In Giappone, il 5 maggio è festa: più precisamente è la Giornata dei bambini ed è uno dei giorni che compone la Golden Week, periodo festivo che va dal 29 aprile al 5 maggio appunto. In giapponese si dice "Kodomo no Hi" dove kodomo significa "bambini" e hi è "giorno".



Ma non c'è un solo modo per dire questo sostantivo in giapponese. Scopriamo le diverse sfumature in questa giornata tutta dedicata a loro!

Kodomo
Abbiamo appena detto che kodomo significa "bambini" ma in realtà vuol dire anche "bambino" perché il giapponese usa le stesse parole sia per la forma singolare che per quella plurale. Kodomo è la parola che si usa di più per indicare i bambini sia che sia uno solo o più di uno. Si può adoperare praticamente in qualsiasi contesto o conversazione e non suonerà nè strano nè fuori luogo.

Ko
Ko è la versione più breve di "bambino", scritta solo con il primo dei due kanji usati per kodomo. Mentre il significato è lo stesso, è diverso il modo in cui vengono usati: ko infatti indica uno o più bambini specifici, quindi non in termini astratti o collettivi.
Quindi, se volessimo dire "Quel ragazzo ama il ramen", si può usare ko o kodomo ("Ano ko/kodomo wa ramen ga suki desu"), ma se si volesse dire "I bambini [in generale] adorano il ramen", kodomo sarebbe più indicato.
 


Chibikko
Chibi, che significa "minuscolo", è una di quelle parole che è conosciuta anche all'estero perché è usata anche dai fan stranieri degli anime per descrivere versioni ridotte e carine dei loro personaggi preferiti. Lo stesso significato si applica alla combinazione di chibi con ko, rendendo chibikko una parola per quando si vuole parlare di "bambini carini".
Curiosità: chibisuke è una variante di chibikko dove -suke è una desinenza specifica per i nomi maschili in Giappone, quindi chibisuke è usato solo per piccoli bambini maschi molto pucciosi.

Jidou
All'opposto di chibikko abbiamo jidou, parola usata per argomenti seri come "educazione dei bambini" (jidou kyouiku), "benessere dei bambini" (jidou fukushi) e "psicologia infantile" (jidou shinrigaku) Quindi si usa jidou solo in contesti ufficiali e burocratici.
 


Gaki
Questo termine potrebbe essere definito la versione giapponese di "monello, peste". In origine, gaki era scritto con il kanji 餓鬼, che si traduce letteralmente come "demone affamato". Al giorno d'oggi, in forma scritta è più probabile vederlo reso in caratteri fonetici katakana che sottolinea il tono aspro con cui si pronuncia. E se sentite questa parola preceduta da kuso vuol dire che la persona non ne può davvero più di aver a che fare con quel moccioso. "Kuso gaki" potrebbe essere tradotto come "moccioso di m...." quindi state bene attenti a non farvelo scappare.....

Fonte consultata:
SoraNews