Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

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"Classrom of the É̵l̵i̵t̵e̵ Poveri Mentecatti" è una serie che ho dovuto rimandare varie volte, e su cui avevo grandi aspettative... che sono andate in buona parte disattese.

Trama e storia
La serie ruota attorno alle vicende del protagonista, Kiyotaka Ayanokōji, da poco ammesso in un prestigioso istituto "sperimentale" finanziato dal governo. Una scuola in cui al termine dei tre anni di studi il 100% dei diplomati trova lavoro o riesce ad accedere all'università. Perché la società giapponese solo a quello pensa: lavoro e università. Conta solo quello nella vita. Non è chiaro comunque se quelli che non arrivano al diploma perché vengono espulsi, perché si suicidano, perché muoiono di karoshi o perché vengono ammazzati da qualche bullo contano nelle statistiche...
I primi episodi, introduttivi, presentano i protagonisti e l'ambientazione, che è solo apparentemente meritocratica, in realtà semplicemente stupidamente punitiva. Di meritocratico infatti c'è poco, in quanto è l'intera classe ad essere penalizzata e non il singolo individuo. La punizione del gruppo per le mancanze di un singolo componente inetto è una cosa che personalmente non digerivo ai tempi della scuola, che mi ha fatto smettere di praticare sport, che mi ha fatto cambiare più di un lavoro e che trovo ancor più insopportabile nella finzione di un anime che punta tutto sugli aspetti di crescita, formazione, premio e punizione. Male (1).
Aggiungiamoci che l'autore si prende la libertà, in buona sostanza, di fare quello che gli pare, per non dover sottostare a restrizioni che in futuro potrebbero ritorcerglisi contro... e quindi le regole della scuola sono segrete, non le sa nessuno con precisione, e chi le conosce (gli insegnanti) non le condivide. Gli studenti si trovano in una sorta di videogame di cui non conoscono le meccaniche, navigano a vista e possono solo vivere nel costante sospetto, nelle supposizioni, senza poter pianificare sul lungo termine, senza poter reagire preventivamente e senza sapere cosa faccia davvero guadagnare punti. Male (2).
Punti che, molto istruttivamente, dopotutto è una scuola, possono essere usati per comprare voti, per scegliere la classe, per manipolare e comprare le persone. Ma tanto i disadattati della classe D li buttano via tutti nel primo episodio, e quindi sostanzialmente l'intero impianto si regge sul classico confronto impari contro un nemico soverchiante e apparentemente invincibile che tanto piace ai ragazzini. "Nessuna classe D finora è mai riuscita a risalire in classifica" si premurano cortesemente di farci sapere dalla regia. Male (3).
Ad essere premiato in ogni caso è solo in parte il rendimento scolastico, ma soprattutto una forma di austerità e disciplina che, unito al taglio di ogni contatto con il mondo esterno, mi ha fatto quasi subito tracciare un parallelismo fastidioso con le SS-Junkerschul. Poi l'analogia si perde velocemente, quando capisci che è anche peggio, possiamo dire, perché 'sta cosa non ha neppure un senso logico, visto che in realtà è solo una giungla regolata unicamente da potere e denaro. Non vedo onestamente alcun aspetto didattico e formativo neanche di facciata. Male (4).

L'intero impianto è in sostanza una stereotipata trasposizione di uno schema di classi sociali.
La sezione A ci viene fatto intendere che è frequentata dagli elementi migliori della scuola. Non necessariamente in termini di rendimento accademico ma, detta in soldoni, quelli che hanno attitudini e capacità legate all'autogestione, alla pianificazione, alla manipolazione, allo stringere accordi... i politici e gli alti manager. Se la vogliamo tagliare giù veloce, quello è.
La sezione B è invece apparentemente più aperta e socievole, e in un certo senso anche più economicamente benestante (guardando, capirete meglio cosa intendo). Sostanzialmente, è la classe che mi pare rappresentare l'alta borghesia, i ricconi influenti, forse anche i grandi industriali. Gente che trae il proprio potere dai soldi e dal saperli usare per scopi precisi.
La sezione C praticamente ha come elemento dominante uno yakuza. Non lo è davvero, ma i modi sono quelli. Pestaggi, vessazioni, minacce, molestie sessuali verbali, una bodyguard di colore alta due metri... sostanzialmente rappresenta la malavita, in senso lato. Gente che trae il proprio potere dalla forza e dall'oppressione.
E infine c'è la sezione D del nostro protagonista, che contiene gli elementi "difettosi". Abbiamo la idol timida, il giocatore di basket dalla miccia corta, il calciatore che gestisce male lo stress e le sconfitte, la tipa che va d'accordo con tutti (l'attrice) che però ha una doppia faccia, il nobilotto egocentrico, l'emarginata sociale... In sostanza, non rappresenta necessariamente il popolino più basso e umile, ma è una classe di gente che potrebbe avere del potenziale, ma che ha anche un grosso drawback a limitarla. E, a prescindere, non si capisce come alcuni degli elementi presentati abbiano avuto accesso a una scuola che dovrebbe essere di alto livello, sulla carta.
Alla fine, tutta 'sta palta di stereotipi da due soldi fa unicamente sembrare questa scuola una sorta di esperimento sociale partorito da un demente, pieno di forzature e con nessuna credibilità. Male (5).

