MATSURI E FESTIVAL SCOLASTICI

Nei manga e negli anime non manca mai la classica scena del matsuri estivo. Queste produzioni non inventano niente, i matsuri estivi esistono e sono esattamente come li vediamo rappresentati: bancarelle, eventi, giochi, fuochi d’artificio e tutto l’ambaradan del caso.
Il matsuri della mia città, Okazaki, si è tinto di un’atmosfera particolare perché dedicato al centenario della fondazione, cosa che ci ha regalato un interminabile spettacolo di fuochi d’artificio durato oltre due ore, che io e i miei compagni di scuola ci siamo goduti seduti sulla riva di un fiume in una calda serata di inizio agosto, indossando yukata (il kimono estivo) e zoccoli geta, sventolandoci con gli uchiwa (i ventagli di carta giapponesi) e mangiando kakigoori, le tradizionali granite giapponesi, che adoro alla follia.
Il matsuri di Okazaki ci ha anche deliziato con una serie di bellissime esibizioni di ballo dei bambini. Mi è stato detto, infatti, che ultimamente il ballo è uno sport che va molto di moda in Giappone (come dimostrato anche dai recenti anime Tribe Cool Crew e Brave Beats), e da ex ballerino non posso che esserne felice.

 

Una delle esperienze più simpatiche, però, è stato lo spettacolo dal vivo della serie Super Sentai di quest’anno, Doubutsu Sentai Zyuohger.
La serie non è nulla di che, un innocuo (ma anche un po’ insipido) giocattolone per bambini, ma in quanto tale ai bambini piace tantissimo, tanto da riempire teatri e palchi con spettacoli a tema che ogni tanto vengono seguiti anche da chi ormai è bambino solo dentro, tipo il sottoscritto, che si è ritrovato a fare la coreografia della sigla finale con un certo godimento.
Le storie dello show dal vivo sono ovviamente molto semplici (non ci sono, ovviamente, effetti speciali o battaglie robotiche), ma lo spettacolo è comunque assicurato dalla bravura degli attori sul palco e dalle splendide acrobazie che mettono in scena, coinvolgendo il pubblico in maniera magistrale.

Allo stesso modo, anche i festival scolastici che si vedono sempre negli anime e nei manga hanno un corrispettivo reale e ho avuto modo di provarli di persona, anche se in maniera un po’ particolare visto che la mia è una scuola privata per stranieri.
Abbiamo fatto un festival per la fine dell’estate, con un’atmosfera tipicamente estiva fatta di yukata, giochi acquatici, case degli orrori, palloncini-yoyo, zucchero filato e proiezione di film dell’orrore, e un festival scolastico in autunno, dove ogni classe proponeva giochi, spettacoli di canto e ballo o stand culinari. La nostra classe, aiutata dagli studenti inglesi ed americani, ha fatto i pancake, ma non mancavano giochi di vario tipo e costumi di Halloween (il festival si è svolto nel periodo di questa festa, che in Giappone è molto sentita anche se il perché mi sfugge).

CURE UP! RAPAPA!

Quest’estate, al Sunshine City di Ikebukuro, hanno aperto una zona a tema Pretty Cure e, da fan della saga, non ho perso l’occasione di andarla a visitare. Un bel parco a tema chiaramente dedicato all’incarnazione di quest’anno delle maghette Toei, Mahoutsukai Pretty Cure, e perciò contenente diverse attrazioni ispirate alla scuola di magia frequentata dalle protagoniste, fra diversi spazi con giochi di luce e occasioni per fotografarsi insieme a Cure Miracle e compagne, un negozio a tema, un contest di karaoke sulla sigla e chiaramente, il classico show dal vivo tenuto da tre attrici nascoste dentro i costumi di Cure Miracle, Cure Magical e Cure Felice, coadiuvate da una presentatrice e da un peluche ventriloquo di Mofurun, l’orsetto mascotte della serie. Lo show, a differenza di altri che mi è capitato di vedere in giro per la rete dedicati alle serie precedenti, non presentava sequenze di combattimento ma era interamente composto da numeri di canto e ballo e giochi a quiz con domande sulla serie.

