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Kawai Maria si trasferisce nel nuovo liceo, dopo essere stata cacciata dall’istituto di St Katria. Il suo primo incontro con la nuova classe non è dei più felici. “Io sono Kawai Maria”, dice, ma il suo sguardo altezzoso, la sua bocca imbronciata e il suo collo che si inclina su di un lato sembrano dire: “Mi fate schifo! Vi darei fuoco!”.
È stupenda Maria, è alta e slanciata, attira subito l’attenzione dei belli della classe, Kanda Yuusuke (il dolce espansivo) e Meguro Shin (il bel tenebroso) e l’odio feroce di tutte le compagne, le quali, invidiose, la prendono subito di mira chiamandola “Demone Maria”.
Con lo scorrere delle tavole, si scopre il vero carattere della protagonista e il suo passato, celato da quell’aria di freddezza e di distacco che la contraddistingue. La storia è questa.

Mi sono sempre chiesta se per uno studente giapponese il valore dell’amicizia si misura con la sopportazione al dolore più estremo: negli shonen, prima si è rivali, poi ci si affetta un po’ e solo quando si è sul punto di morire si scopre che quello che ti ha squartato fino ad allora era il tuo più caro amico; negli shojo, le donne, che notoriamente non amano spargimenti di sangue (se non qualche graffio o schiaffo), prediligono usare violenza psicologica e ledere la dignità e l’integrità morale della futura più cara amica. Che dire, un cliché trito e ritrito.
Nota dolente del manga, oltre la storia che francamente non decolla e se decolla va verso lidi di banalità assoluti, è la protagonista. Maria è semplicemente stancante. Ti incuriosisce per i primi 2 volumetti e poi, complici quegli occhi a mezz'asta, ti fa venire il voltastomaco.

Il tratto della Toumori è gradevole, curato e non essenziale ed è per questo che mi spiace che un buon talento artistico vada sprecato con opere dalla storia decisamente mediocre.
Ah, mi sono dimenticata una cosa: quando è triste Maria canta, dalle facce di chi l’ascolta credo che canti bene. È importante ‘sta cosa? Bah…