Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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L'adolescenza è una tappa cruciale nello sviluppo dell'essere umano, poiché l'individuo comincia ad acquisire una particolare sensibilità alle influenze non solo dell'ambiente familiare, ma anche di quello scolastico e relazionale con il proprio gruppo di pari/amici. Sono proprio tutte queste influenze che consentono all'adolescente di sviluppare dei criteri oggettivi e stabili, attraverso i quali è possibile costruire la propria identità sia dal punto di vista personale che sociale. Non bisogna affatto sottovalutare un periodo delicato come l'adolescenza, in quanto un semplice tassello fuori posto potrebbe non solo sbilanciare lo sviluppo psico-fisiologico e sociale dell'adolescente, ma avere delle ripercussioni negative soprattutto in futuro sia nell'ambito intrapersonale che relazionale.

"Seishun Buta Yarō wa Bunny Girl Senpai no Yume o Minai" mira proprio a descrivere, attraverso delle chiavi di lettura rivisitate in maniera originale, alcuni fenomeni e concettualizzazioni negative che potrebbero manifestarsi nell'adolescente, a seguito della frequentazione di ambienti e individui poco stimolanti e soprattutto oppressivi. La serie non è caratterizzata da un trama univoca e lineare, ma da una serie di brevi archi narrativi fortemente correlati fra loro; ogni arco ha il compito di descrivere e spiegare meticolosamente dei fenomeni che hanno molta probabilità di verificarsi durante l'adolescenza. Questo aspetto viene rivisitato in maniera notevolmente originale, infatti sono rimasto anche molto colpito da come l'autore sia riuscito a mettere in collegamento vicende della vita quotidiana con alcuni interessanti aspetti della fisica (Gatto di Schrödinger, Demone di Laplace, Entanglement quantistico & Loop Temporale). Dalla visione dell'anime è chiaramente emerso che la vita dell'adolescente è più complicata di quanto sembri... soprattutto nell'epoca moderna diviene difficile evitare giudizi e critiche da parte dei ragazzi che popolano il contesto sociale nel quale ci relazioniamo, i social network sono proprio l'esempio perfetto di come questo fenomeno si attui chiaramente. Per quanto un adolescente possa essere auto-efficace, è pur sempre difficile affrontare l'opinione negativa dei nostri coetanei, i quali non solo utilizzano mezzi strumentali e verbali estremamente invasivi, ma compiono tali azioni a livello gruppale e in maniera costante. Dunque l'adolescente entra in una spirale infernale dalla quale diviene quasi impossibile uscire, e ciò naturalmente inficia non solo la relazione che l'individuo stabilisce con sé stesso, ma soprattutto quella posseduta con gli altri.

Tuttavia da tale spirale, sebbene le avversità affrontate, il nostro protagonista, Sakuta, è riuscito ad uscirne vittorioso. Attraverso l'esperienza diretta, Sakuta ha compreso che, in verità, non è affatto necessario conformarsi ai propri simili, per sperare di essere accettato o di diventare popolare e amato da tutti... basta semplicemente avere anche pochissimi amici, i quali però ti sono sempre vicini e non ti abbandonano mai, neanche quando tutti puntano il dito contro di te. Sakuta ha anche realizzato che non c'è la necessità di possedere ad esempio uno smartphone, dunque di essere legato alle tendenze e alla moda imposte dalla nostra società, poiché, come il protagonista stesso afferma nell'anime: "Da qui in avanti mi dovrò scontrare con "l'atmosfera". La stessa atmosfera inerte a tutto. La stessa atmosfera che avvolge questa scuola. È facile vivere assecondando il flusso degli eventi. Stabilire autonomamente cosa è giusto e cosa no richiede un sacco di energie, e c'è sempre il rischio di restare feriti, se si va troppo controcorrente. Per questo, seguire la massa ti conferisce quel senso di sicurezza. Non si è costretti a vedere ciò che non si vuole vedere, non si è costretti a pensare ciò che non si vuole pensare. Lasciamo agli altri la possibilità di pensare a tutto. Ma la logica del "lo fanno tutti" non legittima qualcuno a ferire un'altra persona. Solo perché "lo dicono tutti" o "lo fanno tutti" non significa che sia la cosa giusta da fare...".
Ho preferito citare le parole di Sakuta per far comprendere quanto il protagonista sia tremendamente riflessivo, legato alla tematica e soprattutto consapevole di cosa accade nel proprio ambiente sociale. Non è facile possedere pensieri e modi di fare completamente diversi da quelli degli altri, poiché non solo devi essere abbastanza auto-efficace da far rispettare il tuo modus operandi, ma anche convivere col fatto di essere considerato come un "deviante" dagli altri, semplicemente perché non sei conformato o uniformato alla massa.

