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5.0/10
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Mi sono ri-avvicinato, dopo una momentanea pausa, a Log Horizon per via del clamore con cui molti lo hanno accolto, definendolo "lo Sword Art Online fatto bene", ma bisogna dire che avevo iniziato io stesso a guardarlo facendomi molte aspettative, essendo, da videogiocatore, indubbiamente interessato a questo tipo di ambientazione. Invece per me si è trattato di una delle più deludenti visioni dell'anno, decisamente distante dal modello di anime che personalmente definirei 'ben fatto'. Più che una recensione, questa vuole essere anche una sorta di sfogo, per la leggerezza col quale si è spesso osato paragonare questo titolo con l'altro che ho accennato (SAO), attribuendo meriti esorbitanti al primo, che a conti fatti non risulta realizzato tanto meglio; ancora peggiori sono poi commenti del tipo: "è il plagio di SAO" - sì, come se i due titoli fossero stati i primi a presentare un incipit del genere in una serie animata, per contendersi da soli i riflettori. Ebbene voglio aprire questa critica azzardando io stesso un piccolo confronto fra il trashissimo, ma fortunato anime della A1 Pictures, e il meno deludente, ma comunque insufficiente, prodotto di Satelight, premettendo che non m'interessa minimamente tirare in ballo le light novel, com'è giusto che sia. Nello specifico voglio guardare alle premesse: quasi mi duole ammettere di essere rimasto più convinto da quelle di SAO. In quest'ultimo, innanzitutto, i protagonisti sono immediatamente coinvolti in una situazione che potrebbe essere loro fatale non solo nel videogioco, ma anche nella vita reale, fatto che rende il soggetto più intrigante e l'atmosfera indubbiamente più tesa. L'immediata reazione dei giocatori è lecita: dapprima smarrimento, poi una tremenda paura. Ebbene un'emozione come la paura sembra proprio non fare mai capolino in modo convincente nella psicologia dei protagonisti di LH: qualcuno ribatterà, facendo notare che dopotutto, Shirou e compagni non hanno una spada di Damocle che gli penda sulla testa, un ultimatum, né alcun idea di cosa dover fare per liberarsi da quella strana situazione; al che io replicherò: okay, va bene "pensare positivo" finché si è vivi, ma non dimentichiamo che LH viene riconosciuto immediatamente dai loro utenti come il comunissimo mmorpg al quale si connettevano col pc da casa, e non esiste dunque alcun 'NerveGear' in grado di creare un mondo interamente virtuale in cui poter mettere piede; perciò cos'abbiamo? Da una parte, esseri umani intrappolati in un'interfaccia virtuale di nuova generazione da poco messa sul mercato, consci del rischio di non tornare mai più a vivere le loro vite, se non di porvi addirittura termine; dall'altra, esseri umani che, senza l'ausilio di alcun congegno, vengono trasportati in carne ed ossa (in seguito si parlerà di 'anima' fatto che riduce ancora l'attendibilità) in un NORMALE videogioco, e che nonostante tutto rimangono indifferenti (e non uso questo termine 'tanto per dire') perché, tanto, non sono ancora giunte notizie brutte e cattive che facciano seriamente temere per la propria vita. Mai sentito nessuno che abbia esclamato, o pensato una volta "Voglio tornare a casa". Allora, cos'è più credibile?