Esperimento sociale, abbiamo detto. Ragazzini di quattordici-quindici anni lasciati liberi di fare sostanzialmente quello che gli pare, praticamente senza controllo. Gente che si picchia, che viene molestata, dinamiche da branco anziché da scuola. Possiamo parlare di responsabilizzazione, ma onestamente non vedo in che modo questo esperimento possa in alcun modo servire agli scopi del governo di creare un popolo migliore. Sinceramente, l'impianto di base è una vaccata surreale. Male (6).

Arriviamo poi al settimo episodio, la giornata in piscina. Episodio che segna una svolta, un netto confine tra un prima e un dopo, e la cosa viene fatta con un episodio semplicemente inaccettabile in termini di qualità. Storia inesistente, personaggi che precipitano nell'idiozia più totale, fanservice da dodicenne... questo è l'episodio che chiarisce in modo inequivocabile il target dell'intera serie. E il mio voto chiarisce in modo altrettanto chiaro che il target non sono le persone della mia età. Malissimo (7).

La seconda parte della serie vede i personaggi abbandonati su un'isola deserta, dove devono sopravvivere in autonomia per una settimana (ciascuna classe a sé). Non manca il solito tripudio di regole e cavilli burocratici che, sfruttati adeguatamente, ti conducono alla vittoria. 'Sta cosa dei cavilli burocratici ai Giapponesi li fa andare fuori di testa. Così come vanno fuori di testa per un paio di mutande... ebbene sì, sparisce un paio di mutandine di una ragazza e parte una manfrina stucchevole e ridicola che spacca la classe in due, con tutti che sbarellano, e una solfa imbarazzante che va avanti per due episodi abbondanti. Per un paio di mutande. Formare il futuro popolo giapponese, non lo stai facendo nel modo corretto. Male (8).

Sviluppo dei personaggi
Ci sono due personaggi di cui vale la pena parlare: Kiyotaka Ayanokōji (il protagonista) e Suzune Horikita (la sua compagna di banco). Il resto sono personaggi stereotipati, quando non sono vere e proprie macchiette, e in generale sono contorno privo di spessore.

Suzume è una ragazza asociale che vive per mettersi in luce agli occhi del fratello, che è il presidente del comitato studentesco. Intelligente e di buona volontà, il suo scopo è quello di completare la scalata sociale (*) fino alla classe A. Ovviamente dietro la sua asocialità c'è solo la paura di fidarsi degli altri, perché fare le cose da soli è più facile e, banalità per banalità, sarà per merito del protagonista se pian piano inizierà ad aprirsi. Crescita presente, ma solo il minimo sindacale, ed entro binari di una banalità sconcertante.

(*) Posto che parlare di "scalata sociale" è improprio, visto che è platealmente evidente come le classi abbiano elementi con attitudini sociali differenti, e non necessariamente meriti scolastici diversi. Trovo personalmente terribile il modo in cui nell'intera serie viene gestito il metro di giudizio e il concetto di valore delle persone.

