Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Anche oggi appuntamento libero, con Macross, Wooser no Sono Higurashi 2 e The Weathering Continent.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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Nel futuro, dopo la terza guerra mondiale, l'umanità vive pacificamente sotto la guida di un governo mondiale unificato. Tuttavia un'invasione aliena da parte degli Zentradi, un popolo totalitario, patriarcale e militarista, sembra destinata a cambiare le cose in peggio. Proteggere la terra dall'invasione spetterà alla fortezza super dimensionale "Macross", una colossale astronave ipertecnologica costruita da un'antica civiltà misteriosa, resa nuovamente operativa dagli scienziati terrestri...

"Macross" è un anime targato 1982 di fondamentale importanza storica, che ha dato origine, insieme ai tre film di "Gundam" del 1981, ad un'ampia rivoluzione del modo di fare animazione. Si tratta del primo anime fatto interamente da fans dell'animazione giapponese per altri fans: nasce proprio con "Macross" quel citazionismo otaku che va ancora di moda adesso. Secondo la leggenda, sembra proprio che la parola "otaku" sia nata durante la sua lavorazione presso lo studio Nue, in cui i vari giovani fanatici della tecnologia, delle ombreggiature e delle armi si rivolgevano l'un l'altro con tale appellativo. La GAINAX, nota per le sue opere di smontaggio/rimontaggio dell'animazione del passato, nasce proprio all'interno dello staff di "Macross", in cui era presente un giovane Hideaki Anno nelle vesti di animatore, sotto la supervisione del grande Toshihiro Hirano, che diventerà uno dei character designer e animatori più influenti degli anni '80. Tra questi giovani appassionati in erba, che scorazzavano qua e là per lo studio, trafficando con rodovetri, colori, disegni dettagliatissimi e quant'altro, c'erano nomi destinati a rimanere nella storia dell'animazione: Shoji Kawamori, ricordato principalmente per il suo "I cieli di Escaflowne", Haruiko Mikimoto, il character designer che meglio ha incarnato lo stereotipo visuale del "soft sci-fi" anni '80, Kazutaka Miyatake, uno dei mecha designer più richiesti dei robotici a venire.

L'introduzione della space opera epica in animazione è dovuta a Leiji Matsumoto e Yoshinobu Nishizaki, che crearono "Corazzata spaziale Yamato", alias "Star Blazers", nel lontano 1974. Alla regia di questo capolavoro c'era un grande nome, Noboru Ishiguro, che dirigerà e scriverà le sceneggiature di altre due pietre miliari successive: "Legend of the Galactic Heroes" e il qui presente "Macross". Quest'ultimo si ispira palesemente alla fantascienza di Matsumoto/Nishizaki, cancellandone definitivamente il melodramma, onnipresente nelle opere degli anni '60 e '70, e alzandone il target, rivolgendosi non più ai bambini, ma agli adolescenti. Con "Macross", tolto il precedente "Gundam", ha inizio l'estetizzazione del passaggio dall'adolescenza all'età adulta, tema principale della maggiorparte degli anime a venire, che verrà assai abusato negli anni '90 e nelle produzioni attuali. Il pilota del robot non è più un adulto eroico e temerario, come voleva la tradizione nagaiana, ma un adolescente, con tutti i problemi tipici dell'età: l'insicurezza, l'incapacità di farsi avanti con la donna amata, la mancanza di fiducia nelle proprie capacità. "Macross" è infatti un viaggio di formazione del protagonista Hikaru che, come l'Amuro Rei di "Gundam", dovrà crescere nel campo di battaglia, così come nella vita, trovando il giusto equilibrio tra se stesso e gli altri.

