Dodici anni, un'età in cui o sei con tutti o non sei nessuno, in cui cominciano a formarsi quei legami affettivi più o meno saldi che potremmo portarci dietro per tutta la vita, sia come presenza effettiva, sia come ricordo.
Ma nell'adolescenza capita molto spesso che l'unica compagnia sia la solitudine, quando non si viene considerati "all'altezza" degli altri, quando si viene presi in giro, allontanati.
Cosa fare a quel punto?
Cercare di attirare l'attenzione per farsi apprezzare, notare, o chiudersi nel proprio guscio?
 

In un mondo a metà tra il Giappone feudale e una sorta di steampunk con meno Londra e più Kyoto, e per la precisione in uno dei villaggi dalla maggiore dominanza militare, il Villaggio della Foglia, vive un ragazzo di nome Naruto Uzumaki, allontanato da sempre da tutto e da tutti, non si sa il perché.
Non ha genitori, né parenti conosciuti, né amici: un gigantesco buco nel cuore che aspira a riempire in grande stile: diventando Hokage, il ninja (perché questi sono i soldati delle milizie di questo mondo) capo del villaggio, il più forte, il più amato.
Peccato che Naruto sia una frana all'accademia ninja, bocciato già due volte all'esame d'ammissione per diventare un genin (il rango ninja più basso, quello, quindi, iniziale).
Riuscirà questo sfortunato impedito a risalire gloriosamente la china e prendersi la sua rivincita verso un mondo che lo odia e lo allontana senza apparente motivo?

Ce lo racconta Masashi Kishimoto in questa ciclopica serie da 72 volumi, shonen tra i più importanti del settimanale Jump per tutta la durata della sua pubblicazione (e anche oggi, data la presenza di spin-off e sequel vari).
L'autore cresce con un backround culturale impregnato delle opere principali degli anni '80 e '90, d'animazione, di fumetto e videoludiche: Ken il Guerriero, Kinnikuman, ovviamente Dragon Ball, ma anche Akira; Tekken, Dragon Quest e Final Fantasy.
Molte di queste opere saranno fonte d'ispirazione per lui, dal completo arancione e blu del protagonista, a numerosi riferimenti a un'altra nota serie videoludica Square Enix: Kingdom Hearts.
Da Akira (e soprattutto dal suo storico poster promozionale con visuale dall'alto del protagonista che si dirige verso la moto) verrà invece ereditato un gusto per le inquadrature inusuali, vero marchio di fabbrica del suo stile di disegno.
Dall'amore per il cinema americano proviene invece il taglio dei dialoghi, fatto perlopiù di battute veloci e dinamiche.
 

Una preparazione così varia e profonda incide immediatamente sull'opera e per tutta la sua durata, permettendo all'autore di mettere in mostra i suoi punti di forza nella caratterizzazione dei personaggi e nella gestione dei combattimenti, che possono essere semplici battaglie esplosive da Guerrieri Z o sfide d'intelligenza tattiche come si addice a guerrieri silenziosi che agiscono nell'ombra.
Il cast di personaggi è in continua espansione, e presenta una grande varietà e picchi notevoli di carisma (Kakashi, Jiraiya, Shikamaru, Asuma, Rock Lee, Gaara, per chi già li conosce), permettendo a praticamente chiunque di trovare qualcuno di suo gradimento, anche se, e questo introduce lo scottante lato "difetti" di una recensione finora elogiante, molti finiscono per perdersi per strada e non venire mai approfonditi più di tanto, causa un probabile "servilismo" alle classifiche di gradimento dei lettori.

