Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

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"Darling in the Franxx" è un anime del 2018 coprodotto dagli studi Trigger e A-1 Pictures e diretto da Atsushi Nishigori, già regista di "The Idolm@aster".

La serie si svolge in un prossimo futuro in cui la Terra è ricoperta quasi interamente da deserti e gli esseri umani si sono rifugiati in strutture denominate Plantation. All'interno di queste fortezze l'umanità è divisa in Adulti e Bambini: questi ultimi vengono addestrati fin dalla nascita per pilotare dei giganteschi robot denominati Franxx e distruggere delle forme di vita sconosciute, gli Stridiosauri. Protagonista della storia è Hiro, un ragazzo che, nonostante i vari tentativi, non riesce a pilotare i Franxx come dovrebbe. La sua vita cambierà dopo l’incontro con Zero Two, una misteriosa ragazza con due corni rossi.

Ho sentito parlare così tanto di quest’anime che ho deciso di verificare con i miei occhi quale delle due voci, l’una che lo classificava come capolavoro degli ultimi anni, e l’altra che invece lo considerava la solita ’commercialata’ priva di spessore, fosse la più veritiera.
Dato che sono una persona abbastanza scettica, ho iniziato la visione senza molte aspettative: i primi episodi, difatti, presentavano poche novità e si svolgevano in maniera abbastanza impostata e prevedibile. La prevedibilità, e quindi la sensazione che i vari sviluppi si susseguissero senza alcun elemento che potesse sorprendere lo spettatore, è una costante che ha accompagnato “Darling in the Franxx” per tutta la sua durata.
Tuttavia, nonostante certe banalità, la serie è stata capace di coinvolgermi grazie alla maniera, semplice e genuina, con cui sono state affrontate alcune tematiche: la sessualità e la scoperta dell’altro, il bisogno di essere utili a qualcuno e il desiderio di farsi notare dagli Adulti, la necessità di trovare risposte a domande che nessuno vuole ascoltare o l’incertezza che si prova nei confronti di un futuro che è stato deciso da qualcun altro per noi. Quindi, nonostante lo sviluppo della trama principale fosse abbastanza lineare, le varie sotto-trame presenti nella prima parte della serie sono state in grado di offrire una visione più che valida.
Un vero peccato, dunque, che l’anime si sia affossato completamente alle ultime battute con un finale confusionario e campato in aria: è vero, ho chiesto io qualcosa che andasse oltre il compitino da svolgere per bene, ma quel che ci è stato propinato è davvero improponibile. E a quanto pare alcuni sviluppi non possono essere considerati neanche originali, date le tante voci che parlano di plagio a anime quali “Gunbuster” o “Gurren Lagann”, che purtroppo non ho visto. L’unica serie a cui “Darling in the Franxx” è spesso associato e che io ho visionato è “Neon Genesis Evangelion”, e anche qui non posso negare di aver avuto di tanto in tanto allucinanti déjà vu. Per fortuna la conclusione non è completamente da buttare, dato che quello che succede dopo la “battaglia finale” continua ad affrontare in maniera gradevole le suddette tematiche da me apprezzate.

Per quanto riguarda i personaggi, all’inizio non c’è stato nessuno che mi avesse folgorato: anche la bellissima Zero Two, adorata da tutti fin dal principio, mi sembrava un personaggio già visto altrove. Con il passare del tempo, però, ho avuto modo di affezionarmi ai vari comprimari, Goro e Ichigo fra tutti. Questa coppia di Parasite, infatti, è stata una delle poche a dimostrare di avere carattere da vendere fino alla fine della serie. Quanto agli altri, invece, penso sia stato svolto un lavoro discreto, anche se avrei preferito un approfondimento più adeguato per alcuni di essi. Colui che invece non mi ha proprio convinto è il protagonista, che sembra aver perso tutto il fascino che possedeva da bambino. La sua relazione con Zero Two, inoltre, dall’essere un legame che colpisce il cuore dello spettatore con la sua occasionale dolcezza, si tramuta in qualcosa di nauseante per via dei continui baci e degli improbabili sviluppi che non fanno che ribadire “quanto l’amore sia forte e vinca su ogni cosa”.

Passando al comparto tecnico, non posso che esprimere il mio apprezzamento per l’inconfondibile character design realizzato da Masayoshi Tanaka, reso nell’anime attraverso disegni che mantengono una buona qualità per tutta la durata della serie. Ma ciò che stupisce di più sono le animazioni, capaci di regalarci scene meravigliose sia nei momenti slice of life che durante le varie battaglie. Quanto al mecha design, premetto di non essere ferrata sul genere: detto questo, trovo che i robot abbiano uno stile decisamente originale e particolare, sebbene qualcuno ne critichi spesso l’eccessiva “moeizzazione”.
Sul lato sonoro, le OST svolgono per bene il loro compito, anche se non ci ho trovato niente di davvero clamoroso, escluse due o tre tracce. Per quanto riguarda le sigle, invece, ho adorato l’opening “Kiss of Death” cantata da Mika Nakashima (già interprete di Nana Osaki e delle sue canzoni nel famoso live action) e la prima ending “Torigako” eseguita dal gruppo XX:me.

