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Adotta un titolo 1Adotta un titolo 2Titoli poco conosciuti, passati in sordina all'epoca dell'uscita o dimenticati col tempo... su AnimeClick.it abbiamo migliaia di schede anime e manga senza alcuna recensione, privando quindi i lettori di uno dei principali punti di forza delle stesse.
Per cui, ad ogni appuntamento di questa rubrica vi proporremo alcuni di questi titoli, con la preghiera di recensirli qualora li conosciate. Tutti gli utenti che recensiranno le opere proposte entro la scadenza assegnata riceveranno l'icona premio Scheda adottata. Per le regole da seguire nella stesura delle recensioni rimandiamo al blog apposito, che vi preghiamo di utilizzare anche per commenti, domande o tenere traccia dei premi (non commentate l'iniziativa in questa news).

I titoli al momento disponibili sono:

[ANIME] Licensed by Royal (Scadenza: 25/2/2015)

[MANGA] Cutie Honey 21 (Scadenza: 1/3/2015)

[DRAMA] Seigi no mikata (Scadenza: 4/3/2015)

[ANIME] Questa allegra gioventù (Scadenza: 8/3/2015)

[MANGA] Shoma - Cronache della guerra leggendaria (Scadenza: 11/3/2015)


Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con gli anime Kite, Neon Genesis Evangelion e Noragami.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.


6.0/10
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"A-Kite" è il famoso OAV a tinte pulp e noir che ha reso celebre Yasuomi Uematsu, il character designer di "Megazone 23 part 2", qui presente anche in veste di sceneggiatore, animatore e regista. Chiaramente ispirato al "Nikita" di Luc Besson, questo pseudo hentai a tinte forti si rivela un potente (e ignorante) mix di macabro, sesso duro e splatter. Le pistole hanno dei proiettili esplosivi in grado di maciullare la testa delle persone; le scene di sesso sono grottesche, basate interamente sul coito e sulla sottomissione violenta della protagonista - una ragazza a cui qualcuno ha ucciso la famiglia, che viene sfruttata da un poliziotto corrotto, che la utilizza come sicario personale e come giocattolo sessuale (non mancheranno i flashback in cui Sawa, ancora bambina, verrà sodomizzata dal suo mentore, senza alcuna censura).

Il regista ama rendere allo spettatore il suo autoriale "senso del fetido", che si palesa nella descrizione dell'odore dei cadaveri in putrefazione all'obitorio, nelle inquadrature dei pezzetti di cervello sparsi qua e là per il pavimento dopo una sparatoria, delle persone uccise dalla protagonista che si pisciano addosso sputando saliva; il tutto preferibilmente in una sporca latrina pubblica, dove gli odori del piscio, del sangue, degli escrementi e della polvere da sparo arrivano immediatamente allo spettatore, già rintronato da schizofreniche incursioni di sax e musica jazz. Ovviamente tutto questo va a fare contrasto con l'innocenza e la carineria di Sawa, doppiata egregiamente da una conturbante Valentina Mari (la voce di Rei Ayanami di "Evangelion").


"A-Kite" è cattivo, vuole essere cattivo, e lo è fino in fondo, tant'è che pure il finale lascia poca speranza per la nostra eroina. Indubbiamente l'OAV in questione è troppo breve, è tutta roba già vista, è scritto malissimo -possibile che la protagonista, che da sempre conosce la verità sull'uccisione dei suoi genitori, decida di vendicarsi così tardivamente, subendo nel frattempo ogni genere di stupro, violenza ed umiliazione?. Tuttavia esso viene comunque acclamato da una cerchia ristretta di fans dell'animazione, e da Tarantino stesso, che l'ha addirittura omaggiato in un'intervista. La regia infatti è buona, le musiche pure, anche se il vero punto forte del prodotto è il character design, insieme alle animazioni. C'è anche molto mood anni '90 in "A-Kite", tant'è che a chi vuole riviverli consiglierei, rimanendo in tema, una maratona serale del tipo "Nikita"/"Leon", con quest'ora di OAV come intermezzo, magari ascoltando pure una canzone dei Radiohead, passando ovviamente per "Go" dei Pearl Jam, che molto si adatta alla cattiveria e al fracasso di quest'anime. Sei e mezzo.



