Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

9.0/10
-

"Fune wo amu" è un anime breve, di soli undici episodi, e veramente piacevole: ero un po’ indecisa su quanto avrei potuto apprezzare un’opera sulla realizzazione di un vocabolario giapponese, occupandomi di scienza e non di lettere e non conoscendo la lingua giapponese, ma già al termine del primo episodio mi ero convinta di aver trovato una serie di mio gusto!

La storia, narrata in maniera molto “adulta”, è semplice: il protagonista, Mitsuya Majime, lavora nel reparto vendite di una casa editrice; lui è ingenuo, ha serie difficoltà a comunicare con le persone e ha un grande amore per le parole e per il loro ruolo nell’aiutare le persone a comprendersi. Verrà quindi “arruolato” dal responsabile della sezione dizionari della sua azienda per il progetto di un nuovo dizionario: il “Daitokai”.

La storia narrata nell’anime è proprio quella della realizzazione di quest’opera: ci verrà raccontato qualcosa della vita di ogni persona che partecipa al progetto, ma senza mai perdere di vista il “Daitokai”: e questa centralità è uno degli aspetti che ho maggiormente apprezzato. A rendere scorrevole una storia che poteva facilmente scivolare nel ripetitivo concorrono i bei personaggi: sono pochi ma ben caratterizzati e piacevoli, e supportano il nostro protagonista con capacità e affetto. Di particolare impatto è il collega Nishioka: estroverso e diversissimo da Majime, che si dimostrerà valentissimo collaboratore, ottima persona e grande amico per il protagonista. Altro bellissimo personaggio è il professor Matsumoto: pacato, sorridente e saggio: impossibile non amarlo!

Molto curate le ambientazioni: sia gli esterni, che mostrano i diversi aspetti di una città come Tōkyō, che gli interni: ogni stanza mostrata rispecchia il carattere e le abitudini degli occupanti, su tutte la stanza di Majime, stracolma di libri. Ho l’impressione che sia stato inserito una sorta di piacevolissimo “fanservice” per gattofili: in più di un episodio i simpatici felini sono ritratti con cura e strappano sorrisi. Anche il modo particolare con cui sono stati disegnati gli occhi dei personaggi, l’ho trovato di grande impatto.

Secondo me si tratta di una serie veramente meritevole di una visione, anche se non si è filologi: poca azione ma tante piccole e grandi verità sulle persone, sulle difficoltà comunicative, sui rapporti umani nei luoghi di lavoro e sulla libertà di pensiero.

8.5/10
-

“Bakuman” è un anime di venticinque episodi prodotto nel 2010 dallo studio J.C. Staff e basato sull’omonimo manga scritto da Tsugumi Ohba e illustrato da Takeshi Obata.

Notando la sua particolare abilità nel disegno, Akito Takagi chiede a Moritaka Mashiro di diventare un mangaka assieme a lui. Il ragazzo, dapprima restio, accetta la proposta quando si scambia una promessa con Miho Azuki, la ragazza di cui da sempre è innamorato: quando il loro manga sarà diventato un anime e Miho ne doppierà l’eroina, allora i due si sposeranno. Moritaka e Takagi, soprannominati rispettivamente Saiko e Shujin, cominciano così a fare squadra comune per realizzare i loro sogni.

Dato che il fulcro dell’anime è una professione che ho sempre ammirato da quando ho scoperto i manga e gli anime, non potevo non crearmi delle aspettative prima di iniziare la visione di “Bakuman”. Per fortuna, quest’ultimo non le ha affatto tradite.
Un punto di forza della serie in questione è rappresentato dalle varie dinamiche, che molti ignorano, che portano alla realizzazione di un fumetto giapponese e che qui vengono trattate con minuzia di dettagli. Più che concentrarsi sui vari materiali e tecniche utilizzati (di cui si parla solo nei primi episodi), l’opera racconta del lungo ed estenuante percorso da intraprendere per ottenere una serializzazione su una determinata rivista. Ecco quindi che l’anime, tra tavole ridisegnate più e più volte, valanghe di idee scartate e accettate, concorsi, successi e fallimenti, riesce ad appassionare e a coinvolgere lo spettatore. Dopo qualche risvolto un po’ surreale, l’opera si dimostra estremamente realistica, e tutte le varie puntate risultano interessanti e accattivanti, grazie alle esaurienti spiegazioni che ci aprono le quinte del mondo dell’editoria, con i suoi complicati e, a volte, ingiusti meccanismi. Ma l’elemento più coinvolgente è sicuramente la passione e la forza di volontà profuse dai due ragazzi nel loro lavoro, che diventano, di episodio in episodio, sempre più tangibili. Anche una puntata fatta esclusivamente di spezzoni in cui si annunciano, di volta in volta, i risultati parziali dei concorsi, riesce a mantenere alta l’attenzione dello spettatore, poiché quest’ultimo è profondamente coinvolto nelle vicende dei personaggi, tanto da provarne quasi la stessa tensione.
Oltre agli innumerevoli sforzi compiuti da Saiko e Shujin per il raggiungimento del loro obiettivo, ammirevole è l’amicizia che li lega: un rapporto stretto, quasi fraterno, nato per caso e sviluppatosi poco a poco. Ma “Bakuman” è lo scenario perfetto anche per le questioni sentimentali: dolce e particolare è il legame tra Moritaka e Miho, fatto solo di fugaci sguardi e conversazioni via mail. Si tratta, insomma, di una relazione abbastanza insolita, ma che trova nei suoi presupposti un certo fascino.