Ayanokōji parte come un tizio anaffettivo che non vuole problemi, ma nel corso degli episodi scopriamo che nasconde qualche segreto. Tralasciando forzature del tutto inutili e degne di un anime spazzatura, come il fatto che abbia preso esattamente tutti 50 nei test d'ingresso, e senza scendere troppo nei dettagli, mi piaceva moltissimo all'inizio. Solo che poi è stato snaturato in modo che non ho gradito per nulla. Inizialmente era una sorta di medioman che dava piccole spinte qua e là e aiutava i compagni, restando in secondo piano. La cosa era interessante, perché era misurata, leggera e non necessitava particolari forzature narrative.
Verso la fine, invece, nella disperata ricerca di stupire lo spettatore, assistiamo a un'escalation in cui il protagonista diventa una sorta di Light Yagami dal passato oscuro e misterioso, una sorta di superuomo che mette a punto piani surreali e fa da eminenza grigia, senza mai esporsi in primo piano, ma restando nelle retrovie e facendo ricadere i meriti sugli altri. Mi sta bene, ma se è così, qualche indizio me lo devi dare fin dal primo episodio, così, se voglio, posso 'skippare' in toto la serie, 'droppando' immediatamente in santa pace, e scegliere un'altra pietanza più consona al mio palato.
Non voglio stravolgimenti che cambiano tutto. Non voglio power creep surreali. Situazioni tipo da oggi Capitan Coraggio sa volare immotivate e buttate dentro solo per colpire lo spettatore sono il male assoluto in qualsiasi opera narrativa. Se proprio devo stupirmi, il modo giusto è con l'arguzia di una trama complessa, articolata e priva di forzature, o per la profondità e credibilità dei personaggi. Ma in ogni momento voglio sempre sapere esattamente cosa sto andando a vedere. Dove sto investendo il mio tempo prezioso. Se tu, autore dei miei stivali, fai emergere la cosa negli ultimi tre episodi, la mia sospensione del dubbio va a farsi benedire, e tutto ciò che provo è fastidio per la tua scelta di costringermi a mangiare una pietanza che non è quella che c'era sul menù. Male (9).

Animazioni e disegni
Animazioni e disegni nella media, senza infamia e senza lode. Non ci sono grandi scene d'azione, e quel poco in tal senso è gestito in modo decente. Niente di particolare da segnalare, l'aspetto visivo non è mai stato il fulcro di questo anime.

Comparto sonoro
Anche qui tutto nella norma. Le sigle sono dimenticabilissime e non dicono niente, ma non sono neppure sgradevoli. Il doppiaggio è nella media, con qualche voce migliore e qualcuna peggiore. Il protagonista, in tal senso, non mi ha fatto impazzire, ma non posso neanche dire che sia inascoltabile.

In definitiva
In definitiva, sono piuttosto pentito di aver guardato questa serie. Mi aspettavo una cosa e mi sono trovato a doverne guardare un'altra. Troppe situazioni poco realistiche, sciocche o forzate. Un protagonista che evolve in modo inatteso e sgradevole che ha fortemente condizionato il mio voto. Qualcosa di buono c'è, quindi guarderò anche le serie successive per curiosità, ma con calma e stavolta (spero) con la consapevolezza reale di cosa sto iniziando a guardare, e sperando che l'autore non decida nuovamente di fasi beffe di me, cambiando nuovamente le carte in tavola e stravolgendo tutto in divenire come ha fatto qui.

8.5/10
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«Beastars» è la prima opera serializzata di Paru Itagaki, iniziata nel 2016 si è conclusa, in ventidue volumi, nel 2020. Era stata preceduta da un volume unico, «Beast Complex», raccolta di storie brevi che presenta, in modo ancora frammentario, universo e temi sviluppati poi in questa, pluripremiata, «Beastars».

L’incipit del racconto è l’uccisione di Tem, giovane alpaca e membro del club di teatro, all’interno dell’istituto scolastico Cherryton frequentato dai ragazzi di questa società in cui animali antropomorfi convivono, cercando di ridurre al minimo i problemi della coesistenza fra erbivori e carnivori.

Si tratta di un’opera in cui si intrecciano diversi filoni: il “giallo” da cui parte la storia, il romanzo di formazione del protagonista, la descrizione di questa società e dei suoi problemi. La scelta di ambientare la storia fra animali antropomorfi sembra essere meno pretestuosa che in altre opere: non è un “parlare di un altro mondo, per parlare del nostro” sfruttando gli animali per un effetto buffo; c’è, invece, una sorta di interesse direi quasi “etologico”, un gioco intellettuale del provare a immaginare problemi e soluzioni di una eventuale società di animali antropomorfi, e questo diverte più di quanto si possa pensare inizialmente. Anche nei disegni traspare questo interesse, ad esempio la coda di Legoshi e quelle degli altri canidi sottolineano con precisione le emozioni che provano. Nell'approcciarsi a questa storia c’è da tenere presente che, evidentemente, Paru Itagaki ama spiazzare il lettore: i suoi personaggi sono campioni del pensiero laterale; i loro processi mentali sono spesso inaspettati e contro-intuitivi, eppure non irritano. È molto facile affezionarsi a loro, protagonisti e comprimari. Facile affezionarsi a Legoshi, imponente, timido e generoso, che - dal momento che frequentava lo stesso club di teatro di Tem - vuole capire cosa sia successo e lo vediamo cercare di capire e tentennare, fra impegno fisico e investigazione, con quel tocco di ingenuità che, scopriamo subito, gli è proprio; ancora più facile è affezionarsi a Louis, cervo rosso, stella del club di teatro, presentato come rivale di Legoshi per la conquista della coniglietta Haru e, rapidamente, acquisire uno spessore non da poco, personaggio di una potenza singolare. Riuscita anche Haru, caratterizzata dal coraggio che deriva dal sapersi fisicamente debole. Se la poca esperienza dell’autrice negli ultimi archi si fa sentire, la capacità di creare personaggi decisamente interessanti, intriganti (e spiazzanti) è sicuramente un pregio e su questo non delude: i personaggi sono tanti e ognuno riesce a suscitare interesse, ad avere un suo perché, anche il bighorn Pina, su cui inizialmente avevo molti dubbi.