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Parlare di Neon Genesis Evangelion significa parlare di una serie che divide letteralmente il mondo degli appassionati, fra coloro che la reputano un capolavoro senza "se" e senza "ma" e quelli che la ritengono un'opera pretenziosa, criptica, dal finale incomprensibile e raffazzonato; ovviamente c'è anche lo schieramento di mezzo, di chi la reputa una buona serie rovinata dal finale e da varie imprecisioni durante il corso dell'intera opera, schiacciata in definitiva dalle stesse ambizioni della sceneggiatura. In verità Evangelion ha una storia assai travagliata: punto d'arrivo della lunga depressione del regista Hideaki Anno, iniziata subito dopo la realizzazione di Nadia - Il mistero della pietra azzurra, e delle sue letture di manuali di psicologia, la serie andò incontro a diversi problemi in fase di produzione, fra cui la decisione di Anno di cambiare rotta a circa metà serie per dare alla storia un taglio più introspettivo e la carenza di fondi per gli ultimi episodi, fino ad arrivare a un finale che i più trovarono deludente. Poi arrivarono le richieste da parte dei fan di un seguito che spiegasse i tanti misteri irrisolti, l'iniziale progetto di fare un OAV, poi il film riassuntivo e il "vero" finale cinematografico, ma questa è un'altra storia.

La storia è ambientata nel 2015, in un mondo devastato da un evento catastrofico chiamato Second Impact che ha distrutto l'Antartide e causato l'innalzamento dei mari, lo spostamento dell'asse terrestre e lo stravolgimento delle stagioni, il cui ciclo è stato sostituito da un'eterna estate (come rammenta spesso e volentieri il suono delle cicale in sottofondo). La vera causa del Second Impact è stato il contatto fra gli esseri umani e il primo Angelo, Adam, e proprio gli Angeli sono i nemici contro cui l'umanità dovrà combattere per evitare l'estinzione; tuttavia le armi tradizionali non possono nulla contro queste creature e l'unica speranza di vittoria risiede nelle Macchine da Combattimento Umanoidi Multifunzione Evangelion, o semplicemente Eva.

La prima questione da affrontare parlando di Neon Genesis Evangelion è stabilire se sia un anime mecha o meno. Di elementi tipici delle serie robotiche degli anni '70 e '80 ce ne sono a iosa, è innegabile: la difesa dell'umanità è affidata a una base scientifica ipertecnologia, una moderna incarnazione della Fortezza della Scienza di nagaiana memoria; il protagonista è un giovane adolescente e il mecha che gli viene affidato è stato creato dai suoi genitori; lo schema narrativo è, in linea di massima, quello del "mostro della settimana" tipico dei robotici anni '70; persino la natura organica degli Eva e il Berserk Mode erano stati anticipati, un decennio prima, rispettivamente da Iczer One e da Blue Comet SPT Layzner. Può sembrare un ritorno alle origini del genere mecha, lontano anni luce dalle complesse situazioni geopolitiche di Mobile Suit Gundam e The Five Star Stories, ma lo scopo di questa operazione è di decostruire i fondamenti di tale tipo di narrazione: non a caso, l'adolescente cui viene affidata la difesa del pianeta non è un eroe sbruffone senza macchia e senza paura, ma un ragazzino che non vorrebbe salire a bordo dell'Eva e per il quale ogni occasione sembra buona per fuggire e rinunciare alle proprie responsabilità; lo schema tokusatsu non viene rispettato rigorosamente ma ci sono spesso e volentieri episodi completamente privi di combattimenti, finalizzati esclusivamente all'approfondimento dei personaggi. Se si considera poi la piega "atipica" che Evangelion assume nella sua seconda parte e che porta a quel non-finale in cui non ci sono la vittoria dei terrestri sugli invasori alieni e il lieto fine tradizionale, si capisce ancora meglio quanto l'opera prenda le distanze dal suo genere di apparente appartenenza.

