Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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Una commedia scolastica leggera, che riesce a intrattenere pur non possedendo elementi originali.

Il protagonista è Kusuo Saiki, un giovane d’aspetto vistoso, nato con capacità extrasensoriali. Come è noto, “Da grandi poteri, derivano grandi seccature”, quindi lo scopo giornaliero del nostro studentello sarà quello di evitare il più possibile le altre inferiori forme di vita presenti sul pianeta e godersi, quanto possibile, i pochi passatempi che gli piacciono.

Nonostante le vaste possibilità, a meno che non vi siano in campo numerosi elementi umani con questa peculiarità, la categoria degli ‘esper’ viene solitamente rappresentata con i poteri più basilari, ovvero: la telecinesi, il teletrasporto e, al massimo, la levitazione. Tra gli esponenti più noti, possiamo senza dubbio ricordare: la Nanako “caviglie grosse” del compianto Hideo Azuma; la bassa, lunatica e pericolosa Tornado di “One-Punch Man”; e l’emotivamente contenuto Shigeo “caschetto filippino” Kageyama di “Mob Psycho 100”. Tutti e tre con caratteri molto diversi, altrettanto diverso modo di affrontare la vita e soprattutto di gestire il proprio dono. Una cosa però accomuna loro e tutti gli altri detentori di poteri psichici, ovvero, chi più chi meno, in proporzione al mondo in cui vivono, sono considerevolmente potenti. Ovviamente... esistono le mezze schiappe, tipo Kyosuke Kasuga di “Orange Road”, ma in quei casi è più da imputare all’individuo e allo scopo primario dell’opera, che non alle sue effettive potenzialità.

A questa impostazione ‘over-nine-thousand’ non fa eccezione il nostro Kusuo che, al contrario della maggior parte dei colleghi, pare padroneggiare quasi ogni aspetto possibile della branca ‘esper’ (e non solo), con il vantaggio di poter pure acquisire temporaneamente le poche capacità mancanti, semplicemente toccando qualcun altro che le possegga. In effetti, anche paragonato a personaggi forti, Kusuo è qualcosa che si avvicina più al concetto di divinità. I suoi poteri non ci vengono mostrati come i più distruttivi in senso assoluto, ma piuttosto fatti intendere come quelli dal raggio di influenza più ampio. In questo, mi ha riportato alla mente una vecchia e famosa puntata di “Ai confini della realtà”, quella intitolata “Un piccolo mostro/It’s a Good Life”, che ebbe un seguito e venne anche parodiata dai Simpson negli speciali di Halloween. In più occasioni infatti, le bizzarrie estetiche e le comuni capacità comiche da anime ci verranno giustificate come una sorta di influenza globale che il nostro caro ‘pel-di-porpora’ adoperò in passato. Ovviamente, un tale livello di potere non può non incidere anche sullo sviluppo caratteriale dell'individuo, e sul suo modo di porsi col resto del mondo. Del resto Kusuo è un genio, quindi non può non vedere gli altri personaggi come degli imbecilli, specie se qualcuno di loro è obbiettivamente a un passo dal ritardo mentale.

Il nostro giovane protagonista, in pratica, si mostra costantemente anaffettivo, al punto che definirlo tsundere sarebbe pure un complimento, eppure, nascosto a una profondità abissale, si cela quasi sempre un barlume di emotività, mostrata raramente coi parenti, in caso di pericolo mortale, di crimine in atto o, in misura minore, di estrema abnegazione di qualcuno. Se poi vi è anche un vantaggio personale, può fare la differenza nell'intervenire o meno. Insomma, Kusuo non è un eroe e nemmeno un 'buon samaritano', ma nemmeno è ascrivibile a un cattivo privo di emozioni, nonostante alcune burle e minacce possano mostrarne il lato più pericoloso. Possiede una morale nella media, che pende semplicemente verso la propria convenienza, con la differenza di non ricercare ipocritamente scuse per questo. Il problema vero di Kusuo, semmai, è l’essere affetto da una forma acuta di misantropia, corazzata per giunta da un carattere orgoglioso, una mente propensa alla logica e da alcuni poteri che gli anestetizzeranno anche i possibili impulsi dovuti alla sua natura biologica e adolescenziale. L'unica debolezza umana che il ragazzo si concede sono gli affidabili peccati di gola, con particolare devozione ai dolci al gusto di caffè.

