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I giapponesi devono avere una strana percezione dello scorrere del tempo.

Mi spiego meglio. Se le vicende di questi due recenti TV-drama riassuntivi di Maison Ikkoku vengono - per ragioni misteriose - posticipate nel 1983, dovrebbero concludersi più o meno sei anni dopo. Quindi in teoria Kyoko concepirebbe Haruka alla fine degli anni '80. E allora resta da chiedersi: perché nel 2007 la figlioletta a spasso con il padre appare ancora come una alunna delle elementari?

Incongruenze temporali e finzione scenica a parte, riponiamo i pallottolieri e dimentichiamoci di eclissi e calendari perpetui per concentrarsi sui personaggi dell'opera, tutti molto rassomiglianti alla versione cartacea. Il responsabile del casting ha azzeccato in pieno i vari abbinamenti. Yusaku Godai rimane una sagoma, sbeffeggiato e deriso da tutto il vicinato. Kyoko sembra avere veramente qualche anno in più rispetto al ronin della stanza numero 5 ed ha un portamento fine e delicato, com'era stata nell'immaginario di Rumiko Takahashi. Akemi ha tutta l'aria di una burina fatta e finita e Ichinose, pur essendo meno paffuta, ha quei vocalizzi da scaricatore di porto ubriaco come te li aspetteresti da una pettegola loquace come lei. Yotsuya appare un po' più avanti con gli anni rispetto ai lineamenti definiti dall'autrice, ma tuttavia nessuno sa nulla di questo strambo individuo, tantomeno l'età. Gli scorci all'esterno si limitano a due o tre location, scelte oculatamente tra quelle meno alterate dal tempo: appaiono nell'ordine la caratteristica stradina in salita, il locale dove andavano a bere Godai e Sakamoto e il posto telefonico pubblico appena fuori dalla stazione (anche se non credo si tratti del quartiere Higashikurume). In animazione è naturalmente più semplice mostrare epoche passate, dal momento che i nipponici non possono vantare studios cinematografici al livello di quelli occidentali. Il lavoro di carpentieri, stilisti e arredatori è stato comunque portato a termine in maniera esemplare, mimetizzando con estrema accuratezza indirizzi e-mail dalle insegne dei negozi; ho solo notato un paio di automobili semi-nascoste e alcuni capi di abbigliamento indossati da comparse che secondo me non avrebbero dovuto essere lì durante le riprese, ma sono sempre pure pignolerie da otaku all'ultimo stadio. Il budget, grazie al supporto di prestigiosi sponsor, si è rivelato più sostanzioso del previsto, sicché la malandata pensione è stata ricreata in tutto e per tutto fedele all'originale. A prima vista non manca nulla! Ci sono la cuccia di Soichiro'san, il lavabo in comune nel corridoio, il varco nel muro nella stanza di Godai, l'orologio fermo nell'abbaino sopra l'ingresso, il telefono a gettoni rosa, il kotatsu riscaldato, tutto rigorosamente vintage (gli scenografi hanno fatto gli straordinari svuotando soffitte e cantine e rovistando nei mercatini dell'usato!). Gli effetti sonori sono i classici del filone sentimentale, tutto intorno è un flebile dindinnare dei folkloristici furin appesi alle finestre, non mancano mai il cinguettio e il cicalio stridente tipico del periodo estivo. I sapori sono quelli delle ricette tipiche che ormai tutti conosciamo molto bene, tra i quali i popolari onigiri e gli squisiti bento. Gli odori quelli del bucato fresco e profumato appena lavato e steso con infinita pazienza da Kyoko e, poco distante, quello acre della miriade di ristoranti di ramen che si affiancano ai lati delle gallerie commerciali. Alcuni tra i più memorabili siparietti, tra cui la dichiarazione d'amore in stato etilico di Godai e la rocambolesca scelta del regalo di Natale, sono stati portati paro paro all'interno della bilogia; altre scene topiche sono saltate per ovvie problematiche di tempistica: Kozue appare solo per una manciata di minuti e l'appassionante scena dove i due amanti entrano in un motel ad ore si è volatilizzata (e questa mancanza farà imbufalire i cultori del capolavoro della principessa dei manga).

In definitiva - nonostante il secondo atto sia un pelino più debole rispetto alle scintille dello spumeggiante primo speciale - non riesco a non adorare questo sorprendente adattamento televisivo curato fin nei minimi particolari e la famigerata barriera linguistica è stata solamente un piccolo ostacolo marginale superabilissimo, dal momento che tra volumetti e puntate della serie TV conosco i dialoghi a menadito!