Altro pregio dell’anime è il suo folto cast di personaggi. Che si tratti di studenti, mangaka o editor, ogni attore che interviene sul palcoscenico dell’opera riesce a conquistarsi l’approvazione di chi assiste alla loro performance. Fatta eccezione per il cantante Koogy, l’unico che non mi ha trasmesso nulla, tutti i personaggi si sono guadagnati la mia simpatia. Difficile spiegare quale sia esattamente il loro punto di forza: forse la loro positività, l’impegno, il rigore e le ambizioni, che riescono a vincere sull’introspezione psicologica di rado presente (che comunque potrà essere trattata nelle stagioni a venire). Una particolare menzione va, oltre ai due protagonisti, all’editor Hattori, competente nel suo lavoro e visibilmente affezionato ai due ragazzi, per i quali si prodiga disinteressatamente. Infine, anche soggetti come Eiji Niizuma, di primo acchito strambo e fuori dalle righe, riescono a farsi amare: quest’ultimo, tra l’altro, è un elemento essenziale per il lato umoristico dell’anime.

Passando al comparto tecnico, nessuna eccellenza, ma neanche grave mancanza, da puntualizzare. Il character design è abbastanza curato: l’unica pecca sono i visi, a volte, un po’ allungati e appuntiti. Le animazioni sono nella media, i fondali dettagliati quanto basta. Le OST sono orecchiabili, così come le sigle.

In conclusione, la prima serie di “Bakuman” è stata una piacevole sorpresa. Interessante e scorrevole, fa di “sogni”, “amicizia” e “amore” le sue parole chiave. I personaggi, tutti alla mano e accattivanti, gettano ottime basi per un futuro approfondimento psicologico. La tappa iniziale del percorso intrapreso da Saiko e Shujin non delude affatto: voto 8,5.

-

Il primo volume è assolutamente strepitoso. Veniamo lanciati direttamente nell’universo del diciassettenne Katsuyuki, genio della finanza cinico, scorbutico e ossessionato dai soldi, che si ritrova improvvisamente a dover avere a che fare con un nuovo patrigno e un fratellastro, che non solo sono l’esatto contrario di lui, ma portano nella sua vita un grande scompiglio, dando luogo a situazioni davvero esilaranti. Nel primo volume, quindi, non solo si profila una storia interessante e originale, ma anche spassosissima. Di rado ho letto qualcosa di così divertente, in più punti mi sono ritrovata a scoppiare proprio a ridere, a causa delle varie situazioni assurde (e anche geniali, è proprio il caso di dire!) in cui si trovava la stramba famiglia del protagonista. In generale fatico a trovare manga che mi divertano così tanto, quindi per me era stata una vera e propria rivelazione.

Peccato però che a partire dal secondo volume si cambi quasi del tutto registro; non solo a livello narrativo, dove ci si distacca sempre più repentinamente dalle dinamiche familiari e dai personaggi più intriganti (come appunto Sosuke e Haru, il patrigno e il fratellastro che, a conti fatti -almeno secondo me-, avrebbero dovuto godere di molto più spazio e approfondimento) ma si perde molto anche nel comparto comico. Quindi quella che era iniziata come una brillante commedia familiare si dirige, inaspettatamente, verso una sorta di “thriller”, concentrandosi più su temi come l’economia, l’intrigo aziendale ed informatico, inglobando nuovi personaggi che di per sé potrebbero risultare interessanti, se non fosse che ci si concentra più su quello che fanno che non su quello che sono – viene quindi a mancare una buona dose di approfondimento psicologico ed emozionale, che li avrebbe resi più veri agli occhi del lettore.

Anche lo stile di disegno in realtà cambia a partire dal secondo volume; resta molto essenziale come lo era nel primo (e a me piaceva davvero molto) ma, se prima era decisamente più pulito e in qualche modo trasmetteva più simpatia, poi si “sporca” e quasi si irrigidisce, rendendo perfino difficile riconoscere a primo acchito certi personaggi (nel secondo volume ho fatto fatica a riconoscere Kyoko, giusto per dire.) Poi via via che si prosegue nella lettura ci si abitua, ma il cambio è ben tangibile.

Insomma, sono rimasta un po’ male, se devo essere sincera. Sarà che appunto dopo la lettura del primo volume mi ero fatta tutta una serie di aspettative che poi sono state disilluse - non tanto dalla maggior attenzione dedicata ad altre tematiche e personaggi, ma dal modo in cui ciò è stato fatto. Se si fosse mantenuto sui livelli comici e sbarazzini del primo volume sarebbe diventata senza alcun dubbio una delle mie serie preferite, ma questo cambio di registro me l’ha fatta collassare. L’ho finita giusto per la curiosità (e speranza) di vedere se andando avanti ci fosse stato qualche altro sprazzo iniziale, ma vedendo che così non è stato (giusto per chiarire: i momenti comici continuano a saltare fuori qui e lì, ma non sono assolutamente come erano all'inizio, sono proprio diversi) ho resistito fino alla metà dell’ultimo volume: lì ho iniziato a saltare le pagine per arrivare il prima possibile alla conclusione, perché proprio non ce la facevo più.

Un vero peccato!

Nulla da dire invece sull'edizione della Magic Press, bella "cicciotta" e colorata, ma anche molto ben curata. L’autrice, comunque, ha molto potenziale, e penso di darle una seconda chance con "Nodame Cantabile", sperando che in quel caso la storia si mantenga sempre sullo stesso livello e che, soprattutto, abbia l’umorismo del primo volume di Genius che, come dicevo, mi ha proprio fatto "scompisciare".