Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
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GE - Good Ending
9.0/10
"GE - Good Ending" è un manga composto da sedici volumi, ideato e disegnato da Kei Sasuga e portato in Italia da Star Comics dal 2013 al 2015.
Seiji Utsumi è un ragazzo completamente negato per lo sport quando, in prima superiore, decide di iscriversi al club di tennis perché innamorato della seducente Senpai a capo di quest'ultimo. Ad aiutarlo nella sua storia d'amore spunterà improvvisamente una ragazza, Yuki Kurokawa, studentessa appena trasferitasi da Nagano per motivi sconosciuti. Dopo un iniziale rapporto di amicizia, Utsumi si renderà conto di provare nei confronti di Kurokawa un sentimento ben più forte del normale, e inizierà dunque la storia del povero ragazzo, il quale, come in ogni opera di genere Harem che si rispetti, dovrà passarne di tutti i colori prima di raggiungere (forse) il suo finale felice.
"GE - Good Ending" potrebbe inizialmente sembrare un manga harem come tanti altri, una serie di ragazze che si innamorano per qualche sconosciuto motivo del protagonista, sul quale continueranno ad abbattersi una serie di disgrazie che comprometteranno le sue relazioni. A differenza del classico stereotipo del genere, "GE - Good Ending" presenta tuttavia una trama ben congegnata e studiata a pennello, dove non si dovrà aspettare l'ultimo volume per vederne i primi sviluppi. La storia si evolve bene, con i tempi giusti e in maniera lineare, ma senza far mancare colpi di scena che diano la giusta scossa, e, cosa ancora più importante, senza mai annoiare il lettore. Questo è possibile per via dei personaggi che sono stati egregiamente caratterizzati, protagonista prima di tutti: Seiji non è il classico fannullone incapace ed eternamente indeciso; di certo non brilla per intelligenza, ma per lo meno agisce, sfrutta le occasioni che gli si parano davanti, prende una decisione ben precisa fin dall'inizio, anche se poi i cambi di rotta sono inevitabili.
Stessa cosa si può dire di Yuki, principale protagonista femminile dell'opera, che spicca notevolmente sulle sue rivali, e sulla quale si basa la gran parte della trama.
Good Ending è difficile da inquadrare, personalmente lo definirei uno Shojo con la maschera da Harem, dove Kei Sasuga è riuscito a prendere gli elementi positivi dei entrambe le tipologie e a mescolarli a dovere.
Esteticamente il tratto dell'autrice è deciso e delicato allo stesso tempo, riesce a donare una buona espressività ai personaggi, e si evolve notevolmente con il passare dei volumi. Il design dei personaggi è essenziale e gradevole, e anche i fondali godono di un discreto grado di dettaglio. I dialoghi sono molti soprattutto nella fase iniziale, successivamente diminuiscono notevolmente, rendendo la lettura più fluida e leggera.
Il finale è liberatorio e gratificante, senza fare spoiler dirò soltanto che una volta giunti all'ultima pagina non si potrà che rimanere soddisfatti, e che sorgerà spontaneo quel lieve sentimento che accomuna le conclusioni delle grandi opere, quando si è ormai affezionati ai personaggi e sapere che non si potrà più vederli all'opera lascia una piccola sensazione di tristezza.
Seiji Utsumi è un ragazzo completamente negato per lo sport quando, in prima superiore, decide di iscriversi al club di tennis perché innamorato della seducente Senpai a capo di quest'ultimo. Ad aiutarlo nella sua storia d'amore spunterà improvvisamente una ragazza, Yuki Kurokawa, studentessa appena trasferitasi da Nagano per motivi sconosciuti. Dopo un iniziale rapporto di amicizia, Utsumi si renderà conto di provare nei confronti di Kurokawa un sentimento ben più forte del normale, e inizierà dunque la storia del povero ragazzo, il quale, come in ogni opera di genere Harem che si rispetti, dovrà passarne di tutti i colori prima di raggiungere (forse) il suo finale felice.
"GE - Good Ending" potrebbe inizialmente sembrare un manga harem come tanti altri, una serie di ragazze che si innamorano per qualche sconosciuto motivo del protagonista, sul quale continueranno ad abbattersi una serie di disgrazie che comprometteranno le sue relazioni. A differenza del classico stereotipo del genere, "GE - Good Ending" presenta tuttavia una trama ben congegnata e studiata a pennello, dove non si dovrà aspettare l'ultimo volume per vederne i primi sviluppi. La storia si evolve bene, con i tempi giusti e in maniera lineare, ma senza far mancare colpi di scena che diano la giusta scossa, e, cosa ancora più importante, senza mai annoiare il lettore. Questo è possibile per via dei personaggi che sono stati egregiamente caratterizzati, protagonista prima di tutti: Seiji non è il classico fannullone incapace ed eternamente indeciso; di certo non brilla per intelligenza, ma per lo meno agisce, sfrutta le occasioni che gli si parano davanti, prende una decisione ben precisa fin dall'inizio, anche se poi i cambi di rotta sono inevitabili.
Stessa cosa si può dire di Yuki, principale protagonista femminile dell'opera, che spicca notevolmente sulle sue rivali, e sulla quale si basa la gran parte della trama.
Good Ending è difficile da inquadrare, personalmente lo definirei uno Shojo con la maschera da Harem, dove Kei Sasuga è riuscito a prendere gli elementi positivi dei entrambe le tipologie e a mescolarli a dovere.
Esteticamente il tratto dell'autrice è deciso e delicato allo stesso tempo, riesce a donare una buona espressività ai personaggi, e si evolve notevolmente con il passare dei volumi. Il design dei personaggi è essenziale e gradevole, e anche i fondali godono di un discreto grado di dettaglio. I dialoghi sono molti soprattutto nella fase iniziale, successivamente diminuiscono notevolmente, rendendo la lettura più fluida e leggera.
Il finale è liberatorio e gratificante, senza fare spoiler dirò soltanto che una volta giunti all'ultima pagina non si potrà che rimanere soddisfatti, e che sorgerà spontaneo quel lieve sentimento che accomuna le conclusioni delle grandi opere, quando si è ormai affezionati ai personaggi e sapere che non si potrà più vederli all'opera lascia una piccola sensazione di tristezza.
