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5.5/10
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Mostrando ancora una volta una forte coerenza stilistica, Hosoda ritorna con "Mirai no Mirai" a raccontare una storia che ha a che fare con la famiglia e con la crescita, senza rinunciare a piccoli momenti di magia e a un altro tema a lui caro, quello dei viaggi nel tempo.

Dopo aver approfondito il rapporto madre-figlio in "Wolf Children" e quello padre-figlio in "The Boy and The Beast", questa volta tocca al piccolo Kun, protagonista del film, fungere da eroe della storia per sviscerare la complicata relazione di amore e odio tra fratello e sorella, dopo l'arrivo in famiglia della neonata Mirai. Tra capricci, momenti di gelosia e apparenti mancanze di attenzione, Kun si ritrova improvvisamente solo, irritato e confuso. Per poter accettare il cambiamento e finalmente riuscire a crescere, gli verrà in aiuto un pizzico di magia, in grado di sovrapporre presente e futuro e fargli incontrare i propri famigliari in epoche diverse.

Seppur mantenendo atmosfere sempre coerenti e citazioni stilistiche a film precedenti, e rimanendo a tratti godibile, è la struttura stessa della narrazione ad essere percettibilmente sottotono rispetto al solito. Scene particolarmente lente e dialoghi stanchi, oltre che una colonna sonora non del tutto incisiva (ricordo con nostalgia "Summer Wars" di Akihiko Matsumoto) non sono a parer mio l'unico punto debole di "Mirai no Mirai". L'impressione che ho avuto durante tutta la durata della proiezione è quella di una storia che cerca costantemente di mettersi in moto senza riuscirci, regalando una gigantesca introduzione che non introduce ad altro che al finale del film, come un'automobile di una buona marca ma con la batteria scarica. Ciò che mi ha disturbato maggiormente è stata la mancanza di un vero e proprio "viaggio dell'eroe", di un percorso che avrebbe dovuto portare il protagonista verso la propria catarsi e quindi alla crescita interiore, dopo il superamento di un intreccio di sfide e ostacoli. O meglio, una crescita personale avviene (nel senso stretto del termine), ma attraverso episodi slegati tra loro, caratterizzati dall'incontro tra il protagonista e alcuni membri della sua famiglia, passati o futuri, scelti in modo totalmente arbitrario, a discapito di altri a parer mio di fondamentale importanza (in primo luogo la mancata opportunità di generare un dialogo con il sé stesso di un'altra epoca, al quale vengono offerti pochissimo spazio e qualche frase di circostanza). Anche su colei che dà il nome al film, che dovrebbe possedere il ruolo di coprotagonista, ci viene detto poco e niente, relegando la storia prevalentemente al tempo presente e a scene di banale quotidianità. A parer mio, questa tendenza a fermarsi al lato superficiale del carattere dei personaggi conferisce a tutta la trama una piattezza complessiva non di poco conto: mi è risultato impossibile affezionarmi a chiunque, fatta eccezione per Kun, perché in fin dei conti non ci viene raccontato nulla di nessuno, se non piccoli episodi e frammenti. Il paragone con altri film dello stesso regista è inoltre inevitabile e, purtroppo, "Mirai no Mirai" ne esce a mio parere sconfitto su tutti i fronti. Esempi lampanti sono "Summer Wars" e "La ragazza che saltava nel tempo", nei quali la personalità dei personaggi è approfondita a un livello talmente superiore, da emozionare in continuazione, a tratti commuovere. Per non parlare della mancanza di scene semplicissime quanto efficaci tipiche della scuola di Hosoda (prima tra tutte la lunga carrellata orizzontale nella veranda della casa di "Summer Wars", per chi se la ricorda).

Per concludere, quello che mi rimane di "Mirai no Mirai" è il ricordo di un film comunque godibile, adatto alle famiglie e simpatico, ma che nello stesso tempo porta con sé una grande sensazione di incompiutezza e di apatia per quanto riguarda i personaggi, che mi appaiono tuttora, con qualche eccezione, quasi sconosciuti.