I registi giapponesi One Hitoshi (Bakuman) e Tanada Yuki (Round Trip Heart), e il regista coreano Jung Ji-Woo (Fourth Place) sono stati i protagonisti del secondo FEFF Talks che si è tenuto lunedì 25 aprile alla 18a edizione del Far East Film Festival, introdotta dai consulenti Mark Schilling e Darcy Paquet. Ci siamo concentrati sull’intervento del regista di Bakuman, vincitore del premio MyMovies Award.

Dopo l’esordio in televisione nel 2001 come regista della serie tv Saotome Typhoon, One Hitoshi ha diretto Vampire Host (2004), Akihabara@Deep (2006), Shukan Maki Yoko (2008), Yukemuri Sniper (2009), Moteki (2010), da cui è stato tratto il suo primo lungometraggio Love Strikes! (2011), Mahoro Eki Mae Bangaichi (2013), basato sull’omonimo romanzo di Shion Miura, e infine Rivers Edge Okawabata Detective Agency (2014). In campo cinematografico ha scritto e diretto anche Be My Baby (2013) e la sua ultima opera in uscita il prossimo ottobre in Giappone, Scoop! di cui si accenna al termine della conferenza stampa. Segue l'intervista roundtable con la stampa.
 
One Hitoshi, Bakuman, FEFF18, Photo By AnimeClick.it
 
FEFF Talks:
 
Hitoshi One: Non avevo nessuna intenzione di realizzare un film che rispecchiasse la società competitiva del Giappone, per questo ho scelto la tematica di Bakuman, perché purtroppo la musica o il cinema non rappresentano culturalmente il Giappone, ma è rappresentato dai manga. Un punto di vista molto interessante è la distinzione tra il fumetto americano, dove principalmente i suoi protagonisti sono sempre dei super eroi, mentre in Giappone negli anime vengono trattati tutti i soggetti possibili.
Forse il pubblico italiano conoscerà bene Captain Tsubasa (Holly e Benji) e Dragon Ball. Pensandoci bene, questi soggetti potrebbero essere capiti solo all’interno del Giappone, però nonostante ciò, questi soggetti sono diffusi in tutto il mondo, anche in Italia… Il dietro le quinte della realizzazione degli anime e dei manga è poco conosciuto. Anche se la strada finisce con la realizzazione del manga, c’è sempre una lotta, un combattimento continuo che è comune anche per i cineasti. Nel film ho voluto inserire un mio messaggio ‘Quello che mi interessa, quello che voglio fare io, non sempre può interessare il pubblico. E’ il pubblico che decide se un film è buono e diverte.’

Come è stato detto ho lavorato sia in televisione che nel cinema, adesso lavoro principalmente nell’ambito cinematografico. Ovviamente mi piacciono entrambi, ma il cinema ha qualcosa di speciale che la televisione non può rappresentare, per esempio la sperimentazione e quindi vivere. Questo vissuto può essere condiviso con il pubblico del cinema.
Un altro elemento importante che manca alla televisione è un festival internazionale come questa edizione per esempio. Quando ho cominciato a girare Bakuman avevo l’ambizione che venisse proiettato in tutto il mondo, però giustamente il film è rivolto al pubblico giapponese, la base è sempre giapponese. Però grazie all’invito al Festival di Udine molte persone, molti spettatori hanno applaudito il mio film, e questo mi ha reso molto orgoglioso.
Il prossimo progetto a cui sto lavorando avrà come protagonista un paparazzo, che è un termine che proviene da La Dolce Vita. Per noi è la parola italiana più conosciuta, credo che vi divertirete molto anche con questo nuovo progetto.
 
One Hitoshi, Bakuman, FEFF18, Photo By AnimeClick.it
 
Press Roundtable:
 
Come mai ha scelto di dirigere questo soggetto tratto da un manga?

Hitoshi One: Sono cresciuto leggendo molti manga. In Giappone circa il 40% del mercato editoriale riguarda i manga e la mia personalità si è formata proprio grazie ai manga. Per questo ho sempre voluto fare un film basato sulle trame dei manga. Inoltre volevo trasmettere la difficoltà di questo lavoro così duro che si affronta in questo particolare settore editoriale.

Volevo chiedere se può parlarci degli effetti speciali del film, con particolare riferimento alla scena del combattimento fra i protagonisti e il rivale mangaka e la scena finale dove si vede la libreria composta da manga.