Avatar - La leggenda di Aang
9.5/10
"Acqua. Terra. Fuoco. Aria. Molto tempo fa, nel mondo regnava la più completa armonia, poi tutto cambiò, quando la Nazione del Fuoco decise di attaccare. Solo l'Avatar, padrone di tutti e quattro gli Elementi, poteva fermarla. Ma, quando il mondo aveva più bisogno di lui, scomparve.
Sono passati cento anni e io e mio fratello abbiamo scoperto il nuovo Avatar, un dominatore dell'Aria di nome Aang. Ma, nonostante la sua abilità nel dominio dell'aria, ha ancora molto da imparare.
Ma io ne sono certa, Aang salverà il mondo."
Queste sono le parole che, all'inizio di ogni episodio, compensano l'assenza di una vera e propria sigla di apertura per "Avatar: The Last Airbender" (arrivato in Italia come "Avatar - La leggenda di Aang"), cartone animato statunitense ideato da Michael Dante DiMartino e Bryan Konietzko e costituito da sessantuno puntate di durata canonica, andate in onda in patria tra il 2005 e il 2008.
A pronunciarle è Katara, coprotagonista della serie, la quale ha luogo in un mondo diviso tra Tribù dell'Acqua, Regno della Terra, Nazione del Fuoco e Nomadi dell'Aria, ciascuno dei quali è specializzato nel dominio del corrispettivo Elemento, cioè nella capacità di manipolarlo a proprio piacimento, anche se in seguito a rigidi addestramenti. Tale mondo è però sconvolto da un secolare conflitto, che vede contrapposta la Nazione del Fuoco, con i suoi feroci propositi di supremazia globale, a tutte le altre entità territoriali.
Sarà proprio Katara, insieme al fratello maggiore Sokka, a risvegliare l'Avatar Aang da un sonno lungo cent'anni. Insieme, decideranno di intraprendere un lungo e periglioso viaggio per aiutare l'impreparato Aang a compiere il proprio destino: ripristinare l'equilibrio tra tutti i popoli.
Tralasciando lo spostamento fisico da una località all'altra, quello del viaggio, soprattutto di crescita interiore, è uno dei temi portanti del cartoon: la maggior parte dei personaggi è costituita da adolescenti, con un'età compresa tra i dodici e i sedici anni. Questo comporta una tempesta emotiva che la serie riesce a rappresentare con grande cura, presentandoci un campionario di sentimenti estremamente vario e realistico: ci sono coraggio, timore, senso di inadeguatezza, egoismo, amore, amicizia, orgoglio, la dicotomia tra un'inaspettata maturità e la prevedibile puerilità, tutte sensazioni che coinvolgono sia i protagonisti che gli antagonisti, non meno complessi e affascinanti.
Aang, nonostante tutte le responsabilità che comporta l'essere l'Avatar, è pur sempre un ragazzino di dodici anni che, dopo cento anni di stasi criogenica, si ritrova improvvisamente ad essere l'ultimo della propria gente, affrontando così solitudine e dolore, ma senza mai perdere il proprio altruismo e il proprio desiderio di conoscenza e la propensione alla spensieratezza e al divertimento. Ciononostante, anche lui sarà dominato in alcune sequenze da sentimenti meno nobili, come rabbia e gelosia.
La continua lotta tra il destino, inteso come un percorso predeterminato, e il futuro che è possibile costruirsi da sé, seguendo il proprio cuore, accentua il dualismo tra Aang e Zuko, tormentato principe esiliato della Nazione del Fuoco, inviato a dare la caccia all'Avatar per riconquistare il proprio onore.
Katara, avendo perso la madre in giovane età, mostra spesso e volentieri un atteggiamento affettuoso e quasi materno nei confronti di coloro che la circondano, preoccupandosi per la loro incolumità e per il loro benessere psichico, sempre pronta a donare loro parole di conforto e speranza. Tuttavia, questo non la rende un personaggio femminile debole e banale, poiché anche lei saprà dimostrare grande forza e determinazione, così come disprezzo e mancanza di fiducia.
Sokka è il mattatore della serie, capace di tirar fuori dal nulla spassose battute nei momenti più inaspettati, ma, essendo un ragazzo normale circondato da individui eccezionali e potenti dominatori, non è raro che si interroghi sul proprio valore.
Toph, ragazzina cieca cresciuta tra gli agi e l'apprensione dei genitori, ma segretamente rude e insofferente alle regole, è assolutamente priva di autocommiserazione, diventando, al contrario, forse la più ironica e geniale tra i protagonisti.
Indubbiamente, i personaggi sono il punto di forza di "Avatar - La leggenda di Aang": ognuno di essi possiede personalità e motivazioni uniche e ben costruite, talmente convincenti e accattivanti da rendere impossibile anche il semplice odio nei confronti di uno solo di essi, fosse anche il più crudele e spietato dei villain. Gli stereotipi comportamentali, per quanto presenti, sono utilizzati con criterio, in contesti che li rendono quantomeno plausibili e sopportabili, senza che questo comporti il rinunciare a una buona dose di originalità. Nel corso dei sessantuno episodi, il gruppo di eroi entrerà a contatto con numerose figure molto eterogenee, traendone preziosi insegnamenti o fungendo essi stessi da ispirazione per gli altri, realizzando una continua e reciproca maturazione psicologica. Anche i rapporti che instaurano mutuamente sono brillanti e profondi, con la sola eccezione di alcune relazioni sentimentali di secondo piano, che appaiono come forzate e in qualche misura immotivate.
Il comparto tecnico, nonostante cali trascurabili, si distingue per animazioni eccellenti, che rendono al meglio nelle frequenti scene d'azione, in cui è evidente la grande cura prestata alle coreografie dei combattimenti (esaltate dalla regia), alle arti marziali che accompagnano il dominio dei vari Elementi e agli effetti speciali e sonori. La colonna sonora, per quanto non presenti brani particolari che spicchino sugli altri, è di buon livello e affianca alla perfezione le scene mostrate sullo schermo. Ottimo il doppiaggio italiano.
