Eccoci giunti alla seconda tranche dell'intervista/dialogo tra la redazione di AnimeClick.it e Gualtiero "Shito" Cannarsi, realizzata in prossimità dell'uscita nelle sale italiane dell'ultimo film di Hayao Miyazaki, Kaze Tachinu, aprendo a ventaglio la discussione su tematiche legate allo Studio Ghibli.
Per questo secondo appuntamento Shito ha coinvolto un gradito ospite: si tratta di Alessandro Bencivenni, sceneggiatore e critico cinematografico, nonché autore della monografia Hayao Miyazaki: il dio dell'anime, edita da Le Mani-Microart'S.

La prima parte dell'interdialogo è disponibile al seguente link:
Parte I

Prima di lasciarvi al seguito dell'intervista, vi riproponiamo con piacere un sottotitolaggio amatoriale del trailer originale giapponese di Kaze Tachinu, eseguito da mirkosp su testi (sempre amatorialmente) prodotti da Gualtiero Cannarsi. Vi rammentiamo che il trailer non è legato in alcun modo a Lucky Red, legittima detentrice per l'Italia dei diritti relativi alla pellicola, né alla pubblicazione italiana del film; è una cosa fatta da FAN per FAN e si riferisce alla distribuzione nelle sale giapponesi. Il trailer originale è stato diffuso sulla televisione nazionale giapponese ed era stato già reso disponibile su YouTube, da cui è stato tratto per la creazione del presente sottotitolaggio puramente amatoriale.


Ghibli: dal vento, all'aeroplano, allo Studio...
 
Da Kaze Tachinu, dialoghi sparsi intorno a passioni e creazioni di Miyazaki Hayao

~Parte Seconda~
 
 
IL PACIFISTA E LA GUERRA
 

A.C.
Come hai sottolineato in precedenza, la presenza dei caccia A6M non deve far pensare a un Miyazaki affascinato dal potenziale bellico dei velivoli della Mistubishi, o men che meno vittima di nostalgie militariste. Miyazaki (e lo Studio Ghibli con lui) è pacifista militante fin dai tempi di Mirai Shounen Conan, e senz’altro critico verso qualsiasi recrudescenza nazionalistica nel proprio paese. Proprio di recente, sul pamphlet mensile dello Studio Ghibli, è stata giudicata "del tutto impensabile" l'ipotesi di revisione costituzionale avanzata dal primo ministro Abe Shinzou, rammentando l'impegno assunto dal Giappone all'indomani del catastrofico conflitto del Pacifico: rinuncia alla guerra e al mantenimento di un nucleo di forze armate nazionali. Nonostante ciò, l'accusa di "film guerrafondaio" è stata da più parti lanciata, tanto che Miyazaki ha finito per considerarla una 'riserva oziosa', avanzata proprio in reazione all'iniziativa dello Studio Ghibli in difesa della vocazione pacifista del Giappone post-Hiroshima. Pensi che queste polemiche siano solo strumentali e malevole, o siano frutto di un’inquietudine avvertita dal Giappone contemporaneo, e alimentata dalle tensioni politiche con la Cina, Taiwan e le due Coree?
 
Kaze Tachinu intedialogo 01

G.C.
Per essere precisi, nel film in effetti i caccia A6M ZeroSen si vedono di sfuggita (letteralmente) solo in una singola sequenza dell'epilogo — non parlerei quindi di una loro 'presenza' nella pellicola. Ma al di là di questo dato fattuale che mi piace puntualizzare, a causa dei temi che vi si trattano, era inevitabile che questo film sollevasse in patria molta polvere, una certa quantità di critiche, polemiche, persino illazioni gratuite. Anzi, i più maliziosi potrebbero forse pensare persino a un ennesimo coniglio pubblicitario uscito dal capello del sempre abilissimo Suzuki Toshio, un espediente inteso a generare intorno a una pellicola animata di difficile collocazione un grande caso mediatico, così da spingere molti giapponesi ad andare a verificare le cose nelle sale cinematografiche. Del resto, come lo stesso Suzuki spiegava, la produzione di lungometraggi à la Ghibli è tale che ogni film deve per forza diventare un fenomeno nazionale, se vuole rientrare degli altissimi costi di produzione. Di fatto c'è anche che Miyazaki Hayao ha rilasciato forse più interviste intorno a questa nuova pellicola che in tutta la sua lunga carriera, culminando infine con l'annuncio — più serio e ufficializzato che mai — del suo ritiro, cascato proprio a fagiolo per rendere Kaze Tachinu un appuntamento ancora più imperdibile nell'opera di un autore ormai celebrato in patria come un mostro sacro. Quindi potrebbe sembrare proprio tutta una perfetta, gigantesca cassa di risonanza mediatica, ma qui si torna sempre sul piano delle illazioni.
 
