Sono ormai passati 30 anni dalla trasmissione sulle TV giapponese di Yu yu hakusho, serie animata in 112 episodi tratta dall'omonimo manga di Yoshihiro Togashi e distribuita in Italia da Yamato Video.
 
Yusuke Urameshi è un 14enne teppista, privo di rispetto per adulti e insegnanti e che passa tutto il tempo a fare risse con studenti di scuole rivali o a perdere tempo in sala giochi. Proprio per questo, il giorno in cui Yusuke muore sacrificandosi per salvare la vita di un bambino che giocava incauto in mezzo alla strada, l'aldilà è in subbuglio perchè non sa che fare per quella situazione imprevista: non solo nessuno avrebbe immaginato il gesto altruista di Yusuke, ma il bambino sarebbe comunque sopravvissuto senza nemmeno un graffio. Come premio per il suo atto eroico, a Yusuke viene concessa una possibilità di tornare in vita, a patto di dimostrare di meritare una seconda occasione.
Iniziano così le avventure di Yusuke Urameshi come decective del mondo degli spiriti, incaricato di mantenere la pace tra il mondo degli umani e quello degli spiriti e proteggere gli umani dalle scorribande dei demoni malvagi.
 

Per celebrare l'anniversario di questa serie realizzata dallo Studio Pierrot traduciamo l'interessante approfondimento scritto da kVin di Sakugabooru, sito ormai diventato uno dei riferimento degli appassionati occidentali di animazione giapponese.

ATTENZIONE! L'ARTICOLO CONTIENE SPOILER SU YU YU HAKUSHO!

L'eccezionale produzione di Yu yu hakusho


Yoshihiro Togashi è ampiamente considerato uno degli autori più brillanti della storia di Weekly Shonen Jump ed il suo Yu yu hakusho, seppur non tematicamente intenso quanto Hunter x Hunter, è ancora oggi sopra la media dei suoi rivali. Ha fornito molte delle basi che le moderne serie d'azione hanno preso in prestito ed è riuscita a trasformare in una risorsa un aspetto solitamente difettoso; i tornei non hanno una buona reputazione in questo genere in quanto annullano la componente avventurosa, tuttavia la loro costruzione e la loro personalità hanno loro permesso di diventare la spina dorsale di Yu yu hakusho - la serie raggiunge il suo apice qualitativo proprio con un torneo!

Lasciando stare i meriti generali dell'opera, concentriamoci però sull'adattamento, un eccellente esempio di una trasposizione in grado di elevare la qualità del materiale originale, arricchendolo senza tuttavia rivoluzionarlo. La squadra guidata da Noriyuki Abe allo Studio Pierrot è stata in grado di mettere insieme una produzione che, pur rispettando la semplicità dell'originale, risulta così piena di dettagli affascinanti che la serie avrebbe meritato una trattazione settimanale episodio per episodio. E non sono molte le serie di lunga durata a poterselo permettere: quando si produce un anime per un periodo di tempo indefinito una corretta gestione del lavoro è fondamentale, il che equivale a dire che si è costretti ad andare decisamente al risparmio. Viene decisa una rigida rotazione della staff e molti gruppi sono costretti a trattenersi tranne che nei momenti più importanti. Sebbene questo aspetto sia presente anche in Yu yu hakusho, i suoi effetti sono meno pronunciati che in quasi ogni altra serie di questo tipo. Ci sono altre serie con scene d'azione costantemente spettacolari per tutta la loro durata - un esempio potrebbe essere Fullmetal Alchemist Brotherhood - tuttavia potrebbero non esserci altri esempi di una tale consistenza raggiunta in tutti i reparti produttivi, dalla regia alle stesse animazioni.
 

Ed è questo a rendere così speciale Yu yu hakusho. Ci sono dozzine di episodi realmente straordinari che meriterebbero ciascuno un proprio approfondimento, tuttavia qui ci concentriamo sulle particolarità del progetto e dei suoi creatori, la strada da loro seguita e la qualità della serie nella sua interezza. Godetevi il viaggio!
 

