Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi ci dedichiamo al genere mecha, con gli anime Mobile Suit Gundam 0083 Stardust Memories, Zone of the Enders Idolo e Megazone 23 II.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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Pur essendo targata 1991, questa serie di 13 OAV tratta degli eventi che si collocano esattamente tra quelli della prima serie di Gundam (1979) e del suo seguito "Z Gundam" (1985). "Gundam 0083: Stardust Memory" è indubbiamente la serie gundamica più realistica mai creata: scordatevi newtype, poteri psichici e fantapolitica. E' da notare la presenza del maestro Ryousuke Takhashi ("Votoms", "Dougram", "Layzner", "Gasaraki", "Flag") alla sceneggiatura di alcune puntate e di Shoji Kawamori ("Macross", "Acquarion") al mecha design. Globalmente abbiamo a che fare con un buon prodotto, che vanta aspetti tecnici notevoli e che è in grado di intrattenere per bene lo spettatore senza farlo balzare giù dalla sedia.

La storia parte in quarta con il solito furto del nuovo modello di Gundam ad opera dell'immancabile carismatico pilota di Zeon "A", che diventerà ovviamente il rivale del protagonista "B" che si innamorerà di "C" che però era innamorata di "A" e così via. Il tutto si concluderà con un bel "colony drop", un po' sottotono rispetto a quello leggendario di "Z Gundam". Nulla di nuovo sotto il sole quindi, per chi conosce Gundam come le sue tasche. Chi invece ha visto poche serie gundamiche potrebbe comunque aprezzare il prodotto: in questo caso lo consiglio fortemente.

E' da notare che lo script è stato steso un po' malaccio: è facile accorgersi del voluto rimbambimento dei personaggi nell'ultima parte. Essi sembrano incapaci di capire strategie militari semplicissime, forse per permettere il funzionamento di una sceneggiatura abbastanza zoppicante e poco originale (pure mia nonna ha intuito che la colonia sarebbe stata sganciata sulla terra e non sulla luna!). Inoltre la presunta love story tra il pilota di Zeon e la biondina mi è sembrata alquanto innaturale e introdotta ad-hoc per dare più spessore all'opera.

Nota dolente di questo "Gundam 0083" è la caratterizzazione dei personaggi: ad un insopportabile protagonista vedremo affiancati un numero consistente di comprimari uno più piatto e stereotipato dell'altro. Altro punto a sfavore sono i dialoghi, molto banali e artefatti nonostante l'ottimo adattamento della Dynit. Di certo non mi aspettavo di sentire venir fuori dalle bocche dei militari discorsi filosofici e politici alla "Legend of the Galactic Heroes", ma frasi un po' più furbe e incisive, quello sì.
Chi si aspetta di vedere la bella e truce Haman Karn, che da sola aveva tenuto in piedi il trascurato "ZZ Gundam" con il suo impareggiabile "mood" da antagonista perfetta, verrà deluso: ella comparirà solo come cammeo in uno degli episodi conclusivi. Tuttavia la nascita dei "Titans" verrà raccontata nelle ultime due puntate, che aprono a "Z Gundam" senza tuttavia far entrare in gioco l'"AUEG" e senza affrontare discorsi politici degli di nota.

I pregi di "Gundam 0083" sono la cura dei dettagli dei combattimenti, le ricercate coreografie, il design e le animazioni, indubbiamente di alto livello per il 1991. Notevole anche la seconda sigla di apertura. Non riesco comunque a trovarne altri, a parte ovviamente quello implicito di essere una serie gundamica ancora buona e non degradante come il successivo "Gundam Wing" con tutti i suoi derivati. Una nota di merito va all'ottima edizione della Dynit, che nonostante il doppiaggio non proprio esaltante ci offre un bellissimo box da collezione e una qualità audio/video ottima.