A Shinji Ikari (questo il nome del nostro "eroe" nichilista) si contrappongono fin dalla loro prima apparizione Rei Ayanami, l'albina First Children che invece obbedisce sempre agli ordini senza lamentarsi, e Asuka Soryu Langley, la rossa Second Children che è ben felice di pilotare il suo Eva-02 per dimostrare al mondo le proprie capacità; ma anche loro, nel prosieguo della storia, saranno messe di fronte alle loro vere motivazioni e al loro vero essere e si riveleranno molto più fragili di quanto sembrino inizialmente. Attorno ai tre piloti ruotano vari personaggi, tutti più o meno approfonditi: Misato Katsuragi, donna piena di energie e vitalità, tuttavia molto fragile nel profondo; Ritsuko Akagi, la dottoressa responsabile del progetto che ha creato gli Evangelion; Gendo Ikari, il padre con cui Shinji non ha un buon rapporto e con cui deve inevitabilmente scontrarsi spesso; Kozo Fuyutsuki, braccio destro di Gendo, apparentemente figura marginale ma depositario di alcuni segreti sulla nascita della Nerv; Ryoji Kaji, bello e carismatico; i compagni di scuola di Shinji; i tre operatori della Nerv, figure minori ma tutto sommato simpatiche macchiette; il misterioso Lorenz Keel, capo della Seele che vuole a tutti i costi realizzare il Progetto per il Perfezionamento dell'Uomo.

Anno attua un impietoso scavo interiore che non risparmia nessuno dei vari personaggi e fa emergere, anche in figure apparentemente "sani", traumi, incertezze, difficoltà di rapportarsi con gli altri. Lo strumento che sceglie di utilizzare è la psicoanalisi: ed ecco dunque saltar fuori, nel corso di dialoghi e di monologhi interiori, veri e propri complessi edipici, traumi dell'infanzia, difficoltà di comunicazione con il prossimo, conflitti generazionali, introversione che sfocia nell'isolamento dalla realtà e nei comportamenti tipici degli otaku, pulsioni sessuali che spesso non trovano sfogo, incapacità di accettare se stessi e gli altri. Purtroppo si finisce con l'esagerare e lo psicodramma che si consuma sulla scena a lungo andare diventa ripetitivo, prolisso, ridondante, provocando qua e là qualche sbadiglio e dando, in alcuni frangenti, l'impressione di gratuità e la capziosità di queste sedute psicoanalitiche sui generis, che ribadiscono sempre gli stessi temi, gli stessi problemi, gli stessi interrogativi, le stesse paranoie. Ci sono opere che riescono a dire tutto ciò che vogliono dire su un personaggio o su una tematica con pochi gesti e un paio di battute e ci sono altre opere che vogliono ripetere sempre gli stessi concetti, quasi l'autore volesse sfoggiare il proprio intellettualismo e si compiacesse di mostrare quanto è bravo a trattare certi argomenti; Evangelion appartiene a quest'ultima categoria. Beninteso, si tratta di scene molto curate a livello di regia, di montaggio, di dialoghi e di singole battute; ma l'impressione che siano fuori posto o fini a se stesse fa capolino, a volte (e sottolineo, a volte, non sempre), nella mente dello spettatore meno avvezzo a simili cerebralismi.