Hitoshi One: Considerando il mondo cinematografico tradizionale, l’utilizzo della computer grafica e degli effetti speciali digitali è indispensabile. Dal punto di vista tecnologico ovviamente Hollywood è al primo posto, sono all’avanguardia. Rispetto alla ricchezza di Hollywood, al mondo cinematografico giapponese manca un po’ di budget ma con delle idee creative pensavo di poter superare lo stile hollywoodiano. E così ho realizzato la scena finale del film. Aggiungo inoltre che questa tecnica (endroll) dei titoli di coda, non viene sfruttata al massimo nei film in genere, ma io che amo molto il cinema e ce ho creato il film, desideravo che il pubblico si divertisse fino alla fine. La maggior parte del pubblico in genere non riesce a seguire e a capire di che si tratta guardando i titoli di coda, perché è solo un elenco di nomi di persone sconosciute. Quindi ho cercato di prendere due piccioni con una fava, esprimere il rispetto per lo staff che non è conosciuto, e nello stesso tempo far divertire fino alla fine il pubblico. Per questo tutti i miei film finiscono con quell’effetto speciale.

Tecnicamente le scene in cui prendono vita le tavole di Obata come le ha realizzate?

Hitoshi One: Quella scena sembrerebbe realizzata con la computer grafica ma in realtà la tecnica che è stata impiegata si chiama projection mapping, immagini proiettate sullo sfondo, è considerata una tecnica piuttosto analogica. Sembra un effetto speciale computerizzato, invece in realtà vediamo muovere gli attori durante il projection mapping, è tutto analogico.
 
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Una domanda sul motto della Shonen Jump, “amicizia, lotta, trionfo” (yujo, doryoki, shoru), che emerge lungo tutto l’arco del film, messo in evidenza anche dal contrasto con l’ideale del genio solitario (tensai), impersonato dall’attore Shota Sometani. Secondo lei il pubblico contemporaneo può ancora identificarsi con quegli ideali di impegno e abnegazione che sono espressi dai due protagonisti?

Hitoshi One: Bisogna fare una premessa perché Shonen Jump non ha mai dichiarato ufficialmente che quello fosse il suo motto. E’ una cosa che caratterizza Shonen Jump ma più che altro è nata spontaneamente come relazione tra la redazione e il pubblico dei lettori nel corso del tempo.

I suoi film parlano spesso di giovani, che messaggio vuole mandare alle nuove generazioni?

Hitoshi One: Il genere cinematografico che mi affascina e che mi piace di più è quello che tratta la vita dei giovani e desidero che il pubblico di questi film sia quello giovanile. Un aspetto positivo è che si possono riprendere immagini di belle ragazze. Non penso mai al messaggio che voglio trasmettere ma se potessi dire qualcosa al pubblico, soprattutto ai giovani è che devono ‘Lavorare, lavorare’.

Una domanda sulla differenza tra il manga e la sceneggiatura del film e sul processo di adattamento, il manga comprende diversi volumi, la trama è molto più ampia e la storia d’amore è molto più sviluppata rispetto al film, che è molto incentrato sulla redazione di Shonen Jump in modo quasi documentaristico.

Hitoshi One: Considero i manga di 3/4 volumi adatti alla trasposizione per il cinema, non quelli da 20 volumi. Fin dall’inizio sapevo che Bakuman non poteva essere tutto trasposto. Vista la presenza di molti adattamenti cinematografici di manga in Giappone, come regista per me non aveva senso fare un prodotto che rispecchiasse fedelmente il manga. Credo che spetti al regista e allo sceneggiatore scegliere quali scene e quali personaggi adattare al cinema per una durata di massimo due ore e questo lavoro è difficile ma divertente. Se avete letto il manga vi sarete accorti che la protagonista femminile Azuki era troppo fantasiosa per essere realistica. Shonen Jump è stato molto collaborativo nel mettere a disposizione la propria redazione, l’unico momento che non abbiamo potuto osservare è stata proprio quella riunione interna in cui sceglievano le opere che sarebbero andate sulla rivista. Immagino che all’interno di quelle riunioni si dicano tutte le parolacce possibili e immaginabili ai mangaka. Lo considero come un aspetto molto professionale della rivista Shonen Jump.

Abbiamo trovato molto interessante nella pellicola questo mescolare i linguaggi del cinema e del fumetto. Il manga ha uno stile molto dinamico e sicuramente questo si è tradotto in scelte molto creative al cinema, vediamo i disegni che prendono vita, volevo chiedere se questo era il suo scopo e come ci è arrivato?