Più significativamente, come già dicevo, non credo che si possa sistematizzare il 'pensiero dell'autore Miyazaki Hayao' in qualcosa di coerente. Questo è un esercizio da critici cinematografici e letterari, forse sempre e comunque indebito, ma direi particolarmente fuori luogo nel caso di un autore come Miyazaki Hayao, un artigiano fantasioso quanto genuino. Per di più, a dispetto delle sue personali idee politiche e sociali, giovanili e senili, Miyazaki non mi è mai parso un autore politicizzato. Mi pare piuttosto che questi siano temi molto cari a un certo tipo di stampa di settore, che non volendo (o forse non riuscendo a…?) leggere davvero le opere per quello che schiettamente sono, ama parlare di cose come il presunto schieramento politico del loro autore, tema poi sempre a gradito dai lettori più tendenziosi e dediti al chiacchiericcio più vacuo. Ma per parlare concretamente e onestamente di un'opera di Miyazaki Hayao, personalmente credo si debba sempre tornare a parlare del film in sé stesso. E nei miei occhi, il film parla onestamente e disperatamente delle tragedie di un'epoca e di un singolo uomo che vive quell'epoca, facendo quello che arriva a fare. Credo che l'interesse del regista stia davvero tutto qui.
 
A.B.
Anch'io direi che l’avversione di Miyazaki alla guerra è fuori discussione, dimostrata com’è da tutti i suoi film precedenti. Tuttavia qui la pellicola si arrampica un po’ sugli specchi per separare la figura di Horikoshi, la purezza della sua energia creativa, dalla utilizzazione bellica delle sue creazioni.
 
G.C.
Vero… anche se di per me, in Kaze Tachinu trovo soprattutto il dramma, lo sconforto di un sogno infantile portato avanti con strenua, totalitaria, ardente passione infantile, ma che si rivela un'amara trappola mefistofelica, senza alcuna via di scampo. Horikoshi Jirou, come un bambino o come un artista (c'è differenza?), non può fare a meno di darsi alla realizzazione di un bellissimo mezzo di morte, ben sapendo sin da principio l'uso a cui sarebbe stata destinata la sua opera…
 
A.B.
E infatti le stesse cose accadono col suo mentore: Gianni Caproni. Per la precisione Giovanni Battista Caproni, conte di Taliedo. Il film lo presenta col suo titolo nobiliare, che farebbe pensare a un aristocratico. In realtà Caproni fu nominato conte solo nel 1940, per volontà di Mussolini e proprio a causa dei meriti bellici della sua industria aeronautica. Caproni aveva creato il primo bombardiere strategico del mondo, dando realizzazione pratica alla dottrina dell’impiego dell’aviazione militare. Fu scomodato D’Annunzio per coniare il motto della Caproni: Senza cozzar dirocco, che esaltava proprio la possibilità di colpire gli obiettivi (diroccare) senza attaccare da terra (cozzare). Ma è altrettanto vero che Caproni coltivava il sogno di creare una grande aviazione civile che accorciasse le distanze fra luoghi e popoli. Miyazaki privilegia proprio questo sogno, simboleggiato dal progetto del gigantesco Transaereo Noviplano: un colossale idrovolante destinato a trasportare fino a cento passeggeri. Ma il prototipo precipitò in acqua al secondo volo, nel 1921, durante le sperimentazioni sul lago Maggiore. Fu la fine del sogno, testimoniata da alcune foto dell’epoca che documentano il disastro.
 