E la scarsità di farina del Kishisacco all'interno del manga stesso, nelle sue fasi più avanzate, è il vero problema di Naruto: la trama si dilata terribilmente, raccontando vicende che sarebbero potute essere narrate nella metà dei volumi, aggiungendo personaggi sempre più futili e dimenticabili, dando spazio solo ad alcuni dei pre-esistenti e lasciando gli altri nel dimenticatoio, seguendo appunto i gusti dei fan e non le idee vere e proprie dell'autore, così come gli scontri diventano meno tattici e più ignoranti man mano che si prosegue proprio perché questo è spesso "di moda", anche se serie come Hunter X Hunter fortunatamente dimostrano il contrario.
Si arriva al punto d'essere in grado di riconoscere ad occhio nudo le sequenze non dettate dai piani alti di Jump per la loro effettiva buona qualità (chi ha detto "volume 53"?), mentre il resto sarebbe anche piuttosto buono se non fosse terribilmente lungo e tendenzialmente "vuoto".
Per motivi che ovviamente non posso dire, l'amore di Kishimoto per i giochi di ruolo di stampo orientale si nota tutto nel combattimento contro l'ultimo cattivo, ma questo, a sua volta, è più un difetto che un pregio.
 

Lo stile dell'autore è, all'inizio, molto grezzo e particolare, ma estremamente caratterizzante e dettagliato: l'autore stesso riconosce di avere dei limiti in alcuni campi e ci scherza su, ma è indubbio come sia bravo a disegnare paesaggi pseudo-urbani ricchissimi di tubature, condizionatori, dettagli d'ogni tipo.
S'è inoltre premurato d'inserire dettagli tutto sommato necessari per un soldato, come alcuni particolari dell'equipaggiamento (si veda l'importantissimo coprifronte) che sono diventati, con gli anni, simboli inconfondibili legati a Naruto, aiutando a cementarne la notorietà in giro per il mondo (basti vedere il merchandising alle fiere del fumetto, e relativi cosplayers).
In fondo, lui stesso confessa che quando crea un nuovo personaggio, lo arricchisce sempre eccessivamente di accessori e cianfrusaglie, che poi deve togliere man mano che lo ridefinisce.
Di volume in volume, il design si affina, ma i personaggi perdono in espressività, finendo per assomigliarsi un po' tutti di viso, eccezion fatta per quelli particolarmente definiti e impossibili da confondere.

Titolo di punta del catalogo di Panini Comics, il manga è stato più volte stampato, ristampato e rieditato; e continua ancora ad esserlo: dalla prima edizione (reperibile più o meno quanto i volumi di Batman della Golden Age) e la quasi identica edizione "Il Mito", passando alle tanto criticate edizioni Gold e Gold Deluxe, per approdare ai volumi in allegato con i quotidiani, e giungere infine al recente annuncio dell'edizione a colori. Il manga è talmente lungo, di suo, da far notare a vista d'occhio un cambiamento progressivo delle meccaniche dell'editoria del genere: ad esempio se nei primi volumi dell'edizione base c'era lo spazio della posta dei lettori, e si discuteva del manga, delle sue origini e dei suoi possibili risvolti futuri, più avanti questa rubrica si estingue per dare spazio a sole pagine promozionali.
L'adattamento va dal buono al migliorabile, soprattutto a causa di scivoloni riguardanti la traduzione dei nomi delle tecniche ninja, finendo per creare effettivamente discrepanze con alcuni dialoghi (questo soprattutto in un caso), e perdendo inoltre per strada alcuni riferimenti "esterni" e citazioni, purtroppo.
 
Naruto foto di gruppo.jpg
 
Insomma, Naruto sì o Naruto no?
Naruto mah, sostanzialmente.
Una serie di queste dimensioni, e con la fama che ha, è un grosso rischio: se si riesce ad affezionarsi ai personaggi, a farsi intrigare dalle meccaniche, dagli scontri, dall'immaginario globale e dagli intrecci di trama, si può riuscire ad arrivare al finale più o meno soddisfatti, in caso contrario si rischia di ritrovarsi in mano ben 72 numeri di trama profondamente diluita, eventi evitabili e soluzioni talvolta discutibili.
O si ama o si odia, con tante piccole sfumature nel mezzo.
Ma non si può negare che si sia conquistato una gran fetta di pubblico, né che una fetta della fetta se la sia persa per strada.
Per entrambe le cose, un motivo c'è: quale sarà il più importante per voi?