Ovviamente sappiamo quanto SAO si renda ridicolo col trascorrere degli episodi, tanto da farci vedere i vari Kirito e Asuna intenti a perdere tempo e amoreggiare pur essendo consapevoli della tragicità dei fatti in cui sono invischiati, ma ribadisco che stavo mettendo a confronto le introduzioni. Non che, a dire il vero, le cose in LH si decidano a migliorare col prosieguo: ho dovuto aspettare 14 episodi, quattordici, perché finalmente si portasse all'attenzione il tema del rapporto fra mondo reale ed Elder Tale (e questo neanche su intenzione iniziale del protagonista!), ma poi? Il nulla di fatto, si è tutti ritornati alla spensieratissima routine di videogiocatori, che in teoria, non sarebbe poi tanto male, no? Chi se ne frega della propria casa, degli amici, della propria salute, della propria famiglia, dei propositi per il futuro e così via, quando si possono castare incantesimi, completare le quest, ripulire i dungeon, perfino resuscitare, per un arco di tempo indeterminato, in una dimensione di cui neanche si conosce un tubo? Chi se ne frega dell'ipotesi di risvegliarsi un giorno all'altro da questo 'sogno', e ritrovarsi in un ospizio, di non ritornare mai più a vedere la luce del sole, di vivere una vita fittizia, magari manovrati da qualcuno, in un corpo che non è il proprio? Eh già, chiunque vorrebbe diventare il proprio avatar, e trascorrere in quelle sembianze il resto dei propri giorni, specie se è quello di un gatto: sai che bello poter avere la coda, miagolare, lavarsi con la lingua. Peccato che manchi la razza Gnomo, avrei proprio voluto gustare la reazione compiaciuta degli alter ego: "Oh, che bello, a scuola ero capitano della squadra di basket, ma ho sempre sognato di usare una sedia per poter raggiungere il gabinetto!". Ora si potrebbe benissimo tirare fuori la scusa della sospensione dell'incredulità, dell'opera di fantasia e via dicendo, ma allora perché non aggrapparsi ad'essa anche con SAO, invece di far credere che esso fosse infinitamente meno verosimile?
Va be', in fondo i personaggi, che di più stereotipati non potevano inventarne, sono resi 'simpatici' da gag di rara ingenuità ripetute fino allo sfinimento, e soprattutto mancano le solite evitabili e forzate parentesi sentiment... Oh, sono arrivate anche quelle: dunque ben quattro femminucce, avrebbero una cotta per il non certo irresistibile Shirou, senza dimenticare che parliamo sempre di avatar. Ma si sa, l'aspetto esteriore non conta, e l'avranno pensato anche animatori e disegnatori. Infatti a completare una caratterizzazione scarna per ogni personaggio ci pensa un'evidente mancanza di fantasia e di cura del dettaglio, che si ripercuote non di meno nella regia generale di Ishihira (Fairy Tail, fate un po' voi), statica e obsoleta perfino nelle fasi di combattimento. Neanche l'accompagnamento musicale si salva dall'anonimato: Takanashi non sembra proprio lo stesso compositore ascoltato in Genji, Naruto, o Mononoke, e le track di questo LH sembrano riciclate da prodotti fantasy di bassa lega. Incommentabile poi l'amore 'morboso' manifestato dalle folle nei confronti della sigla d'apertura, che oltre ad essere animata da cani e a presentare un orrendo typesetting dei credits, spero non venga mai ascoltata neanche per sbaglio dal povero De la Rocha.
Riassumo dunque i motivi chiave della mia bocciatura: guardare Log Horizon è stato come aspettare perennemente ed invano che si iniziasse a 'fare sul serio', ma in una sceneggiatura composta da quelle che posso solo considerare sottotrame, è stato impossibile individuare delle basi solide, un pretesto per accettare così com'erano gli eventi. Mi ha a dir poco infastidito l'atteggiamento di dimenticanza nei confronti di quello che dovrebbe essere il perno di tutta la trama. Insomma non possono adescarmi con un incipit così invitante, e poi tralasciare, per ben 24 episodi di 25, la trattazione di un fondamentale quesito di fondo, ovvero: "Come diavolo si esce da qui?". Ma diamine, non è che pretendo di vedere un'opera drammatica, ma questi personaggi non potevano farli fingere, almeno per una scena, non di più, di essere preoccupati per se stessi e i propri cari? Poi però, alla buonora, li vedo manifestare un leggero timore di perdere la 'memoria del mondo reale': ma perché, non l'avevano già fatto? Mi è parso proprio che l'intrigante setting da gioco di ruolo online con persone reali intrappolate al suo interno, abbia funzionato come pretesto per instaurare curiosità, per poi rifilare un banale intreccio narrativo degno di un kodomo, altro che shonen.
Oltre a fuorviarmi, LH è riuscito appieno a lasciarmi fino alla fine a bocca asciutta, o almeno c'è riuscita questa prima serie che, chiudendosi in una maniera simile, cioè lasciando tutti i chiarimenti in sospeso, s'è dimostrata essere solo e soltanto una vasta introduzione alle meccaniche del mondo di gioco. E in quanto introduzione, si tratta di un lavoro incompleto, perciò minato nelle fondamenta. Sarò contento di apprezzare il sequel se mi darà - si spera - delle spiegazioni credibili.