G.C.
Già… quella vicenda viene riportata da Miyazaki anche nel manga originale di Kaze Tachinu, come pure è stata trasposta nel film. In entrambi i casi risulta un po' una scena tragicomica, nella quale Caproni cerca di impedire all’operatore di filmare il disastro. Vi si respira un po' quel gusto di passione romantica per un'epoca di ventura e pionieristica aeronautica, come per Porco Rosso, non a caso anch'esso trasposto da un analogo breve manga 'trasognato' del regista e ambientato nella stessa Italia di Gianni Caproni. Ma Kaze Tachinu è un film molto più serioso e cupo di Porco Rosso: infatti, benché Caproni appaia come un personaggio mefistofelico, è comunque relegato a dei momenti irreali, di sogno…
 
A.B.
Sì, Caproni si muove solo in una dimensione onirica, nell’immaginazione del protagonista: eppure — a differenza di Porco Rosso, dove gli eventi e l’ambientazione erano completamente di fantasia — qui la sua figura di ponte fra l’Italia e il Giappone ha una base storicamente realistica. Negli anni Venti esisteva infatti un filo che collegava l’Italia al Giappone, nel mondo della aviazione. Nel 1920 Arturo Ferrarin (il pilota che compare appunto in Porco Rosso) aveva compiuto un celebre raid Roma-Tokyo e nel 1925 Francesco De Pinedo fece una trasvolata spettacolare dall'Australia al Giappone e ritorno.
 
A.C.
Alla fine non è un caso che Miyazaki abbia dato al proprio studio di animazione giusto il nome di un aereo della Caproni Aeronautica Bergamasca, il Ca.309 Ghibli.
 
Kaze Tachinu interdialogo 02

G.C.
Eppure, come per Horikoshi Jirou, così anche di Gianni Caproni, Miyazaki sembra quasi voler celebrare la gloria nella sconfitta, il trionfo dei loro sogni persino sulla cruda realtà determinata anche dal realizzarsi di quelli. Anzi, mi pare proprio che l'autore voglia come 'ripulire' la candida, pura bellezza del sogno originario dalla lordura del suo risultato concreto — quasi l'ergersi titanico dell'uomo sulla sua stessa umana tragedia. Certo mi torna un po' in mente un certo tipo di filmografia di Ozu Yasujirou, che guarda caso Miyazaki ha citato proprio mentre parlava delle atmosfere del suo Kaze Tachinu, ma altrettanto non posso fare a meno di percepire una certa ingenuità quasi infantile nell'assolvere lo spirito di due figure storiche che non si può negare abbiano avuto certe responsabilità per l'appunto storiche. Forse Miyazaki le considera piuttosto come vittime del loro tempo? Vittime del vento della loro epoca? Vittime della loro stessa, quasi compulsiva passione? Magari il regista ha pensato un po' di tutte queste cose, nel rapportarsi a certi temi, e benché si possa certo dire che la realtà è fatta sempre di congiunture di circostanze, altrettanto rilevo una spiccata tendenza al far prevalere, pure in questo film che vuole definirsi 'realistico', la sfera dell'idealità su quella della realtà.
 
A.B.
Del resto, mai come in questo film Miyazaki ha scelto di celebrare la supremazia dell’invenzione sull’azione. Non a caso ha scelto come protagonista del film non un pilota, come avviene di solito nei manga, ma un progettista, un ingegnere. Del resto uno dei personaggi del film porta il nome di Castorp, il protagonista de La montagna magica di Thomas Mann: anche Castorp era appunto un ingegnere. Un po’ come Mann, anche Miyazaki ha scelto di identificarsi come artista in un personaggio apparentemente consacrato alla scienza e alla tecnica. Dico apparentemente perché in realtà mi pare che un altro tema del film sia la supremazia dell’estetica sulla tecnica. C’è proprio una battuta in questo senso: Caproni dice che il "buon gusto" del progettista, ossia la sua intuizione e sensibilità estetica, precorrono sempre la tecnologia. Mi pare che questa sia anche una trasparente metafora attraverso la quale Miyazaki rivendica la dignità del suo lavoro: un artigianato gloriosamente anacronistico che diffida della grafica al computer e resta attaccato alla tradizione della matita. Disegnare aerei, disegnare film…
 
G.C.
Il parallelismo in effetti è stato confermato e perfettamente quadrato da Anno Hideaki, che dopo aver completato le registrazioni di doppiaggio per il ruolo del protagonista ha dichiarato di aver compreso che 'creare un film' e 'creare un aereo' sono cose simili nella misura in cui trattano comunque di "dare forma a un sogno" — benché l'oggetto della creazione sia diverso. Certo che a ripensarci, adesso mi viene in mente che in Miyazaki ci deve essere questo tipo di conflitto: da un lato la passione estetica per la modernità dei suoi tempi, rappresentata dai mezzi bellici d'annata, per i meccanismi e per la tecnica, con cui ha popolato schizzi, fumetti, film e a tratti persino un museo, e dall'altro questo timore anatemico dell'impatto della modernità sulla società umana. Forse si tratta di una sensibilità tipicamente 'fratturata' di un anziano giapponese nato in certi fatidici anni…
 
