Le voci delle seiyuu a volte non vi sembrano troppo squillanti? Sicuramente, ma perlopiù non viene visto come questo grave problema, ci sono seiyuu che sono entrate nella storia riuscendo a modulare al meglio la propria voce. La loro voce è il loro mestiere e la stragrande maggior parte di loro riescono a ricreare perfettamente i personaggi coi quali lavorano, alcuni ruoli richiedono il dover magari sottolineare il distacco tra realtà e finzione partendo già dalla voce.

Non possono piacere a tutti, ovvio. Ma c'è qualcuno che ha un parere più duro di altri. Come ad esempio Hiroshi Mori, scrittore ed ingegnere 61enne che gode di gran fama e rispetto sul suolo nazionale e non solo, che non riesce proprio ad apprezzare gli anime. Difatti uno dei suoi ultimi post nel suo blog hanno fatto abbastanza discutere:

"Ho sentito che l'animazione giapponese è largamente apprezzata internazionalmente ma ci sono proprio suoi elementi che non riesco a farmi mandare giù: il doppiaggio. Il modo di parlare, la recitazione così eccessivamente pregna di carica emozionale che mi fa chiedere se sto vedendo un'opera kabuki, un film dei samurai o uno show televisivo, non è così che a mio avviso parlano le persone vere. Urlano troppo, la loro voce trema troppo, il loro respiro è troppo intenso".
 
Aya Hirano
Un esempio di seiyuu particolarmente capaci: Tomokazu Sugita, Minori Chihara, Aya HiranoYūko Gotō, Daisuke Ono

Le riflessioni di Mori sono tanto discutibili quanto, allo stesso tempo, comprensibili. Il timore che una recitazione simile possa portare lo spettatore a non sentirsi immerso nell'opera, per quanto sia un problema più per gli spettatori giapponesi che per quelli internazionali non avvezzi a sentire i giapponesi parlare "normalmente" quotidianamente, è possibile dato che senza dubbio si toccano spesso corde più vicine a vari sceneggiati che alla vita reale... ma del resto gli anime non sono anche questo? Non è anche questo ad averli resi così amati e popolari in tutto il mondo? La gente non vuole sempre un riflesso fedele della realtà. Ma Mori pare non riesca bene a comprendere cosa porti noi stranieri a vedere gli anime:

"Credo che loro vedano gli anime nello stesso modo in cui vedrebbero un'opera kabuki, è una cultura aliena per loro e se riescono a sentire del coinvolgimento diventano dei fan". Lo scrittore non apprezza in realtà nemmeno l'aspetto visivo, nonostante a liceo facesse parte in un club che faceva doujinshi (fumetti autoprodotti) a suo avviso una volta che le illustrazioni "prendono vita" il lettore perde la possibilità di visualizzare i movimenti e le scene, al contrario dell'esperienza che ti offrono i libri, perché: "Guardando gli anime mi pare di osservare umani con maschere manga addosso".

Che sia un semplice gap generazionale? Che sia la vecchissima diatriba (e, permettetemi, inutile) libri contro manga? Vi può essere però del vero sul fondo delle sue dichiarazioni, quali sono i vostri pareri?

Fonte Consultata:
SoraNews24