L’enorme affluenza di gente presente offre una risposta chiara ed inequivocabile ai tanti che sulla rete, ogni anno, si chiedono quando la saga delle Pretty Cure finirà. Finché ci saranno bambine che accorreranno con entusiasmo e saranno lì in prima linea a cantare, ballare e divertirsi con le loro eroine, la saga andrà avanti.
Si è trattato di un’esperienza divertente, tutto sommato, ma la cosa più bella, dal mio punto di vista, è stata quella di vedere così tante famiglie e soprattutto così tanti padri in compagnia delle loro figliole, per una volta lontani dai loro completi gessati da salaryman e vestiti in maglietta, pantaloncini, sandali e berretto da baseball, con le figlie piccole in braccio o sulle spalle. Buffo notare come l’incantesimo che rende i Giapponesi eternamente ragazzini si spezzi, una volta messa su famiglia, anche per gli uomini, che da sbarbatelli esili ed imberbi finiscono per metter su persino barba e pancia da adulti!

PRO-WRESTLING 3 – NEW JAPAN PRO-WRESTLING

La New Japan Pro-Wrestling (NJPW, da qui in poi) è con tutta probabilità la federazione di wrestling più grande e popolare in Giappone, al punto che il suo merchandise si può trovare nei luoghi più insospettabili tipo i negozi della Cospa (specializzati in abbigliamento e accessori a tema anime o videogiochi) o nelle sale giochi sotto forma di macchinette per stamparti le foto montate insieme a quelle dei lottatori.
Volevo assolutamente vedere uno show di questa federazione e ne ho avuto l’opportunità tramite una delle tappe del G1 Climax 26, lo show estivo della NJPW, che si è tenuta all’Aichi Prefectural Gymnasium a Nagoya, a circa mezz’ora di treno dalla mia città.
La differenza con gli altri show che ho visto sinora si nota già dalla macchinetta dei biglietti al conbini: c’è una rosa di prezzi e scelta dei posti molto più ampia e i biglietti più vicini al ring arrivano a costare anche sui 12.000 yen (circa 96 euro al cambio attuale). Inoltre, in omaggio con ogni biglietto acquistato in quel particolare conbini c’è persino un piccolo asciugamano a tema.

L’Aichi Prefectural Gymnasium è praticamente attaccato al bellissimo castello di Nagoya e ne ho approfittato per visitarlo prima dello show… idea che non ho avuto solo io, dal momento che il castello era pieno di visitatori con le magliette della NJPW!
L’atmosfera che si respira ad uno show della NJPW è totalmente diversa dalla festa colorata ma in qualche modo intima e familiare della Dragon Gate e dalla serietà della Big Japan.
All’Aichi Prefectural Gymnasium a vederla ci sono andati proprio tutti: una fila immensa di persone (uomini, donne, bambini, ragazzi) che ha circondato completamente il cortile del palazzetto, tutti con indosso magliette di Kazuchika Okada, di Shinsuke Nakamura o con lo storico logo della federazione a testa di leone, ordinati e felici di fare quella immensa fila come solo i giapponesi sanno essere, nell’attesa di mettere le mani sui gadget venduti prima dello spettacolo.
Gadget che, naturalmente, sono venduti in una fila di stand assai più grande e fornita di quella delle altre federazioni ma che, almeno in questa occasione, non sono i lottatori a venderti, come invece è successo altrove.

La cosa non stupisce, a ben pensarci. I lottatori della NJPW ti danno sin da subito un’impressione diversa rispetto agli altri: loro sono i divi, gli eroi, i miti, le leggende (appellativo che, in alcuni casi, ben meritano), quelli di cui hai sempre sentito parlare anche se non ti interessi al wrestling, quelli che fanno le comparsate negli anime e nei manga, quelli che hanno i loro incontri ripresi e trasmessi in televisione, quelli che compaiono negli spot tv, quelli che hanno il tema musicale contenuto nel Taiko no Tatsujin e le applicazioni a tema sullo store di Android.
Se poi te li trovassi lì, vestiti con una comunissima maglietta o con indosso un paio di occhiali, a venderti gadget e potessi liberamente parlare con loro del più e del meno come accade da altre parti, probabilmente l’incanto un po’ si spezzerebbe, per cui, forse, è meglio così.

