Army si presenta come l'anello di congiunzione tra lo stile delle novel di "Urasawa: gli esordi" e le opere mature che tutti conosciamo.
La vicenda narra di un ex militare, Jed Goshi, che dopo aver combattuto tutte le più importanti guerre del secondo novecento (Africa, Vietnam, Asia minore, Sudamerica) insegna ai propri clienti come difendersi e reagire ai pericoli provenienti dalla giungla urbana, vero e proprio campo di battaglia moderno.
La narrazione prosegue per i tre numeri in maniera marcatamente episodica con alternanza tra vicende casuali e flashback del protagonista che mirano a far comprendere al lettore i motivi che spingono Jed Goshi ad agire per come agisce.
La caratterizzazione dei personaggi è, come sempre in Urasawa, il punto forte dell'opera: sia Jed che i suoi numerosi clienti godono di una descrizione sopraffina che attenua significativamente la dispersività derivante dal carattere episodico dell'opera.
Le numerose scene belliche non hanno nulla da invidiare ai maestri del genere bellico: la passione per i particolari, per il gergo militare e per lo studio del paesaggio sono encomiabili. Lo studio di Urasawa per i particolari che rendono l'azione molto verosimile è attento, intelligente, acuto e perfino colto. Numerose sono infatti le citazioni che derivano dalla tradizione degli eventi bellici mondiali.
Unica premura: stiamo pur discutendo di un'opera sospesa, a sua volta mai terminata di stampare dalla casa editrice poi fallita. Dunque tre volumi dedicati agli amanti del genere bellico, e ovviamente ai fan accaniti (come me, s'intende) del maestro Urasawa che potranno abbracciare con quest'opera tematiche di ampio respiro.
Ed è proprio questo il pregio di Naoki Urasawa: l'impossibilità di fossilizzarsi su un vero e proprio genere ma di saper egregiamente spaziare in molteplici campi di interesse. Motivo per cui appunto voi, estimatori del maestro, dovete recuperare questi tre volumi per poter allargare la vostra esperienza di lettura.



-

Questa sarà una recensione difficile, me lo sento. Perché? Perché in fondo "Sword Art Online" mi è piaciuto, e non poco; eppure, ci sono alcuni aspetti di questo anime che non vanno assolutamente tralasciati.
La trama di base non è niente di particolarmente eclatante: Kirigaya Kazuto - aka Kirito - entra nello spettacolare mondo di Sword Art Online, un video game che tramite il NerveGear permette alle persone di immergersi completamente nelle ambientazioni del gioco, facendo sì che questo sembri totalmente reale. Ma il creatore di Sword Art Online, Kayaba Akihiko, annuncia ai diecimila giocatori che si sono loggati il giorno del lancio del gioco che non vi è alcun modo per uscire da questo e tornare alla realtà, a meno di completare tutti e cento i livelli del castello di Aincrad. Se si muore in Sword Art Online, si muore anche nella vita reale; stesso discorso per chiunque venga privato del NerveGear dall'esterno.
Personalmente, il fattore "se voglio uscire da qui, devo finire il gioco; se muoio qui, muoio anche nel real" mi ha sempre affascinata, non importa quanto possano essere banali le premesse. Perché, diciamocelo, in "Sword Art Online" le premesse originali non sono; ma il bello non sta forse nel sorprendere lo spettatore partendo da un inizio scontato per poi sviluppare pian piano una trama avvincente? A quanto pare no. "Sword Art Online" sarebbe potuto essere un'ottima serie, ma per alcune scelte, soprattutto a livello di sceneggiatura, che personalmente non comprendo, alla fine il risultato è un po' quello che è.
Ma andiamo con ordine.

La prima cosa che lascia basiti guardando "Sword Art Online" sono i numerosi salti temporali; nel giro di due episodi il livello del personaggio raddoppia: il primo episodio è datato novembre 2022, il terzo aprile 2023. Peccato che l'anime taccia su quanto accaduto in questo lasso di tempo; immagino che non sarebbe male seguire i progressi di Kirito, soprattutto considerando la grande forza e le abilità particolari che avrà in seguito. C'è da dire però che i salti temporali sono dovuti soprattutto alle numerose (ed inutili) side stories che vengono forzatamente inserite all'interno della trama: nella light novel da cui "Sword Art Online" è tratto, la saga di Aincrad si svolge tutta nei 25 capitoli del primo volume, mentre il secondo contiene semplicemente quattro delle numerose side stories sopracitate. Di queste minisaghe filler, di fatto, solamente due sono realmente importanti a livello di trama: quella della Gilda dei Gatti Neri - che influenzerà non poco le successive scelte di Kirito - e quella su Lizbeth, che, seppur sminuita dall'inutile triangolo amoroso, rappresenta però la nascita dell'abilità peculiare del giovane protagonista.
Altro punto dolente della sceneggiatura è il continuo concludere le cose in fretta e furia: numerosissime le volte in cui c'erano dei presupposti davvero interessanti sbrigati però nel giro di due o tre minuti - vedi l'ultimo duello in "Sword Art Online" o anche gli scontri con i mostri nei dungeon, vinti in un batter d'occhio con la solita supermossa.
Di ALfheim, poi, non voglio nemmeno parlare: è una saga frivola e fondamentalmente inutile, con un sacco di fanservice gratuito e pochissima sostanza. Per quel che mi riguarda, il vero "Sword Art Online" finisce con l'episodio 14.