A.B.
Beh, vorrei ricordare che durante uno dei suoi soggiorni in Italia, Miyazaki ha anche visitato il Museo dell'Aeronautica ospitato sulle rive del Lago di Bracciano, in una località che si chiama Vigna di Valle, nei dintorni di Roma. Lì sono conservati alcuni celebri esemplari di idrocorsa, ovvero gli idrovolante da competizione coi quali l'Italia, fra gli anni '20 e '30, vinse molti primati — si pensi alla famosa Schneider Cup, che veniva non a caso citata proprio in Porco Rosso. La velocità era il mito di quegli anni, il simbolo della modernità, del futuro immaginato in quegli anni. Miyazaki ritrae Caproni con i baffoni e la bombetta, come andava di moda all’epoca, ed io non posso non pensare alla somiglianza con Marinetti e gli altri futuristi, immortalati nella celebre foto che segna la nascita del movimento. Per carità, non voglio certo fare di Miyazaki un futurista, ma certo il suo film ripropone alcuni dei miti del futurismo. In Kaze Tachinu gli aerei, meticolosamente e amorosamente esplorati in ogni dettaglio, non sono meno protagonisti dei personaggi.
 
A.C.
Mi sembra di capire che Miyazaki si sia documentato molto anche sull’Italia degli anni di Gianni Caproni. Con lo stesso zelo del Takahata del Meisaku (che visitò il Canada nonché la stessa Italia per raccogliere informazioni da utilizzare nelle sue serie animate).
 
G.C.
In effetti, come accennavo Miyazaki ha sempre voluto fare una certa apologia della vita arcadica e bucolica opposta a quella industrializzata, militarizzata e cattiva — da High Harbour vs. Industria, alla Valle del Vento vs Tolmekia, all'eroe Emishi vs il ferro di Eboshi, dove si voglia. Pur avendo nella terza età un po' mitigato i termini della lotta tra natura e tecnologia, presentandolo come un conflitto sinanco incolpevole nella sua naturale inevitabilità (e penso proprio a Mononoke Hime), resta questa visione di valenza maligna della tecnologia per sé, che è forse un classico punto di critica antimodernista di sapore un po' marxista. Credo del resto che sia anche un tratto generazionale: se per Anno Hideaki, come per Micheal Crichton (che spesso cita), la scienza è un'arma a doppio taglio, che diviene buona o cattiva a seconda dell'uso che l'uomo ne fa, da cui una visione sempre oscillante tra fascinazione e anatema, nelle opere di Miyazaki Hayao la scienza, la tecnologia e l'industria sono sempre apparse il funesto araldo della distruzione. Ma pensando al conflitto interiore che ora mi pare scorgere nell'autore, forse c'è di più. Forse c'è anche un senso di ciclica ineluttabilità di questa 'umana caduta dalla vetta dei suoi sogni'. A ben pensarci, potremmo notare che in fondo Miyazaki Hayao già nel 1986 faceva dire a Muska (che spara pistolettate sulle trecce della ragazzina ideale di turno: Sheeta): «Laputa non si estingue! Risorgerà innumerevoli volte, perché proprio Laputa è il sogno dell'umanità!». Ovvero, c'era già questo senso di intrinseco, incombente desiderio umano di conquista del 'sovrumano' per antonomasia: il volo, il cielo, librarsi dalle proprie terricole radici, in un afflato già destinato alla caduta finale. La parabola di una civiltà che è descritta nella sequenza dei titoli di testa di Laputa è dunque destinata a ripetersi, ciclicamente. Ai tempi il tutto era forse un monito dal retrogusto atavico sui torti dell'umanità, ma forse ora Miyazaki si è reso conto che nel povero Muska — uno dei suoi assai rari 'cattivi totali', un personaggio che l'autore butta nel gabinetto per poi tirare lo sciacquone — alla fine c'è molto di miseramente umano, banalmente umano… e che in fondo anche la psiche dell'artista e dell'artigiano, quale lui stesso appare, è fatta proprio allo stesso modo. Se penso al tragico pessimismo così intrinsecamente connaturato alla vita umana per come appare in Kaze Tachinu, tutto mi sembra quadrare perfettamente. Sembra la tragedia umana dell'ambire al cielo, del conquistarlo per poi doverne inevitabilmente cadere.
 
