Abbiamo parlato tante volte della cucina giapponese, decantandone le virtù e soprattutto facendovi scoprire i piatti più comuni e più buoni che potreste trovarvi davanti qualora varcaste la soglia di un ristorante nipponico.
Ma si sa che ogni cucina ha anche le sue stranezze: magari trovano comunque l'amatore, ma per la maggior parte dei palati risulteranno piuttosto ostiche. Ecco quindi a voi 5 cibi tipici della cucina dell'arcipelago, piuttosto facili da incontrare ma dal gusto decisamente.... alternativo!

Umeboshi
 

Partiamo con qualcosa di facile: l'umeboshi è il frutto dell'albero Prunus mume, messo sotto spirito e sotto sale (circa 200 grammi di sale per chilo di frutta) e usato come condimento. Il suo colore naturale è bruno aranciato, perché contiene molto beta carotene, ma lo troverete spesso di una bella tinta rossa, perché si preferisce farlo essiccare assieme a delle foglie di shiso, una pianta aromatica, molto ricca in antociani.
Le ume, lo shiso, il sale e l'alcol (di solito acquavite) sono lasciate a fermentare da quattro a cinque settimane, terminate le quali le prugne sono fatte seccare. Possono essere consumate intere o ridotte in polvere a formare un condimento chiamato shiso momiji.
L'umeboshi ha un gusto forte, ottenuto dal miscuglio fra acido e salato, dato principalmente dalla macerazione delle prugne nel sale. Si trova di solito all'interno degli onigiri o nei bento e si dice che l'acido citrico contenuto in essi sia ottimo per recuperare energie quando si è stanchi.

Natto

Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare.... il natto è un alimento tipico della cucina giapponese fatto a base di fagioli di soia fermentati. Grazie ai suoi lieviti e fermenti, regola la flora batterica intestinale con indubbi benefici, migliora il sistema immunitario e sembra che riduca il colesterolo, essendo ricco di proteine e fibre.
 

Tutto questo inoltre pare sia nato per caso: leggenda vuole infatti nell’epoca delle grandi battaglie durante il lungo medioevo giapponese, i samurai del Kyushu dovettero smobilitare velocemente il loro campo. La soia, usata come alimento per i cavalli, venne cotta rapidamente per meglio conservarla e avvolta in stuoie di paglia di riso i cui batteri iniziarono la fermentazione. Quando l’esercito del Kyushu esaurì le provviste, i soldati si videro costretti a nutrirsi di quella soia che nel frattempo era diventata natto.
Il problema è che, nonostante le sue indiscutibili virtù nutritive, sono in molti a trovare il suo odore davvero disgustoso e in più una delle caratteristiche del natto è che "fila". Un particolare lievito, il natto-kin, produce una sostanza filamentosa che si attacca tra fagiolo e fagiolo e a volte sono così abbondanti e persistenti che può essere difficoltoso mangiarlo.
Ma se proprio volete affrontarlo, il natto di solito si gusta accompagnato da una punta di senape e una goccia di salsa di soia chiara; mescolando il tutto in maniera decisa, si ottiene una massa morbida e compatta. Si può aggiungere un uovo crudo dentro, del riso oppure farne una frittata o ancora dei maki.

Shiokara
 

È arrivato il turno del pesce: lo shiokara è composto da un mix di fette e visceri di calamaro, a cui si aggiunge il 10% di sale e il 30% di malto di riso; il tutto è chiuso in un contenitore ermetico e lasciato a fermentare per al massimo un mese.
Il modo migliore per gustarlo, considerando il suo sapore di salsedine e l'odore piuttosto pungente, è quello di ingoiarlo il più in fretta possibile e farlo seguire rapidamente da un bicchierino di whiskey.

Kusaya
 

Restando in tema ittico, il kusaya è pesce fermentato in una particolare acqua salata (detta Kusaya Jiru) che contiene anche diversi batteri. Di solito si utilizzano sgombri o pesci volanti che vengono lasciati a marinare nel Kusaya Jiru per circa 10 ore e poi lasciati essiccare per qualche giorno.
Il procedimento conferisce così un sapore molto gustoso ma un odore terrificante, simile a quello delle aringhe svedesi. Si consuma perciò assieme ad una porzione di riso cotto, accompagnato dallo shochu, un liquore nipponico derivato dalla distillazione delle patate.
Il kusaya ha origine nelle isole Izu, probabilmente su Niijima, dove l'attività principale era costituita dalle saline.

Karashi Mentaiko
 

Chiudiamo con una nota piccante: il mentaiko infatti non è costituito altro che da uova di merluzzo marinate con sostanze che le rendono più o meno piccanti e aromatizzate. Il karashi mentaiko è la versione più piccante a base di peperoncino rosso e di solito è servito con riso e saké, ma si può trovare anche come ripieno degli onigiri o come condimento per gli spaghetti Tarako, assieme alla panna fresca.
Originario della Corea, si diffuse anche nel Sol Levante, a partire dalla guerra russo-giapponese. Le uova pescate nei Mari del Nord, sono congelate sui pescherecci e poi selezionate dall'azienda produttrice, per essere messe a marinare con ingredienti ed aromi vari. La quantità di peperoncino e la scelta degli altri ingredienti variano da ditta a ditta ma di solito ogni ditta produce diversi tipi di mentaiko.
Le ditte produttrici più quotate sono quelle di Fukuoka: è considerata una specialità della città, perché fu qui che fu importato per la prima volta, grazie alla vicinanza con la Corea ed è qui che è preparato con più raffinatezza.

E voi? Avete mai assaggiato uno di questi piatti? Avreste il coraggio di affrontarli? C'è un cibo che proprio non riuscite ad affrontare? Oppure uno verso il quale eravate restii ma che invece vi ha conquistato? Raccontatemi le vostre disavventure nei commenti!

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Fonte consultata:
FastJapan