Umili origini


Nonostante tutti gli elogi sulla straordinarietà di Yu yu hakusho, i primi episodi sono abbastanza piatti. Fortunatamente ci sono diverse cose apprezzabili già prima che la produzione iniziasse a trovare la propria confidenza. Gli scambi di battute tra il protagonista Yusuke Urameshi e Kazuma Kuwabara, il suo autodefinitosi rivale destinato, sono fin da subito affascinanti. Si tratta solamente dei primi due membri di un gruppo di disadattati che diventano sempre più uniti pur continuando a prendersi per il culo fino alla fine. Lo stesso Yusuke è fin da subito inquadrato come una persona buona che si spinge a compiere azioni eroiche, pur senza necessariamente essere un eroe; con la progressione della storia diventa sempre più ovvia la sua egoistica ricerca del combattimento per il proprio piacere personale ignorandone i possibili impatti negativi, un difetto della sua personalità che la serie riconosce apertamente. I primi 13 episodi definiscono i personaggi e le fondamenta tematiche fornendo al contempo una ragionevole dose di azione composta al 50% da spavalderia, al 40% da convenienti power-up e al 10% da ordinata pianificazione.
 

Si respira fin da subito un grado di semplicità nell'esecuzione, come se sia semplicemente naturale tirare fuori una buona esperienza per ragazzi. Non esattamente quello che ci si potrebbe aspettare da una squadra guidata da un novizio, sebbene questo assuma maggior senso se si considera che il debuttante regista della serie è Noriyuki Abe. Entrato nell'industria solamente sei anni prima tramite lo Studio Pierrot, debutta come regista e addetto agli storyboard nell'episodio 12 di Norakuro-kun, dopo aver lavorato come assistente nel terzo episodio della medesima serie. Abe entra velocemente a far parte dello staff regolare in quella posizione e, dopo aver lasciato lo studio nel 1990 per diventare indipendente, la sua carriera si lega alle più iconiche serie d'azione dello Studio Pierrot. Yu yu è proprio la prima da lui diretta, all'età di 31 anni. Da quel momento in poi si occupa di titoli come Ninku, Bleach, Recca e Arslan con anche alcune serie al di fuori della sua solita area di esperienza come GTO, Tokyo Mew Mew o Kuroshitsuji. Il suo curriculum è vasto e sono in pochi ad essere considerati così affidabili quando si parla di lunghi anime per ragazzi. Può non avere quel tocco peculiare in grado di esaltare i fan tramite i propri storyboard o una mente brillante in grado di arricchire le tematiche dei suoi progetti, ma c'è un valore innegabile nel riuscire a dare vita a così tanti colossi d'azione con cui sono cresciute svariate generazioni. Le abilità di Abe in quest'area sono così ben valutate che in tempi recenti si è occupato della direzione generale dei primi 104 episodi di Boruto, con lo specifico obiettivo di gestire la produzione così da permettere al più giovane regista Hiroyuki Yamashita di focalizzarsi sulla propria visione creativa. 

L'inesperienza di Noriyuki Abe gioca un ruolo importante nell'evoluzione della serie. Non solo si tratta della sua prima regia, ma anche il gruppo da lui guidato è pieno di giovani e persino i futuri assi della serie hanno ancora poca esperienza. Serve del tempo per permettere loro di raffinare le proprie abilità e ottenere la necessaria confidenza, aspetto spesso sottovalutato quando si parla di giovani creativi. Non è facile localizzare il momento esatto in cui hanno varcato la soglia verso la grandezza, ma alcuni momenti chiave si possono trovare nel finale del miniarco narrativo nell'episodio 21 oppure nell'animazione piega-spazio nel 23°. Non è una coincidenza che questi siano stati realizzati proprio da quella che sarebbe diventata la coppia più preziosa della serie. Lentamente ma costantemente avevano guadagnato confidenza ed erano pronti ad entrare nella storia.
 
Akiyuki Shinbo in cerca del suo Dezaki interiore
 

Il più brillante torneo delle tenebre


Si arriva quindi all'arco narrativo più celebrato e al contempo più lungo della serie - per certi versi una tradizione per Togashi, considerando quanto è amato l'arco delle formichimere in Hunter x Hunter. Sebbene ci sia molto da apprezzare in questo Torneo delle arti marziali nere a cui i nostri eroi sono obbligati a partecipare, tanto che era già il preferito dai lettori del fumetto, è l'anime ad elevarlo a vette qualitative probabilmente mai più toccate in questo genere. La produzione guadagna impeto parimenti alle vicende che adatta, arrivando a infrangere i limiti teorici di un progetto di questo tipo. I momenti chiave di genuina qualità sono ormai così comuni da diventare la nuova normalità mentre gli assi della serie lavorano velocemente quanto è umanamente possibile, con tutti i creativi coinvolti che trattano ogni episodio come un occasione per superare se stessi e tutti gli altri. A capeggiare questo folle dinamismo sono Akiyuki Shinbo e Atsushi Wakabayashi.