In conclusione abbiamo di fronte una visione abbastanza trascurabile, in quanto non copre molto bene i decifit narrativi dell'imponente "Z Gundam". Anziché essere un vero e proprio complemento narrativo, "Gundam 0083" offre una storia già vista e rivista, piena dei soliti cliché del genere. Chi si aspetta quindi di avere un vero e proprio prequel dello "Z" con Haman Karn, l'AUEG, Char e compagnia bella verrà deluso, in quanto viene descritta per bene solamente la nascita dei Titans. Il 7 è dovuto più che altro agli aspetti tecnici, veramente avanti per l'epoca.



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Nel 2001, in casa Konami, Noriaki Okamura, membro chiave dell'Hideo Kojima Staff, ha finalmente, con l'avvento della tecnologia della PlayStation2, l'opportunità di realizzare un sogno da sempre covato: creare un gioco che permetta di guidare un potente robottone lungo un'epica, drammatica avventura basata sulle atmosfere tipiche delle migliori produzioni sci-fi/robotiche di casa Sunrise, soprattutto "Mobile Suit Gundam". Trovato supporto ideale in Hideo Kojima stesso, papà di "Metal Gear Solid" a sua volta grande ammiratore del Mobile Suit bianco (tanto da omaggiarlo nella sua stessa saga stealth), la coppia realizza, nell'arco di tre anni, i due "Zone of the Enders", che diventano, nonostante le modeste vendite, un'apprezzata e premiata saga videoludica. Così, nonostante una durata estremamente breve, un doppiaggio inglese atroce e una trama volutamente derivativa (eroi che si ritrovano al centro di una guerra d'indipendenza tra marziani e Federazione Terrestre, e coi loro robottoni - gli Orbital Frame - cercano di sopravvivere) i due ZOE sono tra i primi ma anche fra i migliori titoli a permettere un'esperienza di immedesimazione senza eguali, a dare davvero la sensazione di pilotare enormi, potentissimi mecha dotati di armi straordinarie con cui distruggere palazzi, sconfiggere imponenti nemici e cambiare le sorti della guerra. Non deve perciò stupire come, in affettuoso senso inverso, sia la stessa, omaggiata Sunrise a dare quindi vita all'OVA che esce il giorno d'uscita del primo gioco: un prequel che fa chiarezza sull'origine degli Orbital Frame, sulle ragioni dello scoppio della guerra e sul background di uno dei villain ricorrenti (la tragica Viola), e che successivamente proseguirà anche con una serie televisiva che ha inizio esattamente il mese dopo.

IDOLO, questo il nome dell'OVA, è una produzione di cinquanta minuti piacevole e ben confezionata, che, pur non offrendo nulla di nuovo al genere, fa la sua parte nel dare maggiore spessore al setting del primo ZOE, permettendo al giocatore di godersi ancor più l'esperienza videoludica, sempre più coinvolto dalla sensazione di essere protagonista di una guerra civile di cui conosce ora anche i retroscena. Siamo nell'anno 2167 sul pianeta Marte, colonizzato dalla Terra, i cui abitanti sono vessati dalle inique leggi del governo terrestre e umiliate dal razzismo della madrepatria. In questo cupo scenario prende luogo la storia di Radium Lavans, pilota marziano dell'organizzazione antigovernativa BAHRAM, che si trova a collaudare una nuova unità robotica di combattimento, Idolo, il primo Orbital Frame mai creato con la sconosciuta tecnologia Metatron. Assistito dalla sua futura sposa, la scienziata Dolores, e dalla sua collega d'armi Viola, Radium scoprirà suo malgrado, mentre pilota il mezzo, come questi accresca sempre di più la sua aggressività e l'odio verso i terrestri, trovando tragiche ripercussioni nella battaglia che aprirà la guerra tra BAHRAM e la Terra, l'"Incidente di Deimos".