Riguardo al gran numero di poteri da lui posseduti, alcuni di essi saranno talmente pericolosi da necessitare l'uso di limitatori, e altri invece saranno costantemente attivi, come nel caso della lettura del pensiero. Se avete familiarità con “Code Geass” e, più nello specifico, col tormentato (ma poco presente) personaggio di Mao, potete immaginare come ciò possa essere potenzialmente deleterio per l’equilibrio mentale e spirituale di un individuo. Praticamente, nonostante ci venga mostrato il minimo indispensabile, le giornate di Kusuo, anche nei momenti più isolati e tranquilli, sono da lui percepite in modo tutt'altro che normale. Il ragazzo però, avendo questi doni praticamente da sempre, sembra riuscire a conviverci e, nonostante consideri poco idilliaca la vita dello psichico, per l'impossibilità di sorprendersi di qualcosa, si sente a disagio se i suoi poteri finiscono in un letargo forzato.

La serie non ha una trama vera e propria, come detto prima, la si può riassumere facilmente in “non farsi scoprire né coinvolgere”. A conti fatti si tratta solo di un alternativo slice-of-life, in cui ci verrà mostrato come, ironicamente, più il ragazzo faccia il possibile per evitare rogne, più esse verranno fortunatamente a cercarlo fin sotto casa. Kusuo, per qualche strana ragione che nemmeno lui sa spiegarsi, è apprezzato da molti suoi compagni, che, pregni d’entusiasmo, tenteranno spesso di coinvolgerlo nelle loro faccende. Una lotta quotidiana, da cui il giovane psichico uscirà sempre vincitore, ma con una situazione sociale in costante peggioramento... almeno dal suo punto di vista. Tutti lo chiedono, tutti lo vogliono, donne, ragazzi, vecchi e fanciulli, è il factotum della città, che gli piaccia... o meno.

Il problema di questa impostazione è che non ha molto senso, a pensarci bene. Non vi sarebbe affatto bisogno di piani contorti, interventi nascosti o altro da parte di Kusuo, dato che potrebbe facilmente indottrinare il 99% della popolazione mondiale all'istante e a suo piacimento, con l’eccezione dei rarissimi ‘casi umani’ alla Nendo. Quindi, tenendo a mente alcuni elementi sparsi negli episodi, possiamo cercare di giustificare la cosa come una sorta di timore da parte sua di finire in una vera e totale solitudine. Riguardo ai personaggi, poi, vi è una discreta ricchezza di stereotipi tipici degli anime, accompagnati per fortuna da una sana dose di autoironia, che metterà in luce come sotto sotto possano celare ben poca purezza e carisma. Ad esempio, avremo l'angelico idolo femminile della scuola, dall'animo vanesio e materialista, oppure il ‘figo tormentato’ con la sindrome di Peter Pan, e persino il coatto in auto-riabilitazione.

Purtroppo, mancando sia un avversario che uno scopo centrale, gli approfondimenti che ci verranno concessi si limiteranno a tre punti: la conoscenza di alcuni congiunti dei personaggi regolari; i limiti temporali e quantitativi di alcuni poteri; e il motivo per cui Kusuo indossa alcuni accessori. Nel primo caso faremo la conoscenza dei personaggi più nevrastenici della serie, che per fortuna saranno globalmente poco presenti. Nel secondo caso, ci verranno spiegate le dinamiche di alcune capacità, come il riavvolgimento temporale, cosa che però ci farà notare qualche incoerenza nella loro gestione. Per concludere, riguardo al terzo e ultimo punto, mi limito a dirvi che ve ne sono più di quanti appaiano all'occhio e che sono tutti più o meno indispensabili.