I due collaborano per la prima volta nell'episodio 12 ma è solamente con l'episodio 30 che possiamo assistere a qualcosa gestito interamente da loro. E che episodio! Il duello tra gli utilizzatori delle fiamme è in particolare un'ottima presentazione del lavoro di Shinbo. Chiaramente si tratta di un nome che non ha bisogno di presentazioni, trattandosi di uno delle figure principali dello Studio SHAFT, eppure le sue personali idiosincrasie sono rimaste perlopiù oscure; come già discusso altrove, quello che viene definito lo stile di Shinbo è in realtà più vicino ad una versione annaquata delle peculiarità del suo compagno Tatsuya Oishi, a cui si avvicina proprio durante la produzione di questa serie. La vera personalità di Shinbo è diversa ed è più facilmente riscontrabile in questa serie e in Tenamonya Voyagers. Come mostrato nell'episodio 30, Shinbo è aggressivamente appassionato di contrasti, chiaroscuri o colorazioni in qualche modo antitetiche, espressioni che si fondono con gli effetti in modo da porre enfasi su colori vividi; persino dei flashing effect senza vergogna diventano un trucco ricorrente. Shinbo desidera che il suo lavoro rimanga stampato nel tuo cervello, anche a costo di danneggiarti la retina. Più che la prima rappresentazione dell'iconico Drago del fuoco oscuro di Hiei è la discesa del suo rivale dall'eccessiva sicurezza al terrore assoluto a mostrare tutto il suo talento. Da questo momento in poi quasi ogni climax della serie viene rappresentato tramite questo indimenticabile approccio, per di più adornato con qualche fioritura Dezakiana.
 

Seppur su un altro fronte, anche il lavoro di Wakabayashi lascia il segno. Possiamo considerare l'episodio 35 come la sua svolta, sebbene sia l'episodio 41 quello in grado di lasciare senza parole per la prima volta (di molte) - entrambi realizzati insieme a Shinbo, cosa che diventa la norma da quel momento in poi. Disinteressandosi al realismo, l'elasticità delle animazioni permette la creazione di sequenze incredibilmente scorrevoli ed in grado di trasmettere un curioso senso di impeto, che si sposano perfettamente con i cut comicamente ballonzolanti che cerca sempre di includere a ogni costo. Il suo approccio segna un punto di svolta anche nella rappresentazione inquietantemente dettagliata di reazioni a eventi agghiaccianti. Anche il modo in cui le cose vengono rappresentate cambia quando lui si trova al timone di un episodio; non importano le istruzioni dello storyboard, Wakabayashi distorce costantemente i layout fino a livelli fisicamente impossibili, creando inquadrature impressionanti così da trasmettere le dinamiche di potere in gioco. Risultati raggiunti con una velocità incredibile, tanto da animare la tortuosa conquista di Yusuke dei suoi nuovi poteri nell'episodio 47 per poi supervisionare l'intero episodio 48. Davvero il leader delle animazioni della serie! Invitato nel progetto dallo stesso Shinbo, da quel momento in poi Wakayabashi continua a rifinire il proprio approccio nei lavori dello Studio Pierrot, raggiungendo l'apice nei più emblematici episodi di Naruto. Non solo, lui e il suo amico Norio Matsumoto (con cui ha lavorato a molti di questi episodi di Naruto) cominciano a definire lo stile predominante delle stelle dell'animazione digitale di oggi, sebbene il loro lavoro sia ovviamente analogico. Ogni qualvolta ci trovassimo a leggere di Wakabayashi come del regista della serie di Garo che non è piaciuta a nessuno teniamo sempre in mente che si tratta di una vera leggenda con un tangibile impatto sull'industria. E Yu yu hakusho è dove tutto è iniziato.
 