Forte di un grandioso comparto tecnico e colori sgargianti, vivacissimi, che rendono uno splendore battaglie robotiche e ambientazioni, IDOLO scorre piacevolmente nella sua pur ricercata banalità, azzeccando disegni moderni e attraenti e soprattutto i suoi attori, pur sempre derivativi ma caratterizzati più che decentemente. Narrativamente non vi è nulla di diverso dal clone ordinario di Gundam (guerre di indipendenza spaziali, raid nemici, battaglie che avvengono tra mezzi robotici) e a questo riguardo è inutile decantare chissà che lodi su intreccio o cast, ma con le sue ottime animazioni, ritmo sostenuto e coinvolgente, azione poderosa, musiche piacevoli e una benvoluta narrazione adulta e matura - scene di sesso prive di accenni platonici e abbondanza di schizzi di sangue in quelle violente - IDOLO offre tutto ciò che gli si chiede per scorrere benissimo. Di certo non si può parlare di visione imprescindibile o di chissà che qualità esorbitante, ma solo - e questo è un merito - di un OVA fatto con cura, mezzi e criterio, estremamente soddisfacente per i videogiocatori ma interessante anche per profani, che magari lo prenderanno come spot pubblicitario per comprare il gioco o guardare il suo prosieguo animato, la successiva serie televisiva DOLORES, di cui IDOLO funge da antefatto.



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Megazone 23 parte seconda, ancor più della parte prima, è la fiera delle banalità e degli stereotipi degli anni ottanta: punk dalla capigliatura multicolore, catene, borchie, motociclette, alcolici, tanto fumo e anche l'immancabile scena di sesso, tanto per far capire che questo è un OAV e non una serie televisiva. A questo mix si aggiunge una bella dose di splatter, con nemici alieni che non sono altro che tentacoli metallici che fuoriescono dai corpi e dalle teste delle persone con grande effluvio di sangue. Nemici che per il resto non hanno ragione di esistere, non ci è data conoscere la loro origine, i loro intenti, neppure se siano senzienti o meno, l'importante è che facciano tanti morti. D'altra parte gli alieni sono del tutto secondari in Megazone, visto che tutto lo spazio è preso dalle bravate del gruppo di motociclisti di turno che, non si capisce come, ha la meglio su dei soldati professionisti addestrati, armati fino ai denti e dotati di mecha giganti. Il messaggio (se si vuol usare tale termine per un OAV di tale portata) è che i giovani sono migliori degli adulti, sempre e comunque, che la colpa di tutto il male del mondo è degli adulti e che bisogna ribellarsi sempre e comunque. Alla fine, dopo una gran quantità di morti, esplosioni e sbudellamenti i giovani se la caveranno con qualche graffio, senza nessuna perdita e erediteranno la Terra: non si capisce bene per quale merito. Insomma un OAV per un pubblico adolescenziale che fa il verso ai film americani di quegli anni, avendo se possibile ancor meno profondità. Assolutamente pessimo, anche peggiore della prima parte. Il chara design non è assolutamente di mio gradimento, troppo occidentale e lontano anni-luce dallo stile nipponico dell'epoca; si salva solo il personaggio di Eva, che ha un chara design classico ma che comunque è fastidioso dal punto di vista caratteriale: perché mai un programma per computer dovrebbe avere dei grandissimi occhi languidi e comportarsi in tutto e per tutto come se fosse innamorata disperatamente del protagonista? I combattimenti robotici sono pressoché inesistenti tanto da mettere in dubbio la classificazione come mecha. Assegno un 4 solo perché nonostante tutti i difetti non si può negare una buona realizzazione tecnica e certa dose di spettacolarità, specialmente nella conclusione.

Nota: storicamente Megazone parte seconda è importante perché è un capovolgimento totale degli stereotipi degli anime precedenti. Prima di Megazone l'eroe era sempre impeccabile: niente sesso, niente alcol, quasi niente parole. Il punk era il nemico da ammazzare, non il modello da seguire: sto pensando a serie come Ken il Guerriero e Votoms, che precedono Megazone di pochissimo. Lo stereotipo era la vittoria della tradizione giapponese sulla modernità occidentale. Megazone invece al contrario esalta la vittoria dei valori occidentali su quelli tradizionali giapponesi. E sarà il capostipite di innumerevoli altri anime che seguiranno la sua filosofia.