Il design dei personaggi è molto curato e piacevole, sia per quanto riguarda la loro fisionomia che il vestiario. Nella realizzazione delle ambientazioni di carattere antropico è palese l'influenza dell'architettura tradizionale orientale, mentre i paesaggi naturali sono estremamente vari, passando da distese di neve e ghiaccio a foreste tropicali a ripidi picchi rocciosi. Molti scorci sono estremamente suggestivi e dettagliati, nonostante sia possibile percepire, a volte, una certa mancanza di spessore. Occorre sottolineare la presenza di flashback e leggende raccontate utilizzando stili grafici peculiari, contribuendo a rendere la serie ancora più varia e fresca.
Il mondo in cui si svolge la vicenda è tratteggiato con grande attenzione, sia per quanto riguarda le forse non troppo fantasiose creature che lo abitano, sia per le culture dei popoli presenti, ciascuna delle quali è ben differenziata dalle altre: è impossibile non notare il peso delle tradizioni cinesi, giapponesi, Inuit e tibetane, nonché di vari concetti e principi religiosi provenienti dalle dottrine induiste e buddiste. Alcune scelte stilistiche e grafiche, invece, rivelano anche la forte influenza dell'animazione nipponica.
"Avatar - La leggenda di Aang" è quello che tutti gli shounen commerciali odierni dovrebbero essere: una trama effettivamente semplice (un eroe predestinato e un grande malvagio da sconfiggere per salvare il mondo), ma coadiuvata da un intreccio avvincente e prevedibile, ma non scontato. Si tratta di un'opera genuina che punta sul carisma dei suoi personaggi, sulla forza dei loro sentimenti e sulla maestria nella realizzazione degli scontri per conquistare lo spettatore, senza ricorrere a facili lezioncine morali ripetute fino allo sfinimento, al fanservice o alla violenza, dimostrando di poter dar vita a una storia adulta anche senza sangue e/o corpi nudi. La gestione dei momenti comici e drammatici è magistrale: dosati con criterio, non arrivano mai a privare i personaggi della loro carica ironica e della profondità, anche nelle situazioni più ardue o in quelle più leggere.
Una serie d'animazione assolutamente consigliata.
Sono passati cento anni e io e mio fratello abbiamo scoperto il nuovo Avatar, un dominatore dell'Aria di nome Aang. Ma, nonostante la sua abilità nel dominio dell'aria, ha ancora molto da imparare.
Ma io ne sono certa, Aang salverà il mondo."
Queste sono le parole che, all'inizio di ogni episodio, compensano l'assenza di una vera e propria sigla di apertura per "Avatar: The Last Airbender" (arrivato in Italia come "Avatar - La leggenda di Aang"), cartone animato statunitense ideato da Michael Dante DiMartino e Bryan Konietzko e costituito da sessantuno puntate di durata canonica, andate in onda in patria tra il 2005 e il 2008.
A pronunciarle è Katara, coprotagonista della serie, la quale ha luogo in un mondo diviso tra Tribù dell'Acqua, Regno della Terra, Nazione del Fuoco e Nomadi dell'Aria, ciascuno dei quali è specializzato nel dominio del corrispettivo Elemento, cioè nella capacità di manipolarlo a proprio piacimento, anche se in seguito a rigidi addestramenti. Tale mondo è però sconvolto da un secolare conflitto, che vede contrapposta la Nazione del Fuoco, con i suoi feroci propositi di supremazia globale, a tutte le altre entità territoriali.
Sarà proprio Katara, insieme al fratello maggiore Sokka, a risvegliare l'Avatar Aang da un sonno lungo cent'anni. Insieme, decideranno di intraprendere un lungo e periglioso viaggio per aiutare l'impreparato Aang a compiere il proprio destino: ripristinare l'equilibrio tra tutti i popoli.
Tralasciando lo spostamento fisico da una località all'altra, quello del viaggio, soprattutto di crescita interiore, è uno dei temi portanti del cartoon: la maggior parte dei personaggi è costituita da adolescenti, con un'età compresa tra i dodici e i sedici anni. Questo comporta una tempesta emotiva che la serie riesce a rappresentare con grande cura, presentandoci un campionario di sentimenti estremamente vario e realistico: ci sono coraggio, timore, senso di inadeguatezza, egoismo, amore, amicizia, orgoglio, la dicotomia tra un'inaspettata maturità e la prevedibile puerilità, tutte sensazioni che coinvolgono sia i protagonisti che gli antagonisti, non meno complessi e affascinanti.
Aang, nonostante tutte le responsabilità che comporta l'essere l'Avatar, è pur sempre un ragazzino di dodici anni che, dopo cento anni di stasi criogenica, si ritrova improvvisamente ad essere l'ultimo della propria gente, affrontando così solitudine e dolore, ma senza mai perdere il proprio altruismo e il proprio desiderio di conoscenza e la propensione alla spensieratezza e al divertimento. Ciononostante, anche lui sarà dominato in alcune sequenze da sentimenti meno nobili, come rabbia e gelosia.
La continua lotta tra il destino, inteso come un percorso predeterminato, e il futuro che è possibile costruirsi da sé, seguendo il proprio cuore, accentua il dualismo tra Aang e Zuko, tormentato principe esiliato della Nazione del Fuoco, inviato a dare la caccia all'Avatar per riconquistare il proprio onore.
Katara, avendo perso la madre in giovane età, mostra spesso e volentieri un atteggiamento affettuoso e quasi materno nei confronti di coloro che la circondano, preoccupandosi per la loro incolumità e per il loro benessere psichico, sempre pronta a donare loro parole di conforto e speranza. Tuttavia, questo non la rende un personaggio femminile debole e banale, poiché anche lei saprà dimostrare grande forza e determinazione, così come disprezzo e mancanza di fiducia.
Sokka è il mattatore della serie, capace di tirar fuori dal nulla spassose battute nei momenti più inaspettati, ma, essendo un ragazzo normale circondato da individui eccezionali e potenti dominatori, non è raro che si interroghi sul proprio valore.