La grande innovazione portata da "Macross" è sopratutto estetica: vengono introdotti, in modo molto dettagliato, i riflessi generati della luce sulle facce dei personaggi e sui capelli, che si muovono in base all'orientazione della sorgente luminosa e alla rotazione dei soggetti, o degli oggetti, da essa irradiati. Il mecha design diventa dettagliatissimo: gli abitacoli dei robot sono pieni di leve, pulsanti, monitor con astruse proiezioni di poligoni tridimensionali rotanti. Le animazioni dei combattimenti aerei sono spettacolari ancora adesso: nelle scene d'azione di "Macross" si muovono contemporaneamente decine e decine di missili e oggetti volanti, che compiono traiettorie curvilinee abbastanza realistiche; ci sono molteplici esplosioni ad un numero elevato di frames al secondo, e tante altre trovate tecniche/tecnologiche che verranno riprese e sviluppate ulteriormente dagli anime successivi. Infatti nel 1985, due anni dopo l'uscita del primo OAV della storia, il "Dallos" di Oshii, la maggiorparte dello staff originale di "Macross" dà alla luce "Megazone 23", che amplifica l'opera epocale del 1982 all'ennesima potenza, rendendola simile ad un film americano tout court. Pop Idols e "pretty girls" sulla falsariga di Minmei, moto/astronavi/aerei che si trasformano in robottoni, brani j-pop orecchiabili, cura maniacale del design, ovviamente a discapito dello script... Questi sono gli ingredienti base degli OAV da otaku di seconda generazione che verranno originati da "Megazone 23", il figlio legittimo di "Macross". I titoli del nascente mercato home video che ritengo più importanti sono i seguenti: "Iczer One", "Gunbuster", "Bubblegum Crisis", "Gall Force", "Dangaioh", "Orguss 02"; proprio con la serie TV "Orguss" e con "Iczer One" nasce l'ecchi lolicon e "otaku-oriented" tout court; se prima di "Macross" le tette e i culi venivano mostrati per fini umoristici, allo scopo di far divertire i bambini, dopo "Macross" negli anime si ha un substrato erotico vero e proprio, che per molti otaku diventerà una vera e propria ossessione, che li indurrà a proiettare le loro pulsioni sessuali represse verso conturbanti lolite in 2D.

I personaggi di "Macross", che formano l'equipaggio dell'omonima astronave/città/robottone, sono caratterizzati egregiamente: c'è Lynn Minmei, la pop idol in erba a tratti infantile e superficiale; c'è Hikaru, l'adolescente per eccellenza con tanto di mentore (il "fratellone" Roy Fokker); c'è una delle prime tsundere della storia (se non la prima), il tenente Misa Ayase; c'è il virile capitano Global, un'evidente caricatura del regista Noboru Ishiguro e del capitano Okita della "Corazzata Yamato". Il fatto che la gigantesca astronave contenga al suo interno una città permette all'anime di alternare la space-opera allo slice of life: il tema centrale della parte più rilassata della serie sarà il triangolo sentimentale Hikaru/Misa/Minmei, che spesso sfocerà nella pura soap opera a tinte rosa alla "Harmony Gold". Quest'ultimo fatto nelle opere degli anni '70 non c'era: l'amore tra i protagonisti era sempre virile, romantico e tragico, ben lontano dalle paranoie, dalle insicurezze e dalle turbe adolescenziali introdotte da "Macross". Lo sci-fi animato, nel 1982, diventa quindi "soft sci-fi", una moda che durerà fino all'arrivo degli anime da fascia serale negli anni '90 ("Evangelion sarà l'artefice di questa nuova rivoluzione nel 1995).

Chi è arrivato a leggere fino a qui si sarà reso conto benissimo dell'oggettiva importanza di "Macross" nella storia dell'animazione giapponese. Ma al di là della storiografia, come è invecchiato "Macross"? Bene e male direi, siccome rimane comunque una visione molto coinvolgente e seminale, ma che potrebbe tuttavia annoiare chi è già abituato ai vari cliché dei triangoli amorosi moderni. La serie originale infatti finisce al ventisettesimo episodio, e la parte rimanente è pura e classica soap opera, un "Beautiful" con i robottoni. Scordatevi l'epicità e il fascino della prima parte, che sapeva trovare la giusta alchimia tra la vita sentimentale dei protagonisti e le innovative fighetterie spaziali: dalla ventisettesima puntata in poi "Macross" è pura noia. In questa seconda parte vengono comunque approfonditi i segreti degli Zentradi, viene mostrata la vera natura dell'odioso cugino di Minmei, i personaggi alla fin fine sono indimenticabili, quindi chi adora "Macross" potrebbe adorarlo tutto allo stesso modo, senza mai annoiarsi. Come tutti gli anime innovativi, "Macross" aveva riscontrato un basso share nella prima messa in onda, quindi la qualità dei primi episodi è abbastanza altalenante, anche se essi sono comunque aprezzabili, con quel loro alone di incertezza, né troppo anni '70 né troppo anni '80. Con il proseguire delle puntate, lo share crebbe, facendo aumentare la qualità globale delle puntate e spingendo gli autori a prolungare la serie più del dovuto (ecco perché sono state introdotte le puntate successive alla ventisettesima, che era il finale programmato per la serie).