La collaborazione tra Shinbo e Wakabayashi prosegue con risultati fantastici come l'episodio 52: una viscerale battaglia fino alla morte dove Toguro viene rappresentato come il crudele e insormontabile muro che è diventato, mantenendo però allo stesso tempo la solennità richiesta dalla morte di Genkai. Dovendo tuttavia scegliere un singolo episodio, il 58 è uno dei momenti salienti, non solo della serie, ma dell'intera animazione per ragazzi. C'è molto da dire sull'episodio, in cui le peculiarità di Shinbo sono orientate a creare un inferno vero e proprio tramite cui Hiei può evocare il suo fuoco nero. L'animazione è egualmente magistrale e circondata da simpatici aneddoti; per esempio il fatto che un euforico Shinbo abbia originariamente richiesto a Shinsaku Kozuma di animare un centinaio di cut praticamente equivalenti alla prima metà dell'episodio, cosa che porta alla sua richiesta d'aiuto a Atsuko Inoue dal momento che da solo era riuscito a disegnare solamente 20-30 cut. Sebbene questo sia stato il suo unico contributo alla serie la rappresentazione di Kozuma delle fiamme di Hiei è talmente impressionante da rimanere legata per sempre all'immagine del personaggio. Quando le persone pensano al Drago del fuoco nero la prima cosa che viene in mente è questo incubo di flashing effect. In tutto questo Wakabayashi è onnipresente, non solo nelle ovvie correzioni ma anche nella seconda parte del combattimento da lui supervisionata personalmente. Sebbene l'incostante confronto corpo a corpo non sia particolarmente ben ricordato, esso racchiude tutte le sue affascinanti peculiarità. Tutto questo accade in uno spazio limitato, senza alcuna strategia, perchè così funziona l'azione di questa serie. Non ci sono azioni complessamente programmate o colpi di scena scioccanti, eppure queste sono alcune delle scene di combattimento più memorabili della storia degli anime. Questo per far capire quanto il modo in cui le vicende vengono presentate sia importante. Quest'episodio è un appassionante viaggio dall'inizio alla fine in grado di giustificare la reputazione della serie.
 

Chiaramente la serie ha anche altro da dire oltre al lavoro di questa coppia dei miracoli. Sebbene si siano occupati dei momenti più importanti non sarebbe possibile mantenere una tale eccellenza nel tempo senza una squadra all'altezza. Una dichiarazione del noto animatore Tetsuya Nishio viene sempre portata come spiegazione di questa produzione vergognosamente solida; secondo lui l'amichevole senso di rivalità nato verso la coppia d'assi spingeva tutti a realizzare lavori sempre migliori cercando al contempo di superarsi a vicenda. Questo non deve tuttavia portarci a pensare che sia stata la loro motivazione a portare all'alta qualità del loro lavoro; è un modo di pensare pericoloso che implica che al contrario le produzioni deboli o problematiche dipendano dalla scarsa motivazione dei loro creatori. Il motivo è invece il fatto che la loro rivalità nasceva dall'ammirazione e che tutti avevano imparato da Shinbo e Wakabayashi. Shinbo aveva rifinito le sue abilità durante il progetto, tuttavia da un punto di vista animato il caso più interessante è quello di Masayuki Yoshihara. Aveva assorbito l'idea d'elasticità di Wakabayashi facendola sua propria come nessun altro in Yu yu hakusho, diffondendola in episodi in cui i due animatori principali non avevano potuto contribuire. Sebbene sia maggiormente conosciuto per essere uno dei membri fondatori di P. A. Works ed il regista di The Eccentric Family in questa serie è possibile apprezzare il suo lavoro come promettente giovane animatore. Guardando invece al gruppo di registi, non possiamo dimenticarci del compianto Kazunori Mizuno. Pur mantenendo un proprio approccio stilistico, i suoi episodi sono sempre più influenzati dall'uso dei colori di Shinbo, peculiarità mantenuta per tutta la sua carriera. In conclusione, non è strano che gli anime di lunga durata abbiano raramente degli archi narrativi così impressionanti. Ci vuole una miracolosa combinazione di produzione sana, giovani di talento con una propria identità e un ambiente che permetta loro di esprimersi al meglio. E come ha dimostrato questa stessa serie più avanti, non si tratta di un bilanciamento facile da mantenere.
 

E, in verità, non è solamente l'azione a rendere così ben riuscito questo arco narrativo. Il tranquillo epilogo, che non stupisce sapere essere stato affidato a Shinbo e Wakabayashi, mostra quanto vasta sia la portata della serie. L'intero arco è pieno di personalità che si manifestano in svariate circostanze. Alle divertenti presentatrici è stato dato molto più spazio di quanto ne avessero nell'opera originale, dando loro la possibilità di mostrare la propria personalità anche durante i grandi momenti d'azione allo stesso modo dei combattenti, chiaro segnale del loro apprezzamento da parte dello staff dell'anime.
Il potenzialmente sterile formato del torneo non è stato minimamente un problema grazie ai diversi avversari che si trovano ad affrontare ed alla presenza di abbastanza intrighi da far interrogare su cosa stia realmente accadendo. La stessa ambientazione aumenta d'intensità man mano che si procede coi combattimenti fino ai livelli di pura ostentazione mostrati nella mostruosità utilizzata per la finale. Peccato che l'originale reparto artistico abbia abbandonato il progetto subito dopo la fine del torneo, cosa che ha contribuito al calo della serie da questo punto in poi. 
 