Toph, ragazzina cieca cresciuta tra gli agi e l'apprensione dei genitori, ma segretamente rude e insofferente alle regole, è assolutamente priva di autocommiserazione, diventando, al contrario, forse la più ironica e geniale tra i protagonisti.
Indubbiamente, i personaggi sono il punto di forza di "Avatar - La leggenda di Aang": ognuno di essi possiede personalità e motivazioni uniche e ben costruite, talmente convincenti e accattivanti da rendere impossibile anche il semplice odio nei confronti di uno solo di essi, fosse anche il più crudele e spietato dei villain. Gli stereotipi comportamentali, per quanto presenti, sono utilizzati con criterio, in contesti che li rendono quantomeno plausibili e sopportabili, senza che questo comporti il rinunciare a una buona dose di originalità. Nel corso dei sessantuno episodi, il gruppo di eroi entrerà a contatto con numerose figure molto eterogenee, traendone preziosi insegnamenti o fungendo essi stessi da ispirazione per gli altri, realizzando una continua e reciproca maturazione psicologica. Anche i rapporti che instaurano mutuamente sono brillanti e profondi, con la sola eccezione di alcune relazioni sentimentali di secondo piano, che appaiono come forzate e in qualche misura immotivate.
Il comparto tecnico, nonostante cali trascurabili, si distingue per animazioni eccellenti, che rendono al meglio nelle frequenti scene d'azione, in cui è evidente la grande cura prestata alle coreografie dei combattimenti (esaltate dalla regia), alle arti marziali che accompagnano il dominio dei vari Elementi e agli effetti speciali e sonori. La colonna sonora, per quanto non presenti brani particolari che spicchino sugli altri, è di buon livello e affianca alla perfezione le scene mostrate sullo schermo. Ottimo il doppiaggio italiano.
Il design dei personaggi è molto curato e piacevole, sia per quanto riguarda la loro fisionomia che il vestiario. Nella realizzazione delle ambientazioni di carattere antropico è palese l'influenza dell'architettura tradizionale orientale, mentre i paesaggi naturali sono estremamente vari, passando da distese di neve e ghiaccio a foreste tropicali a ripidi picchi rocciosi. Molti scorci sono estremamente suggestivi e dettagliati, nonostante sia possibile percepire, a volte, una certa mancanza di spessore. Occorre sottolineare la presenza di flashback e leggende raccontate utilizzando stili grafici peculiari, contribuendo a rendere la serie ancora più varia e fresca.
Il mondo in cui si svolge la vicenda è tratteggiato con grande attenzione, sia per quanto riguarda le forse non troppo fantasiose creature che lo abitano, sia per le culture dei popoli presenti, ciascuna delle quali è ben differenziata dalle altre: è impossibile non notare il peso delle tradizioni cinesi, giapponesi, Inuit e tibetane, nonché di vari concetti e principi religiosi provenienti dalle dottrine induiste e buddiste. Alcune scelte stilistiche e grafiche, invece, rivelano anche la forte influenza dell'animazione nipponica.
"Avatar - La leggenda di Aang" è quello che tutti gli shounen commerciali odierni dovrebbero essere: una trama effettivamente semplice (un eroe predestinato e un grande malvagio da sconfiggere per salvare il mondo), ma coadiuvata da un intreccio avvincente e prevedibile, ma non scontato. Si tratta di un'opera genuina che punta sul carisma dei suoi personaggi, sulla forza dei loro sentimenti e sulla maestria nella realizzazione degli scontri per conquistare lo spettatore, senza ricorrere a facili lezioncine morali ripetute fino allo sfinimento, al fanservice o alla violenza, dimostrando di poter dar vita a una storia adulta anche senza sangue e/o corpi nudi. La gestione dei momenti comici e drammatici è magistrale: dosati con criterio, non arrivano mai a privare i personaggi della loro carica ironica e della profondità, anche nelle situazioni più ardue o in quelle più leggere.
Una serie d'animazione assolutamente consigliata.
Il castello errante di Howl
9.0/10
Recensione di DarkSoulRead
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Hayao Miyazaki è indubbiamente uno dei cinque registi più influenti degli ultimi trent'anni ed è, a mio avviso, al pari del compianto Walt Disney, il miglior cineasta di sempre per quanto concerne l'animazione. I suoi film sono dei veri e propri classici, intrisi di una potenza visionaria che con il tempo è divenuta il vero e proprio marchio di fabbrica del suo genio. Tra i gioielli che compongono la cinematografia di Hayao, "Il castello errante di Howl" risulta uno dei più splendenti, impreziosito ulteriormente da un'originalità invidiabile, sia per quanto riguarda i personaggi che per la storia stessa. Veniamo alla trama.
Sophie è una ragazza semplice che lavora come cappellaia in un negozio lasciatogli in eredità dal defunto padre. La sua vita cambierà dall'incontro con Howl, un bellissimo stregone, il cui fascino si dice rubi il cuore a qualsiasi fanciulla. Lo stesso giorno, mentre cuce nel suo negozio, gli farà visita la temibile Strega delle lande. La strega maledirà Sophie, rendendola un'inerme vecchietta. Tra intemperie e scorci mozzafiato Sophie si metterà in viaggio alla ricerca di Howl, convinta che lui, in quanto stregone, possa spezzare il suo maleficio; si improvviserà donna delle pulizie del suo castello errante.
Non mancheranno colpi di scena e cambi di rotta inaspettati a ben farcire quella che sembra una storia classica.
Sono i personaggi però, la colonna portante dell'intera opera.
La maledizione di Sophie la renderà una personalità molto più interessante di quanto non sembri all'inizio, facendoci spesso dimenticare del suo reale giovane aspetto.
Howl risulta un personaggio quasi mistico, capace di farvi sussultare ad ogni sua entrata in scena, dotato di un fascino e di una dolcezza che è difficilmente descrivibile.