In conclusione, pur non aspettandomi niente da “Darling in the Franxx”, ho trovato una serie che ha saputo coinvolgermi e appassionarmi grazie alle sue tematiche e ai suoi personaggi. Peccato che la storia, tralasciando qualche flashback e sviluppo interessante, sia stata spesso prevedibile e si sia quasi del tutto rovinata con un finale un po’ confusionario e forzato. La vera punta di diamante è rappresentata dalle animazioni. Voto: 7.

5.0/10
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È doverosamente necessario premettere che, se ho deciso di avvicinarmi al brand di "Macross", e quindi di vedermi anche la serie "Delta", è stato senza dubbio merito di "Macross Frontier", opera dall'aura e dalla fama ormai mitica, che rifulge anche da un passato vicino, e allo stesso tempo lontano, in cui le opere non erano tanto facilmente "streamate" ai quattro venti ("Macross" comunque non lo è mai stato, per molte ragioni anche di campanilismo nipponico). Questo per dire che comunque "Delta", giungendo a ben otto anni di distanza dal suo predecessore, portava con sé un'eredità di aspettative abbastanza pesante e anche rischiosa da gestire.
Per il pubblico, e magari anche per me medesimo, c'era quindi il sotterraneo desiderio, o magari la speranza, di trovarsi di fronte a un nuovo "Frontier". Tale preambolo è anche necessario per dire che, se "Macross Delta" non è un'opera riuscita bene, perlomeno dovrebbe godere delle circostanze attenuanti.

Se comunque si insiste sull'eredità di "Frontier", è per dire che un nuovo "Macross" non è solo un semplice anime, ma deve anche rappresentare un espressione del cosiddetto "Cool-Japan" attraverso un ben commisurato mix di musica, sentimento, battaglie e robot che, equilibrando le varie parti, sappia anche farle esaltare a vicenda.
Le premesse per un buon lavoro parevano esserci tutte, almeno dal primo episodio: a partire dall'incontro tra lo scapestrato scaricatore Hayate e la giovine clandestina Freyja, si mettono in modo una serie di eventi che sfociano poi in una grave situazione di crisi sul pianeta di Al-Shahal e, proprio durante tale crisi, si arriva al primo scontro armato in cui vediamo in scena per la prima volta le Walkure, il gruppo delle "dive del canto" a cui è affidata la parte delle battaglie musicali di questa serie (e di cui poi farà parte anche Freyja). Gran crescendo di azione e musica fino al climax che chiude la prima puntata. Successivamente Hayate entrerà a far parte della Xaos, la compagnia mercenaria che si avvale delle Walkure, e quindi sarà sul campo di battaglia con la sua nuova amica.

Forse il primo episodio ha per un po' aiutato la serie a "campare di rendita", ma comunque, almeno per la prima decina di puntate, la serie regge abbastanza bene, offrendo almeno qualche altro momento importante. Il problema principale è che, passata la metà della serie, si inizia a entrare in un momento di prolungata stasi, in cui la storia procede per inerzia, senza che avvenga veramente nulla di decisivo.
Un altro punto dolente riguarda, ahimè, la parte musicale. Si era detto che in un "Macross" la componente delle canzoni dovrebbe ben armonizzarsi ed esaltare tutto il resto, cosa che in "Frontier" si realizzava in modo quasi perfetto. In "Delta" invece si ha come l'impressione che da un lato sia stato pensato l'anime, e dall'altro sia stato messo su un gruppo pop di idol da metterci in mezzo, tanto è un "Macross", e quindi i dischi si venderanno lo stesso. Mal gliene incolse, perché le Walkure saranno anche brave a cantare, ma con la serie anime si sposano fino a un certo punto. Quasi non si sposano per niente, quando accompagnano le scene di battaglia. Difetto mortale per un "Macross".
Altra problematica decisiva riguarda il cast dei personaggi. Duole dirlo, ma non ci sono grandi personalità nello stesso: il protagonista Hayate ha il carisma di un ceppo di cicoria, del resto lo ha al posto dei capelli a giudicare dalla pettinatura; Freyja è solo una contadinella svampita con la fissa delle mele e la musica, e infatti glielo rinfacciano a più riprese; Mirage sarebbe anche una bella ragazza con un minimo di personalità, ma è destinata a fare da tappezzeria in tutti i sensi; Mikumo è la femme fatale di turno, dovrebbe essere la nuova Sheryl, ma, a conti fatti, rimarrà una figura misteriosa che 'a tiene sole 'issa; Makina e Reina delle Walkure sono solo l'allegra coppia lesbica di turno e con poco spessore (a parte il davanzale di Makina); il comandante Arad sarebbe anche un tipo virile e con potenziale, ma anche lui non sfonderà più di tanto; il ragnano Chuck e la leader Kaname non sono giudicabili; i nemici Keith e Roid sono soltanto dei bellimbusti messi lì penso solo per stuzzicare le fantasie delle eventuali fangirl che passano di lì, non certo per comandare i patetici Cavalieri dell'Aria o magari fare da balia all'inqualificabile regnante canterino Heinz.