Hitoshi One: All’inizio del film la scrittura è simile a quella del manga, perché all’inizio avevo sempre in mente l’originale e seguivo direttamente il manga alla lettera, dalla metà del film avrete notato il cambiamento del linguaggio, è stato quando ho cominciato a mettere del mio, allontanandomi un po’ dal manga. E’ la prima volta che mi viene fatta questa domanda e me ne stavo rendendo conto adesso, nel film ci sono degli elementi riconosciuti dal pubblico ma non da me, e questo è interessante.

Come è stata la scelta della colonna sonora, che è composta da sonorità molto incalzanti?

Hitoshi One: La colonna sonora occupa una posizione principale nel film, per prima cosa decido a chi affidare la colonna sonora. Ho scelto il gruppo Sakanaction, un gruppo molto esperto da molto tempo sulla scena, che lotta tra la musica commerciale e quello che piace a loro. Questa lotta li accomuna ai protagonisti di Bakuman, per questo motivo li ho scelti.
 
One Hitoshi, Bakuman, FEFF18, Photo By AnimeClick.it

Volevo approfondire alcune differenze rispetto al manga, in particolare sull’aver deciso di far ruotare la seconda parte del film sulla competizione per il primo posto sul Jump, sul personaggio di Sometani (che nel film ha un’ambiguità negativa rispetto al manga), e sul finale che differisce dal manga per quanto riguarda la relazione con Azuki.

Hitoshi One: I film sui dramma giovanili non devono finire né con l’happy ending né con la tristezza ma ci deve essere un finale aperto, lasciando la porta aperta. Anche perché il pubblico tra i 18 e i 20 anni non sono degli adulti, delle persone realizzate, sono delle persone appena all’inizio della loro vita. Ovviamente l’autore del manga ha realizzato qualcosa di grandioso, perché così giovane ha avuto un successo strepitoso ma anche lui stesso si trova all’inizio della sua vita. Quindi non ho voluto concludere con qualcosa di concreto il film. Come avete visto Azuki lascia il protagonista, ma se vi ricordate l’espressione di Azuki quando si allontana, capirete che avrebbe aspettato il suo arrivo.

Tornando al connubio tra manga e cinema, stiamo assistendo a una fioritura di trasposizioni in Giappone (ieri sera abbiamo per l’appunto visto un altro film tratto da un manga, The Kodai family). Lo stesso Obata con il suo Death Note sta ricevendo numerosi adattamenti (anime, serie tv, cinema live action etc.). Pensa che questo connubio possa portare nuova linfa ai rispettivi mercati, ovvero pensa che i lettori di manga possano riversarsi nei cinema e viceversa i manga possano avere un ritorno di visibilità dopo il passaggio cinematografico?

Hitoshi One: Penso che possano accadere entrambi i fenomeni, prendendo in considerazione il mio Bakuman, penso che solo un 30% di pubblico che ha visto il film sia un lettore del manga, il restante 70% non conosceva la storia originale ed è quindi potenzialmente interessato ad approfondire l’argomento, quindi è un fenomeno che può accadere in entrambe le direzioni. Forse è un fenomeno esclusivamente giapponese, ma le stesse redazioni collaborano con i mangaka al fine di sviluppare il discorso verso altre arti di tipo visuale come il cinema. D'altra parte gli stessi contenuti dei manga sono estremamente ricchi di fascino.
Credo che solo nella società giapponese si possano vedere persone adulte leggere manga, per esempio in Italia credo che sia più difficile una cosa del genere. Io che sono cresciuto leggendo manga, continuerò a leggerli fino alla fine della mia vita.

Dal film emerge un messaggio amaro. Vediamo che il protagonista rinuncia in qualche modo alla sua salute e anche alla sua ragazza per inseguire i suoi sogni di carriera, e lo si vede combattere contro il genio che apparentemente non fa sforzi. Inoltre abbiamo notato che non ci sono adulti in questo film.

Hitoshi One: Chi ha letto il manga originale sa che esistono i genitori dei protagonisti. Non ho voluto rappresentare la famiglia di Saito perché ho immaginato che lui abbia un rapporto famigliare molto triste nel film, magari con genitori separati e che non si occupano molto di lui. L’unica immagine positiva degli adulti, è stata quella dello zio. Saito si aggrappava all’immagine dello zio e dei suoi manga.
Per quanto concerne il sacrificio, penso che se un uomo ha trovato qualcosa che vuole fare veramente, è pronto a sacrificare la propria vita per poter realizzare il suo desiderio. Il mondo dei geni è così spietato che bisogna combattere con tutte le armi possibili.

Ringraziamo One Hitoshi per averci concesso il suo tempo.

Hitoshi One: Grazie a voi, mi sono sentito molto a mio agio insieme a voi otaku italiani!
 
Intervista a One Hitoshi: video