In generale, posso dire che le puntate scorrono veloci e che la serie si è dimostrata un piacevole passatempo. Il cast, specie nel caso del bistrattato padre di Kusuo, sa suscitare simpatia, l'umorismo è dosato a dovere e il protagonista, oggettivamente in una situazione poco invidiabile, riesce talvolta a non eccedere in freddezza, salvandosi in calcio d'angolo dal finire nella "zona antipatici".

Verdetto: consigliato... nel suo piccolo.

6.0/10
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Ammetto di essere un po’ in difficoltà a recensire “Mushishi”, apprezzatissimo seinen di Yuki Urushibara, pubblicato originariamente tra il 1999 e il 2008, per un totale di 10 volumi. Difficoltà che attribuisco al peso di dover descrivere un parere non entusiasmante su un’opera amata ed elogiata apparentemente da tutti, della quale fino a questo momento non ho ancora sentito un’opinione anche solo moderata. Ma d’altronde si sa che a volte una grande aspettativa può tramutarsi in una grande delusione se l’opera che leggiamo non ci soddisfa come ci saremmo immaginati. Cercherò quindi di descrivere questa delusione, evidenziando comunque le qualità di una manga indubbiamente valido, ma che alla fine mi ha lasciato ben poco.

In primo luogo, “Mushishi” è totalmente strutturato attraverso vicende autoconclusive, il che sia ben chiaro non è un difetto di per sé, ma purtroppo è una caratteristica che con le dovute eccezioni, faccio sempre fatica a digerire. Purtroppo, quest’opera non è rientrata tra le eccezioni. È chiaramente un mio limite, ma soprattutto quando si parla di storie serie e impegnate, da un punto di vista tematico, sociale o morale, faccio fatica a rimanere interessato per un discreto lasso di tempo se non ho anche solo una piccola prospettiva nello sviluppo delle vicende, dei personaggi o del contesto in cui si ambienta la storia. Naturalmente, il fatto che in “Mushishi” ogni capitolo sia del tutto autonomo ha permesso all’autrice di sbizzarrirsi nella creazione di vicende diverse e particolari, rinnovando il tipo di racconto e spaziando nella costruzione degli eventi. Purtroppo, qui è arrivato il secondo boccone amaro per me. Se è vero che “Mushishi” è un’opera potenzialmente dal forte impatto emotivo, al tempo stesso devo confessare che il 90% delle storie raccontate mi hanno lasciato del tutto indifferente. Sia ben chiaro, alcuni capitoli sono davvero degni di nota e in generale in storie di questo tipo è sempre lecito aspettarsi che ogni tanto vi sia qualche vicenda meno ispirata del solito. Ma la maggior parte dei racconti non mi ha trasmesso nulla ed è un fatto (totalmente soggettivo) che non posso trascurare nella mia valutazione. Riconosco comunque la bravura di non eccedere in una facile retorica che avrebbe potuto rovinare dei racconti spesso affascinanti proprio per la loro naturalezza e per l’armonia che si respira nella narrazione.
Benché l’opera mi abbia complessivamente deluso per i motivi sopracitati, vi sono comunque numerosi pregi che ho riscontrato e che credo sia corretto riportare. Il disegno è davvero bello è suggestivo, riesce a valorizzare con efficacia un mondo in parte mistico e surreale come quello dei mushi. E qui è giusto sottolineare la grande originalità che sta dietro a un immaginario pieno di sfaccettature e interpretazioni. In generale l’atmosfera del manga è molto riuscita, rilassata, pacifica e anche poetica.

Nonostante le indubbie qualità dell’opera in questione, la mia esperienza con questo manga è stata perlopiù deludente. Le alte aspettative verso un titolo così amato spiegano solo in minima parte una delusione che attribuisco soprattutto alla difficoltà di apprezzare delle vicende che per quanto suggestive, rimangono perennemente fine a sé stesse, senza offrire prospettive e una minima progressione agli eventi. Ma il vero tassello mancante per apprezzare questa lettura per me è stata la componente emotiva. Non ci posso fare nulla, ma la maggior parte dei racconti presentati non mi hanno coinvolto emotivamente e il più delle volte li ho letti in un modo un po’ forzato e distaccato. Sarebbe ingiusto dare un’insufficienza a un opera cosi ben realizzata sotto il piano artistico solo per una questione di puro gusto personale, ma per lo stesso motivo, non mi sento di andare oltre nella valutazione.