Anno non esita nemmeno a mettere in mezzo la filosofia, tirando fuori riflessioni pirandelliane sulle maschere (tema a lui caro, che riprenderà anche in KareKano) e sulla frammentazione dell'io, oppure ammiccando a Søren Kierkegaard col titolo dell'episodio 16, Malattia mortale, e poi…, o ancora mettendo in bocca a uno dei suoi personaggi il dilemma del porcospino di Arthur Schopenhauer. E, ovviamente, non risparmia l'esoterismo occidentale e la mitologia giudaico-gnostico-cristiana, visto che l'opera sbatte in faccia allo spettatore già dalla sigla iniziale un Serafino e un Etz haHa'yim, mentre gli episodi sono pieni di lance di Longino, angeli dai nomi ebraici, camere del Guf, mecha umanoidi che richiamano la leggenda del Golem, progetti per il perfezionamento dell'umanità che hanno indubbie similitudini col concetto kabbalistico del Tiqqun Olam, giganti di luce e rotoli del Mar Morto. Questi riferimenti mistici ed esoterici sarebbero, a detta dell'aiuto regista Kazuya Tsurumaki, privi di qualsiasi significato religioso e cristiano, inseriti nell'opera solo per renderla più interessante ed esotica a un pubblico poco avvezzo a croci e creature angeliche quale quello giapponese; in realtà, accanto a citazioni più labili e forzate, messe tanto per (come i tre computer che hanno i nomi dei Re Magi), ci sono anche elementi più solidi, che costituiscono una vera e propria mitologia alternativa richiamandosi, a volte con una certa precisione e cura, alle fonti occidentali, altre volte reinterpretandole senza snaturarne troppo il significato. Quel che è certo è che questi elementi mistici costituiscono una grossa parte del fascino dell'opera e senza di essi forse Evangelion non avrebbe avuto lo stesso successo di cui ora gode.

La difficoltà di comunicazione fra gli individui è indagata su tutti i livelli, a cominciare dal rapporto fra genitori e figli: Gendo e Shinji non riescono ad avere un normale rapporto padre-figlio, così come avveniva per Misato col padre (e con Kaji, che la donna aveva lasciato perché le ricordava troppo il genitore) e con Ritsuko per la madre; nel caso di Asuka, poi, l'impossibilità di comunicare è amplificata dalla malattia mentale della madre, risultato di un fallito esperimento in Germania, che la spingerà infine al suicidio. Anche le relazioni fra i due sessi nell'ambito sessuale e amoroso sono minate da questa impossibilità di comunicare autenticamente e di conoscersi: così Shinji non riesce a trovare sfogo alle sue tensioni erotiche verso Asuka e verso Rei (con quest'ultima si intrecciano pulsioni erotiche e complessi edipici); la relazione di Gendo e Ritsuko è fondata quasi esclusivamente sull'utilità, mentre l'amore dell'uomo per Yui Ikari, per quanto sincero, assume i connotati di una pericolosa ossessione che si riflette poi sull'albina; persino i rapporti fra Misato e Kaji sono fondati su un continuo tira-e-molla, più per colpa di lei che di lui. Ed è Kaji a far notare che fra uomini e donne esiste un fiume più largo e più profondo dell'oceano stesso.

Si è già detto che Anno aveva vissuto un periodo di depressione successivamente alla produzione di Nadia - Il mistero della pietra azzurra; ebbene, proprio alla fine di quel periodo di 4 anni, il regista si ritrovò a riflettere sulla condizione dell'otaku, da lui paragonata a una forma di autismo forzato, e ne prese le distanze. E si è anche detto che Shinji Ikari ha alcune caratteristiche dell'otaku medio: pur non presentando una passione smodata per anime e manga (a dir la verità non mostra nessuna passione e nessun hobby) ha scarsa fiducia in sé, è chiuso nel suo mondo, rifugge dalle responsabilità e dalle cose spiacevoli della vita, si isola volontariamente dagli altri e non riesce ad avere rapporti "normali" col prossimo. Per questo in Evangelion si può leggere anche una rappresentazione del fenomeno degli otaku e una sua critica, anzi certe dichiarazioni di Anno e di Tsurumaki lo confermerebbero. Ovviamente Evangelion non è solo una critica a un fenomeno sociale tipicamente giapponese, altrimenti non si spiegherebbe il suo rapido ed esteso successo in Occidente, dove il fenomeno otaku non esiste e non è conosciuto a dovere.