La Strega delle lande è un'antagonista atipica ed una volta capito il perché delle sue azioni susciterà tenerezza nello spettatore come pochi altri villain. Indimenticabili anche i personaggi secondari, su tutti Calcifer e Testa di Rapa. Il primo è un'eccentrica fiammella, demone del fuoco nonché il vero e proprio motore del castello errante; il secondo invece uno spaventapasseri il quale, come Sophie, ha subito una terribile maledizione.
A far da sfondo a tutto ciò un'inspiegabile e violenta guerra, le cui cause restano volutamente misteriose ed inspiegate. D'altronde, quale guerra ha senso?
La metafora su cui verte lo scheletro narrativo del film è la bellezza; Howl è ossessionato dal suo stesso fascino (epica la scena in cui si deprime trasformandosi in una melma gelatinosa solo perché si tinge erroneamente i capelli di rosso): "Senza avere la bellezza non c'è alcuna ragione di vivere".
Sophie risulta essere invece l'esatto opposto. Non essendosi mai sentita bella è finita per essere oppressa dalla sua insicurezza estetica. La maledizione subita infatti, rappresenta l'immagine che lei ha di se stessa.
Tecnicamente, il lavoro svolto è sontuoso, con disegni che sembrano vivi e sfondi e fondali che fan venir voglia di mettere il film in pausa per goderseli a pieno. Il comparto sonoro è anch'esso eccezionale, con musiche magiche e nostalgiche, in perfetta linea con le altre opere targate Ghibli.
Piccola nota dolente: il finale, che risulta un po' scarnificato e fin troppo sbrigativo, con la soluzione simultanea di più eventi che avrebbero, a mio avviso, meritato un maggior approfondimento.
Ancora una volta, Miyazaki e lo Studio Ghibli insegnano ed emozionano come solo loro sanno fare, regalandoci un capolavoro dell'animazione moderna che nessuno dovrebbe lasciarsi sfuggire.
Voto: 9
Sophie è una ragazza semplice che lavora come cappellaia in un negozio lasciatogli in eredità dal defunto padre. La sua vita cambierà dall'incontro con Howl, un bellissimo stregone, il cui fascino si dice rubi il cuore a qualsiasi fanciulla. Lo stesso giorno, mentre cuce nel suo negozio, gli farà visita la temibile Strega delle lande. La strega maledirà Sophie, rendendola un'inerme vecchietta. Tra intemperie e scorci mozzafiato Sophie si metterà in viaggio alla ricerca di Howl, convinta che lui, in quanto stregone, possa spezzare il suo maleficio; si improvviserà donna delle pulizie del suo castello errante.
Non mancheranno colpi di scena e cambi di rotta inaspettati a ben farcire quella che sembra una storia classica.
Sono i personaggi però, la colonna portante dell'intera opera.
La maledizione di Sophie la renderà una personalità molto più interessante di quanto non sembri all'inizio, facendoci spesso dimenticare del suo reale giovane aspetto.
Howl risulta un personaggio quasi mistico, capace di farvi sussultare ad ogni sua entrata in scena, dotato di un fascino e di una dolcezza che è difficilmente descrivibile.
La Strega delle lande è un'antagonista atipica ed una volta capito il perché delle sue azioni susciterà tenerezza nello spettatore come pochi altri villain. Indimenticabili anche i personaggi secondari, su tutti Calcifer e Testa di Rapa. Il primo è un'eccentrica fiammella, demone del fuoco nonché il vero e proprio motore del castello errante; il secondo invece uno spaventapasseri il quale, come Sophie, ha subito una terribile maledizione.
A far da sfondo a tutto ciò un'inspiegabile e violenta guerra, le cui cause restano volutamente misteriose ed inspiegate. D'altronde, quale guerra ha senso?
La metafora su cui verte lo scheletro narrativo del film è la bellezza; Howl è ossessionato dal suo stesso fascino (epica la scena in cui si deprime trasformandosi in una melma gelatinosa solo perché si tinge erroneamente i capelli di rosso): "Senza avere la bellezza non c'è alcuna ragione di vivere".
Sophie risulta essere invece l'esatto opposto. Non essendosi mai sentita bella è finita per essere oppressa dalla sua insicurezza estetica. La maledizione subita infatti, rappresenta l'immagine che lei ha di se stessa.
Tecnicamente, il lavoro svolto è sontuoso, con disegni che sembrano vivi e sfondi e fondali che fan venir voglia di mettere il film in pausa per goderseli a pieno. Il comparto sonoro è anch'esso eccezionale, con musiche magiche e nostalgiche, in perfetta linea con le altre opere targate Ghibli.
Piccola nota dolente: il finale, che risulta un po' scarnificato e fin troppo sbrigativo, con la soluzione simultanea di più eventi che avrebbero, a mio avviso, meritato un maggior approfondimento.
Ancora una volta, Miyazaki e lo Studio Ghibli insegnano ed emozionano come solo loro sanno fare, regalandoci un capolavoro dell'animazione moderna che nessuno dovrebbe lasciarsi sfuggire.
Voto: 9
Il finale è da applausi, e per quanto mi riguarda ha molto da insegnare a tante opere modernissime.
Appoggio la recensione di Eoin praticamente in toto, e consiglio la visione anche della seconda serie: "Legend of Korra", una stagione forte nei contenuti, certamente più young adult, ma forse non in grado di far sbrilluccicare gli occhioni come la prima storica serie.
Il manga in cima non lo conosco, ma complimenti all'utente che l'ha analizzato nel dettaglio.
Per quanto concerne "GE - Good Ending" non l'ho conoscevo ma sono curioso di leggerlo il più presto possibile, infatti l'ho aggiunto nella lista opere, complimenti anche per la recensione, magari tutti gli utenti, o almeno la maggior parte, recensissero in questo modo.