Sui personaggi se ne sono dette di tutti i colori. Io, personalmente, mi schiero un po' dalla parte di chi li difende, fermo restando che le apparizioni di qualcuno di estremamente fastidioso (Yui) o di inutile (Silica) di certo non mancano. Se poi ci aggiungiamo pure i cattivi di ALfheim, allora facciamo bingo. Perché sì, i personaggi peggio riusciti di tutto "Sword Art Online" sono proprio gli antagonisti: l'unico salvabile sarebbe Kayaba Akihiko. Le sue motivazioni sono piuttosto banali, è vero, ciononostante penso che abbia una personalità interessante.
Tutti gli altri sono solo gentaglia bavosa e pervertita, che si ritrova a fare il cattivo "perché sì", Sugou in primis. Con lui si tocca il fondo, l'abisso, tanto che quando Kirito si prende la sua rivincita lo spettatore non prova nessun senso di soddisfazione o sollievo, giacché a far fuori uno così son capaci tutti. E per citare il nostro baldo spadaccino: "Le spade in "Sword Art Online" colpivano molto più duramente! Facevano anche molto più male!".
Preferirei evitare anche la parentesi Suguha, che personalmente non mi ha fatto né caldo né freddo, per giungere alla sventurata coppia dei (non) promessi sposi.
Kirito lo trovo un personaggio tutto sommato interessante, e tuttora, a serie conclusa, non ho ancora ben inquadrato il suo carattere: freddo, distaccato e leggermente cinico all'inizio, pian piano si scopre che è una persona generosa e di buon cuore, ma con un forte senso dell'orgoglio. Non sto certo dicendo che sia il protagonista per eccellenza, perché, ammettiamolo, non lo è; ma d'altra parte non capisco tutte le critiche che vengono mosse nei suo confronti. L'unico appunto che posso fargli è che, con il proseguire della serie, il mio interesse per lui si è un po' affievolito, perché il passaggio da "beater" a ragazzo innamorato non è certo una sciocchezza.
Vorrei spendere qualche parola anche per la bella Asuna: ci viene presentata in maniera piuttosto singolare nel secondo episodio - uno dei più belli - ma non avrà un ruolo fisso fino al sesto. Qui la ritroviamo un po' cambiata, sarà che sono passati i mesi (i salti temporali sono compresi nel prezzo), anche se a quanto pare l'unico che effettivamente se ne accorge è lo spettatore. Sorvolando sui suoi momenti tsundere, è pur sempre il vice comandante di una gilda importante, in battaglia ci sa fare ed è anche simpatica: per quel che riguarda "Sword Art Online" non ci sono poi grandi problemi. In "ALfheim Online" invece non si può proprio vedere: passiva, piagnucolona e arrendevole, esposta alle fantasie degli otaku e trattata peggio di una bambola gonfiabile. Tuttora, non sono sicura che il Lampo Fulmineo di "Sword Art Online" e la ragazza del regno delle fate siano la stessa persona.

Ammirevole, invece, tutto quello che riguarda l'aspetto tecnico: a livello di grafica, i combattimenti sono impeccabili, fluidi e molto avvincenti; le scenografie - i paesaggi soprattutto - decisamente suggestive e il character design, assolutamente non ripetitivo, rimane impresso nella mente di chi guarda - e ve lo dice una che spesso a circa metà serie ancora si lascia sfuggire il nome di questo o quel personaggio.
Bellissime le opening, le ending e le musiche che accompagnano tutta la serie: mai inopportune, mai "di troppo", sempre adeguate alla situazione, e davvero, davvero intriganti.
Segnalerei anche alcune scelte di regia in episodi come il primo, il secondo o il quattordicesimo (e non sono i soli), che possono essere considerati i pezzi forte di "Sword Art Online".