A partire dall'episodio 16 l'attenzione dell'opera si sposta ulteriormente in direzione introspettiva; lo stesso Anno ammise in seguito che ciò fu dovuto all'interesse che in quel periodo nutriva per le malattie mentali e per la psicologia, che spiegherebbe anche l'uso di terminologie di quel campo scientifico per i titoli degli episodi o per concetti della trama, e alla volontà di fare di Evangelion un monito contro lo stile di vita degli otaku e uno sprone ad aprirsi alla realtà della vita, piuttosto che un anime che generasse nuove schiere di otaku. Questa seconda parte, caratterizzata dalla penuria del budget che si ripercuote nella qualità tecnica, sposta maggiormente la sua attenzione verso l'introspezione dei personaggi, non rinunciando a sollevare ulteriori domande e quesiti sull'origine degli Angeli o sui veri propositi della Seele, e culmina nei due episodi finali (25 e 26) tanto criticati da molti spettatori, e non completamente a torto: se è vero che è coerente con lo sviluppo della trama nella seconda parte, è altrettanto vero che Hideaki Anno commette l'errore di lasciare irrisolte tante questioni (il Third Impact avverrà davvero? da dove vengono Adam, Lilith e gli Angeli? che ne sarà dell'umanità? quali sono le intenzioni della Seele e quali quelle di Gendo Ikari?) che meritavano un maggiore approfondimento. Evangelion, purtroppo o per fortuna a seconda dei gusti e delle opinioni di ogni spettatore, non è solo un'opera introspettiva o psicologica ma è anche una storia fantascientifica, con misteri e intrighi che occupano uno spazio considerevole della sceneggiatura, e lasciare questa parte della trama irrisolta e senza alcuna conclusione decente è un errore difficilmente giustificabile. La cosa diventa ancora più grave se si considera che questo non-finale non era previsto inizialmente da Anno e che, come si legge nel documento Neon Genesis Evangelion Proposal, era stato progettato un diverso epilogo, più "tradizionale", in cui ci sarebbe stato lo scontro decisivo fra l'umanità e i dodici Angeli più potenti e tutti i misteri avrebbero trovato una risposta. Insomma, la decisione di Anno di cambiare le cose in corsa ha portato a una risoluzione del dramma del protagonista Shinji ma ha sacrificato tutto il resto: è naturale, dunque, che lo spettatore possa sentirsi ingannato, deluso e preso per i fondelli.

La colonna sonora, opera di Shiro Sagisu (che aveva già collaborato con Anno in Nadia - Il mistero della pietra azzurra e lo farà ancora in KareKano, oltre che nella tetralogia cinematografica Rebuild of Evangelion), riesce ad adeguarsi alle varie situazioni trasmettendo di volta in volta epicità, pathos, commozione, spensieratezza, a volte ricorrendo anche a brani di musica classica, come il celebre Hallelujah di Handel nell'episodio 22 e l'Inno alla Gioia della Nona Sinfonia di Beethoven nell'episodio 24; la sigla d'apertura è Zankoku na tenshi no these, cantata da Yoko Takahashi, quella di chiusura Fly me to the moon, realizzata in diverse versioni per ogni episodio e cantata in alcuni casi dalle stesse doppiatrici dell'anime. Al character design troviamo invece Yoshiyuki Sadamoto, che aveva già lavorato con Anno in Nadia e che lavorerà anche all'adattamento manga della serie, prendendo però le distanze dalla sceneggiatura originale e dal finale, con esiti alquanto discutibili.