A.C.
È il destino di Icaro. Sfruttare le correnti ascensionali, fare del vento uno strumento di elevazione, tentare ogni volta di superare i limiti della condizione umana, perennemente tentati dal cielo…
 
G.C.
È davvero stupefacente che tu citi proprio quel mito, perché è la stessa identica analogia che ho letto fare anche ad Alessandro giusto un paio di settimane fa, in un brano dedicato a Kaze Tachinu che stava componendo per aggiornare il suo libro (ride). Adesso sembrerà che lui abbia preso l'idea da questa chiacchierata! Beh, suppongo del resto che si tratti di un paragone davvero molto calzante, quindi è naturale che venga alla mente…!
 
 
L'ARTIGIANO E IL RAPPORTO CON L'ARTE
 

A.C.
Quando si dice la circolazione delle idee…! Di certo il vento con la sua volatilità sicuramente favorisce simili assonanze di pensiero! A proposito: in Kaze Tachinu il vento come metafora del volo soffia da lontano, da antecedenti letterari che vanno da Paul Valéry a Tatsuo Hori, ma anche a Ryōkan Taigu («Sopra il cielo il grande vento») e a Christina Georgina Rossetti («Who has seen the wind?»), quest'ultima citata a bella posta dal protagonista. Quanto è stretto il legame tra l'ultimo film di Miyazaki e la letteratura?
 
G.C.
Direi innanzitutto che nel film il vento non è poi così legato al volo, piuttosto è il vento di un'epoca che sospinge gli uomini a vivere, un po' come l'anelito dello spirito del tempo. Oltre a questo, un'altra cosa che evito rigorosamente di fare è sovraccaricare di intellettualità l'opera di Miyazaki Hayao. L'avrò già detto e mi scuso per l'ennesimo sermone, ma non credo si dovrebbe sempre pensare a Miyazaki Hayao come a un 'intellettuale', specie nel senso tipicamente occidentale (europeo? italiano?) del termine. Una persona intelligente? Certo. Una persona con un suo pensiero? Sicuramente. Una persona con i suoi interessi culturali? Senz'altro sì. Ma non si tratta di una persona che ha fatto dell'esercizio di tutto questo la sua attività di vita. Perché ben prima di tutto ciò, lo ripeto, Miyazaki Hayao è un artigiano, ovvero uno che crea realmente, manualmente le cose: è un animatore appassionato. Credo quindi che gli interessi letterari di Miyazaki Hayao siano molto più estemporanei (ma non per questo meno intensi) di quanto i critici cinematografici occidentali vorrebbero credere, perché credo che i critici amino tipicamente fare sfoggio della loro stessa cultura facendola 'rimbalzare' sull'opera altrui. Proviamo dunque a seguire dei dati certi: per esempio, parlando di letteratura, sappiamo per certo che Miyazaki Hayao stava leggendo l'opera di Natsume Souseki prima e durante la lavorazione di Ponyo. Seguendo uno spunto preso proprio da un testo di Souseki, ha scoperto i preraffaelliti ed è rimasto colpito dal dipinto La morte di Ophelia di Millais, che ha trasfigurato in Gran Mammare, che 'nuota' supina e a pelo d'acqua proprio come è rappresentata Ophelia in quel quadro preraffaellita. È plausibile quindi pensare che anche la sua conoscenza di Christina Rossetti sia derivata da questo spunto, suppongo. Ancora, abbiamo già detto che Miyazaki Hayao sembra essersi più recentemente appassionato di storia giapponese moderna, approfondendo Hotta Yoshie, Hori Tatsuo e il periodo storico di Horikoshi Jirou anche tramite la letteratura. D'altro canto sappiamo che da giovane era interessato soprattutto alla letteratura per l'infanzia, sia nazionale (soprattutto Nakagawa Rieko) che straniera (soprattutto inglese, direi), e questo si è riflesso in tanti altri suoi film e lavori. Credo in summa che per un regista artigiano gli interessi di ogni momento passino naturalmente in ciò che si crea in quello stesso momento, quindi direi che il legame tra Kaze Tachinu e la letteratura è stretto tanto quanto è stato dichiarato ed è comunemente noto. Nessun mistero, nessun arcano. Per esempio, quanto di Valéry c'è in Kaze Tachinu viene chiaramente da uno spunto preso da Hori Tatsuo e dal suo libro omonimo, ed è verissimo che nel film ci sono espliciti rimandi a La Montagna Magica di Thomas Mann, come diceva Alessandro, ma direi che anche questo sia arrivato da suggestioni, dalle figure di Hori e Horikoshi — Miyazaki ha infatti dichiarato che «gli intellettuali di quel tempo dovevano senza dubbio avere un'educazione fatta di opere simili», al che ha citato pure brani musicali quali Winterreise (Viaggio d'inverno) di Schubert, anch'esso ripreso esplicitamente in Kaze Tachinu. Insomma ci sono queste citazioni, ma mi paiono frutto e fautrici più che altro di suggestioni estetiche; non andrei a sovranalizzare nulla di ulteriore, perché si tratterebbe probabilmente di una forzatura…
 
