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“Facciamo un lungo sogno abbracciando questa terra che amiamo alla follia…
Desterà frammenti di un’altra vita incidendo nuove storie in due cuori che battono all’unisono”

Nel pantheon degli shōjo atipici e rivoluzionari brilla di luce fulgida “Proteggi la mia terra” di Saki Hiwatari, opera pubblicata in Giappone e raccolta in 21 tankōbon tra il 1987 e il 1994, anni in cui lo sperimentalismo narrativo trovava terreno fertile sulle riviste locali giapponesi.

La storia racconta di Arisu, una liceale in grado di comunicare con le piante che guarda la luna con nostalgia.
Mentre è impegnata a fare da babysitter a Rin Kobayashi, il terribilmente dispettoso (per usare un eufemismo) ragazzino vicino di casa, quest’ultimo cade accidentalmente dal balcone finendo in coma.
In stato comatoso Rin sogna la sua vita passata, che lo vedeva ingegnere su una base lunare insieme ad altri 6 scienziati, di cui, una di questi è la sua amata Mokuren, alter ego passato di Arisu.
Anche gli altri membri dell’equipaggio lunare hanno gli stessi sogni, ad eccezione proprio di Arisu, che non sembra ancora aver contezza della sua precedente vita.
Rin si risveglia consapevole di aver commesso un atto atroce nei confronti di Mokuren sulla luna, e intento a riconquistare ad ogni costo l’alter ego terrestre della sua dolce metà, raduna gli altri membri dell’equipaggio lunare ordendo un machiavellico complotto nel tentativo di nascondere la sua reale identità passata;
tuttavia quando anche Arisu inizia a sognare la sua vita precedente sulla luna, la terribile verità nascosta da Rin rischia di venire alla luce.

L’incedere narrativo è irregolare e piuttosto contorto, inoltre l’alternanza dei piani temporali e il vastissimo numero di personaggi (ai 7 protagonisti si aggiungono i loro 7 alter ego lunari e anche numerosi comprimari) finiscono talvolta nell’istillare nel lettore un po’ di confusione; nello specifico non è cosi immediato memorizzare le controparti “aliene” di tutti i protagonisti, specialmente all’inizio.
Nonostante una certa sovrabbondanza è proprio la caratterizzazione dei personaggi uno dei punti forti del manga.
Sopratutto Mokuren (Arisu) e Shion (Rin) risultano incredibilmente profondi e stratificati.
Mokuren è una kiche, una sacerdotessa devota al culto del Dio Sarjarim, capace di far crescere le piante con la sola forza del suo soave canto.
In quanto bambina speciale, Mokuren è costretta a separarsi dai suoi genitori per essere educata a Paradise, un orfanotrofio per kiche con regole ferree, in cui vige l’obbligo di girare nudi ed è proibito ogni minimo contatto con l’esterno.
Nel corso del flashback riguardante l’infanzia di Mokuren l’opera mostra tutta la sua essenza, scoprendo alcune delle sue carte migliori, tra cui il fortissimo e commovente legame tra Mokuren e suo padre e lo struggente rapporto con “L’anziana”, oracolo di Paradise che diventa per lei una sorta di nonna putativa.
Shion invece è un reduce di guerra orfano di entrambi i genitori.
L’odio che esterna cela in realtà un grande bisogno d’amore, e nonostante l’onta che grava su di lui per quanto fatto a Mokuren è cosi dannatamente “umano” che a tratti risulta difficile biasimarlo.
Se le vicende lunari del passato tra misteri e segreti ammaliano ed appassionano il lettore, catapultandolo dentro travolgenti vortici emotivi senza ritorno, lo stesso non sempre avviene nella time-line del presente, che tra disavventure scolastiche e scaramucce tra Yakuza funge più da ordinario riempitivo, pur riservando diversi plot twist interessanti.
Fortunatamente in questa linea temporale c’è Rin (il personaggio più carismatico dell’opera), villain dai poteri ESP eccezionalmente singolare, che riesce più o meno da solo a sorreggere la struttura di questa linea narrativa monopolizzando l’attenzione su di sé.

“Io… non voglio pensare che il passato esista solo per darci dei debiti da scontare… né che il futuro serva solo per rimediare agli errori del presente. Io credo che…. se voglio dimenticare e andare avanti devo espiare, altrimenti il passato tornerà sempre per vendicarsi”

“Proteggi la mia terra” è un viaggio introspettivo nelle pieghe dello spirito tra misticismo e sofferenza, tra amore e senso di colpa, tra morte e rinascita, in cui l’espiazione dei propri peccati diventa un passaggio fondamentale nella ricerca dell’agognata catarsi. Un’opera che non si presta ad un approccio freddo e distaccato, “Please save my hearth” è un fumetto da vivere, un universo immaginifico in cui immergersi lasciandosi cullare dalla sua avvolgente atmosfera onirica.
Un manga capace di coinvolgere emotivamente come pochi altri, fornendo anche molteplici spunti di riflessione, rimarcando a più riprese l’importanza della salvaguardia del pianeta a dispetto dell’iniquità umana, che antepone la bramosia ed i propri interessi ad un ben più grande benessere universale.

“Un tempo i dinosauri erano i padroni incontrastati della Terra, poi sessantacinque milioni di anni fa scomparvero, all'improvviso. Ebbene accadrà la stessa cosa anche agli uomini: giorno dopo giorno sviluppano questa tendenza all'estinzione come i dinosauri. Puoi constatarlo anche tu: poco a poco ci stiamo distruggendo”

Il tratto della Hiwatari è dolce e morbido, e migliora sensibilmente in corso d’opera, deliziandoci, sopratutto a racconto inoltrato, con tavole meravigliose.
Il character design è ispirato, supportato da un ottima regia delle vignette.
A onor del vero va sottolineato come spesso alle tavole manchi un po’ di ampiezza, con inquadrature strette a campo corto che la fanno da padrone, anche nei momenti in cui l’occhio del lettore necessiterebbe più spazio, ad ogni modo nulla che inficia la godibilità dei disegni.

Specialmente nei primi archi narrativi la Hiwatari si diletta omaggiando a più riprese le opere che l’hanno formata, tra le quali emergono “Saint Seiya”, citato dall’autrice innumerevoli volte, e “Alice nel paese delle meraviglie”, con cui il nome di Arisu trova la sua (giapponese) assonanza.
La mangaka nella realizzazione dell’opera ha preso ispirazione da “Verso la terra…” di Keiko Takemiya, celebre autrice de “Il poema del vento e degli alberi”, facendo a sua volta da testa d’ariete ad opere come “X” delle CLAMP e sopratutto a “Sailor Moon” di Naoko Takeuchi, in cui i riferimenti al manga della Hiwatari si sprecano, basti vedere la lapalissiana somiglianza caratteriale tra Usagi e Arisu… qualcuno ha detto luna?

“E poi torno in questa illusione felice e crudele solo per rivedere te.
Fra un sogno svanito per sempre e questo presente pericolosamente instabile la mia anima che vive di solitudine continua a urlare”

“Proteggi la mia terra” è un’opera complessa, corale, un unicum che ci racconta l’amore oltre lo spazio-tempo, un amore che accetta , perdona e rinasce indefessamente oltre la barriera delle stelle.
La storia di 7 scienziati che osservano la terra da lontano, prima di abitarla un giorno sotto mentite spoglie, con le reminiscenze di chi, quel luogo, lo ha sognato a lungo.

“L’hai mai visto kk? È un pianeta azzurro veramente bello. Ha il colore degli occhi di mio padre. E brilla proprio come le sue lacrime”