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<b>Attenzione: la recensione contiene lievi spoiler</b>

Filosofia o Harmony da bancarella?
Spesso e volentieri il confine tra questi due stili o arti è veramente labile nell'animazione giapponese. Sono sempre stato dell'idea che, se ci si vuole lanciare in pensieri profondi, lo si debba fare, ma con grande competenza e con apertura mentale. Cosa che non riesce sempre facile ai Giapponesi, chiusi nella loro roccaforte in mezzo al mare. Lo vediamo nei tanti stereotipi internazionali e nel non tentare nemmeno di dare un senso chiaro alle frasi in inglese (errore veramente provinciale per chi si vuole lanciare sul mercato internazionale... visto i soldi che ci spendono, un corso di inglese non farebbe male). Anime e filosofia spesso sono accostati, ma ovviamente non è sempre così. "Plastic Memories" quindi cos'è?

La trama è inutile enunciarla, già trattata in sede di scheda. Partiamo dall'assunto. Se voi conosceste il giorno e l'ora esatta della vostra morte, come affrontereste il tempo rimasto a vostra disposizione? Un assunto veramente intrigante, che si può prestare a tantissima speculazione filosofica. Rimarrete delusi se cercate elucubrazioni alla Tetsuka o alla Shirow. Quello che appare di fronte a noi non è altro un melting pot di presunta sci-fi, misto a tanto romanticismo, carico di buonismo tanto caro ai Nipponici, che, consapevoli di una crudeltà del loro sistema, riversano nell'animazione modificandolo all'opposto. Non siamo nuovi al classico ragazzo per bene, privo di un reale pensiero rivoluzionario, che riesca in qualche modo ad essere memorabile. Frasi fatte, tutti buoni, gli stereotipi classici e tanti personaggi. Altra pecca: se si mettono in mezzo tanti personaggi, si hanno due alternative, o delinearli psicologicamente tutti o in qualche modo questi devono avere un senso nella trama, per creare qualcosa di assolutamente unico, in modo tale che il distacco finale possa essere realmente profondo. Abbiamo una serie di androidi, nessuno dei quali spicca: il ragazzino Zack, solo la peste senza peli sulla lingua, l'impassibile (Sherry?), che praticamente in privato si commuove sempre, il buon amico con gli occhiali Costance... nessuno che spicchi, eppure sono androidi, eppure il loro destino sarà sempre lo stesso, identico alla protagonista Isla. Sarebbe stato interessante uno scambio di opinioni sul tema, una riflessione tra androidi sul destino a loro dato. Niente di tutto questo. Il bravo ragazzo che si innamora della bella androide, storia d'amore, finale inevitabile. Un solo messaggio passa, in sottofondo, discreto: la tecnologia è un bene di consumo costruita apposta per avere una fine abbastanza veloce, per poter poi aggiornare i sistemi e quindi spendere dollari, yen. In questo non hanno toppato.

Personalmente, "Plastic Memories" non è altro che lo specchio concreto di una realtà sempre più chiusa in sé stessa, dove tutti i personaggi sono uguali (esteticamente a me sembrano tutti uguali negli anime), il volto del protagonista maschile (di cui ho dimenticato persino il nome) è un volto talmente comune, talmente banale, che riflette appunto questa situazione di omologazione del soggetto artistico. Negli anni ho ridotto di non poco la mia fruizione di anime, votata più alla ricerca di qualcosa di diverso e di sensato, e devo dire che li trovo.
In "Plastic Memories" tutto è finto, tanto valeva evitare gli androidi, ambientarlo in un ufficio qualunque e dare alla ragazza tre mesi di vita, causa male sconosciuto. Avrebbe avuto più senso.
Non mi ha fatto piangere, non c'era da piangere. Mica mi commuovo con gli Harmony!
Bocciato in pieno.