In Italia e in America ""Macross" è conosciuto come il primo arco della saga di "Robotech", un minestrone taglia e cuci che comprende, oltre al titolo in esame, "Mospeada" e "Soutern Cross", due anime figli di "Macross", e quindi facili da fondere con il loro genitore, in modo da formare una storia unica. Inutile dire che "Robotech" non è "Macross", e che è consigliatissimo il doppiaggio Yamato Video, data la sua buona qualità e il suo adattamento fedele all'originale. A chi piacerà "Macross" consiglio di andare avanti con il bellissimo e altrettanto epocale film "Do you remember love?" e con le varie serie annesse alla continuity, "Macross Plus" e "Macross Frontier" in primis.

In conclusione, ogni fan dell'animazione giapponese che si rispetti dovrebbe aver visto "Macross", giusto per farsi un'idea della sua vasta influenza e della sua indubbia importanza storica. Non a caso esso è l'anime più citato in "Otaku no Video", il celebre documentario otaku ad opera dello studio GAINAX, nato proprio nel seno della grande rivoluzione del 1982.



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Buona la prima, meglio ancora la seconda. Dopo lo straripante successo(?) della prima stagione, il giallo Wooser torna alla carica con una nuova serie, ancora più avido, ancora più perverso e ancora più scansafatiche. "Wooser no Sono Higurashi: Kakusei-hen" arriva a due anni di distanza dalla serie precedente, concedendosi quindi il tempo necessario per prepararsi e tornare alla ribalta in forma più che smagliante, con il suo carico di emotività, pathos, riflessioni profonde sulla vita e citazioni in abbondanza.

La serie fa un salto di qualità rispetto alla prima stagione grazie ad un Wooser sempre più mattatore e protagonista della scena, che stavolta non si limita a citare anime e personaggi relazionati unicamente al suo doppiatore, ma estende il campo della parodia a qualunque cosa capiti sotto il suo vispo occhietto. L'amico panzone ospita nel corso degli episodi diverse guest star, da "Miss Monochrome" a Chamber di "Suisei no Gargantia", Nyanperona di "Karneval", Chihaya di "The Idolm@ster", i gatti ciambellosi di "Donyatsu", Senketsu di "Kill la Kill" e chi più ne ha più ne metta. Un occhio di riguardo viene dato alla serie "Mobile Suit Gundam 00", citata più volte in momenti topici. Uno dei momenti eccezionali della storia dell'animazione è quello in cui Darth Wooser (il panzone nero) parla per la prima volta, senza contare che lo fa con la voce di Kamiya.
"Wooser no Sono Higurashi: Kakusei-hen" continua nel suo percorso di spensierato e demenziale nonsense, riassumendo in quattro minuti per episodio dubbi e speranze non solo del panzone giallo, ma anche delle dolci Rin e Ren, e perché no, di ogni essere umano. Wooser si ferma a riflettere sulla vita, sulla morte, sui sogni, sull'amicizia e su qualunque altra incombenza della vita quotidiana, senza trascurare momenti di pathos e dramma.

Il comparto tecnico si mantiene sugli stessi livelli della prima serie, oserei dire che c'è un leggero miglioramento nella grafica, che resta comunque sempre tondeggiante ed essenziale con vari riferimenti ai videogame di altri tempi, mentre il jingle di apertura degli episodi resta invariato nella sua base ma gode di un arrangiamento più elaborato. In splendida forma Mamoru Miyano, che continua a dare a Wooser un vocione profondo che contrasta nettamente con il suo aspetto piacione, e accanto a lui troviamo l'esordio di Kamiya con le quattro battute in croce di Darth Wooser. La vera perla però è l'ending "New Order", scritta appositamente dallo stesso Miyano, in cui possiamo godere di uno scatenato Wooser che balla sulle note di una canzone dai ritmi dance.