Kaze Tachinu interdialogo 03

[Horikoshi Jirou nel film e lo Horikoshi storico. A destra Hori Tatsuo.]

A.C.
Quindi una ricchezza di rimandi che però rifugge da qualsiasi forma di autocompiacimento intellettualistico. Grazie per i riferimenti che hai voluto segnalare, alcuni espliciti ed altri più nascosti. Dicevamo, l'elemento del vento come spirito di un’epoca… sembra suggerire che natura e spirito possono condividere il segreto che permette di librarsi in volo. A questo punto, alcuni critici si affretterebbero a dire che l'ecologia di Miyazaki riflette a pieno la compenetrazione tra uomo e natura propria della cultura giapponese. Probabilmente, anche qui peccherebbero d’intellettualismo e non coglierebbero il segno, mi sembra di capire.
 
G.C.
Sì, anche quelli che citi ora mi sembrano i tipici interrogativi del pubblico colto che vuole a tutti i costi ricercare dei 'grandi temi nell'opera del maestro Miyazaki'. Hai mai notato che non troverai mai cinque righe scritte in italiano su Miyazaki Hayao in cui non si parli di "poeta, poesia, poetico", o di "ecologia, ambientalismo" e simili? A me sembra sempre che la critica si approcci a qualsiasi autore seguendo degli schemi percettivi preconfezionati, tipicamente strutturalisti, ovvero si sforzi di leggere l'opera altrui avendo già deciso a priori i modi e i referenti con cui interpretarla. Ma questo non ha senso, credo sia anzi irrispettoso nei confronti dell'opera di una persona che non siamo noi. Mettersi di fronte a un'opera altrui dovrebbe innanzitutto significare aprire la mente e porsi a ricevere la libera espressione di un altro, un altro che non siamo noi stessi, che è fuori da noi stessi.
 
Una volta Miyazaki Hayao disse che quando gli capita di leggere un libro di 'critica' sui suoi film vorrebbe tirare un pugno all'autore, perché «non capiscono proprio quello che cerco di esprimere». Parlando di natura ed ecologia, anche quando lo si intervistava per Ponyo, ovviamente i giornalisti italiani gli chiesero di questo tema: Miyazaki non riusciva a capire dove lo avesse trattato nel film. Sto raccontando un dialogo intercorso dinanzi ai miei occhi, dal vivo. Quando il giornalista gli disse: «Beh, nel film ha ritratto dei fondali marini inquinati, pieni di immondizia…», il regista rispose: «Sì, perché i nostri fondali delle nostre coste sono così, no? Dovendoli disegnare, li ho disegnati come sono». Ed eccoci qui. Intendo dire che presumere grandi intenzioni anche dietro ogni piccolo dettaglio è tipico della critica. Dietro a uno spunto creativo di ogni autore può esserci anche solo una coincidenza, un fugace pensiero o una suggestione del momento, ma in genere i critici non accettano questo: i critici devono per forza vedere significati e intenzioni ovunque, perché dato che loro non creano nulla, in effetti non fanno altro che 'pensare' sulle creazioni altrui. Al contrario un regista, proprio perché è una persona che crea realmente le sue opere, spesso non ci sta ad arrovellarsi così tanto, non determina intellettualmente ogni singolo dettaglio. Nella creazione reale vi è anche spontaneità, sensibilità, estro, fantasia, impeto del momento. Soprattutto, Miyazaki Hayao è di certo un regista che ha spesso dimostrato e dichiarato di essere così. Quindi non credo che in questo film ci sia una goccia di 'interesse naturalistico', no. Il regista e il film stanno parlando di tutt'altro. Stanno parlando della bellezza di mezzi volanti, della loro fascinazione nel sogno di un bambino e poi della devozione della vita di un uomo nel realizzarli. Non c'è nulla di naturalistico nella bellezza del duralluminio estruso, anche se usato secondo una linea curva simile a quella della spina di uno sgombro.
 