Che dire di più? "Sword Art Online" è un po' un anime che si guarda per passare il tempo: niente di troppo impegnativo, ma sufficientemente avvincente da farti almeno arrivare alla fine. Disapprovo grandemente la scelta di non basare la serie esclusivamente sui capitoli del primo volume della novel (che, rispetto all'anime, lascia spazio a molti più particolari): venticinque episodi solo di "Sword Art Online", fatti come si deve, sono senz'altro meglio di quattordici episodi di "Sword Art Online" e dieci di ALfheim realizzati un po' a caso, dove peraltro vengono inserite saghe filler che non hanno motivo di esistere, o almeno non nell'anime.
Però devo dire che, alla fine, questo prodotto per me la sufficienza se la merita: ha quel "qualcosa" che, in un modo o nell'altro, mi ha fatta affezionare alla storia e a molti dei suoi personaggi; di sicuro non mi ha annoiata e, come detto, ci sono alcune parti davvero buone. Mi tengo sul sei, il mio lato sentimentale vorrebbe alzare il voto di un punto, ma mi rendo conto che non è possibile (e devo dire che un po' mi dispiace).
L'ho detto e lo ripeto: per me "Sword Art Online" si conclude con l'episodio quattordici. Nella light novel sono presenti altre due o tre saghe oltre a quelle qui presentate, ma sinceramente non sono sicura di desiderare una seconda serie per questo anime.



6.0/10
-

Un'esplosione, lo dice il titolo stesso: "BTOOOM!" non è altro che un'esplosione. È chiaro, si deve portare attenzione - in tutti i sensi possibili - al fine di avvicinarsi al meglio a un titolo tanto brillante quanto deludente; da lontano è possibile vedere il bagliore delle fiamme, da vicino possiamo sentire la puzza di fumo. In linea di principio è questo che ho visto in "BTOOOM!".

Catapultati forzosamente su un'isola, dodici individui dal passato sbiadito e difficile vengono portati a uccidersi, relazionarsi e (non) fidarsi, guidati unicamente dalla fallacità dell'istinto di sopravvivenza, in un contesto identico a quello di "BTOOOM!", videogioco di tendenza all'interno dell'anime stesso; con un totale di venti bombe a testa e un radar impiantato al centro del dorso della mano, l'obiettivo è quello di recuperare sette ulteriori radar per poter lasciare l'isola.

La sfida si sviluppa su due binari: quello fisico e quello psicologico. Gestire gli intrecci tra essi è complicato, poiché si deve tenere ovviamente conto dell'influenza della trama stessa. Insomma, ordire l'intero tessuto di un anime del genere, al fine di non lasciare alcuna lacuna, è complesso così come dev'essere complessa (ma esplicabile) la caratterizzazione di ogni personaggio o la coerenza di ogni scena.
Ed è proprio qui che il titolo dà vita agli errori che lo porteranno a un giudizio appena sopra l'insufficienza.

Stando alle trovate che apparentemente possano sembrare originali, su cui è - era, anzi - possibile edificare una base spessa e ricolma della giusta suspense, non si può che rimanere con un dannato sapore amaro in bocca; vedere tanto potenziale cedere di fronte a scelte irreali, spesso ingiust(ificat)e, fa venire il latte alle ginocchia. Lo stesso manga di "BTOOOM!" conduce una narrazione della storia migliore, catturando l'interesse attraverso la dinamicità della sceneggiatura - e del modo in cui essa viene presentata.

Un character design non così innovativo, dai tratti leggermente più dolci e meno graffianti di quello del manga collegato, non aiuta il giudizio nel voto complessivo. Ma l'anime ha sicuramente i suoi punti forti. Le scelte registiche nell'ultimo arco narrativo sono interessanti (e, voglio dire, la MadHouse poteva pensarci prima); il reparto sonoro è magnificamente riuscito, nonostante se ne faccia un uso chiaramente spropositato, tanto da far arricciare il naso quando la cosa è fin troppo evidente. Brani come "Speed" o "Massive Attack" rievocano quel tono 'jazzeggiante' e incalzano, così come sono d'impatto - in modi diversi - l'opening e l'ending: la prima per la carica e la suggestione a livello visivo, la seconda per la dolce malinconia.

Anche andando al di là della carenza della caratterizzazione, anche sporgendosi oltre la debolezza dello svolgimento della trama, è inevitabile accorgersi di quei piccoli ingranaggi che dirottano il sistema e che, purtroppo, copronotre quarti della serie. I toni sono sempre gli stessi: siamo sul trampolino di lancio, tuttavia non prendiamo il volo e, se dovessimo prenderlo, sembrerebbe di volar basso. Tutto questo per dire che non funziona.
Mi dispiace, sul serio, è però impossibile dare un giudizio che superi la semplice sufficienza.
In conclusione, di "BTOOOM!" non rimarranno che le tracce di una piccola esplosione, tanto fastidiose da ricordare quanto quella stessa esplosione potesse arrivare a essere un piacevole fuoco d'artificio.