Totalmente in dissacordo sulla valutazione del "Castello errante di Hawl", forse perchè di solito non gradisco molto i film della Ghibli, forse perchè, guardandolo, non ho capito quasi niente e quello che ho capito è stato wikipedia a farmelo capire, forse perchè mi è stato pubblicizzato come capolavoro ma non ha soddisfato per nulla le aspettative che nutrivo, ma non l'ho gradito quasi per nulla.
il castello errante di howl 9 è troppo, un 6,5 o 7... non ha solo il finale affrettato, è tutto affrettato.
c'è una guerra in atto, tutti se ne fregano, come un contorno di insalata in una bistecca alla fiorentina, la protagonista ringiovanisce e invecchia e, al di là della maledizione, non si capisce perchè, il come il quando alla fine diventa giovane con i capelli bianchi, senza motivo, senza che la maledizione sia spezzata, senza un perchè
Howl è un personaggio tormentato, da via la sua anima come nulla, non si sà perchè diventa un mostro mosso dalle passioni, si muove contro una guerra che poi lui stesso porta avanti perchè la guerra è brutta, diventa quasi un mostro, ma viene salvato, più o meno. i personaggi secondari sono meno che un contorno, si salva calcifer bisfrattatissimo, la cattiva di turno anche lei non si capisce cosa fa, è innamorata di howl, si fa battere e si finge buona, o meglio malata di alzheimer, tutti ci credono e il castello viene distrutto... per poi venire ricostruito. un film confusionario, incocludente, una regia pessima, tirato su solo dal buon comparto animato della gibli e dalla soundtrack.
uno scivolone di Miyazaki
no guarda proprio no, e per fortuna, se no avatar non sarebbe quel gioiello di animazione che è... non c'è proprio nulla, di samurai champloo, ne di momenti alla Miyazaki, solo un ottimo comparto animato originale che ha tratto ispirazione dall' oriente.
Avatar prima o poi devo recuperarlo.
è un troll? è dal 2012 che esiste il sequel...
Avatar è il mio anime Fantasy preferito in assoluto. (Ed anche il mio Anime preferito in generale, dopo Nadia e e Evangelion)
Stesso discorso per "Il Castello Errante di Howl" che è praticamente il mio film preferito.
Concordo anche con la recensione su Good Ending. Davvero un ottimo manga, anche se un po' sottovalutato. Mi ha stupito vedere la recensione, che gli da come voto addirittura 9.
Lo spiegano nei fumetti. (Mai pubblicati in italia, purtroppo)
Il seguito vero e proprio "dell'Ultimo Dominatore dell'aria" (pvvero le delle vicende di Aang) lo puoi leggere in una serie di fumetti pubblicati dalla Dark Horse. La momento dovrebbe essere composto da quattro/cinque trilogie, e nella seconda puoi trovare la risposta che cerchi
Comunque, per me Aang > Korra, ma anche La Leggenda di Korra è un buon anime, consigliatissimo anche questo! ^__^
Korra per quanto mi riguarda non regge il confronto con Aang (ma stiamo comunque parlando di un'ottima serie), più che altro per due fattori:
- setting (che in Aang è molto più epico e fantasioso, mentre in Korra è "modernizzato").
- luoghi visitati (in Korra vengono visitati pochissimi luoghi in confronto al continuo viaggio di Aang).
Se a questo si aggiunge il fatto che Aang e gli altri personaggi della prima serie sono semplicemente più simpatici (difatti quando nella 4 serie compare uno dei vecchi personaggi in Korra la differenza si vede parecchio) e il fatto che fino alla 4 serie ci sono una serie di difetti che non riescono a rendere la serie davvero divertente fino in fondo...
Ovviamente poi ognuno ha i suoi gusti e con questo non voglio dire che Korra non sia un'ottima serie (anzi penso che non sarebbe per nulla male avere altre serie di quella qualità) semplicemente Aang è da 10, Korra è un pelino più in basso per me.
PS. Good Ending non lo conosco.
Il castello errante invece sì, e l'ho trovato ok (onestamente l'avrei visto meglio come serie, sembra andare molto di fretta)
può essere in effetti l'ho visto parecchi anni fa e 61 episodi non aiutano; allora posso dire che proprio non mi ricordo queste atmosfere miyazakiane ne alla samurai champloo.
Semplicemente, è perché si rifà in una certa misura, non è che le riprende pari pari. ^__^
Insomma, mera ispirazione, come normale che sia. Tant'è che gli stessi giapponesi spesso si ispirano "a noi". È una ruota che gira. ^__^
Per Avatar invece, lo considero uno dei migliori cartoon mai prodotti, superiore sotto diversi aspetti ad alcune serie anime molto più incensate. Tenendo conto che non è esente da difetti, ma per come è narrata la storia e la maturità del finale, ci sono motivi sufficienti perchè sia una visione obbligata per chiunque ami l'animazione.
Mah, in realtà non direi proprio.
Anzi, Il castello errante di Howl l'ho vista palesemente come un minestrone riscaldato di tematiche e situazioni che Miyazaki ci aveva già propinato precedentemente fino alla noia, e un netto passo indietro rispetto alla maturazione artistica dimostrata in Mononoke Hime e La città incantata.
Anche la maledizione di Sophie non è nulla di nuovo, basti pensare a Porco Rosso (che anticipa in modo forse anche più brillante pure il resto del discorso portato avanti in questo film) o al succitato La città incantata; e per di più queste solite tematiche sono proposte in modo sbrigativo e superficiale, annegano in una sceneggiatura piena di voragini e si concludono, come viene peraltro scritto nella recensione, in un finale spiccio, incompleto e stracolmo della solita morale di buoni sentimenti. Compensano un po' i due protagonisti e lo straordinario comparto tecnico, ma imho non è abbastanza.
Avatar molto bello.
Sebbene abbia usato il termine shounen in riferimento a "Avatar - The Last Airbender", vorrei sottolineare che l'opera (oltre a non poter essere così classificata essendo un prodotto statunitense) è rivolta ad un pubblico giovanissimo (scuole elementari), il che la rende, se possibile, ancora più ammirevole: non guarda dall'alto in basso il target di riferimento e propone temi e personaggi complessi e avvincenti, oltre a grande esempi di animazione.
Inizialmente avevo assegnato il voto più alto possibile, poi ridimensionato a causa di alcuni episodi sottotono e personaggi non sfruttati a dovere, che però non hanno danneggiato in alcun modo il godimento di quella che è, tuttora, una delle mie serie animate preferite, una di quelle che consiglio a tutti.