Precedentemente ho citato come l'utilizzo di fenomeni strambi e stravaganti abbia dato un tocco di originalità in più alla serie, tuttavia devo anche ammettere che l'arco narrativo di Kaede, sorella minore del protagonista, non è stato sviluppato in maniera sufficientemente credibile. Sebbene l'anime possieda tra i suoi generi il "soprannaturale", ciò non è una giustificazione per distaccarsi in modo eccessivo e insensato dalla realtà. Kaede, soffrendo di un disturbo dissociativo dell'identità, ha perso temporaneamente la memoria e l'evento ha scosso molto il suo ambiente familiare. In modo particolare, la madre, non riuscendo ad accettare la realtà, è caduta malata anch'ella, di conseguenza il marito si è dovuto occupare di lei, abbandonando la figlia al suo destino, riposto nelle mani di Sakuta. Non è umanamente accettabile e sensato che una ragazzina affetta da grave perdita di memoria, causata dal disturbo dissociativo, venga lasciata letteralmente nelle mani del fratello minorenne per ben due anni, senza un minimo intervento delle figure professionali specializzate nel settore. Questo aspetto, coadiuvato da un finale piuttosto sbrigativo, hanno leggermente abbassato il livello della serie. Ovviamente il finale non è mancato di carica emotiva e interesse, tuttavia sono state mescolate troppe vicende insieme, il che ha costretto i produttori a tagliare molto e a centrare subito gli esiti delle varie problematiche.

L'apparato grafico ha svolto correttamente il suo lavoro, le fisionomie dei personaggi sono gradevoli, buoni sia i disegni che le animazioni; le OST non mi sono piaciute particolarmente, mentre ho apprezzato il doppiaggio, soprattutto nei monologhi interiori e nei dialoghi tra il protagonista e Mai, pressoché perfetti e piacevoli da ascoltare/leggere.

Sommariamente, si tratta di un'opera interessante che ha trasmesso uno specifico messaggio: l'adolescenza è una fase fondamentale nei ragazzi, la quale va affrontata anche con l'aiuto dei propri amici e di professionisti specializzati, qualora fosse necessario. Si può apprezzare un protagonista atipico, non stereotipato e soprattutto non legato alla vita mondana e classica condotta dai propri coetanei, il quale è cambiato radicalmente attraverso le esperienze che ha vissuto sulla propria pelle; anche gli altri personaggi hanno ottenuto una caratterizzazione equilibrata, ognuno dei quali incarna una specifica forma attraverso la quale si possono manifestare le problematiche adolescenziali. Peccato per la narrazione poco convincente su Kaede e il finale troppo confusionario, ma tutto sommato si tratta di un'opera completa, che consiglio vivamente di guardare, perché merita tantissimo sia per le tematiche che per i personaggi in generale. Aspetto con piacere l'uscita del film anno prossimo!

Il mio voto finale è 8.

8.0/10
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E’ ancora possibile riscontrare l’amore puro, quasi platonico, un sentimento genuino e sincero nato quasi per caso e coltivato con calma nel tempo, ai giorni nostri dove i ritmi di vita sono frenetici, gli impegni stressanti si susseguono uno dietro l’altro e i social network ci fanno comunicare col mondo intero mentre ci allontanano da chi ci circonda? E’ ciò che prova a chiedersi e a rappresentare “Tsukigakirei”, anime di genere shojo, romantico e di ambientazione scolastica andato in onda in Giappone nella stagione primaverile 2017 e distribuito in streaming nel mondo, Italia compresa, dalla piattaforma Crunchyroll.

Prodotto dallo studio Feel, “Tsukigakirei” (che letteralmente significa “La luna è bella” e presenta il sottotitolo inglese “as the moon, so beautiful”) è un’opera originale, ripartita in dodici episodi, scritta da Yūko Kakihara, sceneggiatrice che si è occupata di un altro recente anime a indirizzo sentimentale di successo come “Orange” ma anche di una delle perle dell’animazione giapponese recente come “Showa Genroku Rakugo Shinju”, e diretta da Seiji Kishi.