Anche lo show vero e proprio è stato qualcosa di completamente diverso rispetto agli altri, decisamente simile a come tutti noi “estranei” immaginiamo gli incontri di wrestling quando li vediamo in tv: un’arena gigantesca riempita fino all’orlo; un pubblico caloroso che non sta mai zitto; striscioni di incitamento; incontri straordinariamente appassionati anche se li vedi in piccolo dal posto più pezzente e lontano dell’arena; megaschermi che ti mandano gli incontri in diretta, spot tv coi lottatori o il trailer dell’ anime Tiger Mask W; cameraman che riprendono il tutto per mandarlo in televisione; ingressi dei lottatori spettacolari, accompagnati da fumo, luci stroboscopiche e temi musicali ormai leggendari (quello di Kazuchika Okada, woooow!). E, fuori dall’arena, cartonati dei lottatori a grandezza naturale con cui farsi le foto, stand che vendono asciugamani, dolcetti, riviste a tema.

Un’esperienza indubbiamente ricchissima di emozioni e di cose fighissime da raccontare, ma due in particolare lo sono più di tutte le altre.
In primis, sono stato contentissimo di poter assistere dal vivo ad un incontro del bravo Michael Elgin, lottatore americano attualmente nel roster della NJPW. Il suo incontro mi ha tenuto sulle spine e fatto palpitare tantissimo il cuore, tanto che ero l’unico, in tutta quella gigantesca arena, a gridare il suo nome a pieni polmoni e che, tornato a casa, gli ho scritto una mail su Facebook per congratularmi per la sua vittoria e per le straordinarie emozioni che mi aveva regalato… e me ne ha regalata una ancora più grande rispondendomi, ringraziandomi a sua volta e augurandomi buona fortuna per il mio soggiorno in Giappone!
In secundis, tra i lottatori che si sono esibiti quella sera ci sono anche due vere e proprie leggende del wrestling: Jushin Thunder Liger e… Tiger Mask! Sfortunatamente, facendo parte di un match fra due squadre con millemila lottatori sia da una parte che dall’altra, il tempo a loro concesso è stato poco, ma hanno (giustamente) vinto e mi hanno regalato ugualmente dei bei momenti. Se mi avessero detto, anni fa, che un giorno sarei finito a vedere L’Uomo Tigre dal vivo, decisamente non ci avrei creduto! Inoltre, nella loro squadra, c’era anche il mio lottatore giapponese preferito, il simpaticissimo Togi Makabe, decisamente di più di non potevo chiedere!

I GIAPPONESI PARLANO POCO… ?

Recatomi a Nagoya per vedere uno show di wrestling, ho preso una stanza in un ryokan tradizionale. Senza dubbio una boccata d’aria fresca fra i tanti capsule hotel che solitamente mi ospitano quando viaggio a Tokyo (non hanno la comodità di una stanza classica, ma costano poco e tanto basta), che mi ha regalato un’esperienza molto particolare.
All’estrema gentilezza e disponibilità dei giapponesi ormai dovrei essermi abituato, ma non smette, invece, mai di stupirmi. Così, spiego al gestore/portiere del ryokan che sto andando a vedere uno show di wrestling e non so a che ora tornerò la sera, che c’è la possibilità che torni tardi. E lui, sorridente, mi fa “Portati le chiavi, se torni tardi puoi usarle senza disturbarci”.
Inaspettatamente, lo spettacolo è finito prima di quanto pensassi, quindi, tornato al ryokan, sono andato a riconsegnare le chiavi al gestore, che mi ha chiesto com’era lo spettacolo.
Questa semplice domanda è stata l’inizio di una conversazione lunghissima ed articolata durata all’incirca un paio d’ore, intervallate dal saltuario “Adesso scusami, ma devo sbrigare delle cose di lavoro” del gestore che, però, due minuti dopo, tornava immancabilmente a chiacchierare con me.

Si è partiti dal wrestling: “E’ raro che ad uno straniero piaccia il wrestling giapponese”, “Di dove sei?”, “Nel tuo paese è popolare il wrestling?”, “Quando ero piccolo seguivo il wrestling, ora un po’ meno, il wrestling di adesso è meno bello di quello dei miei tempi”, “Un mio amico dell’università voleva diventare wrestler e ha fatto l’annunciatore per molto tempo”, “Oggi i giapponesi seguono molto il wrestling e lo sport in generale perché li aiuta a scaricare il forte stress che accumulano a casa del lavoro”.

