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9.5/10
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Banana Fish è un anime intenso e complesso, che mescola azione, dramma e tensione psicologica in un contesto urbano e violento. La trama ruota attorno ad Ash Lynx, un giovane e carismatico leader della malavita di New York, che si trova coinvolto in una misteriosa vicenda legata a una droga potentissima. Nei vicoli di una New York segnata da strani casi di suicidio, Ash si imbatte in un uomo ferito da un’arma da fuoco e in fin di vita, che gli affida una sostanza contenuta in una boccettina di vetro e pronuncia le enigmatiche parole “Banana Fish”. Quelle parole Ash le ha già sentite pronunciare dal fratello Griffin, ridotto in stato vegetativo a causa di un trauma riportato in guerra. Spinto dal desiderio di fare luce sul passato oscuro del fratello, di cui si prende cura, Ash decide di indagare più a fondo sulla questione. Nel corso della storia, Ash incontra Eiji Okumura, un ragazzo giapponese innocente e gentile, arrivato negli Stati Uniti per motivi di lavoro. Il loro incontro segna l’inizio di un legame profondo e intenso, destinato a diventare il fulcro emotivo della storia, mentre Ash affronta minacce sempre più complesse e si confronta con i lati più oscuri della propria esistenza.

Uno degli elementi che rendono Banana Fish un’opera così unica e memorabile è il modo in cui mistero, thriller, trauma e relazione affettiva non solo convivono, ma si sostengono a vicenda fino a diventare un tutt’uno inscindibile. Non esiste una linea narrativa “principale” e delle sottotrame accessorie: ogni livello del racconto alimenta gli altri, creando una struttura compatta, coerente e profondamente originale. La componente mystery è articolata e stratificata: indizi disseminati con cura, retroscena politici, giochi di potere, intrighi internazionali, ricerche scientifiche segrete, collusioni tra criminalità e istituzioni, manipolazioni sistemiche. Nulla è lasciato al caso o risolto in modo prevedibile. Banana Fish costruisce un mondo narrativo complesso, in cui il controllo dei corpi e delle menti, lo sfruttamento sessuale, le dinamiche di dominio e la negazione delle potenzialità affettive diventano ingranaggi di uno stesso meccanismo.

È proprio all’interno di questo contesto politico-sociale che prende forma il personaggio di Ash Lynx. La sua costruzione è potente perché non nasce da un trauma isolato o da un espediente melodrammatico pensato per suscitare empatia facile, ma emerge come il risultato diretto di forze storiche, sociali e criminali che lo attraversano e lo modellano. Ash è il prodotto di uno scontro continuo tra dinamiche di potere che non risparmiano nulla: abuso, violenza, sfruttamento, necessità di adattarsi per sopravvivere in un mondo che non concede alternative. Il dramma, in Banana Fish, non è mai decorativo. È una chiave di lettura lucida, quasi sociologica, che spiega ciò che Ash è diventato: la sua intelligenza strategica, la sua freddezza, la sua capacità di leggere le situazioni, le sue abilità fisiche, ma anche la sua costante esposizione al rischio e all’autodistruzione. Tutto trova una ragione interna, una coerenza profonda. È proprio questa analisi rigorosa a rendere Ash un personaggio sempre sul confine: forte e fragile, geniale e autodistruttivo, angelico e brutale. Un ragazzo che incarna al tempo stesso la vittima e il combattente, la lucidità e la ferita, la sopravvivenza e il desiderio — spesso negato — di una vita diversa.

Eiji Okumura è un personaggio che proviene da un mondo molto diverso, quasi incompatibile con quello in cui si muove Ash. È completamente estraneo alla malavita, alle logiche di potere e alla violenza sistemica che strutturano l’universo di Banana Fish. Il suo ingresso nella storia avviene in modo quasi accidentale: accompagna il suo tutore – un giornalista giapponese negli Stati Uniti per un’intervista – e si ritrova suo malgrado invischiato in una realtà che non gli appartiene. Eppure, ciò che rende Eiji centrale non è il fatto di essere “fuori posto”, ma la scelta consapevole di restare. Il suo affezionarsi ad Ash non nasce da un desiderio di redenzione né da una missione morale. Eiji non vuole salvare Ash, non vuole insegnargli come vivere, non pretende di correggerlo o di guarirlo. Il loro rapporto si costruisce invece su una forma di libertà rara e preziosa: due soggettività che si riconoscono e si affiancano senza un progetto salvifico, senza ruoli prestabiliti. In questo senso, la relazione tra Ash ed Eiji è radicalmente libera. Non è fondata sul bisogno né sulla compensazione di una mancanza. È uno stare accanto che non chiede nulla in cambio. Ed è proprio questa gratuità a renderla così dirompente. Paradossalmente, Eiji rappresenta anche un ulteriore pericolo per Ash. Il suo affetto lo rende vulnerabile: Eiji è una preda facile, un punto scoperto, qualcosa che può essere colpito per ferire Ash nel modo più profondo. In un mondo in cui ogni legame è un’arma e ogni relazione un possibile ricatto, affezionarsi significa esporsi.Ma è proprio qui che avviene lo scarto decisivo. Per la prima volta, Ash sperimenta una relazione che non è fondata sullo scambio, sulla manipolazione o sulla pura sopravvivenza. Nella presenza di Eiji, Ash incontra qualcosa di radicalmente diverso dai rapporti utilitaristici a cui è sempre stato abituato: un legame che esiste semplicemente perché esiste, senza tornaconto, senza dominio. Eiji non è una promessa di salvezza, ma una possibilità di mondo. Non indica ad Ash una via d’uscita, ma gli mostra – forse per la prima volta – che può esistere un rapporto non violento, non strumentale, non fondato sulla coercizione. Ed è proprio questa possibilità, fragile e luminosa, a rendere la loro relazione così intensa e, allo stesso tempo, così dolorosa.