Avviso che nel continuare la recensione citerò qualche spoiler sulla trama che mi risulta difficile eliminare per fornire un’analisi completa. Protagonisti della storia sono Kotarou Azumi e Akane Mizuno, due quindicenni all’ultimo anno delle scuole medie che si ritrovano per la prima volta compagni di classe; lui è un ragazzo timido, poco appariscente, aspirante scrittore e grande appassionato di letteratura giapponese e in particolar modo di scrittori come Soseki e Dazai, mentre lei è una ragazza altrettanto timida, dall’aspetto semplice ma gradevole, frequenta il club di atletica leggera dove ama molto correre e le gare di sprint in cui riesce ad esprimersi liberamente senza i conformismi della vita sociale che invece la mettono in grande difficoltà. Incontratisi casualmente, i due cominciano, tra mille difficoltà legate al loro carattere molto introverso, un rapporto basato soprattutto su un continuo scambio di messaggi istantanei tramite smartphone, che li porterà alla lunga a scoprirsi reciprocamente innamorati e ad instaurare una relazione fissa.

Un incipit che va da sé non risulta molto originale, vuoi per i protagonisti adolescenti, l’ambientazione scolastica, il carattere estremamente timido: a un primo aspetto “Tsukigakirei” si presenta come uno shojo classico con tutti i capisaldi del genere e che ha forse nell’elemento della messaggistica istantanea e dei social network la principale novità, a innervare una base dove la cara vecchia lettera lasciata nell’armadietto delle scarpe fatica ormai a trovare posto come un tempo. Eppure nell’evoluzione della storia e del rapporto tra Kotarou e Akane ho notato un aspetto che differenzia leggermente “Tsukigakirei” dagli altri anime del genere: il loro amore è praticamente assoluto! Una volta dichiaratisi, infatti, i due instaurano una relazione dalle fondamenta solidissime che non vacilla mai, se non in sporadici episodi dovuti a immotivata gelosia e che comunque si risolvono sempre nell’arco di una singola puntata. Invero, pur presentando personaggi che manifestano nel corso degli eventi un interesse sentimentale più o meno velato nei confronti dei protagonisti, questi ultimi non deviano mai dal loro percorso, togliendo alla storia quelle vicende dettate da invidie, gelosie e terzi incomodi improvvisati che di solito arricchiscono la trama di opere simili e contribuiscono alla costruzione del finale più o meno lieto che lo spettatore si immagina di vedere. Questo perché “Tsukigakirei” si pone come obiettivo evidentemente quello di raccontare come nasce e matura un amore semplice e innocente capace di scontrarsi e uscire vincitore contro le convinzioni precostituite della società, un sentimento capace di provare a indirizzare già il percorso di vita che i ragazzi si apprestano a cominciare dopo il loro ciclo scolastico e che appare inverosimile se rapportato alla realtà odierna, ma che proprio su questo fonda il suo fascino quasi favolistico che finisce per attrarre inevitabilmente il pubblico appassionato dell’argomento. Solo apprezzando aspetti simili infatti è possibile sostenere i ritmi estremamente lenti attraverso i quali “Tsukigakirei” dipana la poco ingarbugliata matassa della sua storia: Akane e Kotarou infatti edificano la loro relazione su lunghi silenzi imbarazzati, monosillabi e frasi ridotte all’osso, non è difficile vederli seduti di fianco o uno di fronte all’altro per minuti interi senza che si avvicinino o provino a instaurare un dialogo che vada oltre classiche frasi di circostanza legate soprattutto agli eventi del momento. Se da un lato questo enfatizza la dolcezza del loro rapporto unita alla giovane e delicata età che non li vede più bambini ma neanche adulti, dall’altro ciò costringe a concentrare gran parte dell’attenzione su di loro, finendo per penalizzare i personaggi secondari e di contorno che, probabilmente per accentuare ulteriormente la peculiarità delle personalità e del legame tra Kotarou e Akane, sono tutti molto più attivi e spigliati dei protagonisti, e molto più capaci nel gestire i loro rapporti affettivi.