Da lì, gli anime e i manga: “Nel tuo paese fanno gli anime giapponesi?”, “Quali ti piacciono?”, “Ti piace Dragon Ball? Lo sai che Akira Toriyama abita qui a Nagoya? Guarda, questa è la sua casa!”, “Oggi in Giappone a leggere manga sono soprattutto gli adulti, perché i giovani invece preferiscono dedicarsi ai giochi o ad altre cose, perciò escono un sacco di manga per un pubblico adulto”.

Dai manga, all’Italia: “A me piace tantissimo questo manga (Ad Astra), sono appassionato di storia antica, ho scritto io le pagine Wikipedia di molte cose dell’antica Roma!” “Sono andato a visitare questi luoghi storici citati nel manga!” “Mi piacerebbe andare ancora in Italia. Sono un appassionato di ciclismo italiano… Coppi, Bartali… vorrei fare un giro in Italia in bicicletta. Ecco, si può dire che il ciclismo sia stato per gli Italiani di allora quello che il wrestling è stato per i giapponesi!” “Ah, sei siciliano? Davvero? Mi piacerebbe tanto andare a fare un giro in bicicletta in Sicilia ma penso che sia pericoloso perché c’è la mafia (aridaglie)” “Un mio amico d’infanzia dell’asilo ha studiato cucina e abitato in Sicilia (a Modica) per tanti anni. Adesso gestisce un ristorante tipico siciliano qui vicino, si chiama Siculamente. Te lo consiglio, è buono anche se è un po’ caro e c’è sempre folla. Io trovo sempre posto perché il gestore è mio amico, se ci vai digli che ti ho mandato io e salutamelo!” “C’è un altro ristorante italiano molto buono qua vicino, Cesari. Il pizzaiolo ha vinto il campionato dei pizzaioli qualche anno fa! Io non ci sono andato ma mia moglie sì e ha detto che è buono!”.

Da lì, si passa al giapponese: “Da quanto vivi in Giappone?” “Dove abiti?” “Da quanto studi giapponese?” “Dove lo studi?” “Sei bravo” “Impegnati, vedrai che piano piano ti abituerai e diventerà più facile” “L’ideale sarebbe esercitarsi a parlare continuamente, ma è difficile. Voi italiani parlate molto, mentre noi giapponesi parliamo poco…” … il tutto dopo che mi ha tenuto a chiacchierare del più e del meno per due ore!

LE ARTI MARZIALI SI BASANO SUL PRINCIPIO CHE NESSUNO DEVE RESTARE FERITO

Un bel giorno, sono stato contattato dallo staff della mia scuola, che mi ha chiesto “Ti piace il wrestling, vero? E il karate? Ti piacerebbe fare un lavoretto?”. E così, da questa bizzarra domanda, sono finito a svolgere un lavoretto part time che più inaspettato non si può: assistente di un maestro di karate durante la lezione dei bambini. C’è solo un problema: io sono una schiappa in qualsiasi cosa che implichi movimento e, ovviamente, non so il karate. “Oh, non importa. Se tu aiuti il maestro con i bambini, poi il maestro insegna il karate anche a te!” mi dissero, e fu così che una volta a settimana io e un mio compagno di scuola siamo finiti per diventare i punching ball umani di un gruppo di bambini tra i quattro e gli otto anni.

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Essendo un corso per bambini, siamo partiti anche noi dalle basi rendendo il tutto divertente e interessante, e il fatto che più o meno io riesca a seguire le indicazioni di un maestro che mi parla esclusivamente in giapponese mi dà soddisfazione, a suo modo. Peccato che poi, ogni settimana, finiamo coi bambini che ci prendono a calci urlando nomi di tecniche in “katakanago” o che ci scaricano contro pugni a raffica degni del miglior Kenshiro. Dov’è, quando serve, il buon vecchio Akira Yuki a ricordargli che “le arti marziali si basano che nessuno deve restare ferito”?
In ogni caso, si trova di un’esperienza molto stimolante che, devo ammettere, mi sta divertendo, riportandomi alla mente i ricordi di tanti videogiochi sul tema che ho amato quando ero bambino. Anche se non posso fare a meno di pensare che, se qualche anno fa mi avessero detto “Guarda, finirai in Giappone a studiare karate coi bambini”, mi sarei fatto una grassa risata.