Se l'ho paragonata ad uno shounen è stato solo per sottolineare il mio disappunto per la mancata popolarità di "ATLA" in Giappone, a cui evidentemente non sono piaciuti i richiami al Sol Levante nell'imperialistica Nazione del Fuoco.
Avatar quindi rientra perfettamente in questa categoria. E la cosa bella è che ci rientra, come suggeriva l'autore della recensione, riuscendo ad essere comunque "più adulto" di quel che potrebbe sembrare. ^__^
Tuttavia tra tutti i titoli presentati preferisco " il Castello errante di Howl "
Si, si ispira. Ma molto ispirato. Riprende solo alcuni fatti ed eventi. Il finale è anche abbastanza diverso. Non tanto nella conclusione quanto nel modo. Ci sono proprio personaggi, situazioni e robe varie che sono completamente omesse. Diciamo che per narrare completamente il primo libro ci volevano almeno due film con uno script mica da ridere. I libri son piccoli, ma ogni pagina succede qualcosa. Non c'è "narrazione statica". Oltre il fatto che sono scritti molto bene(ma tradotti ed adattati molto una chiavica. Senza star a citre gli errori grammaticali.)
Il primo è il libro che merita di più. Visto dopo il film ti rimane ancora di più. Il secondo è al livello del primo probaibilemente, ma per questioni affettive mi è difficile dare questo giudizio obiettivamente. Molto bello comunque.
Il terzo è sottotono, ma penso che sia dovuto anche alla malattia che purtroppo ha poi portato via l'autrice poco tempo dopo.
La Leggenda di Aang non è un anime, ma è un prodotto d'animazione americano che merita tantissimo(ad ognuno il suo. Non tutto è giapponese). Se si è appassionati di animazione in genere, andrebbe visto. Il seguito è da meno su certi aspetti, ma tratta temi un po' diversi-
A me "La leggenda di Korra" è piaciuta, come serie (un'ottima protagonista, comparto tecnico d'eccezione, CG a parte, e temi niente male), ma devo ammettere che, dal punto di vista narrativo, è impossibile non notare svariate forzature, buchi, ripetizioni e finali anticlimatici. Tuttavia, bisogna anche ricordare che Nickelodeon ha decisamente maltrattato "LoK" e tutto lo staff di produzione, con tagli al budget, minacce, continui spostamenti degli episodi da un orario all'altro, almeno finché non sono approdati direttamente su Internet. Semplicemente, "LoK" presentava contenuti più adulti rispetto a "AtLA" e Nickelodeon non era la casa di produzione più adatta. Il primo Libro doveva essere più lungo e avere una mini-arco sulle Triadi che è stato abbandonato e, per quel che ne so io, anche l'ultimo Libro ha subito pesanti tagli.
Anime = cartone animato, tant'è che viene dalla parola inglese animation. ^^'
Quindi, sì, Avatar è un anime. Così come il Re Leone è un anime.
Se volete, potete fare un giro qui e qui (parola anime everywhere):
https://ja.wikipedia.org/wiki/%E3%83%A9%E3%82%A4%E3%82%AA%E3%83%B3%E3%83%BB%E3%82%AD%E3%83%B3%E3%82%B0
https://ja.wikipedia.org/wiki/%E3%82%A2%E3%83%90%E3%82%BF%E3%83%BC_%E4%BC%9D%E8%AA%AC%E3%81%AE%E5%B0%91%E5%B9%B4%E3%82%A2%E3%83%B3
Korra ha un grande problema: non ha tempo di fare nulla. Con lo script che si trovavano in mano nella prima stagione, ce ne poteva uscire con almeno 2 stagione e forse qualche episodio in più. Inoltre, si notava molto come fosse un prodotto con meno cura del precedente, in cui tutte le arti marziali di Aang avevano lasciato posto a combattimenti molto più "rozzi" e sopratutto, con una sovrabbondanza di calci e pugni in ogni tipo di scena d' azione (per non parlare della "rivelazione" di Korra ad Asami, uscita un po' dal nulla, e che poteva essere gestita MOLTO meglio).
Vedere questa recensione mi ha fatto venire una voglia tremenda di recensire Rwby...
Che un anime sia un cartone animato è indubbio. Ci mancherebbe. Con "anime", però, nello specifico, si intende un prodotto di animazione giapponese, al di fuori del Giappone. In Giappone, invece, sì, con "anime", contrazione di "animeshon"(traslitterazione di animation), si intendono prodotti giapponesi e non.
(Ti linko wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Anime).
Per Howl tenete presente che doveva lavorarci Hosoda, che poi si è staccato per divergenza artistiche con Miyazaki, che ha dovuto prendere il suo posto come un fulmine a ciel sereno.
Non è una giustifica o un'attenuante, eh.
Guarda, lasciamo perdere, ho già avuto modo di parlarne abbastanza XD
Cmq, anime significherà di fatto "cartone animato giapponese" solo e soltanto quando anche dianying significherà "film cinese" o quando ci si riferirà ai giapponesi (strani e particolarissimi, loro) con "nihonjin". ^__^
Puoi trovare la risposta nei fumetti pubblicati che narrano le vicende che accadono dopo il finale della serie. Sono due o tre storie slegate tra loro, tutte interessantissime, tra cui c'è quella della fine della madre di Zuko.
Purtroppo, come già scritto da altri utenti, i fumetti sono inediti in Italia ma un gruppo li tradusse e li pubblicò sul suo sito. Io li scaricai qualche anno fa, però è possibile che li trovi ancora.
Concorde in linea generale. Inoltre alcune volte verrebbe da prenderlo a schiaffi quel piagnucolone. Io comunque devo ancora trovare il coraggio di finire gli ultimi 2 volumi. (ho perso il conto degli anni che ho lasciato passare, e forse a dirla tutta non credo neanche mi interessi questo finale)
se sei giapponese e parli in giapponese è l'unico termine che hai per definirlo in una categoria. se sei italiano sarebbe corretto, dal momento che non è un cartone animato giapponese, chiamarla "animazione per ragazzi".
visto che si vuole categorizzare una cosa ha più senso collocarla nel suo ambito anche culturale, dato che è un prodotto statunitense.