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«Sankaku Mado no Sotogawa wa Yoru», reso in inglese con «The Night Beyond the Tricornered Window», è una serie dell’autunno 2021 composta da dodici episodi e tratta dall’omonimo manga di Tomoko Yamashita.

Una storia di misteri soprannaturali con tinte horror e boys love, aspetto quest’ultimo gestito decisamente male, almeno per quanto riguarda l’anime. Già: la tentazione di “droppare” la serie ai primissimi episodi era forte!

Ma andiamo con ordine: i due protagonisti sono il timido e timoroso Kosuke Mikado, che lavora come commesso in una libreria e ha la capacità di vedere i fantasmi e altre manifestazioni soprannaturali, e Rihito Hiyakawa, una sorta di esorcista, dai modi pessimi e totalmente incapace di rapportarsi in modo equilibrato con le altre persone. Rihito capita nella libreria dove lavora Mikado, sentenziando a prima vista che il giovane commesso “gli appartiene”. Senza capire quali siano i vissuti dei due, che verranno poi illustrati nella parte centrale della serie, si rimane decisamente perplessi al subitaneo instaurarsi di un ‘legame’, la scusa è quella della collaborazione per gli esorcismi, con un Rihito possessivo e invadente al limite del patologico e battute talmente allusive da suscitare il dubbio di una ricerca volontaria di elementi trash. E un Mikado inerme sia di fronte ai fenomeni paranormali sia di fronte alle prepotenze di Rihito. Insomma: per i primi tre/quattro episodi il dubbio di essere capitati su una serie poco felice è forte, però si intuisce che qualche elemento di interesse possa esserci e, alla fine della visione, devo dire che per me è stato proprio così.

Se i protagonisti suscitano più di qualche perplessità fra battute di bassa lega e comportamenti inspiegabilmente sopra le righe, i comprimari sono ben gestiti e sono decisamente interessanti. Lo è la studentessa Erika Hiura, lo è il medium un po’ ciarlatano Keita che fa il suo ingresso illustrando le tecniche di cold reading, lo è il navigato detective Hiroki Hanzawa, inusuale figura di personaggio scettico nei confronti del paranormale ma non ritratto come poco brillante.

Il paranormale misterioso è un genere che solitamente mi dà poca soddisfazione rispetto al giallo classico, perché dà meno la possibilità di ‘giocare a fare i detective’, visto che le regole del gioco spesso non sono chiare, devo dire però che qui questo aspetto non è trattato male. Il punto dolente è la relazione che, stando al tag boys love, dovrebbe avere un risvolto romantico fra Mikado e Rihito: non mi sembra si sia centrato l’obiettivo; non è sicuramente una storia romantica, non è nemmeno la rappresentazione di una storia di un amore tossico, è più che altro una storia di una sorta di amicizia intervallata da scene di fan-service un po’ gratuito; peccato, perché una sotto-trama romantica BL in una storia di mistero, o meglio un BL che non mettesse al centro di tutto la sola relazione romantica, sembrava un’idea interessante.

La serie è stata prodotta da Zero-G (“My Roommate is a Cat”; “Science Fell in Love, So I Tried to Prove It”), la regia e il character design sono di Yoshitaka Yasuda e non brillano particolarmente, più riusciti sono gli sfondi spesso evocativi, mentre la palette di colori è un po’ banale. Forse il meglio dal punto di vista tecnico sono le sigle: l’opening “Saika” (Frederic) dinamica, e decisamente più solare dei toni della serie, e l’ending “Breakers” (cantata da Wataru Hatano, doppiatore di Rihito) le definirei senza dubbio riuscite.

Perché alla fine assegno un voto alto come un sette e mezzo? Perché è una serie più interessante che bella, che alla fine mi ha messo abbastanza curiosità da indurmi a iniziare il recupero del manga, attualmente in corso di pubblicazione in Italia per Magic Press.