A questo punto, non si può non affrontare il discorso dell'impatto di Neon Genesis Evangelion sul mondo dell'animazione nipponica. Evangelion non è stato il primo anime mecha "maturo", perché già le opere dirette da Tomino almeno una quindicina di anni prima (Mobile Suit Gundam e Space Runaway Ideon in testa) avevano affrontato le medesime tematiche dell'opera di Anno: l'adolescenza problematica, i conflitti generazionali, i complessi edipici, le difficoltà di comunicazione con il prossimo, la ricerca di "surrogati" di figure parentali quando queste mancano o non svolgono il loro compito, l'evoluzione della razza umana, la rappresentazione dell'otaku medio tramite il protagonista dell'opera e la critica a un tale modello di vita. L'innovazione di Anno, semmai, sta nel modo in cui queste tematiche sono affrontate, in quell'impasto di psicoanalisi, citazionismo, riferimenti esoterici alla Kabbalah ebraica e al Cristianesimo, monologhi, riflessioni filosofiche ed esistenziali finalizzato alla decostruzione del genere robotico e allo scavo psicologico dei personaggi, che mancava nelle opere del ben più pragmatico Tomino, di impianto tradizionale, e che invece connota il capolavoro di Anno come opera spiccatamente postmoderna. Proprio per questo motivo, più che nel genere mecha, è altrove che vanno ricercati gli eredi di Evangelion: non RahXephon, in cui le somiglianze sono puramente esteriori e superficiali, ma Utena, serial experiments lain, Narutaru e Puella Magi Madoka Magica. Né bisogna dimenticare che proprio l'opera più celebre dello studio Gainax sancisce la nascita di un nuovo modo di fare animazione, basato su un minor numero di episodi (di norma 26), una maggiore cura nella regia e nel montaggio, un uso sempre più massiccio di trame cervellotiche e tematiche intellettuali, nonché lo sdoganamento delle tematiche sessuali e delle scene che hanno a che fare con esse nelle serie televisive (negli OAV, invece, esse erano presenti in maniera anche abbastanza pesante già da anni).



5.0/10
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La base di partenza di "Noragami" non è per niente originale, ma gli sviluppi avrebbero potuto comunque destare interesse se gestiti in un certo modo; invece, quel che limita tantissimo quest'anime è la massiccia, onnipresente e veramente indesiderata presenza di battutine e siparietti comici da quattro soldi. Il comparto tecnico è più che buono, fondali e disegni sono molto curati, l'aspetto dei personaggi (soprattutto gli occhi) è in un certo qual senso "magnetico", ma a deludere sono anche le sembianze ridicole dei fantasmi coi quali i protagonisti avranno spesso a che fare: non fanno affatto paura, ma, quel che è peggio, sembrano soggetti estranei al contesto grafico dell'opera, un effetto sicuramente voluto ma decisamente malriuscito, con disegni semplici e colori che stridono con tutto il resto; questo aspetto, unito alla succitata invadente ironia, è ciò che mi ha trasmesso il "disturbo" maggiore nel seguire quest'opera.

Alla fine si tratta di soli dodici episodi e mi sono sforzato di vederli fino in fondo sperando in un drastico miglioramento, ma sono riuscito a trovarlo solo parzialmente, ossia verso i tre quarti del racconto, quando si comincia a limitare il numero delle gag "stupidine" e a tirar fuori l'essenza più seriosa della trama, ma anche a questo punto non posso certo dire di essere rimasto soddisfatto degli sviluppi narrativi evidenziati, che reputo poco originali e abbastanza prevedibili, poco intriganti. La caratterizzazione del protagonista non è delle migliori, alcuni dei personaggi più interessanti quali Nora, Bishamon e relativi sottoposti sono stati sviscerati poco o niente, ed è un peccato non aver sfruttato tali potenzialità: fa perdere profondità alla storia, considerando che tra questi vi erano elementi intriganti e apparentemente assai più seriosi. Ero in cerca di qualcosa di molto diverso, edulcorato da tante frivolezze e che ponesse l'accento maggiormente sul lato serioso e sull'azione, mi aspettavo di trovare un'opera discretamente intrigante, anche basandomi sulle opinioni della massa che ha eletto "Noragami" come una delle opere più promettenti di questo 2014, mi sarei aspettato una serie di ben altro calibro e non un anime da portare avanti trascinandolo a stento e facendosi coraggio con la brevità del tutto.
Una nota positiva che mi sento di sottolineare è data dalla soundtrack, abbastanza ricercata e con brani di un certo spessore, che personalmente reputo quasi sprecati per una serie di questo genere.

La delusione è stata tanta e in considerazione di ciò il mio voto può raggiungere a stento un 5 pieno.