 

Un confortevole declino


Sebbene sia indubbio che l'apice produttivo di Yu yu hakusho sia stato il torneo delle arti marziali nere, la sua conclusione non ha fatto segnare un netto crollo qualitativo. La serie al suo punto più basso rimane comunque solidamente al di sopra della media del genere, e la sua decadenza è stato una processo molto graduale. Alcune delle scelte registiche più ispirate compaiono infatti nel successivo arco narrativo, specialmente quando vediamo in atto le curiose nuove abilità; si tratta di tecniche più vicine al moderno concetto d'azione sviluppato da Togashi, dove ci si concentra meno sullo scontro fisico e più su interessanti set di regole in grado di concepire abilità molto diverse tra loro, con uno stile quasi da puzzle game simile a quanto visto nei lavori di Hirohiko Araki. Questa mentalità è tuttavia ancora acerba in questo momento e Yu yu hakusho non abbandona mai i vecchi cazzotti ed esplosioni - in cui è davvero bravo! - sebbene più si vada avanti più diventi evidente tale evoluzione. E al di là dell'azione, questo arco narrativo presenta alcuni dei colpi di scena più impattanti dell'intera serie, che l'anime è ancora in grado di trasmettere con grande solennità. Considerando tutto questo, si tratta più di una piacevole discesa verso il basso che di un netto strapiombo.

 

Tra questi momenti salienti il principale è probabilmente lo scontro contro il Dottore nell'episodio 74. L'inseguimento e la sequenza d'azione costruita fin dall'episodio precedente portano all'ultimo contributo alla serie di Masayuki Yoshihara, in cui Yusuke si trova in una situazione mai provata prima. Finora aveva sempre combattuto contro creature demoniache, ma questa volta è costretto ad affrontare un umano che minaccia di uccidere tutti i suoi amici e altri innocenti. Il suo cuore è ottenebrato e così l'oscurità prende il controllo della puntata, creando il più coeso episodio dell'intera serie. Quest'esperienza memorabile è tuttavia importante per una ragione più triste: si tratta dell'ultimo episodio supervisionato da Wakabayashi. Quasi come per chiedere perdono per il suo addio, mette insieme una delle sue più grandi prodezze in assoluto. Si tratta di un grandioso addio, dalla grande quantità di background animation, legata al fatto che il Dottore avesse trasformato in un'arma l'intera ospedale, al pugno finale carico di emozioni. Sicuramente una tragica partenza, che ha inoltre intensificato il progressivo abbandono della serie da parte di molti talenti, ma che è stato comunque all'altezza delle sue abilità
 

Dopo l'abbandono del suo fidato compagno, Shinbo rimane comunque a lavorare sulla serie, allontanandosi tuttavia gradualmente dai riflettori. L'episodio 82 è l'ultimo in cui ha il totale controllo (e segna anche l'ultimo contributo in assoluto di Wakabayashi alla serie) per poi proseguire solamente collaborando con altri registi. A volte questo porta comunque a ottimi risultati, come il suo ultimo storyboard rappresentante la morte di Yusuke prima di rinascere - un momento mozzafiato facilmente considerabile uno dei migliori lavori della sua intera carriera. Si tratta del suo ultimo grande risultato, dal momento che negli ultimi 20 episodi non contribuisce ad alcun momento memorabile. Il suo abbandono porta comunque anche a risvolti positivi, in quanto spinge i restanti artisti a cercare di colmare il buco lasciato dalla sua assenza. Il lavoro di Nishio convince a tal punto il regista Abe da venire successivamente scelto come character designer nella sua serie successiva Ninku. Tuttavia è evidente come quella speciale magia non ci sia più, specialmente con l'entrata nella sua parte conclusiva. L'arco narrativo dei Tre re era rimasto vistosamente inconcluso nel manga e l'anime si limita a rimpolparlo un po', così da renderlo quantomeno funzionale ma mai realmente degno di nota. Nella sua conclusione Yu yu hakusho si riduce a essere una normale serie come tante. Troppo tardi per impattare in modo significativo sulla reputazione della serie, ma comunque qualcosa da tenere in conto in quanto fan.

Non è il modo migliore per concludere un franchise così iconico, ma stiamo comunque parlando di una serie che merita tutti i suoi elogi. In grado di intrattenere nel suo momento peggiore, un'esperienza senza pari nell'animazione per ragazzi nei suoi momenti migliori. Ci sono serie con azioni molto più complesse o con tematiche più uniche, ma raramente queste vengono presentate con una tale confidenza. Buon anniversario, Yu yu hakusho.
 
Celebrazione per i 30 anni dell'anime di Yu yu hakusho


Fonte consultata:
- Blog.sakugabooru - Yu Yu Hakusho's Exceptional Production