Per quanto riguarda gli aspetti tecnici, “Tsukigakirei” regala sensazioni contrastanti, soprattutto nel comparto grafico e un po’ meno in quello sonoro. Il charachter design della serie è stato affidato a Kazuki Morita, che ha ripreso quello originale del disegnatore Loundraw e risulta nel complesso piacevole, molto semplice ma anche affascinante grazie a un effetto grafico simile a un alone luminoso che avvolge costantemente i personaggi e li aiuta a risaltare ancora meglio sugli sfondi, anche questi realizzati piuttosto bene, soprattutto quando riproducono la parte antica e legata al culto shintoista di Kawagoe, la città in cui è ambientata la serie. Dove viene meno invece è nelle animazioni poco fluide, ma in particolar modo in quelle realizzate in CGI, che sono davvero inguardabili, soprattutto le riprese a campo largo dove vengono inquadrati molti personaggi facenti da comparsa e ricostruiti talmente male da sembrare manichini in movimento; in questi casi il confronto con la tecnica tradizionale, utilizzata invece per riprodurre i protagonisti, è decisamente impietoso. Se la cava sicuramente meglio il comparto sonoro, in particolar modo nella colonna sonora e nel binomio opening/ending, un po’ meno nel doppiaggio originale. Prodotte dalla Flying Dog, le musiche sono opera di Takuro Iga, niente di straordinario ma più che adatte col loro ritmo lento e pacato ad accompagnare le scene della serie che vengono esaltate, nei loro momenti più importanti, da brani cantati che risultano efficaci e suggestivi; molto belle anche le due canzoni che fanno da opening ed ending, “Ima Koko” e ”Tsukigakirei”, entrambe eseguite dalla cantante e doppiatrice Nao Toyama, che ha anche un ruolo nella serie, dove doppia la professoressa della classe dei due protagonisti. L’opening in particolare gode anche di un video in complemento decisamente ben fatto che, nei primi sei episodi, segue uno schema preciso che mischia vedute delle ambientazioni della serie sotto una fitta caduta di petali di ciliegio in fioritura, immagini live action sfocate del festival di Kawagoe (un evento che compare anche nella serie) e solo in ultima parte immagini dei protagonisti sempre diverse, perché riprese dall’episodio che ci si appresta a guardare, lasciando nel complesso un impressione molto affascinante; nei restanti sei episodi invece la canzone resta la medesima, ma il video viene sostituito da uno più classico che presenta quasi solo i due protagonisti impegnati nelle loro attività quotidiane. Non subisce modifiche invece la ending dal carattere romantico ed evocativo, che su una base musicale molto dolce propone un video piuttosto semplice ma bello da vedere, coi due protagonisti inquadrati di spalle che osservano lo scorrere delle stagioni, il tutto realizzato con colori pastello dai toni molto soffusi. Non posso definirmi altrettanto soddisfatto del doppiaggio, invece, che ho trovato un po’ monocorde e poco espressivo, ma penso sia dovuto soprattutto all’indirizzo dato alla serie, che raramente regala scossoni emotivi in grado di esaltare le capacità vocali di un bravo doppiatore/doppiatrice. Anche per questo probabilmente chi mi è rimasto più impresso è Eishin Fudemura, che ha doppiato un compagno di classe di Kotarou, Roman Yamashina, personaggio molto scanzonato dal carattere vivace e disinvolto che in più di un’occasione regala un tocco di esuberanza all’intera scena nella quale è coinvolto.

Una nota di merito che devo riportare per la produzione di quest’anime infine è la scelta vincente di chiudere quasi ogni episodio con una serie di extra/bonus nella forma di video umoristici molto brevi, non più di quindici-venti secondi, che mostrano gli altri personaggi della serie alle prese con le rispettive relazioni o con i propri desideri più intimi; a conti fatti, molti di loro trovano soprattutto in questi extra una loro dignità all’interno della serie, regalando allo spettatore momenti molto divertenti che risultano essere spesso il tocco di brio principale dell’intero episodio. In particolare cito i miei due preferiti, che sono incentrati sulla strana coppia Miu/Inaba, due ragazzi amici dei protagonisti che stanno insieme sì... ma forse no, visto che lui lo crede ciecamente, mentre lei più di una volta esprime perplessità al riguardo, e il tormentato rapporto tra la professoressa Ryoko Sonoda e il sopracitato studente Roman, dove lei è completamente infatuata del ragazzo, ma non trova il coraggio di farsi avanti, data la differenza di età e il suo ruolo nella scuola.

Alla luce di queste considerazioni è lecito chiedersi se è opportuno provare a guardare “Tsukigakirei”. Personalmente consiglierei di sì, nel complesso l’ho trovata una serie molto piacevole, tenera e romantica, sicuramente con un ritmo decisamente lento, ma che raramente annoia se ci si fa prendere dalla storia; le vicende di Kotarou e Akane agli occhi di un adulto possono sembrare quasi grottesche con le loro banali difficoltà, ma è nell’essere rapportate a quell’età, e alla cultura giapponese, che trovano un significato e un fascino che può coinvolgere lo spettatore nella visione. Chiaramente la sconsiglierei a chi non ama le storie d’amore poco movimentate e scontate, o gli anime dal passo molto lento e una narrazione troppo semplice, fermo restando che sono dell’idea che bisogna sempre provare qualcosa prima di rifiutarla a prescindere.
“Tsukigakirei” non passerà alla storia come l’anime meglio realizzato o dalla vicenda romantica più coinvolgente, ma non inganna mai il proprio pubblico, racconta la sua bella storia e resta coerente con sé stesso fino alla fine, con una conclusione che riesce a coniugare opportunamente favola e realismo.