Con tutte queste problematiche, quando il numero di episodi che rimangono comincia ad essere basso, si capisce bene che la serie sia arrivando corta, ma molto corta, alla conclusione. E infatti tutto culmina in un ultimo episodio frettoloso, quasi raffazzonato, che forza lo svolgimento del finale in fretta e furia, mentre sarebbe servito almeno un episodio in più per chiudere tutto in modo decoroso. Altra aggravante è il fatto di aver messo come accompagnamento della battaglia i due brani da vetrina delle Walkure, che ci stavano come i cavoli a merenda, senza neanche considerare di riprendere "Ikenai Borderline" che aveva ben figurato nel primo episodio.

Insomma, io non sono solito sposare il luogo comune che un sequel sia necessariamente peggiore del predecessore, ma, a parte che "Delta" non è proprio un seguito di "Frontier", per rendere giustizia a quest'ultimo, "Delta" sarebbe dovuto riuscire in modo migliore di quanto è risultato alla fine.
E poi, se mi è concesso, Hayate è un cretino: quando una come Mirage ti cade ai piedi... Insomma... E andiamo, su!

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Reduce da una lettura fenomenale come "Narutaru", ho comprato a scatola chiusa i volumi di Bokurano - Il nostro gioco, dello splendido Mohiro Kitoh. Di questo autore ho letto anche "Le ali di Vendemiaire" e "Piccole storie" e ogni volta mi sorprendevo della potenza narrativa di questo incredibile a amabile autore. Quindi non poteva mancare Bokurano, tra l'altro così lodato e ben recensito.

Ma ahimè, è stata a mio parere una delusione terribile. La trama è semplice: quindici ragazzi nel pieno di una vacanza estiva entrano in una misteriosa grotta e trovano una sala piena di computer. All'improvviso un uomo che si presenta col nome di Kokopelli li sorprende e propone loro un contratto. Parteciperanno a un gioco; un gioco che promette di essere divertente… all'inizio. Ogni ragazzo dovrà combattere all’interno di un robot alto 500 metri che piloterà con la propria forza vitale. Per tutti è un'esperienza incredibile ed entusiasmante, quindi tutti a parte uno firmano il contratto. Il robot dovrà sfidare un nemico (per ogni nemico, un solo pilota tra i ragazzi potrà governare il robot) e la regola sarà di abbatterlo. Se non si vince, il nemico distruggerà il pianeta Terra.
Tutto sembra esaltante, come un videogioco, peccato che Kokopelli non abbia detto loro che alla fine della missione, il pilota morirà perchè il robot ha assorbito tutta la sua energia vitale. Al prossimo nemico toccherà ad un altro pilota tra i ragazzi la stessa tragica sorte.
Quasi ad ogni episodio entra in scena una nuova battaglia e nell'attesa si narra la storia personale del pilota di turno. Ogni ragazzino/pilota è diverso dall'altro, con emozioni positive, o negative. Figli di persone importanti o gente comune, onesti lavoratori... È un miscuglio eterogeneo di personalità più o meno legate tra loro. E le reazioni dei personaggi sono realistiche, coerenti con le rispettive personalità.

Viste le premesse e lo stile crudo di Mohiro Kitoh, non mi aspettavo certo di trovare eroi tredicenni disposti a sacrificarsi per il bene comune.
Tuttavia non mi è riuscito minimamente di provare empatia con questi ragazzini condannati a tradimento a morte certa. Si perchè loro hanno firmato un contratto inconsapevoli di ciò che li attendeva. Non riuscivo ad immedesimarmi con il loro stato di morte imminente.
Le vicende che precedono la battaglia sono molto diverse e vengono trattati diversi temi, molti riflessivi, altri commoventi. Ma alla fine tutti dovranno morire dopo il conflitto in cui vinceranno. Se si rifiutassero di lottare il nemico distruggerebbe il pianeta Terra. Ma tutto ciò non è bastato a farmi apprezzare la serie. Non sono andata oltre il volume 5.

La Star Comics aveva all'epoca investito in una collana di qualità, con un formato più grande, costoso. Ma fu un flop. Le vendite calarono e la serie fu interrotta al volume 6 degli 11 totali. Francamente ora capisco il perchè.
Mi spiace dirlo ma davvero non mi capacito di come venga nominato un capolavoro. Per me questo manga è stata un'agonia dall'inizio alla fine. Non ho legato con nessun personaggio. Per molti Narutaru è stato più sadico, violento e non equilibrato come Bokurano.
Certo è molto diverso da Narutaru dove, è vero, la violenza è un elemento pulsante, ma i personaggi principali, Shiina e Akira Sakura, erano molto empatici, legavi subito con loro, e mi ci hanno portato gradualmente in quel vortice pazzesco, rendendo la lettura più interessante.
Qui non ho trovato nulla di davvero stimolante o emozionante come nelle altre opere del maestro. Il mio voto di 4.5 si riferisce alla trama, davvero poco accattivante e troppo angosciante.