Sono d'accordo sul fatto che sia un ottimo prodotto per bambini delle elementari.....ma per bambini. Il fatto di non appartenere al target (principale) di riferimento mi ha impedito di goderne così tanto.
Riassumendo: lo consiglierei a un ragazzino di 10 anni? Tantissimo, a costo di legarlo al divano. Lo consiglierei a un mio coetaneo? Diciamo che non lo sconsiglierei.
Io ho 24 anni, quando l'ho visto per la prima volta ne avevo ... boh, meno di ora ma di sicuro non ero già più un bambino. Io l'ho adorato. Mio fratello (che ha 2 anni meno di me e non è assolutamente appassionato di animazione) l'ha adorato.
Mia madre (che odia gli anime) l'ha ritenuto gradevole.
Uno youtuber americano (Nostalgia Critic) che recensisce film ma di animazione non capisce una mazza, ha visto l'intera serie per recensire poi il terribile film di Shyamalan... è partito parlando di "ottima serie per bambini", dopo un l'episodio "The Storm" (La tempesta) che è nel libro dell'acqua aveva completamente cambiato idea sul target ed è ora fanboy assoluto della serie.
Eppure hai un'avatar (... notare l'ironia non voluta) che raffigura un personaggio di Digimon, una delle serie rivolte ai bambini che, ancora oggi, considero perfettamente adatta anche agli adulti... consideri forse Digimon solo per bambini?
Non so, personalmente credo che Avatar la leggenda di Aang sia un prodotto d'animazione così ben fatto che chiunque, bambini, adulti, anziani, persino i teen possono goderselo. Magari è nato come prodotto per bimbi, ma alla fin fine l'umorismo è perfettamente godibile anche dagli adulti.
Se liquidassi Avatar come una serie solo per bambini penso che lo dovrei fare anche con molte delle mie serie preferite in assoluto... e se fosse vero beh, sarei più che felice di essere rimasto abbastanza bambino.
Sapevo che l'avatar sarebbe stato tirato in mezzo, ma hai ragionissima nel farlo e mi fa anche piacere che tu l'abbia detto. Infatti io non denigro le serie per bambini, come non denigro Avatar.
Temo di essermi spiegata male, non lo ritengo di serie B per questo. Semplicemente durante la visione alcune cose, tipo l'umorismo, non hanno incontrato il mio gusto e, in quel momento, la mia sensazione era "non è adatto alla mia età". E poi qualche altro aspetto.
Ma è proprio perché non ho nulla contro i cartoni per bambini che non lo sconsiglierei: a me non è piaciuto, ma se tu sei curioso e non sei preoccupato del target di riferimento, non ho motivi per tentare di convincerti a non farlo.
Il motivo per cui tra le recensioni non c'è la mia che dice "eh ma a me non è piaciuto" è perché ciò che io critico non ritengo sia una verità oggettiva: semplicemente in QUESTO caso, mi sono sentita fuori luogo nel guardarlo.
Il tuo messaggio non è chiaro: mi hai quotato un messaggio in cui parlavo del termine shounen manga e tu hai fatto riferimento invece, a quanto pare, alla parola anime. Potresti riscriverlo? Altrimenti mi è impossibile risponderti (della serie, di cosa stiamo parlando?? XD)
Progetto per bambini ?? Ma veramente un bel pò di anime sono indirizzati a bambini.....bisogna poi vedere le loro potenzialità di lettura ( ecco appunto guardatevi Bem e sappiatemi dire).
Vedo che qualcuno parla di Howl come di "minestra riscaldata" in cui Miyazaki ha rimescolato un sacco di cose dette e ridette, usate e strausate...Ora non per citare sempre lo storico - e forse stantio - esempio dei tre romanzi greci ( e di Luciano di Samosata ovviamente), nei quali, se avete la bontà di leggerli, ne esistono buone traduzioni, trovereste, praticamente tutti i topos che hanno fatto grande la lettaratura mondiale - ma dico proprio tutti -quel che oconta è come organizzi, cuci il tutto. Anche questa è arte.
Personalmente. è noto, considero isao Takahata il vero genio dello Studio Ghibli, ma c'è un motivo per il quale il nome di Miyazaki brilla tantissimo. ComeTakahata è un vero artigiano, e sà quali trucchi usare per costruire con pochi materiali - magari riciclati - delle opere mirabili.
@Magnus II, guarda che Miyazaki non ha voluto fare in Howl un film su una "guerra", ma su delle persone ( leggermente sconclusionate in alcuni comportamenti, siam d'accordo ma lle persone vere agiscono secondo logica? O troppo spesso raeagiscono adattandosi a quel che viene ?) coinvolti in fatti incredibili sullo sfondo di una guerra terribile che va avanti da tempo. Una guerra raccontata per episodi, l'affondamento della nave su cui tutti contavano per vincere la guerra, salutata quando salpa con toni enfaticissimi, un violento bombardamento notturno che ne richiama altri...Riguardo alla trasformazione di Sophie...bhè tutti hanno idea che i vecchi siano inutili citrulli le cui idiozie dobbiamo sopportare....
Forse è un problema di comprensione, una sorta di deficienza che mi afflige ma io non ho trovato molto il tema della guerra nella storia, probabilmente perchè nella storia originale non c'era neanche(?), non ho capito neanche il perchè delle azioni di certe personaggi, per prima la strega. Ha senso la maledizione che lancia a Sophie? Entra nel negozio domanda se Hawl c'è e poi se ne va via maledicendo la ragazza.
Sinceramente non ho mai visto un film d'animazione meno comprensibile.
1) chiariamo che la guerra c'è e passa in soldina, nei romanzi c'è, e non passa in soldina
2) lascio perdere le affermazioni sugli anziani, che non centrano un tubo con il castello errante di Howl
3)che le persone spesso non agiscano secondo logica non centra un accidente di niente con il film, semplicemente i personaggi sono raccontati male, la storia sta in piedi per sommi capi, e non si capisce con quale scopo, con quale criterio il tutto vada raccontato. è un casino.
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