6.5/10
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Touch e' arrivato in Italia nella sua versione animata a fine anni '80 con il nome di "Prendi il mondo e vai"; all'epoca ero bambino e preferivo le serie robotiche ma mi chiedevo cosa potesse piacere di una serie col nome cosi' strano. Tuttavia Touch e' un'opera di grandissima popolarita' in Giappone e viene considerato il manga piu' famoso di Mitsuru Adachi. Ho deciso quindi di provare a leggerlo a quasi 30 anni di distanza per cercare di capire finalmente il motivo di questo successo.
Ho trovato il punto di forza principale la capacita' di descrivere in modo semplice ed efficace la normalita' della vita degli adolescenti, richiamando i sogni e le difficolta' che essi devono superare per farli avverare, dalle verifiche scolastiche, alle prime cotte amorose, fino ad arrivare al famigerato koushien, il cui desiderio di vittoria diventa la forza trainante di tutta l'opera. Si riscontra anche il tentativo di infondere una componente morale nello svolgimento degli eventi, soprattutto nella parte finale del manga.
Tuttavia, pur risultando complessivamente godibile, Touch e' un manga che risente dei difetti classici delle opere di successo che fanno da traino e punto di riferimento della rivista settimanale su cui vengono pubblicati (nel caso di Touch si tratta di Shounen Sunday). La necessita di dover estendere la durata dell'opera per motivi editoriali ha portato l'autore a dover riutilizzare ciclicamente alcuni espedienti narrativi, come il tema del triangolo amoroso o della rivalita' tra fratelli, lasciando nel lettore quell'inevitabile retrogusto da minestra riscaldata. Inoltre questa necessita' di dover allungare il brodo si riscontra anche in alcuni capitoli filler di stampo comico ma totalmente fuori contesto, con l'inclusione di alcuni personaggi francamente poco credibili in un contesto realistico come questo, o nell'utilizzo di tavole in cui viene disegnata con un taglio palesemente voyeristico la protagonista intenta negli allenamenti di ginnastica ritmica (va sottilineato che Touch e' uscito nel periodo di massima diffusione del fenomeno Lolicon).
Tuttavia, e' secondo me nella descrizione delle partite di baseball che Adachi tira fuori il meglio, sceneggiando in maniera avvincente le fasi cruciali in cui vengono fuori tutte le emozioni dei personaggi. Inoltre l'autore inserisce una componente fortemente innovativa per quel che riguarda i manga sportivi che fino ad allora erano dominati dal fattore "spokon", termine con cui si vuole simboleggiare la determinazione e lo spirito di sacrificio, tradotti poi in allenamenti massacranti, che i campioni devono infondere per primeggiare nello sport. Adachi ribalta completamente questo aspetto disegnando un protagonista, Tatsuya, che scopre il proprio talento quasi per caso, e che maturera' la determinazione per la vittoria e la sua competitivita' solo col passare del tempo. Inoltre manca in questa opera l'utilizzo di una tecnica segreta, come i superlanci messi appunto da Tommy in Tommy, la stella dei Giants, ed e' sempre sul talento naturale che si sviluppera' la forza del protagonista. Ritengo che l'inversione del fattore spokon sia il vero aspetto innovativo dell'opera rappresentando la volonta' degli adolescenti giapponesi di vivere la vita in maniera piu' spensierata fuggendo dallo stress di dover primeggiare a tutti i costi.
L'opera delude fortemente sul piano grafico. Sebbene ci troviamo di fronte ad un character design molto personale, vero marchio di fabbrica di Adachi sono le orecchie a sventola del protagonista maschile, colpiscono negativamente la scarsita' di dettagli, l'utilizzo di foto per i fondali, e l'ostinazione verso il chiaroscuro con la quasi totale assenza dei retini. Mi e' venuto il sospetto che anche le scene d'azione sia o state ricopiate da fotografie. Il risultato e' che il lettore tende a scorrere velocemente le vignette anche nei momenti piu' profondi e intensi, e cio' non fa che mettere in risalto i difetti evidenziati in precedenza che portano il giudizio finale su Touch come un'opera godibile, emozionante a tratti, ma eccessivamente prolissa a causa dell'elevato filleraggio.
Non so se ne consiglierei a tutti la lettura ma immagino che possa coinvolgere parecchio un adolescente, sia maschio che femmina, per una lettura sul treno o autobus nel tragitto che lo porta a scuola.