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"Non conclude"... Inizio la recensione con il titolo del capitolo finale di "Uno, nessuno e centomila" di L. Pirandello, per mostrare un minimo di delusione alla terza e ultima serie della saga musicale e sentimentale dei due talenti nipponici Shiniki Chiaki e Megumi Noda.
Non vorrei essere frainteso: la serie mi è piaciuta e mi ha appassionato, ma devo ammettere che il finale, per come si è evoluta la storia, mi ha lasciato un po' di amaro in bocca. Il solito finale-non finale in cui non si intravedono le possibili conclusioni attese (o sperate) dallo spettatore in merito alle varie "questioni" introdotte nella moltitudine degli episodi delle tre serie.

Di sicuro, dal punto di vista sentimentale, la tanto attesa soluzione positiva del rapporto tra Shiniki e Megumi (ma anche di altre coppie potenziali) non si manifesta in modo chiaro e incontrovertibile. Purtroppo resta come sempre nel vago e fondato sul non detto, e ciò non fa sicuramente onore a una serie anime che sviluppa personaggi su ragazzi adulti e autonomi e non su adolescenti delle scuole medie o superiori.

E tale lacuna rappresenta un vero peccato per una commedia carina, spensierata, semplice ma non banale, in cui ho percepito il mix bilanciato di commedia e romance a sfondo musicale che invoglia chi apprezza il genere a "divorare" le tre serie senza essere tediato dalla prevalenza di un aspetto rispetto agli altri... Ovviamente, non conosco il manga né ho ancora visto i sei live action (l'ultimo del 2020), ma il finale dopo la "crisi" della protagonista è sembrato veramente "affrettato" e mi invoglia ad andare in qualche modo a recuperare la storia originale, per capire se il finale animato sia coerente con quello cartaceo.

"Nodame Cantabile: Finale" è l'ultimo capitolo di undici episodi della storia, iniziata nel 2007 e conclusasi nel 2010, tratta dal manga di Tomoko Ninomiya (2001-2010). Se la prima serie mi è sembrata la più avvincente ed equilibrata, e la seconda mi è sembrata perlopiù "interlocutoria", con la terza l'impressione che mi ha lasciato è quella della "incompletezza".
Passato l'effetto "Wow!" della prima serie, la seconda e la terza, pur rimanendo apprezzabili nel solco piacevole tracciato dalla prima, tendono a perdere un po' di mordente, perché la protagonista Megumi, soprattutto nella serie finale, inizia a spazientirsi di essere considerata una immatura studentessa di pianoforte non degna nemmeno di provare a cimentarsi in un concorso per aspiranti musicisti. E tale disagio si avverte chiaramente nelle interazioni con il professore che le impartisce le lezioni, ma anche con l'oggetto del suo affetto senza limiti: l'aspirante direttore di orchestra Shiniki Chiaki.

Ad onor del vero, Megumi Noda non ha mai fatto nulla in oltre quaranta episodi per dimostrare di essere una persona responsabile, matura, consapevole dei suoi limiti e difetti, determinata a cambiare sé stessa, per riuscire a manifestare l'enorme talento inespresso ma di cui tutti, a iniziare dal "fidanzato" in pectore Shiniki Chiaki, si sono accorti e ritengono di gran pregio. Di lei si è già scritto a sufficienza nelle precedenti recensioni, e chi ha visto le due serie precedenti sa bene a cosa mi riferisco.
Di sicuro la trama mette a dura prova la sua pazienza e la causa scatenante della sua "crisi-instabilità" è l'atteggiamento piuttosto "asettico" e poco attento di Shiniki nei suoi confronti, che si sostanzia nel fare un concerto con la virtuosa pianista cinese Son Rui, che non nasconde più di tanto il suo "debole" nei confronti di Chiaki e, soprattutto, nel lasciarla un po' sola nei momenti più delicati, quando lei avrebbe solo bisogno di essere rassicurata nei suoi sentimenti e nelle sue capacità e abilità musicali.
Lei, che sognava di suonare a un concerto diretto da Shiniki, vede tarpate le sue aspirazioni e ambizioni di poter anche solo competere a un concorso perché ritenuta un po' da tutti, ma soprattutto da Shiniki (in modo non esplicito, per carità), come impreparata, volubile, imprevedibile nell'esecuzione nonostante la sua grande genialità. Tutte caratteristiche che sembrano renderla incompatibile con gli studi musicali così rigorosi e precisi.

Per liberare dalle "catene" psicologiche Megumi, ci vuole un altro folle, instabile e imprevedibile: il maestro e direttore di orchestra Stresemann. L'istrionico pigmalione, maestro di Shiniki nella prima serie, sembra voler dare un'opportunità anche a Megumi di dimostrare quanto valga, e la porta con sé per il suo concerto a Londra con una orchestra di assoluto livello.
Tra i due non saprei chi sia il più "folle", e vedere lui sudare freddo mentre lei dà fondo alle sue capacità interpretative, mostrando il suo vero talento nel riuscire ad attribuire colori ed emozioni alle sue esibizioni, è forse la parte più toccante e al tempo stesso divertente dell'intera serie: un cammino sul filo del rasoio col retrogusto della consapevolezza del rischio e l'adrenalina del gioco d'azzardo, sapientemente mixato prima con lo stupore e poi con la meraviglia dei musicisti e del pubblico.

"It Takes a Fool to Remain Sane"

Prendo spunto dal titolo (e anche dal testo) di una vecchia canzone dei "The Ark", che potrebbe in un certo senso riassumere il senso della saga di Megumi e Shiniki: liberamente tradotto, potrebbe suonare come "solo uno stupido può restare sano di mente"...
Altra provocazione, lo ammetto, per una serie che cerca di far passare un messaggio un po' ardito nell'ambito musicale e nella società nipponica stra-organizzata e zeppa di regole e formalismi "barocchi": anche persone come Megumi hanno la loro dignità e possono rappresentare non solo "l'eccezione che conferma la regola", ma anche e soprattutto un vero e proprio "patrimonio" da coltivare e salvaguardare, non vincolandolo a un unico stereotipo assoluto di formazione in cui, probabilmente, molti talenti, per i più svariati motivi, poi tenderanno a perdersi e a non manifestarsi nella loro pienezza e fulgore.
E allora ben vengano le "schegge impazzite" come Megumi Noda e Stresemann: non è forse così che molti illustri compositori di musica si sono palesati in passato come elementi "di rottura" rispetto alla tradizione? In fondo, "dietro ogni impresa di successo c'è qualcuno che ha preso una decisione coraggiosa". (cit.)