A.C.
Bisogna aprire la mente per accogliere quello che l’altro desidera raccontarci. È vero, è il modo migliore per rispettare una persona, un’artista e la sua opera. Certo, è più facile utilizzare categorie preconfezionate, come fa molta critica cinematografica, piuttosto che sintonizzarsi su una sensibilità unica e irripetibile. Ma vale la pena di fare questo sforzo di comprensione, allo stesso tempo più immediata e più profonda. Parlando di sensibilità, viene spontaneo il passaggio al tema dell’amore. Mi sembra di capire che Kaze Tachinu sia anche una tragedia d’amore, la storia di una perdita incommensurabile.
 
Kaze Tachinu interdialogo 07

[Yano Ayako, fidanzata di Hori Tatsuo morta di tubercolosi polmonare, cui è ispirato il personaggio di Setsuko nel romanzo Kaze Tachinu dello stesso Hori, poi trasposto nella Nahoko dell'omonimo lungometraggio di Miyazaki.]

G.C.
L'aspetto romantico, intendo amoroso, che c'è in questo film proviene dall'influenza esercitata sul soggetto da Hori Tatsuo. Nel senso che quanto si vede nel film del rapporto amoroso tra il protagonista Horikoshi Jirou e la sua innamorata Nahoko non è tratto dalla vita del 'vero' Horikoshi Jirou, la persona reale, ma da quanto narrato nel romanzo Kaze Tachinu di Hori Tatsuo, il cui contenuto era pure autobiografico. Credo che Miyazaki abbia inteso incorporare nella biografia animata di Horikoshi Jirou questo elemento storicamente estraneo perché sentiva il bisogno di raccontare anche la sentimentalità amorosa dell'uomo, proprio nel tentativo di "rappresentare un uomo a tutto tondo". Certo, dal punto di vista dell'opera biografica è una vera e propria follia. Dal punto di vista narrativo, credo invece sia uno dei più grandi successi di questo film e del regista. Si tratta di una storia d'amore in qualche modo tragica, certo, così come è in qualche modo tragica la storia della realizzazione del sogno di Jirou, che creerà dei bellissimi aerei, sì, ma anche degli strumenti di morte compartecipi dell'annientamento del suo paese. E così anche l'amore tragico di Jirou per Nahoko, più che essere il fulcro della storia, è in effetti raccontato come un aspetto della vita e della personalità di Jirou. Come lavora, Jirou? Come vive, Jirou? Come si rapporta ai suoi colleghi e ai suoi amici, alla povertà del suo paese, alla condizione di belligeranza? Come ama, Jirou? Tutte queste cose sono in qualche modo aspetti di una stessa figura umana, che, in ultima analisi, credo Miyazaki Hayao sia riuscito davvero a mostrare a 360°. Una cosa che personalmente ritengo difficilissima, persino per la letteratura, figurarsi per un film d'animazione! Certo dicendo queste cose mi viene da pensare che oltre ad avere infine compreso la necessità del realismo tragico di Ozu Yasujirou, così come ha dichiarato, forse oggi Miyazaki abbia infine compreso anche il senso profondamente umanistico e sociologico di Hotaru no Haka (La tomba delle lucciole) di Takahata Isao, un film che, sempre stando alle sue dichiarazioni, ai tempi pareva risultargli piuttosto indigesto…


Riprende la parola la redazione solo per rammentarvi che la prossima settimana l'interdialogo verterà sulle questioni connesse all'incrocio di ideali e realtà nella caratterizzazione dei personaggi da parte di Miyazaki. Appuntamento dunque tra sette giorni per continuare il nostro "volo planare" alla scoperta di Kaze Tachinu e non solo.