Un altro grande punto di forza di Banana Fish è la straordinaria ricchezza del suo cast secondario. La serie è popolata da una moltitudine di personaggi, ciascuno dotato di una caratterizzazione precisa, riconoscibile e funzionale all’intreccio. Nessuna figura appare puramente ornamentale: ogni alleanza, ogni antagonismo, ogni presenza contribuisce a far avanzare la trama o a complicarla ulteriormente, dando vita a un racconto sempre teso e coinvolgente. La narrazione procede attraverso continui colpi di scena, gestiti con grande abilità. In alcuni momenti si ha l’impressione che certe situazioni tendano a ripetersi ciclicamente, con un leggero rischio di perdita di mordente; tuttavia, queste dinamiche vengono sempre rielaborate e risolte in modo coerente e originale. La serie dimostra una notevole capacità di governare un intreccio estremamente complesso, fatto di piani che si sovrappongono, tradimenti, rivelazioni e ribaltamenti di potere, senza mai perdere del tutto il controllo della materia narrativa.

All’interno di questa costellazione di personaggi spicca inevitabilmente Dino Golzine, detto “Papa”, figura centrale della malavita e antagonista di enorme peso simbolico. Golzine non è un semplice villain: rappresenta una forma di potere totalizzante e predatorio, che esercita controllo sui corpi e sulle menti, incarnando il lato più oscuro e perverso del sistema in cui Ash è cresciuto. La sua presenza grava sulla storia come una minaccia costante, non solo fisica ma anche psicologica, rendendo ancora più evidente quanto il passato di Ash sia intrecciato a strutture di dominio difficili da spezzare.

Un altro personaggio fondamentale è Max Lobo (Glenreed), ex militare e giornalista, figura adulta e disillusa che rappresenta uno sguardo etico possibile all’interno di un mondo profondamente corrotto. Max svolge il ruolo di testimone partecipe: qualcuno che, pur segnato dal fallimento e dal senso di colpa, sceglie di non distogliere lo sguardo. Il suo rapporto con Ash introduce una forma di responsabilità e di cura che non passa attraverso il controllo, ma attraverso l’ascolto e la presa di posizione, offrendo un raro contrappunto umano alla violenza sistemica che attraversa la serie.

Accanto a loro, moltissimi altri personaggi contribuiscono a completare il complesso quadro delle relazioni di potere che attraversano New York (e non solo): tra questi spiccano Yut-Lung Lee, ultimo figlio di una potente famiglia della malavita cinese; Frederick Arthur, capobanda animato da un profondo odio nei confronti di Ash; Blanca, misterioso killer professionista legato al passato del protagonista, e molti altri ancora. Questa coralità rafforza la sensazione di trovarsi davanti a un mondo narrativo stratificato, vivo, in cui ogni figura ha un ruolo preciso all’interno dell’ingranaggio del potere.

Senza entrare nel merito degli eventi finali, è impossibile non riconoscere come tutti gli intrighi, le linee narrative e le tensioni accumulate nel corso della serie trovino una risoluzione di straordinaria efficacia. Il finale di Banana Fish è drammaturgicamente perfetto: ogni elemento viene giocato con precisione e consapevolezza, senza forzature né compiacimenti, chiudendo il cerchio in modo coerente e profondamente significativo. È una conclusione che non cerca facili consolazioni, ma che restituisce pienamente il senso dell’intero percorso narrativo, consacrando Banana Fish come un’opera destinata a rimanere nel tempo, un classico intramontabile del panorama manga e anime giapponese.

Dal punto di vista dell’adattamento, l’anime compie una scelta significativa aggiornando l’ambientazione temporale rispetto al manga originale, trasportando la storia in un contesto più contemporaneo. Questa operazione risulta sorprendentemente efficace: i temi di Banana Fish – potere, controllo, violenza sistemica, trauma – non perdono forza, ma anzi dimostrano la loro inquietante attualità (pur sacrificando qualche elemento del contesto anni '80 in cui era originariamente ambiantato). Anche il character design viene leggermente rimodernato, pur mantenendo una linea volutamente sobria e quasi rétro, che restituisce ai personaggi un’aura senza tempo. A completare il quadro, una colonna sonora intensa e misurata accompagna i momenti di tensione e quelli più intimi con grande sensibilità, rafforzando l’impatto emotivo complessivo dell’opera.