BACK TO THE GROUND

Mi hanno portato con la scuola ad un batting center. Da fan dei manga di Mitsuru Adachi non potevo esimermi dal provare questa esperienza, ma ho ancora una volta rimarcato il mio essere una schiappa negli sport (perdonami, Tatsuya Uesugi, perché ti ho deluso). L’esperienza in sé però è molto divertente,si può provare con diverse velocità della palla (da 70 km/h fino ad un massimo di 150, e c’è anche la zona dove la palla esce fuori con velocità casuale), c’è la zona dove si può giocare con le palle di softball (più grandi di quelle da baseball) e le palle ti vengono lanciate da macchine dalle fattezze del lanciatore, dandoti proprio l’atmosfera di star lì durante una partita. Mancava solo la sigla di Touch in sottofondo, ma quella poi te la ritrovi a sorpresa, in versione strumentale, nelle radio dei centri commerciali…

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COMIKET

Quest’estate mi sono unito al viaggio di AnimeClick e ho visitato con loro un po’ di bei posti che non avevo ancora avuto occasione di vedere. Uno dei più gettonati era ovviamente il Comiket, la fiera del fumetto di Tokyo, che ero abbastanza curioso di vedere. Peccato che, nonostante la bellissima location (amo Odaiba, la sua finta America e la sua atmosfera), la fiera l’abbia trovata un po’ deludente. Le fiere giapponesi sono molto più fredde rispetto a quelle italiane e, nonostante gli ospiti di un certo peso presenti (c’era il creatore di Serial Experiment Lain, e a vederlo c’è andato solo Zelgadis), il grosso del Comiket è dedicato a un’infinità di doujinshi ecchi/hentai/yuri/yaoi/bara che attirano una folla infinita al punto che non riesci nemmeno a vedere gli stand.
Più interessanti i cosplay, anche se si possono trovare e fotografare solo in un’apposita area fuori dalla fiera e assisti a scene bizzarre tipo codazzi di fotografi che fanno un servizio a ragazzine in divisa scolastica che si mettono in posa da diva manco fossero le uniche ragazzine in divisa scolastica di tutto il Giappone.

Purtroppo non sono riuscito a incontrare Taichi Shimizu, un bodybuilder/cosplayer di cui sono fan, ma in compenso ho trovato, in una fiera giapponese, in mezzo a tante maid e ragazzine in marinaretta, un cosplayer giapponese di… Kung Fury (non sapete chi è? Rimediate subito!) e ho sconvolto i suoi amici perché io sapevo chi era e loro no (“Eh, sicuramente Kung Fury in America è molto popolare…” “Ma io sono italiano, non americano!”).

ALLE TERME

Insieme al gruppo del viaggio estivo di AnimeClick ho avuto la possibilità di passare una serata al complesso termale Oedo Onsen Monogatari a Odaiba. Una serata che ricordo ancora oggi con grandissimo piacere e il motivo, oltre ad aver potuto riabbracciare amici che non vedevo da tempo e conoscerne di nuovi, è stato anche l’indiscussa bellezza del posto. C’è tutto quello che ci si aspetta di trovare in un complesso termale e anche di più, tra varie vasche calde, fredde, tiepide, con idromassaggio, all’aperto, sauna e chi più ne ha più ne metta, un giardino all’aperto (ahimé pioveva…), gli yukata decorati in omaggio e, soprattutto, la cosa che mi è piaciuta di più. La grandissima sala esterna alle vasche addobbata a ricreare perennemente l’atmosfera di un matsuri estivo, con il soffitto decorato a ricalcare un finto cielo stellato, la torretta col taiko, la sala giochi e i tantissimi stand che vendevano cibarie e bevande. Abbiamo passato proprio una bella serata, purtroppo troppo breve, ma conto di ritornarci, prima o poi, perché è una cosa che vale proprio la pena fare. Per chi volesse farsi un'idea, il complesso termale è rappresentato praticamente pari pari nel secondo film della serie Digimon Adventure Tri.

 

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In attesa di trovare qualche altro aneddoto da raccontarvi, vi lascio qualche foto in gallery e i link ai miei precedenti reportage sul Giappone:

In Giappone con Kotaro - Capitolo 1
In Giappone con Kotaro - Capitolo 2
In Giappone con Kotaro - Capitolo 3
In Giappone con Kotaro - Capitolo 4
In Giappone con Kotaro - Capitolo 5
In Giappone con Kotaro - Capitolo 6