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Scrivo questa recensione ascoltando "Welcome to Loneliness", parte della soundtrack di "Welcome to the N.H.K."

La serie è composta da ventiquattro episodi e tratta le vicende di un ragazzo di nome Tatsuhiro Sato, il quale, una volta lasciata l'università, si ritrova a vivere rintanato in casa, depresso, nello stato di hikikomori.
Parto col dire che ho iniziato quest'anime con aspettative abbastanza alte. Speravo in un'opera che mi potesse dare man forte e che mi avrebbe aiutato nei momenti difficili che mi capita di vivere pressoché ogni giorno. E chi avrebbe mai pensato che con questa premessa mi sarei trovato davanti a una serie che rispecchiava perfettamente le mie aspettative? Ci si affeziona ai personaggi in fretta. Con loro si riderà, si piangerà e, soprattutto, ci si rispecchierà. Questo perché "Welcome to the N.H.K." è un anime terribilmente realistico. Fa paura come tutto quello che vedremo nella serie potrebbe benissimo accadere nella realtà. E così, una volta che ci si affeziona alla storia e ai personaggi, i ventiquattro episodi passeranno veloci uno dietro l'altro, senza che nemmeno ce ne possiamo accorgere, per poi ritrovarsi in un enorme vuoto esistenziale una volta finito. Questo non è un anime per tutti. "Welcome to the N.H.K." fa male con il suo realismo, poiché riesce a colpire dritto dritto al cuore di tutti i suoi spettatori.

Anche dal punto di vista tecnico l'anime non pecca. I personaggi sono ben costruiti, la storia è ben scritta, il ritmo non annoia mai e non si trova nemmeno un singolo episodio debole. La qualità resta costante per tutta l'opera, eccetto qualche picco di qualità in alcuni punti. Ripensare di averlo già concluso mi fa scendere una lacrimuccia lungo il volto, poiché quest'opera può benissimo accompagnare chiunque per tutta la vita, ed è un peccato finisca.