Una serie come "Wooser no Sono Higurashi: Kakusei-hen" deve essere valutata in base alla durata dei suoi episodi e a ciò che si propone di trasmettere nelle sue linee generali; è totale nonsense il cui unico scopo è mettere in atto scenette divertenti e citazioni sparse. Se gli episodi riservano anche solo un momento perfetto, allora tutta la serie raggiunge lo scopo.
Super eroe? Alieno venuto dallo spazio? Salvatore di due bambine ancora in fasce? Maniaco feticista delle uniformi? Indefinito e indefinibile, in verità Wooser è questo e altro, non è solo uno strano "coso" giallo, Wooser stesso è una filosofia di vita che abbraccio totalmente: viva la carne, viva le uniformi, viva il dolce far nulla e viva i cani alla guida di un sidecar.
Wooser no Sono Higurashi: anime is saved!



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Tratto da una serie di light novel (un genere ibrido fra manga e romanzo) pubblicate negli anni '90, "Kaze No Tairiku" narra le vicende di tre avventurieri che attraversano una terra desolata in un'epoca antica e non identificabile, e ne affrontano i pericoli.
Il gruppo è composto da un guerriero, un mago e un'avventuriera, e il loro viaggio li porterà ad attraversare deserti, avamposti abbandonati e soprattutto una città fantasma dominata da forze oscure, nella quale nulla è davvero come sembra.

Uscito nel 1992, questo film è da intendersi fondamentalmente come un promo per l'opera cartacea che era, allora, in corso di pubblicazione nel Sol Levante. Non esiste una vera trama, non conosciamo nulla o quasi dei personaggi né le ragioni del loro viaggio. Regista e sceneggiatore infatti hanno scelto di focalizzarsi sul mondo e sull'atmosfera del racconto, dal momento che la vicenda inizia e si conclude con i protagonisti che viaggiano, lasciando così intendere che si tratti solo di un episodio di molte altre avventure vissute dallo stesso gruppo. Gli elementi magici tipici del fantasy e l'ambientazione desertica vagamente 'orientaleggiante' sono ben amalgamati, grazie anche a una realizzazione tecnica complessiva buona: disegno e animazioni sono convincenti, e lo sono anche le scelte cromatiche che enfatizzano bene le ambientazioni diurne o notturne e le espressioni dei protagonisti. Anche la musica, onnipresente, sottolinea l'elemento epico della narrazione.

Volendo andare oltre l'aspetto puramente tecnico dell'opera, però, "Kaze No Tairiku" mostra qualche evidente limite proprio nella sua natura di "semplice episodio": è ben difficile farsi coinvolgere da una vicenda che parte così "in medias res", le cui dinamiche tra i personaggi sono già così ben definite all'inizio e senza che ci venga spiegato alcunché rispetto alle ragioni della loro avventura. La caratterizzazione psicologica è l'altro vero limite dell'opera: si tratta del classico team assortito e stereotipato che si trova in tutti gli anime fantasy, anche se è ridotto a soli tre elementi: un guerriero taciturno e temerario, un mago dalla natura gentile dotato di grandi poteri spirituali e una ragazzina avventuriera insicura e un po' imbranata - che è anche la vera protagonista, dal momento che è l'unica di cui ci vengono mostrati elementi del passato.

"Kaze No Tairiku" è un anime "di genere" il cui valore fondamentale sta nella buona realizzazione tecnica e nella sua piena adesione a certi canoni narrativi del fantasy giapponese. E' un peccato che di questo film non esistano prequel o sequel in grado di delineare meglio un mondo narrativo potenzialmente davvero interessante. Di sicuro, chi ha saputo apprezzare altre opere pubblicate a cavallo tra anni '80 e '90 (mi riferisco ad esempio a 'La leggenda di Arslan', ma anche 'RG Veda' delle Clamp o i vari episodi di 'Lodoss') ne godrà come un piacevole diversivo.