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3.0/10
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Avviso, questa recensione contiene pesanti spoiler. Ma attenzione, non lo dico per evitare che chi voglia seguire la serie li legga, tutt’altro! Lo scrivo come avvertimento, come monito per chiunque possa pensare di provare a vedere “Gibiate”: non fatelo! Non fatelo semplicemente perché questa è una delle serie più brutte che mi sia capitato di vedere negli ultimi anni e, in generale, se la gioca con una cerchia molto ristretta che non consiglierei a nessuno, a meno che non si voglia alimentare il proprio lato masochista, e chi sono io per impedirlo in questo caso…

La trama di “Gibiate” è la componente più infida di questa serie perché potrebbe sembrare anche interessante tanto da poter convincere qualcuno a guardarla, ma fortunatamente basta già il primo episodio per far scattare una campanella e fare la scelta migliore che io, ahimè, non ho fatto. Siamo a Tokyo nel 2030; il mondo è sopravvissuto al Covid ma nulla può contro il virus Gibia che, invece di far ammalare chi lo contrae, lo trasforma in un orribile mostro assetato di sangue, pronto a contagiare, e quindi trasformare, qualunque essere umano venga punto dal suo pungiglione. In questo scenario semi-apocalittico si muove Kathleen Funada, la nostra protagonista, fresca diciottenne che, in compagnia della madre e del dr. Yoshinaga, resiste in una piccola comunità nella speranza che le ricerche del suddetto dottore possano portare alla scoperta di un vaccino che salvi l’umanità. In questa missione arriveranno ad aiutarla Sensui e Kenroku, guerrieri del primo periodo Edo (attorno al 1600) che, dopo un misterioso viaggio nel tempo, si ritrovano in quest’epoca pronti a far fruttare le loro abilità nel combattimento nella lotta contro i Gibia.

Attenzione: questa parte contiene spoiler

Già solo questo incipit porta tante domande sul tasso alcolico di chi ha curato la sceneggiatura ma, come si dice in questi casi, il meglio doveva ancora venire! Eh sì, perché non bastavano il virus, l’epidemia, i mostri, l’umanità in rovina e i viaggi nel tempo buttati lì a rendere questa serie un calderone malriuscito di situazioni stereotipate e personaggi insignificanti, no, il colpo di genio, il tocco di classe lo ritroviamo nel ‘plot twist’ (ah!) finale che, in preda evidentemente ad esaltazioni ‘triggeriane’, ci butta in mezzo pure gli alieni!! A fine serie si scoprirà infatti che tutto il casino legato al virus Gibia è dovuto al buon dottor Yoshinaga che, in realtà, è un alieno proveniente da un altro pianeta, mai nominato, mai localizzato, mai fatto vedere. Yoshi, come sarà chiamato per semplicità d’ora in avanti, era innamorato di una ragazza chiamata Meteora la quale, trasformatasi in un mostro per cause che non mi dilungo a spiegare (sono comunque stupide), venne congelata in una capsula criogenica in attesa di trovare una cura che la guarisca. Costretto a fuggire dal suo pianeta, per motivi illustrati con la stessa velocità in cui io sto scrivendo adesso, Yoshi si riscopre novello Icaro e, volando troppo vicino al sole, finisce per perdere il controllo dell’astronave che scarica la capsula di Meteora sulla Terra cominciando a spargere il virus Gibia tra gli umani. Potrebbe andare subito a recuperarla ma, per motivi mai spiegati, Yoshi decide di orbitare intorno alla Terra per qualche tempo cosicché, quando decide di atterrare in Giappone nonostante sappia che Meteora sia atterrata in Europa (?), il mondo sarà già sconvolto dal virus e lui sarà praticamente costretto a compiere ricerche per un vaccino che possa salvare la sua amata millantando un impegno umanitario che ovviamente non esiste.

Sarebbe difficile superare una soluzione ridicola come questa eppure, per spiegare l’altro mistero della serie, ovvero i viaggi nel tempo, “Gibiate” ci riesce, sancendo di fatto il suo unico vero pregio: riuscire a fare ad ogni episodio che avanza costantemente più schifo del precedente. Senza perdermi troppo perché non serve, a far scattare il viaggio nel tempo è la stessa Kathleen la quale, esprimendo un desiderio mentre guarda delle comete che in realtà erano la capsula di Meteora, chiede semplicemente a Dio di “darle la forza” e questo Dio buontempone l’accontenta, richiamando nella sua epoca dei guerrieri armati di spade, catene e bastoni per combattere dei mostri che bombe e mitragliatrici odierne faticano a contenere, grazie Signore grazie proprio!

Fine parte contente spoiler

Ci sarebbe tanto da dire anche sulla tremenda caratterizzazione dei personaggi ma diventerebbe un’ analisi troppo tediosa per cui lascio il ‘piacere’ della scoperta a chi, nonostante tutto quello che ho scritto finora, deciderà di provare a vedere “Gibiate”; da parte mia posso assicurare quantomeno una discreta varietà tra guerrieri imbranati, yakuza modello armata Brancaleone e Rambo improvvisati.

La ciliegina sulla torta a base di trash di “Gibiate” però è, senza dubbio, il suo comparto tecnico visto che questa serie è tanto brutta da seguire quanto lo è da vedere. Partiamo però dalla cosa migliore, o per meglio dire più passabile, che è il character design dei personaggi di Yoshitaka Amano: un po’ retrò, molto dettagliato, finché ci si limita ai personaggi umani lo possiamo definire anche un lavoro ben fatto. Lavoro che viene rovinato da tutto quello che lo circonda, partendo dalla scelta dei colori veramente infelice fino alle pessime animazioni incapaci di far rendere in maniera accettabile sia i movimenti più banali che gli scontri più elaborati; in questo quadro trionfa il pugno nell'occhio per eccellenza dell’anime che è l’orribile CG, utilizzata per creare e animare i poveri Gibia, che profumava quasi di PSone tanto era malfatta, anacronistica e completamente slegata dal resto del disegno tradizionale. Aggiungo due piccole chicche per completare la breve analisi di questo disastro che ho trovato quantomeno peculiari in questa serie: un pizzico di egocentrismo, visto che durante l’episodio veniva mostrato ripetutamente il titolo della serie quasi ad imprimere nella mente degli spettatori come si chiamasse la schifezza che stavano guardando, e l’utilizzo di simpatiche transizioni tra una scena e l’altra, soprattutto negli episodi iniziali, che sembravano prese pari pari da windows movie maker dei primi anni duemila. Sul comparto audio di “Gibiate” ho davvero poco da dire: la colonna sonora è tranquillamente trascurabile ma era davvero difficile creare delle musiche che potessero esaltare immagini simili, il doppiaggio giapponese è comunque nella norma di una produzione stagionale, le due sigle sono discrete tutto sommato, soprattutto l’ending “Endless ~Across the Time~” che aveva la giusta musicalità per un anime sulla carta drammatico, ma in realtà ridicolmente grottesco.

Il voto da assegnare a “Gibiate” è giusto un mero atto formale per racchiudere brevemente un giudizio su un progetto che difficilmente può essere definito se non fallimentare; in ogni caso, anche per rispetto a chi ci ha lavorato, chi l’ha distribuito (perché le schifezze in qualche modo ci arrivano sempre regolarmente…) e chi, nonostante tutto, l’ha visto, gli regalo un 3 frutto di queste considerazioni del tutto personali che nulla toglie alla valutazione che avevo fatto sin dal primo rigo di questa recensione, e cioè che questa serie è sicuramente da evitare senza dubbi né rimorsi.