Un manga che diverte e interroga il lettore, con il gusto di non tralasciare gli angoli meno nobili della vita degli animali (umani e non), i desideri, le ambiguità, la rabbia, anche la follia. Non c’è la volontà di mettere a suo agio il lettore, rimane sempre un piccolo sottofondo di ruvidezza, una visione peculiare che rimane interessante. Il tratto dell’autrice si fa più sicuro con i volumi ed è più efficace che estetizzante, anche a questo tratto è facile affezionarsi.

«Beastars» lo definirei un manga che parte e ti conquista subito, sulla media distanza perde un po’, ma rimane comunque una lettura piacevole fino all’ultimo volume, con un finale leggermente affrettato, ma che non delude.

7.0/10
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Le voci dicono che, imprimendo il segno dei denti su una moneta d’oro (koban), se il vostro odio è sufficientemente profondo, i Revenger porteranno a termine qualsiasi vendetta. E come l’acqua con un mulino, sono proprio queste monete intrise d’odio a far muovere gli eventi in questa serie.

Il protagonista è Kurima Raizo, un samurai al servizio del signore locale Matsumine. Abilissimo nell’arte della spada, gli viene commissionato l’omicidio di Hirata Genshin, padre della sua promessa sposa, accusato di essere coinvolto nel contrabbando di oppio a Nagasaki. Ligio al dovere, Raizo adempie al suo compito, ma scopre ben presto di essere stato solo usato. Ridotto in fin di vita dalle guardie di Matsumine, viene salvato da un gruppo di persone molto particolari che si definiscono factotum della vendetta, guidati da Usui Yuen. In realtà, Hirata Genshin stava indagando lui stesso sul contrabbando e si era rivolto a Yuen nel caso avesse fallito le sue indagini.
Iniziano così le vicende di Raizo, che insieme ai Revenger cercherà i veri responsabili dietro al contrabbando di oppio, per espiare le sue colpe e trovare un modo per far pace con il suo passato.

La ricerca dei responsabili dietro al contrabbando d’oppio e la vendetta nei loro confronti è il filo conduttore dell’intera opera. A questa trama orizzontale, nei primi episodi, si sovrappongono delle trame verticali che in genere si esauriscono in un episodio. Questo è usato come espediente per presentare sia gli effetti negativi della diffusione dell’oppio sia per approfondire i personaggi principali, ma inizialmente il ritmo ne risente leggermente. Tuttavia si riprende bene nella seconda parte, man mano che i Revenger si avvicinano alla verità.

I toni dell'opera sono seri e i temi affrontati impegnativi. Il problema della diffusione dell'oppio era molto spinoso all'epoca, poteva mettere in ginocchio un'intera città, e viene mostrato sotto molti punti di vista (dagli effetti sociali a quelli politici e sanitari).

Sui personaggi ho giudizi contrastanti, non tutti mi hanno convinta completamente.
Il protagonista è ben caratterizzato, ma durante tutta la serie attraversa un percorso di cambiamento e ricerca interiore che gli impedirà di assolvere completamente al suo ruolo di protagonista. Questa mancanza alle volte rallenta un po' il ritmo della storia, ma nella maggior parte dei casi viene colmata da Yuen, che assolve perfettamente al ruolo di cooprotagonista. Usui Yuen è un uomo carismatico e criptico, sempre composto anche nelle situazioni più critiche, ammalia e tiene bene la scena, ma sappiamo poco del suo passato, e questo rende difficoltoso comprendere e accettare il suo fervore religioso.
Di quelli secondari, alcuni sono molto interessanti e particolari, soprattutto Nio, un ragazzino dal passato tutt’altro che facile e con un senso della morale per niente comune, accolto da Yuen tra i Revenger. Altri sono meno convincenti, soprattutto tra i principali antagonisti.

Il finale è coerente e ben reso, forse avrebbe meritato un episodio in più per essere più d’impatto, ma comunque conclude degnamente la serie.

Nel complesso è una buona serie, tiene alta l'attenzione e merita una visione.